Chi ancora non l’avesse ammirato, può utilizzare ancora qualche giorno per far visita ad una meravigliosa opera d’arte, ospitata nella bella Agrigento, e che dopo il 30 marzo, tornerà nella chiesa di San Sebastiano fuori le mura, sulla via Appia, nella capitale.
Un’opera d’arte, che diviene “trait d’union” tra il barocco romano ed il barocco siciliano, è – a quanto pare – l’ultima opera che il Bernini realizzò prima di morire nel 28 novembre del 1680.
Il Salvator Mundi – detta anche “Il busto del Salvatore” – è un’opera di rara bellezza, realizzata tutta in marmo di Carrara, che lui stesso decise di lasciare in eredità a Caterina di Svezia – che però sembra avesse rifiutato quel dono poiché impossibilitata a rendergli un dono di egual valore – poi andata smarrita, e finita, forse, in mano ad un collezionista, e comunque ritrovato nel 2001.
Questo capolavoro, che sembra vivo in tutto il suo significato cristiano, mostra capelli fluenti, un mantello sulle spalle come se fosse puro raso, ed una mano sola, come in segno di benedizione. Fu definito dai suoi contemporanei, come un vero e proprio testamento del maestro Bernini, mentre tra i critici attuali, qualcuno ha pensato bene di metterne in dubbio la paternità.
Si resta incantati, nel vedere quel busto inserti molto bene, nel colonnato subito all’ingresso della chiesa dello Spirito Santo, dove, per ammirarlo a pieno, bisogna allontanarsi un po’ affinché si possa scorgerne la bellezza d’insieme, oltre ad ammirare i singoli dettagli che stupiscono, mostrando la straordinaria bravura del Bernini.
Un accostamento significativo, quello posto in essere tra l’opera del Bernini e gli stucchi del Serpotta, custodite nella chiesa agrigentina, datati tra il 1709 ed il 1717, decorati con oro zecchino, come riscoperto da alcuni interventi per verificarne l’autenticità, oltre all’acquisizione di “dati diagnostici” e alla messa in sicurezza delle opere stesse contenute all’interno del luogo sacro, costruito su un nucleo medievale che ad oggi, necessiterebbe di un intervento per impedire che l’umidità che continua ad insinuarsi all’interno, nuoccia alle opere una volta restaurate e fatte tornare a nuovo splendore.
Gli stucchi di Giacomo Serpotta, che si muovono in una singolare tridimensionalità, attraverso delle ombre che ne scaturiscono da un’accurata illuminazione, sembrano uscire dalle proprie cornici, per impressionare il visitatore. Rappresentano 4 scene del vangelo di Matteo: la natività, l’adorazione dei magi, la fuga in Egitto e la presentazione al tempio.
Anche l’altare e la volta della chiesa dello Spirito Santo – che non sono stati mai ritoccati e pertanto sono originali così come sono stati concepiti – mostrano dettagli di grande bellezza artistica barocca.
Ancora pochi giorni, dunque, per godere della bellezza dell’arte che è proprio a portata di mano, di sguardo, di emozione. Basterà che varchiate con la giusta curiosità e con una predisposizione al bello, il portale in stile catalano della chiesa dello Spirito Santo, e vi mettiate al cospetto di un’opera d’arte che merita l’attenzione di tutti gli agrigentini.
Simona Stammelluti