
Le emozioni.
Sono quelle a volte a pesare tanto, anche durante un concerto.
Un concerto che chi come me ne ha visti un po’, sa bene essere carichi di tanti dettagli, oltre che di tante note.
Il concerto di eri sera nella splendida cornice del Castel Sant’Elmo di Napoli, ospitava uno dei cantanti partenopei più conosciuti al mondo. I suo dischi si vendono anche in Giappone, ma lui resta quello di sempre e si chiede ancora come facciano in così tanti a rovesciargli addosso dosi enormi di affetto, concerto dopo concerto, tanto che ringrazia un gruppo che nasce dall’ammirazione per la sua musica e che porta il nome di Maravilhiosi, dal nome di quello che – a mio parere – resta il miglior album di quel cantautore che conosce l’arte di “cantare piano”.

La terrazza belvedere è piena di appassionati, di amici. E’ piena di persone giunte da tutto il mondo, anche dall’Inghilterra per ascoltare il suo nuovo lavoro discografico che reca il titolo di Origami, ed è proprio Joe Barbieri — figlio di una Napoli che non si stanca mai di regalare piccoli diamanti grezzi che poi riescono ad incastonarsi al meglio nel mondo dell’arte – a spiegare il perché di quel nome.
“Il destino ci consegna ai nastri di partenza tutti uguali – dice – poi è la vita che costringe verso delle pieghe, e dunque ci costringe a scegliere come piegarci, verso che forma, e quindi cosa diventare. E si può mutare fino ad arrivare ad essere dei capolavori“.
Ed ecco allora Origami, che rispecchia la leggerezza impalpabile di quei fogli di carta, che non sembrano avere nulla di speciale, fin quando non diventano capolavori.
E così inizia un concerto nel quale il cantautore, come sempre, non si risparmia. Aspetta che il tramonto completi la sua corsa, per salire sul palco. Preferisce cantare e suonare, anziché parlare. Anche perché lui resta un emotivo e per chi lo conosce bene, non si fa fatica a scorgere quel leggero tremore nella sua voce in apertura di concerto. Poi lui si scalda, così come la sua voce, e allora lascia andare quella che è una delle sue caratteristiche principali, ossia la capacità di cantare innumerevoli “fioriture”, senza forzare mai il suo timbro. Joe Barbieri ha una voce unica, riconoscibile tra mille, uguale a nessuna e – cosa importante – conosce bene la tecnica del “cantare in levare“, caratteristica che di questi tempi, in cui le voci seguono fin troppo la base ritmica, sa divenire un virtuosismo.

Dicevamo che un concerto è fatto di tante cose. Una delle più importanti è senza dubbio l’Interplay, quell’affiatamento e quella complicità che nasce tra i musicisti e che si affina sempre più come nel caso di coloro che ormai da anni, accompagnano Joe Barbieri durante le sue tournée e che – è proprio il caso di sottolinearlo – sanno essere il “complemento di modo” di ogni suo progetto.
Con lui sul palco, che imbraccia la chitarra seduto su uno sgabello, Antonio Fresa al pianoforte, Giacomo Pedicini al basso elettrico, Sergio di Natale alla batteria e Stefano Iorio al violoncello. Un quintetto raffinato e moderno, capace di nuance jazzistiche e di ritmi latini che si sposano benissimo con alcuni testi del cantautore che da sempre parla di amore e di vita, usando però delle similitudini fortunate. Parla di amore che a volte finisce, ma che alla fine riesce a trovare un modo per restare. Melanconia, sì, ma mai tristezza.
Il concerto si apre con “Un posto qualunque“, tratto proprio da Origami e l’atmosfera si fa subito accattivante. Le luci soffuse che vengono fuori da abat-jour che illuminano il palco, sciolgono ogni premessa e si entra così nel vivo del concerto.
La scaletta Joe la sceglie sapientemente e non è un caso che scelga di mischiare i pezzi del nuovo album a quelli passati. I suoi fans infatti apprezzano e applaudono sin dall’intro i pezzi dell’ormai famoso e straordinario “Maison Maravilha“, così come accade quanto intona “Fammi tremare i polsi“.

Durante il concerto Antonio Fresa, che ormai da qualche tempo ha detto addio ai suoi famosi dread, conserva una spiccata capacità di ricamare i pezzi, con il suo modo snello e dinamico di suonare il pianoforte e che durante il concerto di ieri sera, ha regalato la chicca di soffiare in una diamonica, dando un tocco di veracità alla serata.
Molto ben arrangiata, in chiave bossanova, “Belle speranze“, che Barbieri ha scritto per i suoi nipoti, dedicandola alla loro purezza d’animo. Mostra la lettera che suo nipote Massimo ha scritto per lui, e poi canta.
La serata ormai ha preso il via, Joe Barbieri suona la sua chitarra, poi si alza, accenna qualche passo di danza a tempo di beguin. Non cambia gli arrangiamenti dei suoi vecchi pezzi che però a vedere il pubblico che canta, sono sempre fin troppo attuali, e lo sono perché le sue canzoni diventano di tutti; ognuno si ruba un pezzetto, lo porta via dopo ogni concerto e poi lo riporta al successivo, ricostruendo il puzzle collettivo delle emozioni che solo alcuni artisti riescono a dare.
Dal nuovo album arriva “Scusi signorina“. Joe canta a casa sua, come se fosse affacciato al balcone e regalasse la sua musica alla sua gente, a chi l’ha visto crescere non solo artisticamente. Dedica una canzone a sua moglie, presenta al concerto.
Racconta dettagli di se, del suo modo di fare musica, di come nascono le canzoni. Racconta della sua passione per i viaggi, che sanno essere sogno ed anche utopia, che sono tanto belli, proprio perché alla fine sai dove tornare. Canta al suo pubblico “Itaca“, e poi ancora in chiave samba, “Cosmonauta da Appartamento“. Ci sono contaminazioni nella sua musica, questo è indubbio. Ci sono tracce di Jobim, nel suo “concertare”.Ci sono dettagli che arrivano da “altrove” come se fosse davvero un mix di profumi e sapori, oltre che di suoni. “Zenzero e Cannella“, la dice lunga sul suo modo di miscelare nuance di vita e di sentimenti, di cose da dire e emozioni da provare.

Una fonia impeccabile sottolinea con i giusti volumi il suono del violoncello di Iorio, che è senza dubbio la scelta migliore che Barbieri fa, quando sceglie i musicisti per il suo modo di fare musica. E’ un quintetto molto esaustivo e musicalmente convincente. Il suono rotondo e ben realizzato, capace di mettere insieme i segnali armonici degli altri strumenti, mentre la base ritmica non manca mai di andare incontro alle necessità del cantautore.
Normalmente, Lacrime di Coccodrillo, Diamoci del tu, Una tempesta in un bicchier d’acqua, Subaffitto; Tutte storie da godere e musica da ascoltare, sentendosi parte integrante di quel momento, che come spesso accade, diventa irripetibile.
Lui non è mai stanco, quando canta e suona. Il bis lo regala perché lo vuole, non solo perché glielo si chiede.
Nel bis arrivano “In questo preciso momento“, “Scusami“, e sulla splendida “Microcosmo“, lascia ai musicisti lo spazio per un assolo che mostra tutta la bravura e la versatilità di chi della musica ne ha saputo fare un Mondo così piccolo che lo si può mettere in tasca per poi tiralro fuori e goderne in ogni istante. Il pubblico sottolinea il refrain a voce, ed è festa.
Poi accade quel che accade sempre nei concerti del bravissimo Joe Barbieri, e cioè che “finge” di dimenticare le parole di una canzone, il pubblico si infiamma, applaude e si consumano emozioni.
Prima di terminare, Barbieri ringrazia Antonio Meola, amico fraterno, socio e manager, capace di gestire questo artista e il suo mondo nella maniera migliore.
“Grazie per avermi concesso la vostra piega, per far diventare questa serata perfetta” – dice Joe prima di congedarsi.
Grazie a te, dico io, per aver cantato anche ieri sera “Pura Ambra”:
“In sere come queste preferisco non pensarti,
mi fa male sapere già solo che esisti”
Si ferma con i suoi fans, che poi sono i suoi amici, dopo il concerto. Firma i Cd e ringrazia tutti. Resta quel che è Joe Barbieri, un uomo con un cuore pieno di battiti in più, che regala mettendo insieme musica e parole, senza scordare mai che quando arrivi, devi sapere bene, da dove sei partito.
Si ringrazia Carlo Terenzi, per le foto e per essere stato fotografo ufficiale per il Sicilia24h.it
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Simona Stammelluti