Processo “Waterloo”, altro giudice incompatibile. Udienza slitta a giugno

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Ancora uno stop al processo scaturito dall’inchiesta «Waterloo» il cui imputato principale è l’ex patron di Girgenti acque, Marco Campione. Anche il presidente della prima sezione penale del tribunale di Agrigento, Alfonso Malato, ieri mattina ha dichiarato l’incompatibilità nel celebrare il processo.

Il magistrato giudicante ha svolto funzioni di gip durante la fase preliminare delle indagini. E così si è arrivati  al secondo giudice che deve rinunciare a presiedere il dibattimento dopo che, nelle scorse settimane e per lo stesso motivo, si era astenuta anche la giudice Wilma Angela Mazzara, a capo della seconda sezione penale. Il giudice Alfonso Malato aveva già preannunciato, lo scorso mese di marzo, la sua posizione di incompatibilità che è stata ufficializzata durante l’udienza in programma ieri al tribunale di Agrigento.

Il processo è stato aggiornato al prossimo 13 giugno, data in cui si potrebbe conoscere il giudice a cui verrà assegnato il procedimento.

L’accusa, sostenuta dal pool guidato dal procuratore aggiunto Salvatore Vella e dai sostituti Maria Barbara Grazia Cifalinò, Gaspare Bentivegna ed Elettra Consoli, ha presentato una lista di quasi 100 testimoni. Sono 23 gli imputati e tra questi compare Marco Campione.

L’inchiesta Waterloo poggia l’impianto accusatorio sulla figura di Campione e sull’ex colosso che per anni ha gestito il servizio idrico in provincia di Agrigento.

La pubblica accusa ipotizza un’associazione per delinquere finalizzata ai reati contro la pubblica amministrazione. L’impianto accusatorio è stato «ridimensionato» in seguito alla decisione del gup Micaela Raimondo di escludere gran parte delle intercettazioni, poiché disposte in altro procedimento, e di prosciogliere alcuni degli imputati “eccellenti”.

Proscioglimenti, ai quali si aggiungono anche quelli di Giuseppe Giuffrida, Francesco Paolo Lupo e Salvatore Ajola, che sono stati impugnati dalla procura di Agrigento che ha fatto ricorso alla Corte di Appello contro la decisione del gup Raimondo.

Le indagini hanno fatto emergere una corposa azione di lobbying e la creazione di un vasto sistema di corruttele volto ad eludere i controlli degli enti preposti e che avrebbe permesso di operare in regime di monopolio con relativi guadagni e conseguenze importanti anche sull’ambiente dovuta ad una presunta omissione dell’attività di depurazione delle acque. Le accuse, a vario titolo, sono associazione a delinquere finalizzata alla commissione di delitti contro la pubblica amministrazione, corruzione, frode in pubbliche forniture, furto, ricettazione, reati tributari, societari e in materia ambientale.

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