Bastano 15 mesi di carcere al torturatore di disabili di Licata Antonio Casaccio. Va ai domiciliari fuori Licata e con braccialetto elettronico

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Il giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Agrigento Francesco Provenzano, pronunciandosi sull’istanza presentata dagli avvocati Giovanni Castronovo e Santo Lucia, ha sostituito la misura cautelare del carcere con quella degli arresti domiciliari (con braccialetto elettronico e comunque fuori il territorio di Licata) nei confronti di Antonio Casaccio, 28 anni, condannato in primo grado a 9 anni di reclusione nell’ambito dell’inchiesta sulle torture avvenute a Licata ai danni di alcuni disabili. Il pm Gianluca Caputo della procura di Agrigento aveva espresso parere negativo alla scarcerazione.

Casaccio fu condannato lo scorso dicembre – insieme ad altre tre persone – a nove anni di reclusione per tortura, primo caso in Sicilia dall’istituzione del reato nel 2017. Casaccio lascia, dunque, il carcere dove si trovava dal 26 gennaio del 2021.

Il giudice sottolinea: “Bisogna tenere conto di una rivalutazione consapevole da parte dell’imputato della sua condotta e, comunque, della necessità di contemperare la misura in atto con le esigenze cautelari”.

I disabili, secondo quanto ha accertato il processo concluso con 4 condanne fra i 7 e i 9 anni di carcere, sarebbero stati picchiati, sequestrati e umiliati nella propria abitazione o per strada. In una circostanza uno dei tre invalidi civili sarebbe stato brutalmente pestato con un bastone, legato con del nastro adesivo e abbandonato per strada fino a quando una donna di passaggio non lo liberò.

In altre sarebbero stati umiliati con della vernice al volto e con una sostanza che aveva provocato la caduta dei capelli. Oppure, ancora, legati a una sedia con un secchio in testa e picchiati. Calci, pugni, bastonate e minacce di morte. Il tutto sempre filmato con degli smartphone e diffuso in rete, sui social con titoli di derisione.

Un racconto dell’orrore, andato avanti per molti giorni, con tre vittime scelte a caso, solo perchè disabili. La loro “ribellione”, dopo gli ennesimi pestaggi, ha fatto scattare l’inchiesta, che la Procura di Agrigento ha delegato ai carabinieri di Licata. Durante le indagini anche il padre di una delle tre vittime ha raccontato ai militari i danni psichici subiti dal figlio.

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