Il “Pinocchio” di Guillermo Del Toro è la miglior versione mai portata sullo schermo

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il #pinocchio di Guillermo del Toro è un vero CAPOLAVORO; per me andrebbe proiettato nelle scuole. 

È liberamente ispirato a quello di Collodi ed è diverso in tutto – ovviamente – da quello di Comencini. 

A dire il vero ho sempre pensato che nessun Pinocchio sarebbe potuto essere affascinante e commovente come quello, ma mi sono dovuta ricredere. 

Del Toro c’ha messo 15 anni per realizzarlo, con una squadra di 100 professionisti al suo servizio. 

Tra disegnatori, scultori, pittori, ingegneri hanno dato vita ad un film di animazione ma con la tecnica dello Stop motion, ossia un fotogramma alla volta. 

Una cosa pazzesca! 

Ho trovato la storia originale e molto ben raccontata.

I pupazzi animati hanno delle caratteristiche accentuate a tal punto da esprimere appieno il senso dei personaggi. Bellezza, bruttezza, cattiveria, bontà, amore e odio, sono espressi in maniera empatica e coinvolgente. 

La scelta di calare la storia nel periodo storico del fascismo, dei bambini reclutati, di un Mussolini che nella pellicola viene “minimizzato” e miniaturizzato, ha creato l’atmosfera giusta per enfatizzare ancor più i temi trattati: l’identità, l’importanza della famiglia, il contrasto tra bene e male, la solidarietà, il rispetto, la generosità, il valore della coscienza, la disubbidienza che diventa ribellione verso ingiustizie e soprusi.

Le musiche originali, cantate e “ballate” dai protagonisti sono una cornice perfetta al prodotto. 

La scelta di un Geppetto pieno di dolore che ritrova la voglia di vivere, un grillo parlante che riesce nell’impresa di rendere Pinocchio buono, ma che alla fine con generosità rinuncia alla sua richiesta, un mangiafuoco orrendo e subdolo, un lucignolo che prende coraggio e si ribella al suo personalissimo regime, una scimmia che da “spazzatura” diventa una piccola eroina, e un burattino che non diventa mai bambino, che resta un burattino ma solo nelle fattezze, perché sa vivere come un bambino affamato di vita, e farà i conti con un suggestivo aldilà e una vita che verrà senza mai perdere il filo di tutto: l‘amore.

E su tutto la morte, il suo significato, il dolore che arreca, la rinascita (sotto varie forme), l’accettazione della vita come tempo che alla fine scade, e porta con se un finale, che a volte è solo il senso di un circolo infinito e perpetuo, che quando si inceppa, diventa la vita di ognuno.

Del Toro con questo film ha dimostrato come si possa fare un Pinocchio senza fatina, ma con una creatura che nel regno dei morti regola le vite del burattino, che ogni volta che torna sulla terra ne acquisisce consapevolezza, fino alla scelta finale.
Ha dimostrato anche come si può essere piccoli ma coraggiosi, che si possono sfidare gli stigmi sociali, gli stereotipi, le convenzioni.

C’è la balena nel Pinocchio di Del Toro. Una creatura che si mimetizza con l’ambiente, proprio come alcune trappole del vivere, quando si viene “inghiottiti” e si pensa di non avere più scampo.

Ma Pinocchio trova scampo da tante vicissitudini, vivrà come un bambino, imparerà anche gli addii e camminerà per il mondo, ed il suo finale sarà imprevedibile … proprio come la vita di ognuno, come la vita fuori dai film.

I doppiatori italiani superaltivi, come sempre.

E poi quel senso distintivo di Guillermo Del Toro: sempre in bilico tra favola e realtà, tra forma e sostanza, tra il poetico e il visionario.

Il film consigliatissimo, lo trovate su Netlix.

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