Simona Stammelluti, Autore presso Sicilia 24h - Pagina 83 di 94
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Policoro – Partirà tra pochi giorni sul lungomare di Policoro e durerà dal 3 al 7 di agosto, il Festival musicale Blues in Town giunto alla sua 13esima edizione e che anche quest’anno si impreziosirà di tante attività compreso il Workshop di fotografia musicale “Uno scatto in Blues” tenuto da uno dei più stimati ed eclettici fotografi dello stivale, Carlo Terenzi, dotato di spiccato senso artistico, oltre alla capacità di mostrare il miglior volto della musica, attraverso i suoi scatti ormai celebri

Un festival di musica Blues, dunque che anno dopo anno, ha saputo essere un contenitore a 360 gradi, all’interno del quale si possono scoprire innumerevoli attività: Seminari musicali gratuiti, Book crossing, vinile blues, mostre fotografiche, motoraduno e poi tanti ospiti.

Quest’anno a chiudere il festival, il 7 agosto alle 23 ci sarà Eugenio Finardi.

Nei giorni di sabato 6 e domenica 7 agosto, il fotografo Carlo Terenzi terrà per gli appassionati e gli addetti ai lavori un workshop sul mondo della musica, su come la si fotografa. Un mondo da analizzare con cura, grazie all’esperienza pluriennale del fotografo proprio nell’ambito dei più prestigiosi festival jazz e musicali d’Italia. Così partendo dalle regole di base sulla fotografia, il lavoro si dipanerà sino a come si effettua uno shooting, come si realizza un reportage, ed un ritratto fotografico.

Un festival dunque dinamico e colto, che permetterà a residenti e turisti di scegliere il momento che preferisce in base alle proprie personalissime inclinazioni e dunque anche di partecipare ad un laboratorio tenuto da un grande professionista della fotografia.

Le iscrizioni al workshop sono aperte sino al prossimo 30 luglio, e per ogni informazione si può visitare il sito www.carloterenzi.com o telefonare al 3387575625

Non resta che attendere l’apertura dei battenti del festival Blues in Town che anche quest’anno promette ottima musica ed emozioni frizzanti, quanto l’estate nella quale si entra ormai nel vivo.

Simona Stammelluti

La situazione a Monaco di Baviera in questo momento è ancora di grande caos dopo la sparatoria nel centro commerciale. Ferme le metro, nessun autobus, alla stazione centrale ci sono verificate scene di panico quando è stata sgombrata

foto Ansa

Le strade sono deserte, le piazze vuote, regna un silenzio pauroso, in una città che di solito pullula di vita.

La polizia ha invitato tutti a tornare a casa, a non usare i mezzi pubblici, ma questo non è facile perché è un problema serio rientrare o mettersi in salvo senza usare i mezzi.  E’ stato messo in piedi un servizio simile a quello usato a Parigi, al tempo del Bataclan. In tanti hanno messo a disposizione uffici e posti pubblici per accogliere la gente ancora per strada.

Le teste di cuoio sono ancora al Centro Commerciale dove è iniziato tutto, perché si teme che ci sia ancora qualcuno dentro munito di esplosivo.

Il centro commerciale è molto grande. Per essere sicuri che non ci sia più nessuno ci vorrà ancora un po’.

Secondo alcuni media, uno degli attentatori si sarebbe sparato in testa con la sua stessa pistola, sarebbe in fin di vita, mentre i morti accertati sarebbero 6.

E’ stato diramato un appello a tutti gli automobilisti affinché lascino libere le strade  e le autostrade verso Monaco affinché possano essere rese disponibili per i mezzi di soccorso e della Polizia.

Gli altri 2 attentatori sono riusciti a fuggire e avrebbero armi a canna lunga.

La priorità è quella di evitare quante più vittime possibili. Tutti i medici sono stati richiamati in servizio negli gli ospedali.

Il giornalista Fisher dal posto, racconta che a differenza di altri attentati, dopo tre ore dopo i primi colpi nel Centro Commerciale gli attentatori sono ancora in giro e la polizia non ha la situazione sotto controllo.

Si pensa sia essere un attentato condotto da persone tedesche, nate e cresciute in Germania. Il terrorismo ormai, colpisce anche lì.

Amarezza ed incredulità, considerato che Monaco è stata una città serena fino a poche ore fa.

Forse la Germania è stata colpita politicamente, ma la situazione confusa del mondo islamico, non può lasciar illudere che si faccia un percorso liscio di integrazione.

Simona Stammelluti

In realtà sul palco dell’Arena Santa Giuliana, ieri sera non c’era solo lo straordinario sassofonista con il suo quartetto, ma anche uno dei nomi di spicco del panorama jazzistico internazionale, il crooner Kurt Elling che però non è sembrato in perfetta forma

Branford Marsalis è senza dubbio un pilastro di eccellenza artistica del 21esimo secolo, sassofonista virtuoso, che nell’ambito jazzistico ha portato senza dubbio una straordinaria energia, considerato che il suo orizzonte è “l’arte del jazz” in tutte le sue sfumature. Forse non è un caso che il suo talento sia così spiccato, considerato che si è cresciuto nel ricco ambiente (dal punto di vista musicale) di New Orleans, in una famiglia dove sono tutti “fuoriclasse”, dal papà Ellis, e dai fratelli Wynton, Delfeayo e Jason.

Ieri sera, ha dato spettacolo – è proprio il caso di dirlo –  suonando sia il sax tenore che il soprano, e con entrambi gli strumenti, ha saputo tessere le maglie di un concerto che ha spiccato proprio per le capacità del quartetto, sia come performance tecnica che come interplay.
Quel quartetto formato da Joe Calderazzo al pianoforte – che ieri sera era in uno stato di grazia – Eric Revis al contrabbasso e Justin Faulkner alla batteria.

Il progetto portato ad Umbria Jazz è quello che vede come “Special Guest” Kurt Elling, cantante di Chicago, partner di scena del quartetto,  amico di Marsalis, con il quale ha un disco fresco inciso proprio con quel quartetto. La voce versatile di Kurt Elling, ieri sera non è sembrata impeccabile, così come spesso si è soliti ascoltarla, anche se le sue doti canore indubbie, si sono sentite nelle lunghe note tenute, nella capacità di contenere lo spazio grave/acuto, e in quella sua dimestichezza di “tenere il palco”, caratteristica che appartiene a tutti i crooner che delle movenze si nutrono per sorreggere l’ampiezza della perfomance.

Ieri sera veniva spontaneo pensare al grande Frank Sinatra, fuoriclasse, voce e carisma impacchettati in maniera unica. Spontaneo pensare a lui, considerato che, da lui in poi, è nata una nuova era, quella dell’intrattenimento puro.

Parla e gioca con il pubblico, Kurt Elling, anche se l’Arena è piena solo per metà. Saluta in italiano, poi scambia due parole con Marsalis, regala momenti di scat, e il suo momento migliore resta quando abbandona la ritmica ed si esprime attraverso la melodia.

Ma è Branford e il suo quartetto che equilibrato quando deve, energico all’occorrenza e travolgente nelle esecuzioni, conquista il pubblico che so entusiasma, ed applaude le esecuzioni tra radici e novità.

Gli assoli di Calderazzo al pianoforte sono da 10 e lode, dai quali si evince la versatilità del musicista che usa perfettamente sia la mano destra che la sinistra, nella velocità impressionante con la quale esegue scale e l’improvvisazione, per poi ricondurre il tema nell’esecuzione.

Un concerto bello, senza dubbio, nel quale la “statura” del quartetto e l’impeccabile capacità dei musicisti di suonare senza compromessi, resta la ricetta di qualcosa, davvero fuori dal comune.

Simona Stammelluti

Le foto presenti nell’articolo sono di Andrea Palmucci – Winner of the JJA Jazz Awards 2015 “Jazz photo of the year” New York – che ringraziamo

L’alba di un nuovo giorno di terrore, di strage, di morte, di guerra, così come ha detto a caldo il presindente Hollande, Nizza è blindata dalle forze dell’ordine in assetto antisommossa

foto Ansa

Esiste un modello terroristico già in voga da tempo; falciare i civili per strada, stando a bordo di un mezzo. Sembrerebbe essere questo il metodo subdolo usato per la strage di Nizza, che mira ad uccidere civili innocenti, senza armi classiche. Ad agire la scorsa notte, sul lungomare di Nizza, durante il momento dei fuochi d’artificio, quando erano tutti lì, il giorno della Festa della Nazione, è stato un musulmano di origine tunisina, 31 anni, che è stato poi ucciso. Ad intercettare il killer, è stata una poliziotta.

Ha parlato il presidente Hollande: “E’una tragedia mostruosa, ma siamo più forti del terrore. La Francia piange, è addolorata ma è forte, e lo sarà sempre più dei fanatici che vogliono colpirla“.

Tutto il mondo è sgomento, ed è Papa Francesco, solidale con il popolo francese, a condannare “nel modo più assoluto ogni forma di follia omicida, di odio, di terrorismo e di attacco contro la pace“.

Si cercano adesso tutti coloro che non rispondono ancora all’appello e tra questi anche una coppia di italiani, Angelo D’Agostino e Gianna Muset. E’ la nuora della coppia ad aver comunicato di non avere più loro notizie delle ore 21.55 di ieri.

Tanti i bambini dispersi nel caos della tragedia. Tutti i bambini ritrovati soli, sono stati condotti presso la caserma Auvare, sede della Polizia di Nizza.

Continuano ad arrivare i racconti dei testimoni. Un cronista del Nice-Matin racconta come il camion sterzasse di continuo, proprio per colpire più gente possibile, come se fossero dei birilli.

Le immagini che arrivano da Nizza sono terrificanti. Sono quelle di una nuova strage, in Francia, nel giorno della Festa della Nazione

foto Ansa

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Durante i fuochi d’artificio sul lungomare di Nizza,  un camion si è schiantato sulla folla. La prefettura locale parla di nuovo attentato ed invita la popolazione del luogo a non uscire di casa. Secondo le fonti di polizia sarebbero decine, le persone che sono rimaste uccise.

Sembrerebbe che dal camion abbiano sparato anche sulla folla e che la Polizia abbia risposto al fuoco. Sul lungomare e lungo la spiaggia c’era tantissima gente e, come raccontano alcuni testimoni, ancora adesso arrivano ambulanze e macchine della Polizia.

Si parla di circa 60 morti e la città sembra sotto assedio, i video mostrano famiglie che fuggono tra i cadaveri sparsi sul lungomare.
Sembra che il conducente del camion sia stato ucciso.
Ancora non ci sono rivendicazioni.

Il presidente Hollande ha fatto rientro a Parigi da Avignone, per presiedere alla riunione dell’unità di crisi.

Simona Stammelluti

Ad essere magica a Perugia in questi giorni è da sempre l’aria che si respira, fatto di musica (bella) a tutte le ore, di fotografi sudati e sempre impeccabili, di appassionati che si spostano per vivere a pieno 9 giorni che – anno dopo anno – sanno divenire indimenticabili, o forse dovrei dire indelebili, come un tatuaggio che scegli per tenerlo “con te” tutta la vita.

photo di Andrea Palmucci

Il concerto di ieri sera – inteso come duo Metheny/Carter – sembra essere destinato a passare alla storia, ad essere ricordato come quello nel quale magia e carisma, prendono il sopravvento anche sul talento (indiscusso per entrambi) e sull’entusiasmo che si respira forte, nella loro intesa, nata da quell’incontro al Ditroit Jazz Festival lo scorso settembre, a seguito del quale i due straordinari musicisti hanno deciso di suonare insieme, dando vita a progetto e tournée.

Per chi si stesse chiedendo se si avvertisse la mancanza di qualcosa, considerato che non è un duetto classico – tipo tromba e pianoforte – la risposta è no…non mancava proprio nulla, considerato che gli assoli ormai famosi di Metheny, lirici, lucidi e determinati, vengono esaltati nel loro vigore da Ron Carter, il cui modo di suonare il contrabbasso è elegante, corposo, ma mai confuso, mentre il profumo di blues e funky si impossessa di lui e per osmosi avvolge lo spettatore.

C’è un sold out all’Arena Santa Giuliana e le tante persone sedute, puntano lo sguardo sui vidiwall, per non perdersi nemmeno un dettaglio di quello spettacolo, che, se pur non si fosse potuto vedere, ma solo ascoltare, ha saputo emozionare fino alla commozione. Eppure gli occhi servivano eccome, per godersi ad esempio la scena nella quale Pat continua a loop l’intro di un pezzo perché Ron non trova lo spartito, o quando il contrabbassista alza la mano e la muove in cenno di saluto verso il suo pubblico, come un bambino che ha gioia di salutare le persone che incontra.

Sul palco uno sportivissimo Pat Metheny con jeans e camicia di Jeans, ed un elegantissimo Ron Carter, in abito grigio, cravatta a strische diagonali e camicia rigorosamente bianca. Sul palco il pluripremiato chitarrista statunitense, che ha all’attivo oltre venti milioni di dischi venduti, 20 Grammy e che con il suo carisma ormai fa sognare più di una generazione. Ma di generazioni su quel palco ce ne sono due, considerato che il chitarrista lo divide con una leggenda, e lui lo sa. Lo sa e lo dice, di aver realizzato un sogno suonando con Ron Carter, che dal 63 al 68 ha suonato nella sezione ritmica del quintetto di Miles Davis. Metheny applaude anche il suo compagno di viaggio, dopo i suoi assoli e c’è chi giura di non averlo mai visto fare, quel gesto, durante altre sue personali performance.

Due pezzi di storia della musica, seppur di tempi diversi, due modi diversi di far musica ma simili in quelle sfumature stilistiche, capaci di trasformare un concerto in un dialogo sofisticato ed intimo, ma non troppo.

Sono tre le chitarre che Metheny utilizza durante il concerto, e tra queste c’è anche la Picasso, con la quale regala al suo pubblico un momento di pura magia. La Picasso, una sorta di incrocio tra una chitarra e un’arpa è uno strumento che ha potenzialità sonore strabilianti e con la quale Metheny racconta i terreni di contaminazioni, di matrice jazzistica, passando attraverso un abilissimo cross-over dal free e alla sperimentazione che poi si traduce sempre, in momenti di raro virtuosismo.

Eppure è quando Ron Carter regala i suoi, di assoli, mentre con quelle sue mani grandi, controlla e pizzica le corde del suo contrabbasso con tanta “lucida” maestria, che ci si chiede come faccia a 79 anni ad avere ancora così tanta verve, e padronanza tecnica, non cedendo mai il passo allo “strafare”, come se il suo modo di suonare fosse sempre un “distillato” perfetto, difficile da imitare.

Emozione e gioco, su quel palco e tutto questo si vede, e soprattutto si sente. Due grandi musicisti che si divertono con i propri strumenti e tra di loro, mentre raccontano quel che sanno fare in maniera straordinaria.

Il repertorio, che tesse la trama di un dialogo che sembra senza fine, è in parte originale e in parte intessuta sull’arrangiamento magistrale di brani di tradizione jazzistica come The shadow of your Smile, brano caro a Ron Carter con il quale hanno aperto il concerto, o A night in Tunisia, con il quale hanno salutato il loro pubblico.

Solo un bis, forse troppo poco, per un concerto bello che ha riempito orecchie ed anima.
Si stringono la mano, Pat Metheny e Ron Carter, Ron si attacca la giacca, si inchinano al pubblico, ed è già un nuovo pezzo di storia.

Simona Stammelluti

Le photo sono di Andrea Palmucci – Winner of the JJA Jazz Awards 2015 “Jazz photo of the year” New York – che ringraziamo

Il bilancio provvisorio parla di 23 morti, di 50 feriti, di quell’immagine di una madre ed una figlia trovate abbracciate, e della bambina estratta viva dalle lamiere

Foto Ansa

Bari – Terribile l’incidente ferroviario avvenuto in mattinata alle 11,30 in Puglia, dove due treni si sono scontrati nella tratta a binario unico della Ferrotranviaria tra Corato ed Andria. I vagoni pieni di studenti e pendolari si sono praticamente accartocciati a seguito del violentissimo scontro.

Quel maledetto binario unico, quello della tratta sulla quale è avvenuto l’incidente non è regolato da SCMT (Sistema Controllo Marcia Treno), ma solo da blocco telefonico. Sembra comunque essere troppo presto per stabilire quale sia stata la reale causa del tremendo scontro, e se ci sia stato un errore umano. Certo è che nella regione il ripetitore di segnale che blocca automaticamente il treno in caso di errore umano, è attivo solo su 170 km.

Parlano i primi testimoni che ai giornalisti raccontano “di aver visto un macello per terra, e poi di non aver sentito più nulla”. C’e chi parla di “tragedia immane”, ed intanto la Puglia mostra il suo volto migliore. Tante le persone in fila presso l’ospedale Policlinico di Bari per donare il sangue necessario in queste ultime ore. E’ stata la Federazione pugliese donatori sangue, a lanciare la richiesta anche a mezzo social network ed in tanti sono accorsi nelle sedi di raccolta, così come mostra la foto in allegato.

Il capo del governo, Matteo Renzi sarà in serata a Bari, con gli enti locali, la Regione, la protezione civile e i ministeri interessati. Lo stesso Renzi che sulle pagine del social network ha scritto: “lacrime e dolore per queste vite spezzate e per le loro famiglie, ma anche tanta rabbia. L’Italia ha il diritto di conoscere la verità. Vogliamo che sia fatta chiarezza su tutto“.

Anche il ministro Graziano Delrio ha dichiarato che “si farà una commissione d’ingine”. Sul luogo della sciagura, ha coordinato i soccorsi.

E’ notizia delle 18,20 circa che è stata aperta una indagine dalla procura di Trani per omicidio colposo plurimo e disastro ferroviario. Al momento il fascicolo è stato aperto a carico di ignoti.

La società Ferrontramviaria ha reso noto che tra poco le autorità diffonderanno i nomi delle vittime dello scontro frontale tra i due treni avvenuto stamane.

AGGIORNAMENTO Ore 20:00 – Sono 27 i morti, e 57 i feriti di cui 30 in gravissime condizioni
I volontari della protezione civile che sono intervenuti subito sulla scena della sciagura, dichiarano di non aver mai visto nulla di simile in vita loro. Sentivano tanti lamenti, mentre cercavano di capire cosa fosse successo e soprattutto cosa fare.
Adesso ci si concentra sulle cause.

ORE 20:50 – Uno dei due macchinisti è deceduto, dell’altro non si hanno ancora notizie, ma potrebbe essere ancora vivo.

Simona Stammelluti

Cosenza – Dopo il caos degli ultimi giorni che attraverso il social network ha mandato nel panico l’intera cittadina di Montalto Uffugo, il numero Uno dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza, spiega perché il caos mediatico, non era necessario anzi è stato deleterio

Sono stata accolta al terzo piano della Direzione Sanitaria dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza, dal Direttore Amministrativo Dott. Achille Gentile in persona, che ha accettato di rispondere in maniera estremamente esaustiva a tutte le mie domande circa la vicenda del caso della donna nigeriana – residente in Montalto Uffugo con regolare progetto di accoglienza  – risultata positiva al batterio da meningococco, che non solo non è mai stata in pericolo di vita, così come il vox populi aveva divulgato, ma che è stata seguita e curata senza nessun problema dalla struttura all’avanguardia, che vanta una sala rianimazione ed è ad oggi punto di riferimento per questo ed altri casi clinici, per l’intera Regione.

La donna, della quale si è cercato di mantenere intatta la privacy, malgrado la fuga di notizie e le chiacchiere da bar, è stata trasportata presso l’ospedale dell’Annunziata con un’ambulanza lo scorso 22 giugno, a seguito di malori che hanno portato il personale medico a sospettare che la stessa avesse contratto la meningite. L’esame del prelievo del liquor spinale avvenuta,  ha confermato nelle ore successive il sospetto e la diagnosi iniziale, e si è provveduto ad agire secondo il protocollo del caso, compresa la profilassi necessaria per le persone che nelle ultime ore avevano avuto contatto diretto con la donna, e dunque i volontari dell’ambulanza ed i medici intervenuti sul caso, anche come consulenti.

Attualmente, così come spiegano i medici del reparto di malattie infettive di Cosenza si curano, senza nessun problema, circa due casi di meningite al mese, pertanto la struttura ospedaliera non ha mai incontrato nessun problema nella gestione di malattie di questo tipo. Per altro, esiste un pericolo di contagio pari a zero, se non si è avuto contatto stretto con un paziente affetto da quel tipo di batterio e per contatto stretto si intende, condivisione di spazi strettissimi, come nel caso di conviventi, o rapporti che prevedono scambio di saliva o rapporti cosiddetti intimi “entro i 30 cm”.

Il Dott. Gentile, ha spiegato come tutto l’iter procedurale nel caso in oggetto, non abbia subìto nessuna interruzione, tant’è che così come da procedura, il giorno successivo al ricovero, ossia il 23 giugno scorso, è stata inviata regolare comunicazione agli uffici preposti che sono: Ministero della salute, ASP di Cosenza, Ufficio Igiene Pubblica e Regione Calabria. Nella comunicazione stessa si attestava che “era necessaria la profilassi ESCLUSIVAMENTE  per le persone che erano entrate in strettissimo contatto con la paziente e che NON VI ERA NESSUN PERICOLO PER LA COLLETTIVITA'”

L’iter burocratico prevede l’invio della comunicazione anche alla Prefettura in caso di pandemia o di rischio per la collettività che, SOLO IN TAL CASO viene avvisata ed invitata tramite la ASP di competenza, ad un profilassi preventiva obbligatoria.

L’Uffucio Igiene territoriale dell’Asp di Montalto Uffugo, seguendo le comunicazioni ricevute ha pertanto sottoposto a profilassi i soggetti interessati. Null’altro era da fare.

Quando ho chiesto al dott. Gentile, se secondo lui fosse stata necessaria una comunicazione formale alla comunità da parte del primo cittadino, mi è stato risposto che “non era dovuta né necessaria”, considerato che questo genere di notizie, diffuse in maniera a volte difforme dalla realtà – così come si è verificato a mezzo social network, dove in un gruppo si invitava la collettività a rivolgersi ai medici di base affinché disponessero eventuali profilassi –  possono essere stravolte nella loro verità, possono arrecare danni alla collettività stessa, creando allarme infondato, mettendo a rischio anche la salute di chi, non reggendo alcuni stress emotivi, può giungere a gesti non consoni al quieto vivere.

Come è facile comprendere, a seguito del provocato caos ingiustificato, si sono manifestate forme di razzismo nei confronti degli extracomunitari presenti sul territorio, oltre a casi di isteria e di nevrosi.

Simona Stammelluti

Bergamo – Dopo 10 ore di camera di consiglio, dopo 4 anni di indagini, 60 faldoni, 45 udienze e decine di testimoni, i giudici della Corte D’Assise condanna Massimo Bossetti, alla pena dell’ergastolo

foto Ansa

Impassibile Bossetti alla lettura della sentenza, e i suoi occhi li rivolge al cielo, quando sente pronunciare la parola “ergastolo”.

Sono le 20,35 quando la sentenza letta durante quei lunghissimi 4 minuti condanna Bossetti a “fine pena mai“, considerandolo responsabile del reato di omicidio volontario aggravato dalla minorata difesa della vittima e dalle crudeltà e dalle sevizie.

Bossetti dovrà anche risarcire le parti civili, quindi genitori, fratelli e sorelle di Yara, con un milione di euro.

In aula, durante la lettura della sentenza, era presente anche la moglie di Bossetti, Marita Comi che dopo la sentenza si è allontanata dall’aula insieme agli avvocati.

Il Pm Letizia Ruggeri, aveva chiesto l’isolamento diurno per sei mesi, ma i giudici hanno deciso di non applicarlo. Il procuratore di Bergamo, Massimo Meroni, commentando la sentenza di condanna, ha detto che “questa è una sentenza di primo grado, si è a metà strada di una inchiesta difficile”.

La mamma di Yara Gambirasio, ha dichiarato agli avvocati post sentenza: “Adesso sappiamo chi è stato, anche se siamo consapevoli che Yara non ce la riporterà indietro nessuno“.

Simona Stammelluti