Home / Articoli pubblicati daSimona Stammelluti (Pagina 84)

20160321-151535.jpg
Messina – “Ci vuole la riforma delle nostre coscienze”. Queste le parole forti di Don Ciotti, presidente di Libera, che descrive la grande partecipazione in tutta Italia alla XXI Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo di tutte quelle vittime innocenti della mafia. Oltre 350 mila le persone che si sono riversate nelle oltre 2 mila piazze italiane per ricordare ciò che non va assolutamente dimenticato.
Il cuore pulsante della straordinaria mobilitazione è Messina, dove si contano 30 mila persone che hanno sfilato in corteo, con i testa i familiari delle vittime e lo stesso Don Ciotti. Un corteo che mira a sollecitare sempre maggiore impegno delle istituzioni e della società stessa, verso chi ha subìto gli attacchi della mafia.
Durante la manifestazione sono stati letti i nomi di tutte le vittime che hanno perso la vita, per mano della criminalità organizzata.
“Da questo popolo, soprattutto dai giovani – dice Don Ciotti – arriva un messaggio forte. Costruiamo ponti di memoria e luoghi di impegno ovunque per sottolineare la trasversalità delle cose positive, ma anche delle presenze criminali mafiose. Il nostro Paese ha bisogno di ponti, quelli che allargano le coscienze e traghettano le speranze. Abbiamo bisogno di un’opera quotidiana di cittadini responsabili capaci di tradurre la domanda di cambiamento in forza di cambiamento. Il problema ancora una volta sono un’accelerazione dei tempi e un chiarimento netto sulle priorità che Parlamento e governo devono darsi”.
“C’è una grande riforma da fare in Italia – dice ancora il sacerdote – la riforma delle nostre coscienze”.
A parlare circa la straordinarietà della giornata, anche Piero Campagna, fratello di Graziella, la giovane brutalmente uccisa dalla mafia, che oggi era in prima fila al corteo di Libera, insieme ad altri familiari.
“Da Messina un messaggio forte – dice Campagna – Questa giornata la dobbiamo ricordare per una società pulita e migliore, e dobbiamo dare il nostro contributo per sostenere i giovani nelle scuole”.
“E’ la prima volta che Messina ospita questa manifestazione grazie all’associazione Libera – continua Piero Campagna – Don Ciotti è una persona meravigliosa, ci ha sempre sostenuto ha fatto un lavoro straordinario spero che di oggi rimanga un segno forte”.
E poi conclude dicendo che “il messaggio che viene lanciato da Messina e dalla Sicilia è quello di rivolgere l’attenzione ai problemi ai quali vanno incontro i giovani, come la mancanza di lavoro e di futuro, essere uniti, impegnarci tutti in questo percorso perché ne abbiamo molto bisogno”.
Simona Stammelluti


Il referendum si chiama “No-Triv” e per la prima volta nella storia della Repubblica è richiesto dalle regioni, e servirà per decidere se vietare il rinnovo delle concessioni estrattive di gas e petrolio per i giacimenti entro le 12 miglia dalla costa italiana.
Sono 9 le assemblee regionali che hanno chiesto il referendum e sono Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise. Lo stesso referendum sarà valido solo se andrà a voltare il 50% più uno degli aventi diritto al voto.
Il referendum pertanto “NON RIGUARDA” il divieto di effettuare nuove trivellazioni, che sono già vietate entro le 12 miglia e continueranno a essere permesse solo oltre questo limite anche in caso di vittoria dei SI. Secondo alcuni il referendum del 17 aprile prossimo altro non è che un atto politico che serve a dare un segnale “contrario” all’utilizzo delle fonti di energia fossile come gas e petrolio estratti dalle piattaforme offshore.
Andiamo adesso ad analizzare cosa vuol cambiare il referendum.
Con il referendum si chiede agli italiani se vogliono abrogare la parte di una legge che permette a chi ha ottenuto concessioni per estrarre gas o petrolio da piattaforme offshore entro 12 miglia dalla costa, di rinnovare la concessione fino all’esaurimento del giacimento.
La domanda del referendum recita letteralmente:
Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita’ 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”?
Si fa presente che il comma 17 del decreto legislativo stabilisce che “sono vietate nuove attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi entro le 12 miglia marine delle acque nazionali, ma stabilisce anche che gli impianti che esistono già entro questa fascia possono continuare la loro attività fino alla data di scadenza della concessione. Questa concessione può essere prorogata fino all’esaurimento del giacimento“.
Il referendum, quindi, NON RIGUARDA NUOVE TRIVELLAZIONI, ma la possibilità per gli impianti già esistenti di continuare ad operare fino a che i giacimenti non saranno esauriti.
E’ giusto specificare che attualmente la maggior parte delle 66 concessioni estrattive in mare che ci sono in Italia, si trovano “oltre le 12 miglia marine” e dunque non sono coinvolte dal referendum, che invece riguarda solo 21 concessioni, che si trovano entro quel limite e sono così suddivise: una in Veneto, due in Emilia-Romagna, uno nelle Marche, tre in Puglia, cinque in Calabria, due in Basilicata e sette in Sicilia.
La legge prevede che le concessioni abbiano una durata di trent’anni, prorogabili una prima volta per altri 10 anni, una seconda volta per 5 e una terza per altri 5 anni. Al termine delle concessioni, le aziende possono chiedere di prorogare la concessione fino all’esaurimento del giacimento.
Pertanto se al referendum dovessero vincere il SI, gli impianti delle 21 concessioni di cui si parla dovranno chiudere tra circa cinque-dieci anni, mentre gli ultimi arrivati alla concessione, tra circa un ventennio. La vittoria del SI, impedirà l’ulteriore sfruttamento degli impianti già esistenti una volta scadute le concessioni.
Il referendum non modifica la possibilità di compiere nuove trivellazioni oltre le 12 miglia e nemmeno la possibilità di cercare e sfruttare nuovi giacimenti sulla terrafermacompiere nuove trivellazioni entro le 12 miglia è già vietato dalla legge.
I vari comitati che sostengono il “Si” al referendum, che sono appoggiati dalle nove regioni che il referendum lo hanno promosso, oltre che da WWF e Greenpeace, dichiarano che le trivellazioni andrebbero fermate per evitare rischi ambientali e sanitari e seppur sostenendo che non potrebbero verificarsi disastri come quello avvenuto nel Golfo del Messico nel 2010, in caso di cattivo funzionamento di uno degli impianti di estrazione, ci potrebbero essere dei danni ambientali, oltre ad esserci già dei danni per il turismo arrecati dalle piattaforme.
Chi invece sostiene il NO al Referendum, spiega come continuare l’estrazione di gas e petrolio offshore, sia un modo sicuro di limitare l’inquinamento; l’Italia estrae sul suo territorio circa il 10 per cento del gas e del petrolio che utilizza, e questa produzione ha evitato il transito per i porti italiani di centinaia di petroliere negli ultimi anni.
Una vittoria del sì avrebbe poi delle conseguenze sull’occupazione, visto che migliaia di persone lavorano nel settore e la fine delle concessioni significherebbe la fine dei loro posti di lavoro.
Secondo chi sostiene il NO al referendum, lo stesso è lo strumento  sbagliato per chiedere al governo maggiori investimenti nelle energie rinnovabili.
Il referendum, secondo loro, somiglia più a un tentativo di alcune regioni  nella fase in cui sembra che si stia togliendo loro le autonomie per decidere anche in materia di energia.
Simona Stammelluti

Il referendum si chiama “No-Triv” e per la prima volta nella storia della Repubblica è richiesto dalle regioni, e servirà per decidere se vietare il rinnovo delle concessioni estrattive di gas e petrolio per i giacimenti entro le 12 miglia dalla costa italiana.

Sono 9 le assemblee regionali che hanno chiesto il referendum e sono Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise. Lo stesso referendum sarà valido solo se andrà a voltare il 50% più uno degli aventi diritto al voto.

Il referendum pertanto “NON RIGUARDA” il divieto di effettuare nuove trivellazioni, che sono già vietate entro le 12 miglia e continueranno a essere permesse solo oltre questo limite anche in caso di vittoria dei SI. Secondo alcuni il referendum del 17 aprile prossimo altro non è che un atto politico che serve a dare un segnale “contrario” all’utilizzo delle fonti di energia fossile come gas e petrolio estratti dalle piattaforme offshore.

Andiamo adesso ad analizzare cosa vuol cambiare il referendum.

Con il referendum si chiede agli italiani se vogliono abrogare la parte di una legge che permette a chi ha ottenuto concessioni per estrarre gas o petrolio da piattaforme offshore entro 12 miglia dalla costa, di rinnovare la concessione fino all’esaurimento del giacimento.

La domanda del referendum recita letteralmente:

Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita’ 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”?

Si fa presente che il comma 17 del decreto legislativo stabilisce che “sono vietate nuove attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi entro le 12 miglia marine delle acque nazionali, ma stabilisce anche che gli impianti che esistono già entro questa fascia possono continuare la loro attività fino alla data di scadenza della concessione. Questa concessione può essere prorogata fino all’esaurimento del giacimento“.

Il referendum, quindi, NON RIGUARDA NUOVE TRIVELLAZIONI, ma la possibilità per gli impianti già esistenti di continuare ad operare fino a che i giacimenti non saranno esauriti.
E’ giusto specificare che attualmente la maggior parte delle 66 concessioni estrattive in mare che ci sono in Italia, si trovano “oltre le 12 miglia marine” e dunque non sono coinvolte dal referendum, che invece riguarda solo 21 concessioni, che si trovano entro quel limite e sono così suddivise: una in Veneto, due in Emilia-Romagna, uno nelle Marche, tre in Puglia, cinque in Calabria, due in Basilicata e sette in Sicilia.
La legge prevede che le concessioni abbiano una durata di trent’anni, prorogabili una prima volta per altri 10 anni, una seconda volta per 5 e una terza per altri 5 anni. Al termine delle concessioni, le aziende possono chiedere di prorogare la concessione fino all’esaurimento del giacimento.

Pertanto se al referendum dovessero vincere il SI, gli impianti delle 21 concessioni di cui si parla dovranno chiudere tra circa cinque-dieci anni, mentre gli ultimi arrivati alla concessione, tra circa un ventennio. La vittoria del SI, impedirà l’ulteriore sfruttamento degli impianti già esistenti una volta scadute le concessioni.
Il referendum non modifica la possibilità di compiere nuove trivellazioni oltre le 12 miglia e nemmeno la possibilità di cercare e sfruttare nuovi giacimenti sulla terrafermacompiere nuove trivellazioni entro le 12 miglia è già vietato dalla legge.

I vari comitati che sostengono il “Si” al referendum, che sono appoggiati dalle nove regioni che il referendum lo hanno promosso, oltre che da WWF e Greenpeace, dichiarano che le trivellazioni andrebbero fermate per evitare rischi ambientali e sanitari e seppur sostenendo che non potrebbero verificarsi disastri come quello avvenuto nel Golfo del Messico nel 2010, in caso di cattivo funzionamento di uno degli impianti di estrazione, ci potrebbero essere dei danni ambientali, oltre ad esserci già dei danni per il turismo arrecati dalle piattaforme.

Chi invece sostiene il NO al Referendum, spiega come continuare l’estrazione di gas e petrolio offshore, sia un modo sicuro di limitare l’inquinamento; l’Italia estrae sul suo territorio circa il 10 per cento del gas e del petrolio che utilizza, e questa produzione ha evitato il transito per i porti italiani di centinaia di petroliere negli ultimi anni.

Una vittoria del sì avrebbe poi delle conseguenze sull’occupazione, visto che migliaia di persone lavorano nel settore e la fine delle concessioni significherebbe la fine dei loro posti di lavoro.

Secondo chi sostiene il NO al referendum, lo stesso è lo strumento  sbagliato per chiedere al governo maggiori investimenti nelle energie rinnovabili.

Il referendum, secondo loro, somiglia più a un tentativo di alcune regioni  nella fase in cui sembra che si stia togliendo loro le autonomie per decidere anche in materia di energia.

Simona Stammelluti

20160314-131502.jpg
E’ partita ieri, domenica 13 marzo la Settimana della Prevenzione Oncologica, organizzata dalla Lega Italiana per la Lotta ai Tumori, e si concluderà il prossimo lunedì 21 marzo. La pregevole iniziativa, è mirata a sensibilizzare i cittadini sull’importante ruolo della prevenzione e della diagnosi precoce.
L’importanza della prevenzione ed un corretto stile di vita, oltre ad una dieta equilibrata, sono alla base dell’iniziativa ad opera della Lilt, che anche quest’anno grazie all’aiuto dei volontari, consegnerà ai cittadini, nelle più grandi piazze d’Italia, una bottiglia di olio extravergine di oliva, che è proprio alla base della dieta mediterranea, oltre ad un pacchetto di “taralli biologici certificati”, generosamente offerti dall’Azienda “Fiore di Puglia”, produttrice di alimenti da forno realizzati solo con materie prime di alta qualità, e con la quale la LILT Nazionale ha recentemente perfezionato un’importante collaborazione. A corredo vi sarà anche un opuscolo che contiene informazioni, consigli e ricette “della salute”. Tutto, in cambio di un piccolo contributo per sostenere le attività dell’Associazione.
Testimonial quest’anno della campagna di sensibilizzazione e di prevenzione, la cantante Anna Tatangelo, e con lei si punterà dunque, al linguaggio mediatico, con l’unico fine di far si che il cittadino si avvicini il prima possibile ad un eventuale male, per poterlo sconfiggere attraverso proprio la diagnosi precoce.
Nell’immagine che regge l’importante campagna di prevenzione, la Tatangelo posa “vestita” davanti ad una tavola sulla quale spiccano frutta e verdura, alla base della dieta del benessere, con il suo slogan che è “La mia ricetta della salute? La prevenzione! Mangio sano, faccio sport, non fumo e non bevo alcolici”.
Ben lontana dall’immagine prestata alla Lilt dalla cantante che, senza veli, posò per la campagna contro il tumore al seno e che scatenò non poche polemiche.
Testimonial con la Tatangelo anche lo chef stellato Heinz Beck, che ha messo a disposizione della grande famiglia Lilt uno straordinario menu.
Lungo tutto lo stivale, saranno attivi anche le 106 sedi provinciali della Lilt, e 397 ambulatori dove numerosi specialisti, saranno a disposizione dei cittadini, offrendo servizi di prevenzione.
L’importanza della prevenzione e dello stile di vita, anche nelle parole del presidente nazionale della Lilt, il Prof. Francesco Schittulli, che ha sottolineato come “si renda opportuno educare sopratutto i più giovani a condurre una vita regolare e a mangiare bene, considerato che un bambino obeso, domani sarà un adulto malato”.
Ad Agrigento l’iniziativa sarà nelle piazze domenica 20 marzo.

Simona Stammelluti

20160314-131502.jpg

E’ partita ieri, domenica 13 marzo la Settimana della Prevenzione Oncologica, organizzata dalla Lega Italiana per la Lotta ai Tumori, e si concluderà il prossimo lunedì 21 marzo. La pregevole iniziativa, è mirata a sensibilizzare i cittadini sull’importante ruolo della prevenzione e della diagnosi precoce.

L’importanza della prevenzione ed un corretto stile di vita, oltre ad una dieta equilibrata, sono alla base dell’iniziativa ad opera della Lilt, che anche quest’anno grazie all’aiuto dei volontari, consegnerà ai cittadini, nelle più grandi piazze d’Italia, una bottiglia di olio extravergine di oliva, che è proprio alla base della dieta mediterranea, oltre ad un pacchetto di “taralli biologici certificati”, generosamente offerti dall’Azienda “Fiore di Puglia”, produttrice di alimenti da forno realizzati solo con materie prime di alta qualità, e con la quale la LILT Nazionale ha recentemente perfezionato un’importante collaborazione. A corredo vi sarà anche un opuscolo che contiene informazioni, consigli e ricette “della salute”. Tutto, in cambio di un piccolo contributo per sostenere le attività dell’Associazione.

Testimonial quest’anno della campagna di sensibilizzazione e di prevenzione, la cantante Anna Tatangelo, e con lei si punterà dunque, al linguaggio mediatico, con l’unico fine di far si che il cittadino si avvicini il prima possibile ad un eventuale male, per poterlo sconfiggere attraverso proprio la diagnosi precoce.

Nell’immagine che regge l’importante campagna di prevenzione, la Tatangelo posa “vestita” davanti ad una tavola sulla quale spiccano frutta e verdura, alla base della dieta del benessere, con il suo slogan che è “La mia ricetta della salute? La prevenzione! Mangio sano, faccio sport, non fumo e non bevo alcolici”.

Ben lontana dall’immagine prestata alla Lilt dalla cantante che, senza veli, posò per la campagna contro il tumore al seno e che scatenò non poche polemiche.

Testimonial con la Tatangelo anche lo chef stellato Heinz Beck, che ha messo a disposizione della grande famiglia Lilt uno straordinario menu.

Lungo tutto lo stivale, saranno attivi anche le 106 sedi provinciali della Lilt, e 397 ambulatori dove numerosi specialisti, saranno a disposizione dei cittadini, offrendo servizi di prevenzione.

L’importanza della prevenzione e dello stile di vita, anche nelle parole del presidente nazionale della Lilt, il Prof. Francesco Schittulli, che ha sottolineato come “si renda opportuno educare sopratutto i più giovani a condurre una vita regolare e a mangiare bene, considerato che un bambino obeso, domani sarà un adulto malato”.

Ad Agrigento l’iniziativa sarà nelle piazze domenica 20 marzo.

Simona Stammelluti

Chi ancora non l’avesse ammirato, può utilizzare ancora qualche giorno per far visita ad una meravigliosa opera d’arte, ospitata nella bella Agrigento, e che dopo il 30 marzo, tornerà nella chiesa di San Sebastiano fuori le mura, sulla via Appia, nella capitale.

Un’opera d’arte, che diviene “trait d’union” tra il barocco romano ed il barocco siciliano, è – a quanto pare – l’ultima opera che il Bernini realizzò prima di morire nel 28 novembre del 1680.

Il Salvator Mundi – detta anche “Il busto del Salvatore” – è un’opera di rara bellezza, realizzata tutta in marmo di Carrara, che lui stesso decise di lasciare in eredità a Caterina di Svezia – che però sembra avesse rifiutato quel dono poiché impossibilitata a rendergli un dono di egual valore – poi andata smarrita, e finita, forse, in mano ad un collezionista, e comunque ritrovato nel 2001.

Questo capolavoro, che sembra vivo in tutto il suo significato cristiano, mostra capelli fluenti, un mantello sulle spalle come se fosse puro raso, ed una mano sola, come in segno di benedizione. Fu definito dai suoi contemporanei, come un vero e proprio testamento del maestro Bernini, mentre tra i critici attuali, qualcuno ha pensato bene di metterne in dubbio la paternità.

Si resta incantati, nel vedere quel busto inserti molto bene, nel colonnato subito all’ingresso della chiesa dello Spirito Santo, dove, per ammirarlo a pieno, bisogna allontanarsi un po’ affinché si possa scorgerne la bellezza d’insieme, oltre ad ammirare i singoli dettagli che stupiscono, mostrando la straordinaria bravura del Bernini.

Un accostamento significativo, quello posto in essere tra l’opera del Bernini e gli stucchi del Serpotta, custodite nella chiesa agrigentina, datati tra il 1709 ed il 1717, decorati con oro zecchino, come riscoperto da alcuni interventi per verificarne l’autenticità, oltre all’acquisizione di “dati diagnostici” e alla messa in sicurezza delle opere stesse contenute all’interno del luogo sacro, costruito su un nucleo medievale che ad oggi, necessiterebbe di un intervento per impedire che l’umidità che continua ad insinuarsi all’interno, nuoccia alle opere una volta restaurate e fatte tornare a nuovo splendore.

Gli stucchi di Giacomo Serpotta, che si muovono in una singolare tridimensionalità, attraverso delle ombre che ne scaturiscono da un’accurata illuminazione, sembrano uscire dalle proprie cornici, per impressionare il visitatore. Rappresentano 4 scene del vangelo di Matteo: la natività, l’adorazione dei magi, la fuga in Egitto e la presentazione al tempio.

Anche l’altare e la volta della chiesa dello Spirito Santo – che non sono stati mai ritoccati e pertanto sono originali così come sono stati concepiti – mostrano dettagli di grande bellezza artistica barocca.

Ancora pochi giorni, dunque, per godere della bellezza dell’arte che è proprio a portata di mano, di sguardo, di emozione. Basterà che varchiate con la giusta curiosità e con una predisposizione al bello, il portale in stile catalano della chiesa dello Spirito Santo, e vi mettiate al cospetto di un’opera d’arte che merita l’attenzione di tutti gli agrigentini.

Simona Stammelluti


Chi ancora non l’avesse ammirato, può utilizzare ancora qualche giorno per far visita ad una meravigliosa opera d’arte, ospitata nella bella Agrigento, e che dopo il 30 marzo, tornerà nella chiesa di San Sebastiano fuori le mura, sulla via Appia, nella capitale.
Un’opera d’arte, che diviene “trait d’union” tra il barocco romano ed il barocco siciliano, è – a quanto pare – l’ultima opera che il Bernini realizzò prima di morire nel 28 novembre del 1680.
Il Salvator Mundi – detta anche “Il busto del Salvatore” – è un’opera di rara bellezza, realizzata tutta in marmo di Carrara, che lui stesso decise di lasciare in eredità a Caterina di Svezia – che però sembra avesse rifiutato quel dono poiché impossibilitata a rendergli un dono di egual valore – poi andata smarrita, e finita, forse, in mano ad un collezionista, e comunque ritrovato nel 2001.
Questo capolavoro, che sembra vivo in tutto il suo significato cristiano, mostra capelli fluenti, un mantello sulle spalle come se fosse puro raso, ed una mano sola, come in segno di benedizione. Fu definito dai suoi contemporanei, come un vero e proprio testamento del maestro Bernini, mentre tra i critici attuali, qualcuno ha pensato bene di metterne in dubbio la paternità.
Si resta incantati, nel vedere quel busto inserti molto bene, nel colonnato subito all’ingresso della chiesa dello Spirito Santo, dove, per ammirarlo a pieno, bisogna allontanarsi un po’ affinché si possa scorgerne la bellezza d’insieme, oltre ad ammirare i singoli dettagli che stupiscono, mostrando la straordinaria bravura del Bernini.
Un accostamento significativo, quello posto in essere tra l’opera del Bernini e gli stucchi del Serpotta, custodite nella chiesa agrigentina, datati tra il 1709 ed il 1717, decorati con oro zecchino, come riscoperto da alcuni interventi per verificarne l’autenticità, oltre all’acquisizione di “dati diagnostici” e alla messa in sicurezza delle opere stesse contenute all’interno del luogo sacro, costruito su un nucleo medievale che ad oggi, necessiterebbe di un intervento per impedire che l’umidità che continua ad insinuarsi all’interno, nuoccia alle opere una volta restaurate e fatte tornare a nuovo splendore.
Gli stucchi di Giacomo Serpotta, che si muovono in una singolare tridimensionalità, attraverso delle ombre che ne scaturiscono da un’accurata illuminazione, sembrano uscire dalle proprie cornici, per impressionare il visitatore. Rappresentano 4 scene del vangelo di Matteo: la natività, l’adorazione dei magi, la fuga in Egitto e la presentazione al tempio.
Anche l’altare e la volta della chiesa dello Spirito Santo – che non sono stati mai ritoccati e pertanto sono originali così come sono stati concepiti – mostrano dettagli di grande bellezza artistica barocca.
Ancora pochi giorni, dunque, per godere della bellezza dell’arte che è proprio a portata di mano, di sguardo, di emozione. Basterà che varchiate con la giusta curiosità e con una predisposizione al bello, il portale in stile catalano della chiesa dello Spirito Santo, e vi mettiate al cospetto di un’opera d’arte che merita l’attenzione di tutti gli agrigentini.
Simona Stammelluti

20160311-133620.jpg
E’ senza dubbio un’arte.
Ma non è un’arte facile da “tenere in piedi”, se non alimentata da una straordinaria concentrazione, e da una possente dose di spiritualità.
Momenti tra il mistico e lo stato “estatico”, nell’esibizione dei Dervisci Rotanti, che è andata in scena al teatro Luigi Pirandello di Agrigento, nella serata di mercoledì 9 marzo, in cartellone per la 71esima edizione della Sagra del Mandorlo in Fiore.
E’ uno spettacolo stano, il loro.
Non sai di cosa si tratti, fin quando non entrano in scena e si lasciano “possedere” dal proprio stato, indispensabile per “danzare”. Danzano, tutto in circolare, come se i 5 ballerini turchi, fossero un gigantesco carillion, alimentato solo dalla forza di volontà, da una straordinaria preparazione fisica e dalla capacità di “staccare” la mente da un corpo che risponde ad un impulso, ad una sorta di “carica” emotiva e sopratutto spirituale.
Uno spettacolo, che azzarderei chiamandolo “ipnotico”, durante il quale ci si chiede come facciano a non cadere in preda ad un capogiro, fin quando non si entra nella loro logica di vita, di preghiera, di amore per uno stato che rapisce e che incanta.
Sul palco, 15 elementi, provenienti dalla Turchia – terra di meditazioni, di misticismo e di spiritualità – divisi tra musicisti e ballerini. Che poi, chiamarli sono musicisti o solo ballerini è senza dubbio riduttivo, considerata la capacità di procedere ed “incedere” minuto dopo minuto come se per davvero potessero andare avanti all’infinito.
Musica riprodotta con tipici strumenti turchi, a corde, a percussione e a fiato, che hanno fatto da “tappeto” al rituale, seguendo diverse fasi: Una introduzione per mezzo di un flauto, l’ingresso del tamburo come ringraziamento a Dio per essere stati creati, e poi ancora il flauto chiamato Ney, per raccontare dolcemente il soffio divino affinché le creature possano avere vita, e dunque, ballare.
Un “rito” vero e proprio, per il quale era necessario un “religioso silenzio”, così come era stato richiesto in apertura di serata. Un silenzio che si è rotto esclusivamente a performance completata, attraverso un applauso sentito.
Un rito che prevede musicisti che recitano anche canti(lene) e preghiere tratte dal Corano per gran parte dello spettacolo, un maestro, che benedice ed introduce alla danza i danzatori – rigorosamente maschi – vestiti con abiti bianchi, unico coloro concesso, copricapo caratteristico turco in feltro marrone e dei mantelli neri, che vengono reindossati solo a danza ultimata.
Una danza che resta impressa, perché i ballerini percorrono in senso antiorario, girando su se stessi attraverso piccoli passi, per tre volte consecutive, tutto il perimetro; poi si fermano, senza un minimo di esitazione, e ci scambiano un saluto, come simbolo di mutua fratellanza tra le loro anime, e non tra i loro corpi, che ubbidiscono solo allo stato estatico raggiunto attraverso un profondo e non facile cammino spirituale, fondato sull’amore, sulla fratellanza, sull’abbandonando l’ego per il raggiungimento della perfezione, indispensabile per giungere a Dio. Ed è proprio da questo percorso che deriva il termine “derviscio”, che sta per “mendicante”, colui che percorre un cammino da asceta, per abbandonare ogni attaccamento alle passioni mondane e dunque terrene.
Tolleranza, purezza, trasparenza, in quel loro “roteare”, senza sosta, senza esitazione, ma con occhi chiusi, dietro i quali scorrono le immagini di uno stato distante anni luce, dal palco del teatro Luigi Pirandello, che mercoledì 9 marzo, ha assistito ad uno spettacolo, di grande caratura artistica.
Simona Stammelluti

20160311-133620.jpg

E’ senza dubbio un’arte.
Ma non è un’arte facile da “tenere in piedi”, se non alimentata da una straordinaria concentrazione, e da una possente dose di spiritualità.
Momenti tra il mistico e lo stato “estatico”, nell’esibizione dei Dervisci Rotanti, che è andata in scena al teatro Luigi Pirandello di Agrigento, nella serata di mercoledì 9 marzo, in cartellone per la 71esima edizione della Sagra del Mandorlo in Fiore.

E’ uno spettacolo stano, il loro.

Non sai di cosa si tratti, fin quando non entrano in scena e si lasciano “possedere” dal proprio stato, indispensabile per “danzare”. Danzano, tutto in circolare, come se i 5 ballerini turchi, fossero un gigantesco carillion, alimentato solo dalla forza di volontà, da una straordinaria preparazione fisica e dalla capacità di “staccare” la mente da un corpo che risponde ad un impulso, ad una sorta di “carica” emotiva e sopratutto spirituale.

Uno spettacolo, che azzarderei chiamandolo “ipnotico”, durante il quale ci si chiede come facciano a non cadere in preda ad un capogiro, fin quando non si entra nella loro logica di vita, di preghiera, di amore per uno stato che rapisce e che incanta.

Sul palco, 15 elementi, provenienti dalla Turchia – terra di meditazioni, di misticismo e di spiritualità – divisi tra musicisti e ballerini. Che poi, chiamarli sono musicisti o solo ballerini è senza dubbio riduttivo, considerata la capacità di procedere ed “incedere” minuto dopo minuto come se per davvero potessero andare avanti all’infinito.

Musica riprodotta con tipici strumenti turchi, a corde, a percussione e a fiato, che hanno fatto da “tappeto” al rituale, seguendo diverse fasi: Una introduzione per mezzo di un flauto, l’ingresso del tamburo come ringraziamento a Dio per essere stati creati, e poi ancora il flauto chiamato Ney, per raccontare dolcemente il soffio divino affinché le creature possano avere vita, e dunque, ballare.

Un “rito” vero e proprio, per il quale era necessario un “religioso silenzio”, così come era stato richiesto in apertura di serata. Un silenzio che si è rotto esclusivamente a performance completata, attraverso un applauso sentito.

Un rito che prevede musicisti che recitano anche canti(lene) e preghiere tratte dal Corano per gran parte dello spettacolo, un maestro, che benedice ed introduce alla danza i danzatori – rigorosamente maschi – vestiti con abiti bianchi, unico coloro concesso, copricapo caratteristico turco in feltro marrone e dei mantelli neri, che vengono reindossati solo a danza ultimata.

Una danza che resta impressa, perché i ballerini percorrono in senso antiorario, girando su se stessi attraverso piccoli passi, per tre volte consecutive, tutto il perimetro; poi si fermano, senza un minimo di esitazione, e ci scambiano un saluto, come simbolo di mutua fratellanza tra le loro anime, e non tra i loro corpi, che ubbidiscono solo allo stato estatico raggiunto attraverso un profondo e non facile cammino spirituale, fondato sull’amore, sulla fratellanza, sull’abbandonando l’ego per il raggiungimento della perfezione, indispensabile per giungere a Dio. Ed è proprio da questo percorso che deriva il termine “derviscio”, che sta per “mendicante”, colui che percorre un cammino da asceta, per abbandonare ogni attaccamento alle passioni mondane e dunque terrene.

Tolleranza, purezza, trasparenza, in quel loro “roteare”, senza sosta, senza esitazione, ma con occhi chiusi, dietro i quali scorrono le immagini di uno stato distante anni luce, dal palco del teatro Luigi Pirandello, che mercoledì 9 marzo, ha assistito ad uno spettacolo, di grande caratura artistica.

Simona Stammelluti

C’è per davvero da restare incantati, se si decide di immergersi in quello che è uno dei momenti più belli e suggestivi della famosissima “Sagra del Mandorlo in Fiore, che ad Agrigento, anno dopo anno, festeggia il miracolo della fioritura del meraviglioso fiore, che avviene nel mese di febbraio, qunando è ancora pieno inverno.

Sarà che la terra di Sicilia è unica in ogni suo pregio, come in ogni difetto, ma la straordinarietà di un evento naturale così eccellente non può che essere festeggiato.

Un programma ricco ed interessante quello messo a punto dall’11 febbraio sino al 13 marzo, durante quella che quest’anno è stata la 71esima edizione della ormai storica sagra.

Una sagra che nel suo programma ha visto ieri, 9 marzo, la coinvolgente Fiaccolata dell’Amicizia, che da P.zza Pirandello, si è incamminata per via Atenea, e poi ancora per P.zza della Vittoria, per terminare in Via Crispi.

Tanta la gente che si è riversata lungo le strade del famoso percorso della fiaccolata, e tutti, per un po’ sono rimasti con il naso all’insù sperando che i goccioloni annunciati dalle previsioni meteo, non venissero giù copiosi, rovinando una delle più suggestive parentesi della Sagra.

Dalle parole del direttore artistico della manifestazione folkloristica, si evince la complessità dell’organizzazione nel gestire non solo la partecipazione ma anche le singole performance dei gruppi ospiti che quest’anno sono giunti dal Brasile, Colombia, Grecia, Messico, Polonia, Perù, Romania, Slovacchia,,Thailandia, Turchia e Spagna e che si sono perfettamente integrati con i gruppi folkloristici autoctoni.

Tutti insieme sotto il segno dell’Amicizia, pur appartenendo a culture, usi e costumi completamente diversi. Tutti sotto il segno della “luce” delle fiaccole che nessun vento e nessuna pioggia, avrebbe mai potuto spegnere.

Un servizio d’ordine poderoso e compatto, coordinato dalla Prefettura, ha assicurato non solo l’impeccabile riuscita della manifestazione, ma anche un controllo sulla sicurezza di ognuna delle persone presenti.

Il suono dei tamburi, delle percussioni, dei rullanti, hanno rieccheggiato lungo tutto il tragitto, sbattendo nello stomaco e nelle emozioni di tutti i presenti. Un suono che ha dato il via alla fiaccolata e che ha anche introdotto i suoni tipici di ogni paese straniero invitato. Un insieme di colori che hanno caratterizzato non solo il trucco e l’abito dei partecipanti alla fiaccolata, ma sono stati il “filo conduttore” che ha tenuto insieme giovani sorridenti che seppur con colori diversissimi di pelle, hanno creato un “tappeto” umano, che in maniera allegra ha percorso le strade della città, sotto gli occhi di migliaia di cittadini.

Ogni luogo un suono, un sorriso da immortalare, un passo di danza. Ogni luogo una luce della fiaccola, uguale a tutte le altre, che ha posto un sigillo sullo scambio che nasce dalla condivisione di ciò che appartiene ma che diventa dell’altro, quando ci si scambia un pezzo di storia e di tradizione.

Simona Stammelluti. (Le foto sono della stessa autrice dell’articolo).

20160310-181513.jpg

20160310-181519.jpg

20160310-181525.jpg

20160310-181531.jpg

20160310-181545.jpg

20160310-181552.jpg

20160310-181604.jpg

20160310-181612.jpg

20160310-181619.jpg

20160310-181628.jpg

20160310-181643.jpg

20160310-181651.jpg

20160310-181659.jpg