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Pina Belmonte


Lei si chiama Pina Belmonte, 31 anni, vive e lavora a Gerusalemme, in Terra Santa.
La sua storia ed il legame profondo con quella terra è iniziata 3 anni fa quando contattò il Patriarcato Latino di Gerusalemme. Affascinata dal mondo arabo islamico e da ciò che c’è oltre il Mediterraneo, Pina ha dedicato anni e molto del suo tempo a studi riguardanti quella realtà.
Sin da bambina coltiva il desiderio di prestare il suo serviz­io nei posti geograficamente più critici. So­no circa dodici anni che presta servizio nel mondo del socia­le. Dai centri di ac­coglienza, alle carce­ri, alla Caritas, all’Associazione “Casa Nostra” parte operativa della Caritas diocesana dell’Arcidiocesi Cosenza-Bisignano della quale ne è vice-presidente, oltre ad occuparsi ad oggi, di sociale in Terra Santa.

Il Patriarcato Lat­ino di Gerusalemme le ha aperto le sue porte e così è iniziata la sua collaborazi­one all’interno del Patriarcato stesso, nella se­de di Gerusalemme. In seguito a Taybeh, ha operato in un centro per anziani e attualme­nte è di nuovo a Gerus­alemme dove lavora presso l’ospi­zio Sant Vincent de Paul nel centro della città, che os­pita persone con disabilità fisiche e mentali.
Quella terra è ormai come se fosse casa sua; a quella terra deve tanto perché ogni volta che fa ritorno in Italia, porta con se qualcosa in più che riguarda i rapporti umani e le difficoltà dell’esistenza.
Fino a pochi giorni fa Gerusalemme era inondata da pellegrini provenienti da tutte le parti del mondo in occasione della Santa Pasqua.
È la stessa Pina, a raccontare al nostro giornalequanto stupendo sia stato vedere così tante persone percorrere le strade che racchiudono in se una grande storia. La terra santa è un luogo così affascinante, ricco di spiritualità, ma è anche una terra che ogni giorno deve fare i conti con una realtà molto complicata: Check Point , perquisizioni per strada e nei luoghi più frequentati, e poi ancora arresti, espropri di terreni; Polizia e soldati sono ovunque“.
D: Pina cosa si prova a camminare per le strade di Gerusalemme ogni giorno?
R: “Ti assale un senso di impotenza nel vedere determinate scene, mentre ci si chiede se la pace sarà mai possibile in questa terra. Non si tratta solo di divisioni di religioni ma di interessi economici e politici. La pace non è la gente a non volerla, ma probabilmente chi sta ai vertici del potere. Qualche giorno fa a Damascus Gate – precisamente nella via Doloroso dove c’è sempre un posto di blocco di soldati – ho assistito a una scena che tra tante scene poco belle che si vedono qui ogni giorno, mi ha concesso un respiro di speranza: un bambino palestinese ha teso la mano verso questi soldati e loro sorridenti hanno stretto la sua, di mano. Credo che tutto possa o debba partire da gesti ed azioni anche piccole, come questa. Tendere la mano e non dividere costruendo muri, perché vedere una terra così bella divisa da un muro lungo 700 km davvero strazia il cuore”.


D: E quando le chiedo cosa vedono i suoi occhi ogni giorno lei mi risponde:
R: “Tanta sofferenza sia nel popolo ebraico che palestinese, ma la vita per i palestinesi ogni giorno è più difficile”.
D: Perché? – le chiedo.
R: “Molti palestinesi quando devono spostarsi dai loro territori per raggiungere il posto di lavoro al mattino, o per altri motivi, tutte le volte devono svegliarsi ore prima per superare i controlli ai check Point. Check Point che mentre li percorri, ti sembra di essere rinchiuso in una gabbia”.


D: Porti il copricapo nelle foto; Per scelta o per necessità?
R: “Porto lo hijab solo per esempio per entrare nella spianata della moschea al Aqusa, dove è obbligatorio. Ogni volta che mi è capitato di entrare in casa di musulmani, sono sempre stata libera di poter entrare senza velo“.
D: Che tipo di nostalgia provi, quando non sei a Gerusalemme?
R: “Quando non sono a Gerusalemme il mio cuore è sempre lì. Porto questo luogo, alcune scene e persone sempre nel mio cuore”.
D: Cosa fai a Gerusalemme nel tempo libero?
R: “Nel tempo libero cerco di conoscere ancora meglio questa terra e le sue tradizioni, camminando per i vicoli della città o spostandomi in altre città vicine. Dopo il lavoro, alcune volte incontro le mie amiche e parliamo davanti ad un buon caffè o facciamo una passeggiata. Qui ho stretto rapporti di amicizia con varie persone ma in particolare con Asma e Alaa. Loro sono musulmane ma la nostra amicizia si basa sul rispetto reciproco. Spesso mi invitano a casa loro e mi fanno sentire in famiglia. Alaa proprio tra qualche giorno si sposa! Quale gioia più grande che poter essere presente al suo matrimonio”.
D: A cosa pensi alla sera, prima di dormire, quando le luci si spengono e nel silenzio alcuni suoni fanno più paura?
R: “La notte spesso crollo dalla stanchezza perché troppo stanca dalla giornata trascorsa, ma ci sono notti che mi addormento molto tardi perché mi piace guardare il cielo di Gerusalemme. Sono tanti i pensieri che si affollano nella mente: quelli personali che mi riportano a coloro che ho lasciato in Italia e quelli che vivo ogni giorno qui. Spesso ripercorro scene, incontri, situazioni che ho dovuto affrontare, che ho vissuto durante la giornata che sta per terminare“.
D: Farai ritorno in Italia?
R: “Verso fine maggio, ma come ogni volta lascerò questa terra con tanta nostalgia e con la voglia di farci presto ritorno. Ogni volta non so quando ritornerò, in che zona, né in quale struttura presterò il mio futuro servizio, perché ogni volta è sempre diverso … è sempre un mettersi di nuovo in gioco quando si lavora con persone diverse e in ambienti lavorativi diversi da quelli a cui siamo abituati”.

Pina, dobbiamo lasciarci; Scegli tu come …

Se mi dimentico di te, Gerusalemme,
si dimentichi di me la mia destra;
mi si attacchi la lingua al palato
se lascio cadere il tuo ricordo,
se non innalzo Gerusalemme
al di sopra di ogni mia gioia“.
Adesso a Gerusalemme sono le 21,40 ed io e Pina, seppur distanti, guardiamo lo stesso cielo.
Simona Stammelluti











Pina Belmonte

Lei si chiama Pina Belmonte, 31 anni, vive e lavora a Gerusalemme, in Terra Santa.
La sua storia ed il legame profondo con quella terra è iniziata 3 anni fa quando contattò il Patriarcato Latino di Gerusalemme. Affascinata dal mondo arabo islamico e da ciò che c’è oltre il Mediterraneo, Pina ha dedicato anni e molto del suo tempo a studi riguardanti quella realtà.

Sin da bambina coltiva il desiderio di prestare il suo serviz­io nei posti geograficamente più critici. So­no circa dodici anni che presta servizio nel mondo del socia­le. Dai centri di ac­coglienza, alle carce­ri, alla Caritas, all’Associazione “Casa Nostra” parte operativa della Caritas diocesana dell’Arcidiocesi Cosenza-Bisignano della quale ne è vice-presidente, oltre ad occuparsi ad oggi, di sociale in Terra Santa.

Il Patriarcato Lat­ino di Gerusalemme le ha aperto le sue porte e così è iniziata la sua collaborazi­one all’interno del Patriarcato stesso, nella se­de di Gerusalemme. In seguito a Taybeh, ha operato in un centro per anziani e attualme­nte è di nuovo a Gerus­alemme dove lavora presso l’ospi­zio Sant Vincent de Paul nel centro della città, che os­pita persone con disabilità fisiche e mentali.

Quella terra è ormai come se fosse casa sua; a quella terra deve tanto perché ogni volta che fa ritorno in Italia, porta con se qualcosa in più che riguarda i rapporti umani e le difficoltà dell’esistenza.

Fino a pochi giorni fa Gerusalemme era inondata da pellegrini provenienti da tutte le parti del mondo in occasione della Santa Pasqua.

È la stessa Pina, a raccontare al nostro giornalequanto stupendo sia stato vedere così tante persone percorrere le strade che racchiudono in se una grande storia. La terra santa è un luogo così affascinante, ricco di spiritualità, ma è anche una terra che ogni giorno deve fare i conti con una realtà molto complicata: Check Point , perquisizioni per strada e nei luoghi più frequentati, e poi ancora arresti, espropri di terreni; Polizia e soldati sono ovunque“.

D: Pina cosa si prova a camminare per le strade di Gerusalemme ogni giorno?

R: “Ti assale un senso di impotenza nel vedere determinate scene, mentre ci si chiede se la pace sarà mai possibile in questa terra. Non si tratta solo di divisioni di religioni ma di interessi economici e politici. La pace non è la gente a non volerla, ma probabilmente chi sta ai vertici del potere. Qualche giorno fa a Damascus Gate – precisamente nella via Doloroso dove c’è sempre un posto di blocco di soldati – ho assistito a una scena che tra tante scene poco belle che si vedono qui ogni giorno, mi ha concesso un respiro di speranza: un bambino palestinese ha teso la mano verso questi soldati e loro sorridenti hanno stretto la sua, di mano. Credo che tutto possa o debba partire da gesti ed azioni anche piccole, come questa. Tendere la mano e non dividere costruendo muri, perché vedere una terra così bella divisa da un muro lungo 700 km davvero strazia il cuore”.


D: E quando le chiedo cosa vedono i suoi occhi ogni giorno lei mi risponde:

R: “Tanta sofferenza sia nel popolo ebraico che palestinese, ma la vita per i palestinesi ogni giorno è più difficile”.

D: Perché? – le chiedo.

R: “Molti palestinesi quando devono spostarsi dai loro territori per raggiungere il posto di lavoro al mattino, o per altri motivi, tutte le volte devono svegliarsi ore prima per superare i controlli ai check Point. Check Point che mentre li percorri, ti sembra di essere rinchiuso in una gabbia”.


D: Porti il copricapo nelle foto; Per scelta o per necessità?

R: “Porto lo hijab solo per esempio per entrare nella spianata della moschea al Aqusa, dove è obbligatorio. Ogni volta che mi è capitato di entrare in casa di musulmani, sono sempre stata libera di poter entrare senza velo“.

D: Che tipo di nostalgia provi, quando non sei a Gerusalemme?

R: “Quando non sono a Gerusalemme il mio cuore è sempre lì. Porto questo luogo, alcune scene e persone sempre nel mio cuore”.

D: Cosa fai a Gerusalemme nel tempo libero?

R: “Nel tempo libero cerco di conoscere ancora meglio questa terra e le sue tradizioni, camminando per i vicoli della città o spostandomi in altre città vicine. Dopo il lavoro, alcune volte incontro le mie amiche e parliamo davanti ad un buon caffè o facciamo una passeggiata. Qui ho stretto rapporti di amicizia con varie persone ma in particolare con Asma e Alaa. Loro sono musulmane ma la nostra amicizia si basa sul rispetto reciproco. Spesso mi invitano a casa loro e mi fanno sentire in famiglia. Alaa proprio tra qualche giorno si sposa! Quale gioia più grande che poter essere presente al suo matrimonio”.

D: A cosa pensi alla sera, prima di dormire, quando le luci si spengono e nel silenzio alcuni suoni fanno più paura?

R: “La notte spesso crollo dalla stanchezza perché troppo stanca dalla giornata trascorsa, ma ci sono notti che mi addormento molto tardi perché mi piace guardare il cielo di Gerusalemme. Sono tanti i pensieri che si affollano nella mente: quelli personali che mi riportano a coloro che ho lasciato in Italia e quelli che vivo ogni giorno qui. Spesso ripercorro scene, incontri, situazioni che ho dovuto affrontare, che ho vissuto durante la giornata che sta per terminare“.

D: Farai ritorno in Italia?

R: “Verso fine maggio, ma come ogni volta lascerò questa terra con tanta nostalgia e con la voglia di farci presto ritorno. Ogni volta non so quando ritornerò, in che zona, né in quale struttura presterò il mio futuro servizio, perché ogni volta è sempre diverso … è sempre un mettersi di nuovo in gioco quando si lavora con persone diverse e in ambienti lavorativi diversi da quelli a cui siamo abituati”.

Pina, dobbiamo lasciarci; Scegli tu come …

Se mi dimentico di te, Gerusalemme,
si dimentichi di me la mia destra;
mi si attacchi la lingua al palato
se lascio cadere il tuo ricordo,
se non innalzo Gerusalemme
al di sopra di ogni mia gioia“.

Adesso a Gerusalemme sono le 21,40 ed io e Pina, seppur distanti, guardiamo lo stesso cielo.

Simona Stammelluti


Partirà il prossimo 19 aprile in uno dei borghi più belli d’Italia, un progetto culturale, di solidarietà ed integrazione che mira a scoprire le tante qualità che appartengono a diverse culture. Si tratta di laboratori musicali (e non solo) nati da un’idea di Fabio Cinque, cantautore siciliano e sua moglie Angela Zwingauer, che hanno incontrato nell’amministrazione comunale di Montalto Uffugo (Cs) e nella Cooperativa Atlante, la giusta sinergia per “fare” cose belle, fatte bene.

Si è tenuta questa mattina la conferenza stampa di presentazione di questo progetto che reca il nome di “Suoni Erranti” – laboratorio di contaminazione musicale – un progetto pilota diretto da Fabio Cinque che ha come scopo quello di mettere in contatto diversi talenti e diverse culture, capaci di “contaminarsi” vicendevolmente dando vita a scambi culturali ed emozionali, ad insegnamenti reciproci, nonché a sostenere l’aggregazione e l’integrazione nella società di ragazzi extracomunitari, gestiti nel territorio montaltese dalla Cooperativa Atlante, nell’ambito del progetto Sprar.

Lo Sprar è un sistema di protezione che mira non solo ad accogliere rifugiati e richiedenti asilo, ma anche a sobbarcarsi la responsabilità della loro integrazione nel tessuto sociale, della loro istruzione oltre all’inserimento nel mondo del lavoro. Tutto questo affinché gli “extracomunitari” così come vengono spesso definiti in senso dispregiativo, non siano quelli che rubano, che tolgono ai residenti, ma che possono essere un valore aggiunto per un territorio con la proprio cultura e le proprie usanze. E in questo il comune di Montalto Uffugo, nella persona del Sindaco Pietro Caracciolo, può vantarlo come un fiore all’occhiello, considerato il bel progetto “Le note dell’accoglienza” realizzato in collaborazione con la cooperativa Sociale Atlante.

Durante la conferenza stampa – alla quale erano presenti anche il Sindaco  Avv. Pietro Caracciolo, l’assessore Puntillo e il presidente della cooperativa Atlante Carmine Federico –  sono stati proprio Fabio Cinque e sua moglie Angela a raccontare con un contagioso entusiasmo, le motivazioni che hanno spinto a proporre questo laboratorio, motivazioni che risiedono proprio nella voglia di creare un circuito di persone, esperienze e capacità che mescolate, possano dare vita a nuove ispirazioni, nuove conoscenze e nuovi rapporti umani, che dovrebbero sempre restare vivi e vividi proprio nello scambio, nella contaminazione, nella condivisione di conoscenza e di “voglia di conoscenza”.

Sarà un laboratorio gratuito, aperto a tutti coloro vorranno prenderne parte, siano essi musicisti o semplici appassionati, o che abbiano voglia di vedere da vicino come nascono nuove sfumature di musica e colori, mettendo al centro esclusivamente quello che si è disposti a dare.

Il comune di Montalto Uffugo ha messo a disposizione i luoghi, Fabio Cinque metterà a disposizione la sua arte, i responsabili della cooperativa supervisioneranno e collaboreranno al meglio e il resto lo faranno i ragazzi ospiti dello Sprar, già ben integrati nel territorio, che aspettano solo di poter raccontare un po’ meglio chi sono e che sogni hanno.

E’ un seme meraviglioso piantato in una primavera in divenire, che aspetta solo di mettere radici e di crescere rigoglioso. Il progetto parte da da Montalto Uffugo, ma si spera possa diventare talmente contagioso, da “errare” per poi radicarsi anche in altri tessuti sociali, dove la cultura, la solidarietà e la condivisione non possono che generare come in un effetto domino, una realtà migliore.

Se ci fosse qualcuno interessato alla realizzazione del progetto anche in terra di Sicilia, può visionale la pagina Facebook, Suoni Erranti.

Simona Stammelluti


Partirà il prossimo 19 aprile in uno dei borghi più belli d’Italia, un progetto culturale, di solidarietà ed integrazione che mira a scoprire le tante qualità che appartengono a diverse culture. Si tratta di laboratori musicali (e non solo) nati da un’idea di Fabio Cinque, cantautore siciliano e sua moglie Angela Zwingauer, che hanno incontrato nell’amministrazione comunale di Montalto Uffugo (Cs) e nella Cooperativa Atlante, la giusta sinergia per “fare” cose belle, fatte bene.
Si è tenuta questa mattina la conferenza stampa di presentazione di questo progetto che reca il nome di “Suoni Erranti” – laboratorio di contaminazione musicale – un progetto pilota diretto da Fabio Cinque che ha come scopo quello di mettere in contatto diversi talenti e diverse culture, capaci di “contaminarsi” vicendevolmente dando vita a scambi culturali ed emozionali, ad insegnamenti reciproci, nonché a sostenere l’aggregazione e l’integrazione nella società di ragazzi extracomunitari, gestiti nel territorio montaltese dalla Cooperativa Atlante, nell’ambito del progetto Sprar.
Lo Sprar è un sistema di protezione che mira non solo ad accogliere rifugiati e richiedenti asilo, ma anche a sobbarcarsi la responsabilità della loro integrazione nel tessuto sociale, della loro istruzione oltre all’inserimento nel mondo del lavoro. Tutto questo affinché gli “extracomunitari” così come vengono spesso definiti in senso dispregiativo, non siano quelli che rubano, che tolgono ai residenti, ma che possono essere un valore aggiunto per un territorio con la proprio cultura e le proprie usanze. E in questo il comune di Montalto Uffugo, nella persona del Sindaco Pietro Caracciolo, può vantarlo come un fiore all’occhiello, considerato il bel progetto “Le note dell’accoglienza” realizzato in collaborazione con la cooperativa Sociale Atlante.

Durante la conferenza stampa – alla quale erano presenti anche il Sindaco  Avv. Pietro Caracciolo, l’assessore Puntillo e il presidente della cooperativa Atlante Carmine Federico –  sono stati proprio Fabio Cinque e sua moglie Angela a raccontare con un contagioso entusiasmo, le motivazioni che hanno spinto a proporre questo laboratorio, motivazioni che risiedono proprio nella voglia di creare un circuito di persone, esperienze e capacità che mescolate, possano dare vita a nuove ispirazioni, nuove conoscenze e nuovi rapporti umani, che dovrebbero sempre restare vivi e vividi proprio nello scambio, nella contaminazione, nella condivisione di conoscenza e di “voglia di conoscenza”.
Sarà un laboratorio gratuito, aperto a tutti coloro vorranno prenderne parte, siano essi musicisti o semplici appassionati, o che abbiano voglia di vedere da vicino come nascono nuove sfumature di musica e colori, mettendo al centro esclusivamente quello che si è disposti a dare.
Il comune di Montalto Uffugo ha messo a disposizione i luoghi, Fabio Cinque metterà a disposizione la sua arte, i responsabili della cooperativa supervisioneranno e collaboreranno al meglio e il resto lo faranno i ragazzi ospiti dello Sprar, già ben integrati nel territorio, che aspettano solo di poter raccontare un po’ meglio chi sono e che sogni hanno.
E’ un seme meraviglioso piantato in una primavera in divenire, che aspetta solo di mettere radici e di crescere rigoglioso. Il progetto parte da da Montalto Uffugo, ma si spera possa diventare talmente contagioso, da “errare” per poi radicarsi anche in altri tessuti sociali, dove la cultura, la solidarietà e la condivisione non possono che generare come in un effetto domino, una realtà migliore.
Se ci fosse qualcuno interessato alla realizzazione del progetto anche in terra di Sicilia, può visionale la pagina Facebook, Suoni Erranti.
Simona Stammelluti


E’ dalla pagine di Repubblica che Federica Angeli, colei che scrive con tenacia, coraggio e precisione quasi chirurgica sulla malavita di Ostia, torna a denunciare quello che “continua” ad accadere, malgrado i riflettori, i processi e le condanne agli Spada.
Ci si domanda come mai tutto continui a scorrere come se nulla fosse, come se fossero più forti di tutto e di tutti, come se nulla possa ostacolare un percorso che mira – così come si legge nell’inchiesta – a mettere in trappola, gli imprenditori in difficoltà.
Una guerra troppo grande? A leggere le parole della Angeli e di Enrico Bellavia, che hanno fatto quello che sanno fare bene e che si chiama denunciare, sarà anche una guerra, ma se è vero che vince chi non molla, qua la Angeli non ha nessuna intenzione di mollare. Ricordiamo che Federica Angeli vive ormai da 3 anni sotto scorta, ma questa condizione non l’ha certo dissuasa dal “lasciar stare”, perché lei queste parole non le conosce proprio, non le contempla nel suo vocabolario di vita, nel quale spiccano a caratteri cubitali le parole verità e giustizia.
Ma veniamo ai fatti. I fatti accadono ad Ostia, dove convivono i clan degli Spada e dei Fasciani, e dove nell’arco di un anno, ci sono stati sei casi di imprenditori che, trovatisi in difficoltà, sono finiti nella trappola di chi voleva “aiutarli”, ma che alla fine si sono ritrovati tagliati fuori dalla malavita, che si è impossessata delle loro proprietà.
Ma cosa accadeva nel dettaglio? Come si legge nelle pagine di Repubblica, gli imprenditori in difficoltà, in un momento di crisi, venivano avvicinati da un broker che prometteva loro un prestito, che però non arrivava. Ma arrivava il “consiglio” di affittare l’attività, nell’attesa di un periodo di nuova liquidità. Iniziavano così le storie disperate dei proprietari di bar e negozi, ma finiva che “quelli lì” si piazzavano dentro e si impossessavano di tutto…ma proprio di tutto. Quale modo migliore di riciclare il denaro sporco, derivante da innumerevoli attività illecite perpetrate sul territorio? Il territorio è sempre quello dove si deve sempre sapere “chi comanda” e comanda chi sa ripulirsi, chi sa mostrare una buona facciata, perché quel che c’è dietro si sa come nasconderlo.

Si ricordi il caso del tentativo di esproprio del lido Orsa Maggiore, sempre ad Ostia, denunciato dalla Angeli e da Repubblica. Quello fu l’inizio di una tomba scoperchiata che portò alla luce i rapporti tra malavita locale e politica.
E adesso il sistema si è rimesso in moto. La scorsa estate un imprenditore, che possiede dei bar, in un periodo di crisi, concentra le sue energie sul locale che più ha prestigio e che quindi può portare più frutto. Chiede un prestito ad una banca locale, che però con mille pretesti, gli nega il denaro per risollevare le sorti delle sue attività. Qualcuno gli suggerisce una soluzione, e così l’imprenditore si ritrova a colloquio con il titolare di una agenzia immobiliare “tuttofare”, che si occupa di mutui online, disbrigo pratiche, prestiti anche in condizioni difficili, insomma la persona ideale per risolvere ogni problema.
Negli uffici dell’Immobiliare c’è anche Armando Spada – già condannato a 5 anni e 8 mesi in primo grado per corruzione aggravata dal metodo mafioso nella vicenda Orsa Maggiore – che all’inizio promette e poi frena. L’imprenditore scalpita perché vuole risolvere la questione, ma la questione la risolvono loro, a modo loro: convincono l’imprenditore, ormai stremato da tutta la vicenda, a cedere il bar, a darlo in gestione, “giusto il tempo di riprendersi” – dicevano loro. L’imprenditore accetta, il canone di locazione è di 1800 euro a settimana.
Alla stipula del contratto ci sono un certo “Aldo” e lo stesso Armando Spada. Dal bar non usciranno più e quando l’imprenditore va a reclamare ciò che gli spetta si sente dire che soldi non ce ne sono e che lì comandano loro. Riceve poi due assegni scoperti. L’imprenditore prova con le vie di legge. Lo sfratto messo in atto non va a buon fine, a causa di cavilli. L’imprenditore sembra non capire con chi ha a che fare. E allora gli schiariscono le idee. Qualche giorno dopo, la Finanza chiude un altro bar dell’imprenditore perché definito malfamato, considerato che durante un blitz vengono trovati al suo interno dei pregiudicati.
L’imprenditore capisce di essere finito in trappola, così come anche altri suoi 5 colleghi. Non resta che denunciare. L’indagine è partita e anche questa volta si andrà fino in fondo.
Simona Stammelluti

Vincenzo Sapia

Il caso di Vincenzo Sapia, il giovane 29enne di Mirto Crosia, morto il 24 maggio del 2015 si riapre, dopo che nella giornata del 31  marzo u.s. il Gip del Tribunale di Castrovillari, Dott.ssa Letizia Benigno, si è espressa in merito alla richiesta di opposizione all’archiviazione, richiesta dall’Avvocato Fabio Anselmo, legale della famiglia Sapia.

Ordina una integrazione alle indagini, il Gip, esprimendosi con parole che mettono in evidenza proprio la “persistente incertezza sulle cause del decesso del Sapia, che rende inopportuna una pronuncia di archiviazione […]

E’ lo stesso Gip che rigetta, dunque, la richiesta di archiviazione e chiede al PM di “rivisitare i quesiti medico-legali affidandoli ad un medico-legale specialista nella branca della cardiologia”.

Sono tanti i passaggi dell’ordinanza del Gip,  che richiamano alle motivazione dell’opposizione all’archiviazione che l’Avv. Anselmo ha ben esposto durante l’udienza dello scorso 27 gennaio.
morte-del-giovane-sapia-oggi-in-aula-lopposizione-allarchiviazione_300924

E’ proprio il tema medico-legale, sul quale l’Avv. Anselmo ha maggiormente posto l’attenzione, che ritorna in maniera incisiva tra le motivazioni salienti spiegate nelle dieci pagine di ordinanza.

Si farà dunque ancora luce sulla vicenda, sulle incertezze di come si è approcciato alla vicenda stessa, come la tempistica nella gestione degli eventi, o i comportamenti cautelari e prudenziali da tenere nei casi di arresto e fermo di persone in condizioni di disagio psichico.

Avv. Fabio Anselmo

E’ lo stesso Avvocato Fabio Anselmo che raggiunto telefonicamente a seguito della ordinanza del Gip Benigno, a dirsi soddisfatto per l’esito raggiunto, e sottolinea ancora la sua convinzione che “la morte di Vincenzo Sapia, potesse e dovesse essere evitata“.

Simona Stammelluti

Vincenzo Sapia


Il caso di Vincenzo Sapia, il giovane 29enne di Mirto Crosia, morto il 24 maggio del 2015 si riapre, dopo che nella giornata del 31  marzo u.s. il Gip del Tribunale di Castrovillari, Dott.ssa Letizia Benigno, si è espressa in merito alla richiesta di opposizione all’archiviazione, richiesta dall’Avvocato Fabio Anselmo, legale della famiglia Sapia.
Ordina una integrazione alle indagini, il Gip, esprimendosi con parole che mettono in evidenza proprio la “persistente incertezza sulle cause del decesso del Sapia, che rende inopportuna una pronuncia di archiviazione […]
E’ lo stesso Gip che rigetta, dunque, la richiesta di archiviazione e chiede al PM di “rivisitare i quesiti medico-legali affidandoli ad un medico-legale specialista nella branca della cardiologia”.
Sono tanti i passaggi dell’ordinanza del Gip,  che richiamano alle motivazione dell’opposizione all’archiviazione che l’Avv. Anselmo ha ben esposto durante l’udienza dello scorso 27 gennaio.
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E’ proprio il tema medico-legale, sul quale l’Avv. Anselmo ha maggiormente posto l’attenzione, che ritorna in maniera incisiva tra le motivazioni salienti spiegate nelle dieci pagine di ordinanza.
Si farà dunque ancora luce sulla vicenda, sulle incertezze di come si è approcciato alla vicenda stessa, come la tempistica nella gestione degli eventi, o i comportamenti cautelari e prudenziali da tenere nei casi di arresto e fermo di persone in condizioni di disagio psichico.

Avv. Fabio Anselmo


E’ lo stesso Avvocato Fabio Anselmo che raggiunto telefonicamente a seguito della ordinanza del Gip Benigno, a dirsi soddisfatto per l’esito raggiunto, e sottolinea ancora la sua convinzione che “la morte di Vincenzo Sapia, potesse e dovesse essere evitata“.
Simona Stammelluti

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I Catalogatori dei Beni Culturali in tutta la Sicilia in questi giorni hanno proclamato lo stato di agitazione con il sostegno delle maggiori sigle sindacali. Oggi i catalogatori della Soprintendenza di Agrigento sono in assemblea. Chi sono i catalogatori e quali sono le motivazioni della protesta?

I catalogatori dei Beni Culturali sono lavoratori in servizio da ben 22 anni presso gli uffici del Dipartimento dei Beni Culturali in tutta la Sicilia.

Inquadrati nelle fasce C e D del Contratto Collettivo Regionale dei lavoratori della Pubblica Amministrazione, si occupano della verifica dell’interesse culturale, che sta alla base dell’attività di tutela e valorizzazione dei Beni Culturali in Sicilia. Vale a dire che intervengono nell’accertamento dell’interesse culturale di un bene, sia esso artistico, architettonico, archeologico, antropologico, archivistico o librario, in modo che si possano attivare le opportune procedure di tutela e valorizzazione.

La nostra storia ha inizio con un progetto di catalogazione del patrimonio culturale della Regione Siciliana realizzato tra il 1995 e il 2008 con l’impiego di personale a vario titolo qualificato, che aveva già avuto esperienza di catalogazione con gli istituti periferici dell’amministrazione regionale siciliana negli anni precedenti. I rapporti di lavoro nel tempo sono stati regolati da vari tipi di contratti a tempo determinato: il CCRL del pubblico impiego, metalmeccanici, Federculture, inframmezzati anche con periodi di LSU.

Nel 2007 finalmente la Regione Siciliana approva la legge n. 24, che all’art. 1 prevede l’immissione nei ruoli della Pubblica Amministrazione del personale impiegato nell’attività di Catalogazione; la stessa norma prevede che nelle more della stabilizzazione il personale transiti nella società a partecipazione regionale Beni Culturali, oggi Servizi Ausiliari Sicilia.

Ad oggi, dopo dieci anni, non è stata attivata alcuna procedura di stabilizzazione e la norma è rimasta lettera morta.

Abbiamo sentito la rappresentante Funzione Pubblica della Cgil Antonella Polito.

Cosa è accaduto di nuovo in questi giorni?

“In questi giorni su richiesta dell’Assessorato Regionale alla Funzione Pubblica presso l’intera amministrazione regionale si procede alla ricognizione del personale effettivo in organico allo scopo di fotografare lo stato di fatto e redigere una pianta organica di previsione che tenga conto del fabbisogno determinato anche dai vuoti creati dai pensionamenti in corso”.

Qual è il problema?

“Nella stesura della pianta organica Il Dipartimento dei Beni Culturali non intende tenere conto della presenza effettiva del personale catalogatore, che da anni contribuisce attivamente al raggiungimento degli obiettivi. La protesta dunque si concretizza nell’astensione dalle attività d’istituto, quelle cioè dove l’urgenza del lavoro risulta più evidente, come nei pareri per il rilascio dei N.O. che coinvolgono il servizio all’utenza esterna. Voglio però ricordare anche la realtà di quei lavoratori che in nome dell’estraneità ai ruoli soffrono una condizione di emarginazione dall’attività lavorativa che si traduce concretamente nel mancato utilizzo delle potenzialità produttive e nella pesante mortificazione della dignità del lavoratore”.

Cosa chiedono dunque i Catalogatori?

“Chiediamo innanzitutto il riconoscimento formale della presenza effettiva di queste professionalità nell’organico del Dipartimento Beni Culturali, secondo le attribuzioni previste nel documento sui profili professionali concordato e sottoscritto tra le parti sociali e l’Amministrazione Regionale già nel 2013.

Chiediamo, quindi, che l’Amministrazione Pubblica Regionale mantenga l’impegno previsto dalla L.R.24/2007 e proceda con l’immissione nei ruoli di questo personale che la Servizi Ausiliari Sicilia mantiene in servizio dopo dieci anni ancora nelle more della stabilizzazione”.

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I Catalogatori dei Beni Culturali in tutta la Sicilia in questi giorni hanno proclamato lo stato di agitazione con il sostegno delle maggiori sigle sindacali. Oggi i catalogatori della Soprintendenza di Agrigento sono in assemblea. Chi sono i catalogatori e quali sono le motivazioni della protesta?
I catalogatori dei Beni Culturali sono lavoratori in servizio da ben 22 anni presso gli uffici del Dipartimento dei Beni Culturali in tutta la Sicilia.
Inquadrati nelle fasce C e D del Contratto Collettivo Regionale dei lavoratori della Pubblica Amministrazione, si occupano della verifica dell’interesse culturale, che sta alla base dell’attività di tutela e valorizzazione dei Beni Culturali in Sicilia. Vale a dire che intervengono nell’accertamento dell’interesse culturale di un bene, sia esso artistico, architettonico, archeologico, antropologico, archivistico o librario, in modo che si possano attivare le opportune procedure di tutela e valorizzazione.
La nostra storia ha inizio con un progetto di catalogazione del patrimonio culturale della Regione Siciliana realizzato tra il 1995 e il 2008 con l’impiego di personale a vario titolo qualificato, che aveva già avuto esperienza di catalogazione con gli istituti periferici dell’amministrazione regionale siciliana negli anni precedenti. I rapporti di lavoro nel tempo sono stati regolati da vari tipi di contratti a tempo determinato: il CCRL del pubblico impiego, metalmeccanici, Federculture, inframmezzati anche con periodi di LSU.
Nel 2007 finalmente la Regione Siciliana approva la legge n. 24, che all’art. 1 prevede l’immissione nei ruoli della Pubblica Amministrazione del personale impiegato nell’attività di Catalogazione; la stessa norma prevede che nelle more della stabilizzazione il personale transiti nella società a partecipazione regionale Beni Culturali, oggi Servizi Ausiliari Sicilia.
Ad oggi, dopo dieci anni, non è stata attivata alcuna procedura di stabilizzazione e la norma è rimasta lettera morta.
Abbiamo sentito la rappresentante Funzione Pubblica della Cgil Antonella Polito.
Cosa è accaduto di nuovo in questi giorni?
“In questi giorni su richiesta dell’Assessorato Regionale alla Funzione Pubblica presso l’intera amministrazione regionale si procede alla ricognizione del personale effettivo in organico allo scopo di fotografare lo stato di fatto e redigere una pianta organica di previsione che tenga conto del fabbisogno determinato anche dai vuoti creati dai pensionamenti in corso”.
Qual è il problema?
“Nella stesura della pianta organica Il Dipartimento dei Beni Culturali non intende tenere conto della presenza effettiva del personale catalogatore, che da anni contribuisce attivamente al raggiungimento degli obiettivi. La protesta dunque si concretizza nell’astensione dalle attività d’istituto, quelle cioè dove l’urgenza del lavoro risulta più evidente, come nei pareri per il rilascio dei N.O. che coinvolgono il servizio all’utenza esterna. Voglio però ricordare anche la realtà di quei lavoratori che in nome dell’estraneità ai ruoli soffrono una condizione di emarginazione dall’attività lavorativa che si traduce concretamente nel mancato utilizzo delle potenzialità produttive e nella pesante mortificazione della dignità del lavoratore”.
Cosa chiedono dunque i Catalogatori?
“Chiediamo innanzitutto il riconoscimento formale della presenza effettiva di queste professionalità nell’organico del Dipartimento Beni Culturali, secondo le attribuzioni previste nel documento sui profili professionali concordato e sottoscritto tra le parti sociali e l’Amministrazione Regionale già nel 2013.
Chiediamo, quindi, che l’Amministrazione Pubblica Regionale mantenga l’impegno previsto dalla L.R.24/2007 e proceda con l’immissione nei ruoli di questo personale che la Servizi Ausiliari Sicilia mantiene in servizio dopo dieci anni ancora nelle more della stabilizzazione”.

La presenza dei gruppi provenienti da Israele e Palestina sembra essere stato il punto forte della 72esima edizione della festa del Mandorlo in Fiore, l’annuale appuntamento che vede radunati sotto il cielo di Agrigento, i gruppi folkloristici provenienti da molte parti del mondo, per sfilare sotto il segno dell’amicizia, della pace, della fratellanza, conservando le differenze, le proprie culture e la storia della propria tradizione.
La storica sagra – che quest’anno è divenuta “Festa” – non è stata organizzata come sempre dal Comune di Agrigento, ma dall’ente parco archeologico della Valle dei Templi diretto da Giuseppe Parello che ha voluto fortemente investire in questa iniziativa, che mette la cultura e lo scambio di tradizioni al centro di un evento, che da anni ormai, è capace di accogliere il folklore che giunge da luoghi lontani.
Quest’anno 16 gruppi, tanti bambini, costumi meravigliosi, hanno sfilato per Via Atenea, in una suggestiva fiaccolata, capace, anno dopo anno, di annullare le lingue diverse, accomunando agrigentini e figli del mondo, sotto il simbolo dell’amicizia, della pace e di sorrisi contagiosi.
Turchia, Moldavia, Repubblica Ceca, India, Giordania, Iran … ma sono stati i ragazzi di Israele e Palestina, ad incantare, perché incanta vedere la rappresentanza di due popoli in perenne guerra tra di loro, che sfilano fianco a fianco, annullando distanze e divergenze, mettendo a tacere odio silente tramandato di generazione in generazione, diventando così il vero simbolo della pace e della fratellanza.
Una serata organizzata nel pieno rispetto della sicurezza, perché eventi del genere devono costituire un fulcro culturale, segno tangibile di una tradizione che di anno in anno, prova a conservare idee e ideali, che risiedono nella forza della condivisione.
Colonna sonora della “fiaccolata dell’amicizia” a cura, anche quest’anno de “I tammura di Girgenti”, che hanno allietato e scandito il tempo facendo rimbombare il suono dei rullanti dentro le orecchie e nello stomaco di tutti i presenti.
Il tempo è stato clemente. Scampata la pioggia, la fiaccolata ha illuminato il crepuscolo di un 8 marzo all’insegna della tradizione e della festa collettiva.
Suggestione, colori e amicizia, le componenti di questa nuova edizione della fiaccolata dell’amicizia e se i giovani giunti ad Agrigento, hanno potuto condividere spazio e gioie, allora la speranza di un mondo migliore, capace di regalare a due popoli un futuro di coesistenza, senza più odio, sarà un giorno possibile.
Simona Stammelluti
Gallery foto fiaccolata dell’amicizia
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