Ecuba di Euripide: Francesca Benedetti dal 23 al 31 marzo al Teatro Arcobaleno

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Francesca Benedetti sarà la protagonista dal 23 al 31 Marzo 2019, al Teatro Arcobaleno (Centro Stabile del Classico) di Ecuba di Euripide, drammaturgia e regia di Giuseppe Argirò. In scena un cast d’eccellenza: Sergio Basile, Gianluigi Fogacci, Maurizio Palladino, Maria Cristina Fioretti, Viola Graziosi, Elisabetta Arosio.

 

Francesca Benedetti – Premio Le Maschere 2018 – è la straordinaria interprete che veste i panni della regina di Troia. Ecuba incarna una sofferenza senza fine, consumata in una disperata solitudine. Troia è caduta e le donne di Ilio attendono la sorte riservata ai vinti. Lo spettro della guerra si svuota di ogni significato ideologico e declina la violenza in tutte le sue varianti, propagandosi come una malattia senza cura. Vittime e carnefici vengono accomunati dalla sopraffazione. In un momento di assenza di pace, in cui i teatri di guerra sono molteplici, raccontare gli orrori della violenza è un dovere etico. La drammaturgia di Euripide raffigura l’ineluttabilità della storia umana e l’indifferenza degli dei, spettatori attoniti e crudeli di fronte allo stupefacente spettacolo del mondo.

In più di sessant’anni di carriera Francesca Benedetti ha interpretato i più importanti ruoli femminili della storia del teatro classico e contemporaneo, e ispirato i più grandi registi italiani da Missiroli a Castri, da Cobelli a Ronconi a Strehler. Nata a Urbino, artista ecclettica di straordinario talento, racconta: “Ci sono tre eventi che nella mia vita artistica sono stati fondamentali e mi piace sempre ricordarli: nel 1974 lo spettacolo “Macbetto” scritto per me da Giovanni Testori (premio la Maschera con Lauro d’Oro), nel 1976 “Il Temporale” di Strindberg con la regia di Giorgio Strehler, fino ad arrivare al 1983 anno in cui con Emilio Isgrò fondammo le “Orestiadi” di Gibellina (protagonista per tre anni nel ruolo di Clitennestra)”.

Note di Regia di Giuseppe Argirò

Troia è caduta e in quel lembo di terra che separa il Chersoneso dalle macerie della città, le donne di Ilio attendono la sorte riservata ai vinti. Nella terra di Tracia i Greci aspettano venti Propizi alla navigazione, che potrà essere ripresa solo dopo il sacrificio di Polissena, superstite principessa troiana. La vittima immolata dagli Achei costituirà l’estremo onore riservato ad Achille e favorirà il viaggio di ritorno. Ecuba, la regina di Troia, dovrà subire questa decisione, frutto del l’orrore del conflitto sullo sfondo della città distrutta. La moglie di Priamo dovrà assistere a quest’ennesimo scempio in terra di Tracia, dove il più giovane dei suoi figli, Polidoro è stato ucciso dal re Polimestore, al quale il ragazzo era stato affidato con un ingente quantità d’oro nel tentativo di salvarlo. Questi i presupposti dell’azione drammatica che alimentano il dolore e i propositi di vendetta di Ecuba.

La protagonista di Euripide incarna una sofferenza senza fine, consumata in una disperata solitudine: Ecuba rappresenta il dolore assoluto, senza alcuna catarsi. In questo scenario bellico, lo spettro della guerra si svuota di ogni significato ideologico e declina la violenza in tutte le sue varianti che si propaga come una malattia senza cura, dai vincitori, ai vinti; vittime e carnefici vengono cosi accomunati dalla sopraffazione. Ecuba, custode della memoria della stirpe troiana, annientata dai Greci, non lascerà scampo al traditore Polimestore, infliggendogli un castigo tremendo. Una madre senza patria e senza figli mette in scena un dolore trasfigurante, irripetibile a qualsiasi latitudine scenica, come ci ricorda Amleto citando la complessità dell’arte teatrale. Protagonista di quest’ impresa è Francesca Benedetti, un’attrice multiforme ed emotivamente intelligente nel cogliere le peripezie dell’animo umano. Nello spettacolo sarà coadiuvata da Sergio Basile, Gianluigi Fogacci, Viola Graziosi. In un momento di assenza i pace in cui i teatri di guerra sono molteplici, raccontare gli orrori della violenza è un dovere etico che valica l’ aspetto estetico e ritrova le sue ragioni più profonde nel dibattito democratico, che solo il linguaggio scenico sa rendere evidente, nella sua necessità. La drammaturgia di Euripide raffigura l’ineluttabilità della storia umana e l’indifferenza degli dei, spettatori attoniti e crudeli di fronte allo stupefacente spettacolo del mondo.

 

 

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