Crisi idrica: parola a SiciliAcque

Condividi

Il Fanaco ha 80 giorni d’acqua. Già staccata la spina all’agricoltura nell’Agrigentino e nel Nisseno. L’intervento del direttore operativo di SiciliAcque, Massimo Burruano.

Massimo Burruano è il direttore operativo di SiciliAcque, ovvero il numero 1 sul fronte infuocato della lotta contro il tempo per scongiurare il disastro, ovvero che tanti Comuni siciliani si riducano a secco. Burruano innanzitutto descrive in sintesi quanto accade: “Ci troviamo in una situazione di deficit molto pesante. In uno dei sei invasi, il Fanaco, abbiamo acqua che ci garantisce ancora 80 giorni di distribuzione. L’acqua è presente solo per il 5% della capacità. Il Fanaco serve gran parte della provincia di Caltanissetta e Agrigento. In questi mesi abbiamo limitato il sistema di approvvigionamento”.

Poi Burruano medita: “Lavoro in questo campo dal ’99, circa 25 anni. Non ho mai visto qualcosa di simile. Il 2023 ha battuto il record della mancata piovosità e delle temperature molto alte. La situazione si è particolarmente aggravata. Nel 2024 non ha piovuto, ma è una situazione diffusa in tutto il territorio siciliano e investe l’utenza dell’acqua potabile e quella servita per motivi irrigui”. Ordunque, il Fanaco ha 80 giorni di acqua, e per garantire l’uso potabile è stata staccata la spina all’agricoltura. E il direttore di SiciliAcque conferma: “Sì, la parte irrigua degli invasi è stata inibita, non si prevede di erogare acqua. E’ una situazione drammatica. Si stima che la stagione irrigua 2024 sia limitata a poche aree. Le grandi colture di tutto l’Agrigentino, del Palermitano e della Piana di Catania rischiano di essere completamente a secco con danni economici e ambientali notevoli. Determinate colture possono essere compromesse per anni se non sono irrigate”.

Un altro bacino a rischio è la diga Ancipa, e Burruano spiega: “La situazione dell’Ancipa è un po’ migliore rispetto al Fanaco ma non perfetta. Il tempo di utilizzo dell’acqua è di circa 160 giorni, si può arrivare alle porte dell’autunno. La situazione peggiore è quella della zona centrale della Sicilia”. E quindi Massimo Burruano si sofferma sui tentativi di rimedio, che si rivelino efficaci e non palliativi: “L’8 gennaio abbiamo iniziato i razionamenti del 15% rispetto alla normalità. Ai primi di marzo è scattata la seconda fase, con una riduzione del 45% dell’acqua immessa in rete. Poi lavoriamo sull’escavazione di nuovi pozzi. Ne stiamo trivellando sei, di cui quattro in provincia di Palermo tra Prizzi e Castronovo di Sicilia, e due in provincia di Agrigento, a Caltabellotta. Poi stiamo facendo la riqualificazione di altri quattro pozzi in provincia di Trapani, a Partanna, e stiamo valutando nuovi scavi a Piazza Armerina. Più a lungo termine, la ‘cabina di regia’ alla Regione intende lavorare sugli impianti di dissalazione portatile installati a Porto Empedocle, Gela e Trapani”.

Poi Burruano riflette sui frutti da ricavare dall’esperienza della crisi, e conclude: “L’evoluzione climatica e la crisi ci insegnano che in Sicilia piove sempre di meno e le tendenze saranno tutte al ribasso. Dovrà essere rivista tutta la pianificazione con tre misure: recuperare le perdite in tutto il sistema, irriguo e potabile. Poi bisognerà riutilizzare le acque reflue nel settore irriguo. E poi capire se e dove potrebbe essere utile ripristinare poli di dissalazione. La linea della desertificazione si sta alzando, è stata colpita tutta la fascia mediterranea, anche Creta, il Sud della Spagna. Si vede come questa tendenza fino al 2040 aumenterà. Bisogna pensare ad adeguare il sistema”.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

Notizie correlate

Leave a Comment