Gli alunni imbrattano i bagni di feci, la maestra li sgrida, i genitori la denunciano. Condannata a 50 giorni di reclusione. Se il futuro sono questi giovani la colpa è anche di certi magistrati…

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Una docente è stata denunciata e, dopo oltre quattro anni di processo, il Tribunale di Parma l’ha condannata a un mese e 20 giorni di reclusione (con il beneficio della sospensione condizionale e della non menzione) per “abuso dei mezzi di correzione”.

La ricostruzione della vicenda

Dopo che una collaboratrice scolastica si era lamentata delle condizioni dei bagni imbrattati di feci, la maestra ha redarguito gli alunni che, all’epoca, frequentavano la quinta classe di una scuola primaria di un istituto comprensivo della provincia di Parma dove la docente era stata chiamata per una supplenza.

Dopo i richiami fatti agli scolari, alcuni genitori l’hanno denunciata. La donna, che è finita a giudizio per “abuso di mezzi di correzione”, ha avuto la “magra consolazione” che anche l’accusa ne chiedesse l’assoluzione di fronte all’evidente irrilevanza penale della contestazione. Non è stato dello stesso avviso, però, il giudice che l’ha condannata.

La Gilda: “Troppo comodo scaricare tutto sui docenti”

La Gilda degli Insegnanti di Parma e Piacenza, tramite il suo coordinatore Salvatore Pizzo, auspica che l’insegnante “scelga di ricorrere nei successivi gradi di giudizio e ancora una volta rivendica che le autorità preposte non procedano solo e sempre a carico degli insegnanti, anche in questo caso pare che nessuno abbia agito per l’evidente ‘colpa in educando’ contro i genitori”.

“La ‘colpa in educando’ è ben richiamata non solo nel Codice Civile (art. 2048), ma anche nella Costituzione (art.30). Non si è mai vista un’amministrazione pubblica essere così reticente di fronte a fatti evidenti. Troppo comodo scaricare tutto sui docenti”, si legge in una nota del sindacato.

orizzontescuola.it

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