Sette società interessate ai termovalorizzatori

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Sette società sono interessate a costruire i due termovalorizzatori banditi in Sicilia. Prossima è la valutazione da parte della Regione. I dettagli.

Sono state sette le società che hanno manifestato interesse a costruire i due termovalorizzatori nell’isola, uno nella Sicilia occidentale, e l’altro nell’orientale. Rispondendo all’apposito avviso della Regione scaduto lo scorso 31 dicembre sono stati depositati anche dei progetti. Il dirigente generale dell’assessorato regionale ai Rifiuti, l’agrigentino Calogero Foti, conferma la ricezione delle sette buste, ma non aggiunge altro. Adesso sarà il Nucleo di valutazione nominato dalla Regione ad esaminare gli interessamenti. Alla prima scadenza del bando, a fine agosto scorso, sono mancate adesioni. Poi, al 30 novembre, una quindicina di aziende si sono presentate come interessate premettendo però di volere avere a disposizione più tempo per approfondimenti. E l’assessore regionale ai Servizi primari, Daniela Baglieri, ha prorogato il termine fino alla conclusione del 2021. Secondo quanto pubblicato dalla Regione, i due impianti prospettati dovranno avere ciascuno una capacità di smaltire fra le 300mila e le 450mila tonnellate di rifiuti non differenziabili all’anno. Le due zone di insediamento sono tracciate una tra Agrigento, Caltanissetta, Palermo, Trapani, e l’altra tra Catania, Enna, Messina, Ragusa, Siracusa. Non sono stati ancora scelti nello specifico i luoghi di attivazione dei termo-utilizzatori, come li definisce il presidente della Regione, Nello Musumeci, allorchè capaci di trasformare il residuo secco non differenziabile in energia. In riferimento alle risorse finanziarie si procederà con il project financing. Dunque: l’amministrazione pubblica, quindi la Regione, indice la gara. Gli imprenditori interessati raccolgono intorno a loro altri soggetti disposti a partecipare all’iniziativa, e presentano i progetti che prevedono non solo la costruzione ma anche la gestione dell’impianto. Hanno facoltà di partecipare alla gara anche operatori stranieri, che dovranno però appoggiarsi ad un operatore economico italiano. Non si profilano tempi brevi. Infatti, dall’assegnazione dell’appalto serviranno almeno tre anni per la costruzione. Saranno le stesse imprese in gara a indicare nei progetti le località dove attivare i termovalorizzatori.

A lanciare la proposta dei termovalizzarori in Sicilia fu nel 2003 il presidente della Regione dell’epoca, Totò Cuffaro, che, da commissario per l’emergenza rifiuti, aggiudicò a quattro società consortili la convenzione ventennale per il trattamento dei rifiuti. E’ stato un progetto da diversi miliardi di euro, per la costruzione di quattro impianti a Palermo, Augusta, Casteltermini e Paternò. Si formarono quattro Ati (Associazioni temporanee di imprese) costituite, tra gli altri, da colossi come Enel, Falck, ma anche il Consorzio Asi di Palermo e imprese locali, come la Catanzaro Costruzioni. Nel luglio del 2007 la procedura fu annullata da una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. In sintesi perché il bando non sarebbe stato correttamente pubblicizzato, peccando di trasparenza.

L’Agenzia regionale risolse i contratti. Gli originari affidatari avviarono dei contenziosi. Nel 2010 il governo Lombardo annullò l’intera procedura, sollevando due questioni: l’illecito collegamento tra i raggruppamenti di imprese volto ad alterare la concorrenza, e il rischio di infiltrazioni mafiose. Nel 2013 il Tar, respingendo un ricorso contro l’annullamento del bando, ritenne ricorrenti offerte preconfezionate “a tavolino” in accordo tra i diversi raggruppamenti di imprese. La Procura, a seguito di un dossier presentato dall’assessore regionale Pier Carmelo Russo, avviò un’inchiesta ipotizzando i reati di abuso di ufficio, corruzione e turbata libertà degli incanti aggravate dall’articolo 7, ovvero aggravate dall’avere favorito o agevolato la mafia. Una quarantina fra politici, amministratori e imprenditori furono iscritti nel registro degli indagati. Le indagini si conclusero con l’archiviazione nel merito dell’ipotesi corruzione. E la prescrizione cancellò l’eventuale turbativa d’asta.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

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