Archiviazione per l’ultimo “corvo” di via D’Amelio

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La Procura di Caltanissetta invoca l’archiviazione delle indagini frutto delle dichiarazioni, presunte false e calunniose, di Maurizio Avola sulla strage di via D’Amelio.

L’ex killer mafioso catanese, poi collaboratore della Giustizia, Maurizio Avola, sarebbe l’ultimo dei “corvi” sulla strage di via D’Amelio, ovvero uno dei depistatori delle indagini sull’attentato al giudice Paolo Borsellino. Così è secondo la Procura di Caltanissetta che ha appena depositato istanza di archiviazione delle indagini avviate dopo le dichiarazioni, presunte false e calunniose, di Maurizio Avola, che il 2 maggio del 2021 ospite della trasmissione a “La 7”: “Mafia. La ricerca della verità”, rivelò di avere partecipato alla strage di via D’Amelio. E la Procura nissena, tramite il procuratore aggiunto all’epoca, Gabriele Paci, intervenne subito in modo troncante: “Maurizio Avola mente. Dalle indagini sono emersi rilevanti elementi di segno contrario che inducono a dubitare tanto della spontaneità quanto della veridicità del suo racconto. Per citarne uno tra i tanti, l’accertata presenza dello stesso Avola a Catania, addirittura con un braccio ingessato, nella mattinata precedente il giorno della strage, laddove, secondo il racconto dell’ex collaboratore, giunto a Palermo nel pomeriggio di venerdì 17 luglio, avrebbe dovuto trovarsi all’interno di un’abitazione nei pressi del garage di via Pietro Villasevaglios, pronto, su ordine di Giuseppe Graviano, a imbottire di esplosivo la Fiat 126 poi utilizzata come autobomba”. E Claudio Fava, all’epoca presidente della Commissione regionale antimafia, aggiunse riflessivo: “La domanda non è tanto se Maurizio Avola è un bugiardo oppure no, ma è un’altra: chi manda Avola ad avvelenare i pozzi? Chi si vuole servire della sua sgangherata ricostruzione per fabbricare un altro depistaggio su Via D’Amelio? Chi continua ad aver paura, 30 anni dopo, di chiunque s’avvicini alla verità su quegli anni e su quei fatti? E chi li difende questi nostri morti, così strapazzati da mani villane?”. \"\"Nel dettaglio, le dichiarazioni di Maurizio Avola sulla strage Borsellino sono state pubblicate integralmente nel libro di Michele Santoro e Guido Ruotolo: “Nient’altro che la verità”. In sintesi eccone alcune: “Io posso dire che c’ero e sono uno degli esecutori materiali della strage di via D’Amelio. E sono l’ultima persona che ha visto lo sguardo di Paolo Borsellino prima di dare il segnale per l’esplosione. Borsellino scende dalla macchina e lascia lo sportello aperto. Io mi fermo, mi giro e lo guardo, mi accendo una sigaretta. Lo guardo, mi giro e faccio il segnale, verso il furgone, a Giuseppe Graviano e vado a passo elevato. Mi dà 12 secondi per allontanarmi. Ho avuto la sensazione che Emanuela Loi abbia visto il led rosso dell’auto, lei alza il passo e non capisco se sta andando verso la macchina. A quel punto mi sono allontanato. Se non esplodeva la macchina avrebbero attaccato con i bazooka”. Nella testimonianza del poliziotto sopravvissuto alla strage, Antonio Vullo, non vi è alcun riferimento allo sportello dell’auto di Borsellino “lasciato aperto” dal giudice. Anche perché, se così fosse stato, la borsa del magistrato all’interno dell’auto non sarebbe stata ritrovata pressoché intatta. E poi Avola ha proseguito: “Sono stato io a caricare la macchina, la Fiat 126 che rubò Gaspare Spatuzza, di esplosivo”. E Spatuzza invece ha raccontato della presenza di un uomo “non di Cosa Nostra” all’interno del garage in via Villasevaglios dove fu imbottita di tritolo la Fiat 126”. Poi Maurizio Avola sottolinea che in via D’Amelio sono stati presenti soltanto loro, la mafia, e nessuno dei Servizi segreti. Ha escluso mandanti o esecutori esterni alla mafia. Loro, i mafiosi, sono stati aiutati da un ottavo uomo, la “disorganizzazione”, alludendo probabilmente allo Stato. E Avola ha testualmente dichiarato: “Non voglio parlare male di un uomo straordinario e di quei poveretti addetti alla sua sicurezza. Ti ho detto che noi eravamo in sette, ma siamo stati aiutati da un ottavo uomo: la disorganizzazione. Io non ci potevo credere. A poche settimane da Capaci, un obiettivo così importante lascia da solo la macchina blindata, arriva davanti a un citofono senza protezione, si mette a fumare e aspetta per tutto quel tempo? È veramente incredibile!”.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

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