Le strette di mano tra Stato e mafia

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Il pentito Vito Galatolo ha deposto al processo a Palermo per il duplice omicidio Agostino – Castelluccio: “Da noi, al Fondo Pipitone, venivano tutti. Tutto partiva da lì”.

Il poliziotto Antonino Agostino è stato ucciso a 28 anni di età insieme alla moglie, Ida Castelluccio, sposata un mese prima e incinta di due mesi, il 5 agosto del 1989, a Villagrazia di Carini, frazione di Carini, in provincia di Palermo. Nino Agostino ufficialmente è stato un poliziotto in servizio alle Volanti del commissariato San Lorenzo. Lui, però, sotto traccia, sarebbe stato componente di una squadra speciale per la cattura dei superlatitanti, insieme ad Emanuele Piazza, anche lui assassinato, e a Giovanni Aiello “Faccia da mostro”, morto d’infarto il 21 agosto del 2017. Per l’omicidio della coppia è stato già condannato all’ergastolo, in abbreviato, il boss Nino Madonia. Altri due imputati, Gaetano Scotto e Francesco Paolo Rizzuto, hanno scelto il rito ordinario. Rizzuto è imputato solo di favoreggiamento perché, secondo i magistrati, lui ha assistito al delitto, conosce dettagli utili per risalire agli esecutori ma ha taciuto e mentito. Ebbene, al processo a carico di Scotto e Rizzuto, in Corte d’Assise a Palermo, ha deposto Il collaboratore di giustizia Vito Galatolo, ex boss dell’Acquasanta. E tra l’altro ha raccontato: “Sono entrato dentro Cosa nostra perché mio padre, Galatolo Vincenzo, per più di 50 anni è stato uomo d’onore della famiglia dell’Acquasanta. Così come i miei zii sono tutti uomini d’onore dell’Acquasanta, che dipendeva dal mandamento di Resuttana comandato da Nino Madonia. Il centro di comando della nostra storica famiglia era Fondo Pipitone, una traversa della zona dell’Acquasanta in cui abitava tutta la mia famiglia e in cui commettevamo omicidi, soppressioni di cadaveri nei fusti dell’acido, strangolamenti, riunioni e anche incontri con uomini esterni a Cosa Nostra. Da lì è partito il commando per uccidere il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, Ninni Cassarà, Rocco Chinnici, Beppe Montana. Tutti omicidi partiti da Vicolo Pipitone. C’erano rapporti con i servizi segreti. Nino Madonia e Gaetano Scotto li hanno avuti sempre. A Fondo Pipitone venivano tutti. Venivano latitanti, carabinieri, uomini dei servizi segreti come Bruno Contrada e Giovanni Aiello ‘Faccia da mostro’, in certe riunioni con Nino Madonia e Gaetano Scotto. E veniva anche il capo della Squadra Mobile di Palermo, Arnaldo La Barbera, che era a libro paga dei Madonia. E quando venivano queste persone dentro, la camionetta dei Carabinieri era sempre davanti all’entrata di Vicolo Pipitone. Era messa apposta là davanti per un interesse nostro di Cosa Nostra, che potevamo parlare più tranquilli. Là dentro ci venivano anche i poliziotti Emanuele Piazza e Nino Agostino alla ricerca di latitanti. Venivano là. A volte li consideravamo dei guardoni perché si fermavano. Tutti sono venuti da noi. A Nino Madonia non mancava niente, tutto ciò che voleva otteneva”. E Vito Galatolo, per dimostrare la presenza di Giovanni Aiello ‘faccia da mostro’ nel Fondo Pipitone, ha riesumato un ricordo d’infanzia: “Da ragazzino mia sorella a casa mia usava dire che se noi facevamo i monelli lei ci diceva ‘fate i bravi perché sennò chiamo ‘Mostro’ e vi faccio rimproverare dal ‘Mostro’, perché ci faceva paura per la sua faccia. Quindi sì, veniva spesso a incontrarsi con Nino Madonia, anche se mai si sono salutati con un abbraccio ma sempre con una stretta di mano. Si mettevano dentro la ‘casuzza’ anche per ore in base agli argomenti da discutere”.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

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