Agrigento al tempo del coronavirus 2020

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di Mario Gaziano

(Racconto visionario)

Agrigento senza di me,

al tempo del virus 2020

(variazione su tema)

 

– 2013

 

Io sempre con la mia Agrigento della giovinezza studentesca, universitaria, ora e sempre dentro:

E ora sono l’acqua che scorre nei rivoli dei quartieri più popolari del Rabato e della Bibbirria, dove bambini sguazzano nell’acqua e sprizzano gocciole per ogni dove, con i sorrisi e le risate della innocenza e della bontà.

L’acqua gettata dalle popolane  sugli scuri acciottolati, per liberarsi dalla polvere raccolta da secoli di storie e di memorie..

I secoli di una città eterna-ora greca, ora araba ora normanna e poi spagnola- perchè immobile, antica e sempre uguale a se stessa-

Vedo riflessi nell’acqua, che è ora la mia essenza, i volti di tutti…di tutti quelli che mi vollero bene e a cui ho voluto bene: e così mia madre e mio padre e i miei fratelli e i miei amici e i miei amori.

E’ bello essere acqua e fluire nell’eternità del tempo.

E sono cielo, nube lieve e leggera:  potere sorvolare con commozione e dolcezza i mille campanili delle chiese della mia   città ( i tristi campanili  di Pirandello): sorvolare la cupola  della Cattedrale, e il brillante luccichio  dell’Itria e le severe maestosità chiaramontane dl  di Santo Spirito (tra suore in clausura e stucchi del Serpotta), e poter vedere gli angeli che sono sopra Agrigento, così come sopra la ferita Berlino: angeli buoni, angeli che proteggono e salvano una città triste, stanca e crudele, ma anche buona e commiserevole della misericordia di Papa Francesco.

E sono aria , e sono vento per percorrere felice le mille strade della mia “Agrigento da sempre”:le strade dei tanti vicoli e delle perdute artigianerie e i vicoli stretti che nascondono tesori d’arte e sconvolgere la polvere dei libri della Lucchesiana o i vocìi degli spettacoli tra Pirandello, Empedocleo e Posta Vecchia.

 

Sfiorare, io aria, le labbra dolcissime di ragazzine adolescenti pronte al sorriso e alla lontana felicità del domani. Essere aria e vento lieve davanti le mille e mille scuole a vivere il ricordo della mia giovinezza con fiumi di ragazzini, e ridere, ridere e giocare felice con ognuno di essi, sperando anch’io, ancora, in non so che.

Ora io tra le nubi nell’eternità.

E ora sono fuoco: il fuoco d’amore e di passione anche nelle mie mille faville che si spargono a raggiera sempre più larga a rivivere sempre ogni giorno le mie passioni; lo studio il calcio ,sentirmi ancora eroe del mio tempo fuori e dentro ….Agrigento, al tempo del  virus,  senza  me.

Il fuoco che arde nei cuori degli uomini giusti pronti ad aiutare come piccoli missionari di una terra desolata e spaurita: preti e frati, e medici e infermieri,  e giovani solidali e amorevoli. Sono anch’io fuoco dentro la mia città…che brucia di sofferenza e brucia di amore

E ora sono luce: nella mia città,  senza di me: luce di santità, di leggerezza e di serenità, luce di gioia e di amore, nelle mille preghiere, nelle mille ideali  processioni, a riscaldare una folla di fedeli e devoti in preghiera e in devozioni. E io ora vivo fissamente, irrealisticamente questa nuova irrealtà che è della mia Agrigento… senza di me.

E sono ora suono, perenne e permanente: suono dolce che arriva dal mare africano, dal Caos, e dai monti, e fugge per le campagne e gli aranceti, per i paesini arroccati fino a Santa Elisabetta dei miei genitori e della mia famiglia, fino a Ioppolo e a Sant’Angelo, terre di Nardo infingardo.

Suono dolce e delicato che in eterno vorrà parlare di amore e di semplicità di affetto e di comunione umana e sacra,

 

Nelle musiche dilatate  dei Li Causi e nei canti della Balistreri-

 

E sono acqua, sono cielo, e sono aria ,e sono fuoco e sono suono  della mia Agrigento, da sempre e per sempre.

                                 Mario Gaziano , 27 marzo 2020

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