
Pina Belmonte
Lei si chiama Pina Belmonte, 31 anni, vive e lavora a Gerusalemme, in Terra Santa.
La sua storia ed il legame profondo con quella terra è iniziata 3 anni fa quando contattò il Patriarcato Latino di Gerusalemme. Affascinata dal mondo arabo islamico e da ciò che c’è oltre il Mediterraneo, Pina ha dedicato anni e molto del suo tempo a studi riguardanti quella realtà.
Sin da bambina coltiva il desiderio di prestare il suo servizio nei posti geograficamente più critici. Sono circa dodici anni che presta servizio nel mondo del sociale. Dai centri di accoglienza, alle carceri, alla Caritas, all’Associazione “Casa Nostra” parte operativa della Caritas diocesana dell’Arcidiocesi Cosenza-Bisignano della quale ne è vice-presidente, oltre ad occuparsi ad oggi, di sociale in Terra Santa.

Il Patriarcato Latino di Gerusalemme le ha aperto le sue porte e così è iniziata la sua collaborazione all’interno del Patriarcato stesso, nella sede di Gerusalemme. In seguito a Taybeh, ha operato in un centro per anziani e attualmente è di nuovo a Gerusalemme dove lavora presso l’ospizio Sant Vincent de Paul nel centro della città, che ospita persone con disabilità fisiche e mentali.
Quella terra è ormai come se fosse casa sua; a quella terra deve tanto perché ogni volta che fa ritorno in Italia, porta con se qualcosa in più che riguarda i rapporti umani e le difficoltà dell’esistenza.
Fino a pochi giorni fa Gerusalemme era inondata da pellegrini provenienti da tutte le parti del mondo in occasione della Santa Pasqua.
È la stessa Pina, a raccontare al nostro giornale “quanto stupendo sia stato vedere così tante persone percorrere le strade che racchiudono in se una grande storia. La terra santa è un luogo così affascinante, ricco di spiritualità, ma è anche una terra che ogni giorno deve fare i conti con una realtà molto complicata: Check Point , perquisizioni per strada e nei luoghi più frequentati, e poi ancora arresti, espropri di terreni; Polizia e soldati sono ovunque“.
D: Pina cosa si prova a camminare per le strade di Gerusalemme ogni giorno?
R: “Ti assale un senso di impotenza nel vedere determinate scene, mentre ci si chiede se la pace sarà mai possibile in questa terra. Non si tratta solo di divisioni di religioni ma di interessi economici e politici. La pace non è la gente a non volerla, ma probabilmente chi sta ai vertici del potere. Qualche giorno fa a Damascus Gate – precisamente nella via Doloroso dove c’è sempre un posto di blocco di soldati – ho assistito a una scena che tra tante scene poco belle che si vedono qui ogni giorno, mi ha concesso un respiro di speranza: un bambino palestinese ha teso la mano verso questi soldati e loro sorridenti hanno stretto la sua, di mano. Credo che tutto possa o debba partire da gesti ed azioni anche piccole, come questa. Tendere la mano e non dividere costruendo muri, perché vedere una terra così bella divisa da un muro lungo 700 km davvero strazia il cuore”.

D: E quando le chiedo cosa vedono i suoi occhi ogni giorno lei mi risponde:
R: “Tanta sofferenza sia nel popolo ebraico che palestinese, ma la vita per i palestinesi ogni giorno è più difficile”.
D: Perché? – le chiedo.
R: “Molti palestinesi quando devono spostarsi dai loro territori per raggiungere il posto di lavoro al mattino, o per altri motivi, tutte le volte devono svegliarsi ore prima per superare i controlli ai check Point. Check Point che mentre li percorri, ti sembra di essere rinchiuso in una gabbia”.

D: Porti il copricapo nelle foto; Per scelta o per necessità?
R: “Porto lo hijab solo per esempio per entrare nella spianata della moschea al Aqusa, dove è obbligatorio. Ogni volta che mi è capitato di entrare in casa di musulmani, sono sempre stata libera di poter entrare senza velo“.
D: Che tipo di nostalgia provi, quando non sei a Gerusalemme?
R: “Quando non sono a Gerusalemme il mio cuore è sempre lì. Porto questo luogo, alcune scene e persone sempre nel mio cuore”.
D: Cosa fai a Gerusalemme nel tempo libero?
R: “Nel tempo libero cerco di conoscere ancora meglio questa terra e le sue tradizioni, camminando per i vicoli della città o spostandomi in altre città vicine. Dopo il lavoro, alcune volte incontro le mie amiche e parliamo davanti ad un buon caffè o facciamo una passeggiata. Qui ho stretto rapporti di amicizia con varie persone ma in particolare con Asma e Alaa. Loro sono musulmane ma la nostra amicizia si basa sul rispetto reciproco. Spesso mi invitano a casa loro e mi fanno sentire in famiglia. Alaa proprio tra qualche giorno si sposa! Quale gioia più grande che poter essere presente al suo matrimonio”.
D: A cosa pensi alla sera, prima di dormire, quando le luci si spengono e nel silenzio alcuni suoni fanno più paura?
R: “La notte spesso crollo dalla stanchezza perché troppo stanca dalla giornata trascorsa, ma ci sono notti che mi addormento molto tardi perché mi piace guardare il cielo di Gerusalemme. Sono tanti i pensieri che si affollano nella mente: quelli personali che mi riportano a coloro che ho lasciato in Italia e quelli che vivo ogni giorno qui. Spesso ripercorro scene, incontri, situazioni che ho dovuto affrontare, che ho vissuto durante la giornata che sta per terminare“.
D: Farai ritorno in Italia?
R: “Verso fine maggio, ma come ogni volta lascerò questa terra con tanta nostalgia e con la voglia di farci presto ritorno. Ogni volta non so quando ritornerò, in che zona, né in quale struttura presterò il mio futuro servizio, perché ogni volta è sempre diverso … è sempre un mettersi di nuovo in gioco quando si lavora con persone diverse e in ambienti lavorativi diversi da quelli a cui siamo abituati”.
Pina, dobbiamo lasciarci; Scegli tu come …
“Se mi dimentico di te, Gerusalemme,
si dimentichi di me la mia destra;
mi si attacchi la lingua al palato
se lascio cadere il tuo ricordo,
se non innalzo Gerusalemme
al di sopra di ogni mia gioia“.
Adesso a Gerusalemme sono le 21,40 ed io e Pina, seppur distanti, guardiamo lo stesso cielo.
Simona Stammelluti