Antiracket, la valenza sociale di una sentenza (video)

Condividi

A Palermo severe condanne a carico dei presunti estortori mafiosi della parte nord della città. I dettagli e l’intervento dell’associazione antiracket “Addiopizzo”.

Se le vittime del racket delle estorsioni denunciano, se lo Stato interviene, e poi, “in nome del popolo italiano”, emette una sentenza di condanna che riconosce e premia il coraggio dei denuncianti, allora tale sentenza ha una valenza non solo giudiziaria ma sociale. Infatti, a Palermo, al palazzo di giustizia, sono state appena sentenziate 12 condanne a carico di altrettanti imputati nell’ambito dell’inchiesta cosiddetta “Talea”, contro i presunti estortori dei clan mafiosi della parte nord della città, tra San Lorenzo e Resuttana.

Agli imputati sono state contestate le estorsioni alla pizzeria “La Braciera” di via San Lorenzo e al bar “Golden”, e poi diversi taglieggiamenti a imprese edili.
A conclusione del giudizio abbreviato, il giudice per le udienze preliminari, Walter Turturici, ha accolto le proposte di condanna della pubblico ministero Amelia Luise.

Eccole, scontate di un terzo perché frutto del rito alternativo: Giuseppe Fricano 8 anni e 8 mesi, Pietro Salsiera 9 anni e 8 mesi, Salvatore Di Maio 7 anni e 1 mese, Antonino Siragusa 2 anni, Antonino Tarallo 4 anni e 8 mesi, Michele Pillitteri 6 anni e 3 mesi, Mario Napoli 3 anni e 8 mesi, Carlo Giannusa 4 anni, Luigi Siragusa 4 anni e 8 mesi, e Corrado Spataro 4 anni e 1 mese. E poi altre condanne meno severe a carico dei collaboratori di giustizia: Domenico Mammi 1 anno e 5 mesi, e Sergio Macaluso 2 anni. Il giudice Turturici ha riconosciuto una provvisionale di risarcimento del danno alle parti civili nel processo, ovvero gli imprenditori che hanno denunciato, il Centro studi Pio La Torre, Addiopizzo, Federazione Italiana antiracket, Sos impresa, Confcommercio, Confesercenti, e Sicindustria. Tre dei sei commercianti convocati dai Carabinieri hanno ammesso di avere pagato.
Uno di loro è stato accompagnato da esponenti dell’associazione antiracket “Addiopizzo”, che adesso commenta: “Nel processo siamo risultati l’unica associazione ad aver assisto vittime di estorsione dopo un percorso di ascolto e sostegno durato un anno e mezzo accanto a chi era stato taglieggiato.

Un anno e mezzo di incontri, paure, silenzi, incertezze, solitudini, ansie e preoccupazioni prima che tutto sfociasse in un racconto di anni di estorsione e in pagine di verbali di denuncia. Un racconto poi confluito nell’operazione della Procura e dei Carabinieri del nucleo investigativo di Palermo. Gli arresti di forze dell’ordine e magistrati, le denunce e le collaborazioni durante le indagini delle vittime accompagnate da Addiopizzo, le loro testimonianze nel corso del processo e ora la sentenza rappresentano uno degli esempi migliori di come si possa lavorare per strada e nelle aule di giustizia. Va sottolineato però che, a una sempre più incisiva e costante repressione portata avanti da magistrati e forze dell’ordine, non seguono ancora vigorose politiche sociali e sul lavoro, fondamentali per superare fenomeni criminali e mafiosi”.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

Notizie correlate

Leave a Comment