41 bis e dissociazione

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I tentativi e i casi di attenuazione, anche nell’Agrigentino, del regime del 41 bis. L’iniziativa della dissociazione. L’intervento degli addetti ai lavori.

Ergastoli e carcere duro al 41 bis e tentativi di attenuazione. Il boss di Brancaccio a Palermo, Giuseppe Graviano, durante uno dei suoi periodi di loquacità, ha dichiarato: “Io non ho fatto né trattative né patti. Ho avanzato le mie lamentele per il carcere nei confronti di tutti i politici, alcuni politici più garantisti, a loro dire. Invece di mantenere gli impegni presi con mio nonno hanno fatto leggi ingiuste, vergognose e incostituzionali. Tanto è vero che l’Italia non fa altro che prendere sempre multe dalla Corte europea per i diritti dell’uomo. Il 41 bis? E’ normale che stiamo male al 41 bis, ma io non piango e non faccio la vittima. Io lotto per quello che mi permette la legge. Sul 41 bis, sul 4 bis, o l’ergastolo, io cerco di infilarmi sulla mia condizione con chiunque, di sinistra o di destra, che possa portare a compimento questa situazione”.
Nel frattempo il fratello di Giuseppe, Filippo Graviano, anche lui condannato all’ergastolo per l’omicidio del beato Pino Puglisi e per le stragi del ’92 e del ‘93, ha raccontato ai magistrati di essersi dissociato da Cosa Nostra, esprimendo rammarico per i suoi comportamenti e senza ammettere alcun reato commesso, e chiedendo di usufruire di un permesso premio per uscire dal carcere. Ciò che è brandita come arma è una recente sentenza della Corte Costituzionale che ha ritenuto incostituzionale l’articolo 4 bis dell’Ordinamento penitenziario nella parte in cui vieta i permessi, il lavoro esterno e le misure alternative ai boss che non si sono pentiti e non collaborano con la giustizia. Attualmente, codice alla mano, la ‘dissociazione’ per i mafiosi non esiste. Una legge del 1987 invece concede una riduzione di pena e altri vantaggi ai terroristi che ammettano le colpe, abbiano comportamenti univocamente incompatibili con il permanere del vincolo associativo e ripudino la violenza. Tuttavia, il regime del carcere duro al 41 bis ha subito degli allentamenti. E ciò, secondo gli addetti ai lavori, è stato appena dimostrato dalla recentissima inchiesta antimafia nell’Agrigentino cosiddetta “Xydi”, che ha confermato come i boss, tra cui il capo provinciale di Cosa Nostra, Giuseppe Falsone, nonostante le restrizioni del 41 bis, riuscissero perfettamente a comunicare con l’esterno, a riorganizzare i clan, a tramare, a mandarsi messaggi tra di loro, anche tramite l’aiuto dell’avvocato Angela Porcello, divenuta presunta organizzatrice del mandamento mafioso di Canicattì, e che avrebbe utilizzato anche il proprio studio legale per i summit. Ancora gli addetti ai lavori, tra magistrati e investigatori, sono giunti a delle conclusioni: la mafia di oggi può aver rinunciato alla strategia stragista ma ciò non significa che sia meno pericolosa. E tale pericolosità transita anche nelle carceri dove, pure recentemente, non sono mancate le trasmissioni di ordini all’esterno sia nella gestione degli affari che nell’emissione di vere e proprie condanne a morte.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

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