“Sorella Sanità 2” ecco i tre agrigentini coinvolti nella vicenda

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Ci sono anche le dichiarazioni di due ex indagati, poi condannati, nell’inchiesta sulle gare truccate nella sanità siciliana che oggi ha portato a 10 misure cautelari.

Fabio Damiani, ex manager dell’Asp di Trapani e responsabile della centrale unica di committenza degli appalti e il manager Salvatore Manganaro, condannati rispettivamente a sei anni e sei mesi e a quattro anni e quattro mesi nella prima tranche dell’inchiesta di due anni fa, hanno dato agli inquirenti input importanti.

“Non può che affermarsi la piena attendibilità di entrambi gli indagati- scrive il Gip nel provvedimento – i quali hanno reso racconti specifici, dettagliati e riscontrati. Il racconto degli indagati appare circostanziato, esattamente collocato nel tempo rappresentando un’esatta ricostruzione degli eventi e soprattutto del loro succedersi ed evolversi nel tempo”.

Già , Salvatore Manganaro, canicattinese purosangue, rampante manager della sanità (un tempo) che non ama sentirsi indicato come “faccendiere”, che nelle sue dichiarazioni tira in ballo anche il padre, Cataldo, originario di Aidone ma da sempre residente a Canicattì dove è stato anche sindaco, navigato dirigente in importanti aziende sanitarie siciliane oggi in pensione, e l’avvocato Calogero “Lillo” Mattina, racalmutese doc (seppur nato a Palermo), che nell’inchiesta Sorella sanità era entrato come legale di Manganaro e quasi immediatamente dopo uscito, almeno come avvocato, data la partecipazione diretta, scrivono i giudici, nel sistema spartitorio delle tangenti con specifico riferimento alla vicenda Siram.

Entrambi sono stati destinatari di richiesta di cattura, che il Gip non ha accolto perché i reati commessi sarebbero datati nel tempo e quindi prescritti. Per Manganaro, che tutti avevano già dato per arrestato) la cattura era stata persino disposta salvo poi essere revocata dal Gip Clelia Maltese con apposita integrazione al provvedimento restrittivo.

Infatti, aveva scritto il Gip Maltese che: Cataldo Manganaro è risultato essere dalle indagini un fido consigliere del figlio. L’indagato forte della sua esperienza di Provveditore dell’Asp di Agrigento si è mostrato prodigo di consigli e caute soluzioni dirette a turbare il regolare svolgimento delle gare e in particolare l’andamento, a favore di Siram, della gara di cui al capo 11) della rubrica. L’indagato si è cioè mostrato proclive a turbare e concorrere a turbare gare pubbliche, condotta che appare peraltro non occasionale, ragione per cui allo stesso per evitare il pericolo di reiterazione di reati della stessa specie di quelli occorre applicare una misura cautelare fortemente restrittiva della libertà personale, e quindi della possibilità di avere contatti e relazioni con terzi, qual è quella degli arresti domiciliari”.

L’integrazione del provvedimento (che recita testualmente: “Ritenuto che tale reato, in assenza di atti interruttivi, risulta oggi prescritto Corregge e integra la suddetta ordinanza nel senso che nessuna misura cautelare, essendo il fatto di reato prescritto, viene disposta nei confronti di Cataldo Manganaro in relazione al capo 11) della rubrica)” gli ha evitato la cattura e le conseguenze successive.

Anche Lillo Mattina si è salvato in extremis dato che ha schivato l’arresto grazie alle valutazioni del Gip che lo ritiene fuori da ogni accordo corruttivo e di turbata libertà degli incanti.

Chiarificatrice è la posizione del Gip che su Manganaro e Mattina scrive: “Con riferimento a Managanaro Cataldo, invece, appare significativo lo screenshot di un appunto verosimilmente manoscritto da Manganaro Salvatore, in cui, con riferimento anche alla società Siram, sono previsti compensi, oltre che per l’avvocato Mattina, anche per l’avv. Cataldo Manganaro, che giustamente la Pg individua nel padre di Salvatore.

Ebbene, gli elementi a carico di Calogero Mattina appaiono insufficienti a fondare la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine al fatto di turbata libertà degli incanti consistito nell’indirizzare la commissione di gara a non escludere Siram in sede di aggiudicazione provvisoria a seguito della mancata indicazione da parte di detta partecipante in seno all’offerta economica degli oneri di sicurezza aderendo all’indirizzo del Consiglio di giustizia amministrativa, e non anche a quello del Consiglio di Stato (peraltro già attuato dalla Commissione di gara nella c.d. gara ponte effettuata in attesa dell’espletamento della gara de qua), così come indicato a Damiani da Cataldo Manganaro.

Nessun elemento sussiste anche con riguardo all’avv. Calogero Mattina (detto Lillo). Dallo stesso racconto reso da Manganaro (che non ha peraltro trovato riscontri certi), questi veniva indicato dal faccendiere a De Stasio per il ricorso avverso la successiva (poi non avvenuta) esclusione dalla gara. L’avv. Mattina non sembra aver in alcun modo spinto affinché Siram non fosse esclusa già in sede di valutazione delle offerte economiche, ma forse ha espresso il suo parere in ordine alla possibilità di ricorrere al Tar laddove Siram fosse stata esclusa in sede di aggiudicazione definitiva per la mancata indicazione degli oneri di sicurezza, manchevolezza poi integrata con la giustificazione delle anomalie dell’offerta. Nessuna condotta illecita, alla luce dei pochi elementi emersi, può cioè essere imputata all’avv. Mattina, il quale a dire dello stesso Salvatore Manganaro, avrebbe reso un parere legale in ordine alla possibilità di ricorrere al Tar avverso l’esclusione in sede di aggiudicazione definitiva.

Diverse considerazioni devono essere fatte con riguardo al contributo offerto da Cataldo Manganaro.

Il chiaro contenuto delle conversazioni registrate da Damiani dimostra, infatti, in maniere incontrovertibile come questi abbia spinto Damiani a far sì che la Commissione di gara non escludesse Siram già in sede di valutazione delle offerte economiche aderendo all’indirizzo del Consiglio di giustizia amministrativa di cui lui stesso metteva a parte il pubblico ufficiale.

È cioè su spinta, o meglio a seguito di collusione con Cataldo Manganaro che Damiani, quale presidente della Commissione di gara, non escludeva Siram aderendo all’indirizzo giurisprudenziale del Cga (indirizzo disatteso dalla Commissione di gara della c.d. gara ponte) e non anche a quello del Consiglio di Stato che lo stesso Damiani riferiva come maggioritario nelle stesse conversazioni registrate.

Cataldo Manganaro ha cioè, in concorso con il figlio e il pubblico ufficiale preposto all’incanto  volutamente turbato la gara, facendo sì che la Commissione non escludesse Siram.

Al riguardo è appena il caso di evidenziare che nessun rilievo con riguardo al fatto di turbata libertà degli incanti ha il fatto che non vi sono elementi per poter affermare che Cataldo Manganaro sapesse dell’accordo corruttivo con De Stasio che prevedeva la corresponsione di € 100.000,00 a fronte della non esclusione di Siram, prescindendo la condotta di turbata libertà degli incanti dall’accordo corruttivo. Come detto in premessa ai fini della configurabilità di una condotta penalmente rilevante è sufficiente che la condotta fraudolenta o collusiva abbia anche soltanto influito sulla regolare procedura della gara medesima.

Ciò posto, gli elementi acquisiti appaiono insufficienti i per poter affermare la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in capi a Cataldo Manganaro anche in ordine al fatto di corruzione di cui al capo 12) della rubrica. Il solo fatto che talune consistenti somme siano transitate da Mh Holding Trust sui conti correnti intestati a Cataldo Manganaro negli anni 2018-2020 non prova certo, neanche al livello di gravità indiziaria, che l’indagato abbia concorso nel reato di corruzione, né tale affermazione può basarsi sul fatto che lo stesso abbia concorso nel reato di turbata libertà degli incanti.

Insufficiente appare anche l’appunto verosimilmente manoscritto da Salvatore Manganaro, in cui, con riferimento a Siram, sono previsti compensi, oltre che per l’avvocato Mattina, anche per l’avv. Cataldo Manganaro.

Tale appunto non prova in alcun modo una partecipazione di Cataldo Manganaro agli accordi corruttivi.

Nessun elemento porta a poter affermare che questi abbia concorso, sia pure moralmente, alle trattative fra De Stasio e il figlio Salvatore Manganaro da cui scaturivano gli accordi relativi alla corresponsione di € 100.000,00 a seguito della mancata esclusione di Siram, e di tangenti pari all’1% del fatturato di Siram mediante il pagamento di fatture mensili dell’importo di € 22.500,00 a favore di Greensolution.

In conclusione, questo giudice in relazione ai fatti di cui al capo 11) della rubrica ritiene la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza solo in capo a Damiani Fabio, Manganaro Salvatore; Manganaro Cataldo e De Stasio Crescenzo, mentre non ritiene sussistere gravi indizi di colpevolezza con riguardo a Manganaro Cataldo in relazione al capo 12) della rubrica.

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