Aldo Mucci: “Scuola, vaccini e Tar”

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Dal 15 dicembre, in base al decreto legge 26 novembre 2021, n. 172, è scattato l’obbligo di fare il vaccino per le categorie di lavoratori indicati nella nuova norma approvata alcuni giorni fa. A medici, infermieri e altri operatori sanitari si aggiungono i lavoratori della scuola, compresi i dirigenti scolastici, e del comparto difesa, di sicurezza e soccorso pubblico. E ancora, il personale dei servizi segreti, della polizia penitenziaria, della polizia locale. La legge prevede che siano obbligatori sia il primo ciclo vaccinale che la terza dose.  Lobbligo vaccinale è in vigore, ma la battaglia nelle piazze dei no Vax e di qualche sindacato per l’abolizione di una norma che viene ritenuta discriminatoria non si arresta. Qualcuno ha  fatto ricorso al TAR contro l’obbligo vaccinale per il personale della scuola, invocando la Costituzione e direttive varie della comunità europea. Nel frattempo i TAR di Friuli Venezia Giulia e Puglia, respingevano il ricorso, presentato da alcuni operatori sanitari, per la Violazione dell’art. 32 co. 2 ultima parte della Costituzione: l’imposizione obbligatoria di vaccino sperimentale autorizzato in deroga viola la dignità della persona umana ridotta a cavia”, ritenuta anche in contrasto con l’art. 36 “ in quanto si è in presenza di trattamenti sanitari sperimentali imposti per legge, attraverso la minaccia di ricatto sostanzialmente occupazionale. “Trascinare” il personale scolastico a ricorsi inutili e costosi, è indicibile. Semmai è opportuno “trascinare” il personale scolastico verso una giusta causa, aprendo una seria vertenza che deve mirare ad  una rivalutazione del mondo “ermetico” della scuola, a partire dagli stipendi degli insegnanti e degli Ata, delle aule di appena  35 metri quadri con 25 alunni, della precarietà di chi attende da anni la giusta sistemazione, della mancata assistenza alla inclusione dei bambini disabili gravi e gravissimi, i mancati interventi di ristrutturazione e messa in sicurezza delle scuole.

I dati sulla sicurezza e sul conseguente rischio sismico per gli edifici scolastici, ha rivelato la netta divisione tra centro-nord e sud: nel meridione 3 scuole su 4 si trovano in aree a rischio sismico. Il rischio di terremoti è ben conosciuto nel nostro paese, ma poco è stato fatto  in ambito scolastico per combatterlo. Bisogna mettere le mani e la mente sulle risorse del PNRR  che dovranno essere spese soprattutto per riequilibrare i divari scolastici tra Nord e Sud.  Le risorse debbono essere usate prioritariamente per riequilibrare questi divari, investendo risorse finanziarie dove ce n’è più bisogno per fragilità strutturale, come le aree interne più soggette a fenomeni di dissesto e per fragilità sociale legata alla povertà educativa e materiale, come le periferie urbane. Queste sono le vertenze serie da intraprendere. Le altre sono strade disconnesse che non spuntano.

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