S.C. di 45 anni , assistente capo di Polizia penitenziaria e consigliere comunale, era stato assegnato temporaneamente presso la casa circondariale di Agrigento.
Tuttavia, il Ministero della Giustizia ha disposto la revoca del provvedimento di assegnazione temporanea dalla casa circondariale di Agrigento ed il contestuale trasferimento del consigliere comunale presso la casa circondariale di Palermo.
Pertanto, il consigliere comunale ha proposto un ricorso giurisdizionale davanti al Tar Sicilia, con il patrocinio degli avvocati Girolamo Rubino e Giuseppe Impiduglia, contro il Ministero della Giustizia per l’annullamento della revoca dell’assegnazione temporanea presso la casa circondariale di Agrigento.
In particolare gli avvocati Rubino e Impiduglia hanno censurato il provvedimento impugnato sotto il profilo della violazione di legge, per avere il Ministero violato il divieto di trasferimento degli amministratori locali, citando precedenti giurisprudenziali favorevoli del Consiglio di Stato e di numerosi Tar, nonchè sotto il profilo dell’eccesso di potere per difetto di motivazione, giacchè la P.A, non ha tenuto conto delle note con le quali il direttore della casa circondariale di Agrigento aveva rappresentato come l’assegnazione del ricorrente a Palermo avrebbe comportato significativi problemi organizzativi.
Si è costituito in giudizio il Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, per chiedere il rigetto del ricorso.
Il Tar Sicilia, Palermo, Sezione Prima, Presidente Calogero Ferlisi, relatore Sebastiano Zafarana, condividendo la tesi difensiva sostenuta dagli avvocati Rubino e Impiduglia secondo cui gli amministratori lavoratori dipendenti, pubblici o privati, non possono essere soggetti, se non per consenso espresso, a trasferimenti durante l’esercizio del mandato, ha annullato il provvedimento impugnato.
In particolare, il TAR ha chiarito come la normativa vigente preveda un divieto di trasferimento che “non riguarda solo i trasferimenti in senso tecnico (ossia i provvedimenti che determinano un mutamento della “sede di titolarità”) ma si estende, per costante orientamento giurisprudenziale, a qualunque provvedimento che, provocando un allontanamento dell’eletto dal proprio elettorato e dal luogo in cui svolge il proprio mandato, incide sull’esercizio delle funzioni pubbliche relative al mandato elettorale, che è tutelato in via primaria, dalle norme costituzionali e ordinarie”.
Pertanto, per effetto della sentenza del TAR Sicilia Palermo, il consigliere comunale continuerà a prestare servizio presso la casa circondariale di Agrigento mentre il Ministero dovrà pagare le spese di giudizio liquidate in euro 1.500 oltre oneri e accessori di legge.