Avola e Riggio al “Capaci bis” (video)

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I pentiti Maurizio Avola e Pietro Riggio depongono al processo di secondo grado “Capaci bis” in corso a Caltanissetta innanzi alla Corte d’Assise d’Appello. I dettagli.


A Caltanissetta, al palazzo di giustizia, innanzi alla Corte d’Assise d’Appello, è in corso il processo di secondo grado cosiddetto “Capaci bis”, ovvero il secondo troncone dell’inchiesta sull’attentato a Giovanni Falcone il 23 maggio del 1992. Gli imputati sono Salvo Madonia, Lorenzo Tinnirello, Cosimo Lo Nigro, Giorgio Pizzo, già condannati all’ergastolo in primo grado, e Vittorio Tutino, assolto. E’ stato ascoltato come testimone il pentito catanese Maurizio Avola, già fedelissimo dei capimafia di Catania Nitto Santapaola e Aldo Ercolano, e che si è auto-accusato di più di 70 omicidi. Avola, tra l’altro, si è soffermato soprattutto sul tritolo esploso sotto l’autostrada tra Palermo e Trapani, e ha dichiarato: “L’esplosivo proveniva da Messina e da Reggio Calabria. Era morbido, della consistenza del pongo. Era all’interno di bidoni utilizzati per le olive. Ercolano mi disse di preparare due di questi bidoni pieni. Si parlava del fatto che si doveva fare la guerra allo Stato a partire dai magistrati. Lo abbiamo trasportato con una Fiat Uno bianca. Siamo arrivati a Termini Imerese e l’abbiamo lasciato in un rifornimento. I telecomandi li abbiamo consegnati dopo, 15 giorni prima della strage di Capaci. Nel ‘92 ho conosciuto un esperto di esplosivi a casa di Aldo Ercolano. Era poco più alto di 1.80, robusto, capelli scuri. Vestiva elegante. Mi dicevano che era venuto per dirci come si preparava un esplosivo. Aveva la parlata tipica dell’italo-americano. Mi fu presentato come appartenente alla famiglia mafiosa americana di John Gotti. Ci disse come funzionava questo esplosivo potentissimo, come piazzarlo, come ottenere le frequenze giuste e l’utilizzo del detonatore. Mi fu presentato perché doveva partecipare alla strage di Capaci. Alcuni boss catanesi erano contrari alle stragi, ma non si potevano opporre all’alleanza con i corleonesi. Il programma stragista cominciò nell’aprile del 1991 quando fu deciso l’omicidio del giudice Antonino Scopelliti. Fu deciso in provincia di Trapani in una riunione di capi mandamento. Doveva essere una catena di omicidi. Questa era la strategia”. Nel corso della stessa udienza è stato ascoltato un altro collaboratore, Pietro Riggio, ex poliziotto penitenziario ed ex capomafia di Resuttano in provincia di Caltanissetta, che ha ribadito: “Nel periodo della mia detenzione a Santa Maria Capua Vetere ho conosciuto diversi ex appartenenti alle forze dell’ordine. Tra questi anche Giovanni Peluso, ispettore della Questura di Roma, e un tale Giuseppe Porto. So che entrambi hanno avuto rapporti con i Servizi segreti”. In particolare, Giovanni Peluso è stato accusato da Riggio di avere partecipato alla strage di Capaci. E lui, Peluso (a confronto con Riggio lo scorso 7 marzo e gli atti sono stati appena depositati al processo), lo ha smentito e ha controbattuto: “E’ dimostrabile che non ho potuto materialmente esserci, perché stavo al corso per sottufficiali. Come facevo ad andare a Capaci?”.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

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