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Anna Rita Leonardi esponente PD Calabria, racconta in video sul famoso social, come ha scoperto le dichiarazioni razziste della candidata consigliera del M5S a Canosa di Puglia, Antonella Di Nunno
La vicenda è iniziata quando la Leonardi ha ricevuto una segnalazione tramite uno screen shot, circa le dichiarazioni razziste fatte dalla Di Nunno che, commentando un post su Facebook si esprimeva con frasi tipo: “Dai seriamente, ma quanto fanno schifo i negri?“. La Leonardi ha poi denunciato la vicenda e le frasi razziste della Di Nunno che però sul suo profilo personale invece, si dichiarava pro integrazione e contro i pregiudizi. La denuncia della Leonardi ha poi fatto il giro del web e tutte le testate giornalistiche, sia cartacee che online ne hanno parlato.
Forse presa dalla situazione che diventava più grande di lei e si espandeva a macchia d’olio, o forse perché mai la Di Nunno avrebbe pensato che la sua dichiarazione potesse “uscire” dal post sconosciuto sotto il quale si era espressa, la stessa ha pensato bene di cancellare tutti i suoi commenti – ma ovviamente la cosa è valsa a poco visto che erano stati salvati tutti i commenti tramite screen shot – e così per arginare la pioggia di insulti e la tempesta mediatica che si stava scatenando ha deciso di chiudere il suo profilo Facebook.
Dopo la denuncia della Leonardi, ha poi deciso di autosospendersi dal Movimento 5 Stelle, ma è stato lo stesso Movimento a prendere le distanze dalle parole della candidata.
La Leonardi fa poi una riflessione più ampia circa la vicenda, sottolineando come forse la Di Nunno non si sia resa conto che ricoprire determinati incarichi rappresenta una responsabilità e quindi si ha il dovere di rappresentare ciò che è corretto per la collettività e quei commenti razzisti, non sono certo un atteggiamento consono al rispetto dei cittadini tutti, né tantomeno dei principi della Repubblica che prevedono proprio un diniego del razzismo, a favore dell’integrazione e del rispetto di tutti senza distinzione di razza.
La Di Nunno sembra essersi giustificata dicendo che si trattasse di uno scherzo. Questa sua dichiarazione non solo non era credibile, ma è stata subito smontata dalle sue stesse parole lanciate dalla sua pagina, nella quale altre dichiarazioni infelici erano state postate, tipo: “se ti manca un braccio o sei down sei bella, ma se hai la cellulite sei brutta”.
La Leonardi nel suo video post dichiara di non poter tollerare che una persona che si candida ad avere un ruolo politico, abbia questo atteggiamento ed esprima questi pensieri o quella tipologia di idee.
La denuncia della Leonardi ha posto la giusta attenzione sulle parole di chi dovrebbe rappresentare una collettività e che senza dubbio non dovrebbe mai esprimersi in maniera razzista. La stessa denuncia ha messo anche il M5S nella condizione di prendere le distanze da elementi come la Di Nunno e – come sostiene la Leonardi – lo stesso movimento, non si preoccupa probabilmente di solito di fare una selezione accurata della classe dirigente.
La Leonardi con il suo video incoraggia tutti a denunciare questioni come queste, quando ci si imbatte in esse, affinché si possa arginare queste situazioni intollerabili, a prescindere dal colore politico del soggetto che si esprime con frasi di questo genere.
Simona Stammelluti

Il referto autoptico parla chiaro: seppur il cantante dei Soundgarden avesse preso ansiolitici e sedativi la notte in cui è morto, non sono stati quelli ad indurlo al suicidio. Allora perché  Chris Cornell si è impiccato nella sua stanza d’albergo lo scorso 18 maggio, subito dopo il suo ultimo concerto?

Nessuno può saperlo con certezza, almeno non noi che del cantante si poteva essere fans e nulla più. E nemmeno possiamo metterci ad indagare sulla sua vita privata considerato che spesso le vite delle Superstar sono pressoché blindate. Sembrano avere vite normali, con tanti amici che puntualmente si affacciano ai funerali, lui aveva anche una moglie. Ecco, sua moglie. Soffermiamoci un attimo su questa interessante figura. Lei si chiama Vicky Karayiannis, ed era quella che aveva ipotizzato che il gesto – che lei definiva “inspiegabile” – potesse essere stato influenzato proprio dall’assunzione di sostanze ansiolitiche in dosi massicce.

Lei, Vichy, la stessa donna che quella stessa notte del suicidio, aveva chiesto ad un amico di Chris di controllare dove fosse suo marito, preoccupata da una precedente conversazione telefonica, durante la quale, sembrerebbe che lei si fosse accorta che lui biascicava, e che le aveva confessato di aver preso due pasticche in più di un ansiolitico. Ma tutto qui? Certo, se si dissero altro, a noi non è dato saperlo.

Lei, Vicky, la stessa donna che qualche giorno dopo la triste e drammatica vicenda che aveva investito suo marito, consegna alla stampa una lettera nella quale dichiara un amore sconsiderato ed assoluto. Una lettera nella quale Cornell viene descritto come un padre generoso e paziente. Eppure si dice che la pazienza è ascoltare e per ascoltare bisogna avere tempo. Lui, Chris Cornell, di tempo ne aveva? Lui  un uomo che era grato alla sua donna per averlo “salvato” e che a dire di sua moglie, era “affamato di vita” e molto motivato. La lettera si conclude con un “combatterò per te” e con questa frase:

Dicono che le strade che si sono incrociate si incrociano sempre nuovamente e so che verrai a cercarmi, e io sarò lì ad aspettarti.
Ti amo più di quanto qualcuno abbia mai potuto amare un’altra persona nella storia dell’amore, più di quanto sarà mai possibile fare”.

Nessuno certo, può smentire questa lettera, e non lo faremo neanche noi, ma qualcosa nella vita di Chris Cornell è accaduto, così come accade nella vita di molte star.

Per sua moglie lo stesso cantante non avrebbe mai fatto un gesto sconsiderato perché dice “amava i suoi figli”. Ma che tipo di percezione di amore si ha, quando si conduce una di quelle vite speciali? Per certo sappiamo che Cornell soffriva di ansia, e quella, è senza dubbio una cattiva compagnia.

La lista delle celebrità che si sono tolte la vita è discretamente lunga ed ognuno di loro ha avuto un’apparente motivo. A legarli, forse, quella depressione che deriva da non essere sempre capaci di gestire la fama, quella sensazione di buio che sembra inghiottirli malgrado siano circondati da milioni di fans e da famiglie apparentemente normali, e dico “apparentemente” perché se già è difficile dare una definizione di “normalità” si immagini quanto possa esserlo accostarla alla vita di coloro che per gestirla, la propria vita artistica, debbono rinunciare a ciò che appartiene a tutti coloro che star non sono.

Albert Camus diceva che “bisogna amarsi molto per suicidarsi”, ma la verità è che bisogna essere decisamente forti per non farlo, e spesso la fragilità che è quasi sempre alla base di quel dono che appartiene a chi diventa una star proprio perché ha qualcosa da dire attraverso la sua arte, non aiuta a contenere alcuni momenti di disperazione, che diventa un baratro che li risucchia senza via d’uscita.

Da quarantaseienne ne ricordo più di qualcuno di suicidi avvenuti nel mondo dello showbiz e alcuni di essi mi hanno lasciata più attonita di altri, forse perché le apparenti motivazioni – perché la verità appartiene a chi non c’è più – hanno lasciato più spazio alle riflessioni. Mario Monicelli, morì a 95 anni, buttandosi dalla finestra dell’ospedale dove era ricoverato per un tumore alla prostata. Una vita vissuta, tanto successo, una scelta forse, molto più lucida di quanto si possa immaginare. Kurt Cobain, morto a 27 anni, sparandosi con un colpo di fucile alla testa, anima sensibile, “bambino lunatico” come si definiva lui stesso, incapace di gestire una vita forse, senza più emozioni. Ma non dovrebbe essere emozionante fare la star, non si dovrebbe essere invasi dall’adrenalina che incoraggia e che rende felici? Sarebbe bello capire a cosa si possa davvero attribuire la felicità che è una condizione dell’animo talmente personale e privata che spesso si mente, per far sì che nessuno entri nella propria dimensione.

Chissà se Chris Cornell fosse così felice e “pieno di vita” così come sua moglie lo definisce in quella lettera. Una cosa è certa…nessuno si salva da solo.

In fondo essere vivi resta la migliore delle fortune; Eppure sentirsi vivi, è tutta un’altra cosa.

Simona Stammelluti

Il referto autoptico parla chiaro: seppur il cantante dei Soundgarden avesse preso ansiolitici e sedativi la notte in cui è morto, non sono stati quelli ad indurlo al suicidio. Allora perché  Chris Cornell si è impiccato nella sua stanza d’albergo lo scorso 18 maggio, subito dopo il suo ultimo concerto?
Nessuno può saperlo con certezza, almeno non noi che del cantante si poteva essere fans e nulla più. E nemmeno possiamo metterci ad indagare sulla sua vita privata considerato che spesso le vite delle Superstar sono pressoché blindate. Sembrano avere vite normali, con tanti amici che puntualmente si affacciano ai funerali, lui aveva anche una moglie. Ecco, sua moglie. Soffermiamoci un attimo su questa interessante figura. Lei si chiama Vicky Karayiannis, ed era quella che aveva ipotizzato che il gesto – che lei definiva “inspiegabile” – potesse essere stato influenzato proprio dall’assunzione di sostanze ansiolitiche in dosi massicce.
Lei, Vichy, la stessa donna che quella stessa notte del suicidio, aveva chiesto ad un amico di Chris di controllare dove fosse suo marito, preoccupata da una precedente conversazione telefonica, durante la quale, sembrerebbe che lei si fosse accorta che lui biascicava, e che le aveva confessato di aver preso due pasticche in più di un ansiolitico. Ma tutto qui? Certo, se si dissero altro, a noi non è dato saperlo.

Lei, Vicky, la stessa donna che qualche giorno dopo la triste e drammatica vicenda che aveva investito suo marito, consegna alla stampa una lettera nella quale dichiara un amore sconsiderato ed assoluto. Una lettera nella quale Cornell viene descritto come un padre generoso e paziente. Eppure si dice che la pazienza è ascoltare e per ascoltare bisogna avere tempo. Lui, Chris Cornell, di tempo ne aveva? Lui  un uomo che era grato alla sua donna per averlo “salvato” e che a dire di sua moglie, era “affamato di vita” e molto motivato. La lettera si conclude con un “combatterò per te” e con questa frase:
Dicono che le strade che si sono incrociate si incrociano sempre nuovamente e so che verrai a cercarmi, e io sarò lì ad aspettarti.
Ti amo più di quanto qualcuno abbia mai potuto amare un’altra persona nella storia dell’amore, più di quanto sarà mai possibile fare”.

Nessuno certo, può smentire questa lettera, e non lo faremo neanche noi, ma qualcosa nella vita di Chris Cornell è accaduto, così come accade nella vita di molte star.
Per sua moglie lo stesso cantante non avrebbe mai fatto un gesto sconsiderato perché dice “amava i suoi figli”. Ma che tipo di percezione di amore si ha, quando si conduce una di quelle vite speciali? Per certo sappiamo che Cornell soffriva di ansia, e quella, è senza dubbio una cattiva compagnia.
La lista delle celebrità che si sono tolte la vita è discretamente lunga ed ognuno di loro ha avuto un’apparente motivo. A legarli, forse, quella depressione che deriva da non essere sempre capaci di gestire la fama, quella sensazione di buio che sembra inghiottirli malgrado siano circondati da milioni di fans e da famiglie apparentemente normali, e dico “apparentemente” perché se già è difficile dare una definizione di “normalità” si immagini quanto possa esserlo accostarla alla vita di coloro che per gestirla, la propria vita artistica, debbono rinunciare a ciò che appartiene a tutti coloro che star non sono.
Albert Camus diceva che “bisogna amarsi molto per suicidarsi”, ma la verità è che bisogna essere decisamente forti per non farlo, e spesso la fragilità che è quasi sempre alla base di quel dono che appartiene a chi diventa una star proprio perché ha qualcosa da dire attraverso la sua arte, non aiuta a contenere alcuni momenti di disperazione, che diventa un baratro che li risucchia senza via d’uscita.
Da quarantaseienne ne ricordo più di qualcuno di suicidi avvenuti nel mondo dello showbiz e alcuni di essi mi hanno lasciata più attonita di altri, forse perché le apparenti motivazioni – perché la verità appartiene a chi non c’è più – hanno lasciato più spazio alle riflessioni. Mario Monicelli, morì a 95 anni, buttandosi dalla finestra dell’ospedale dove era ricoverato per un tumore alla prostata. Una vita vissuta, tanto successo, una scelta forse, molto più lucida di quanto si possa immaginare. Kurt Cobain, morto a 27 anni, sparandosi con un colpo di fucile alla testa, anima sensibile, “bambino lunatico” come si definiva lui stesso, incapace di gestire una vita forse, senza più emozioni. Ma non dovrebbe essere emozionante fare la star, non si dovrebbe essere invasi dall’adrenalina che incoraggia e che rende felici? Sarebbe bello capire a cosa si possa davvero attribuire la felicità che è una condizione dell’animo talmente personale e privata che spesso si mente, per far sì che nessuno entri nella propria dimensione.
Chissà se Chris Cornell fosse così felice e “pieno di vita” così come sua moglie lo definisce in quella lettera. Una cosa è certa…nessuno si salva da solo.
In fondo essere vivi resta la migliore delle fortune; Eppure sentirsi vivi, è tutta un’altra cosa.
Simona Stammelluti

Non solo il medico omeopata indagato per la vicenda della morte del piccolo Francesco, ma anche i suoi genitori

La triste vicenda della morte di Francesco Bonifazi, bimbo di 7 anni deceduto a causa delle complicazioni di una otite non adeguatamente curata, sembra non si debba chiudere a breve, anche se a seguito della tragica scomparsa del piccolo sono state già salvate tre vite, dopo l’espianto dei reni e del fegato.

Fatto sta che ieri la Procura di Urbino ha emesso avviso di garanzia nei confronti dei genitori del bambino, Marco Bonifazi e Maria Stella Oliveri – entrambi commercianti –  e del medico, Massimiliano Mecozzi, indagati per omicidio colposo. A tutti loro stati sequestrati telefoni e computer a al medico i Carabinieri hanno sequestrato anche ricettari e farmaci. Un atto dovuto, dice la Procura, per permettere ai genitori e al medico di nominare dei consulenti di parte.

Ricordiamo che i genitori del piccolo non hanno somministrato al loro figlio gli antibiotici per curare un’otite, su consiglio del loro medico di fiducia, un omeopata che non solo l’ha curato con sostante non consone alla patologia – così come dichiarato anche dai medici che hanno soccorso il piccolo Francesco una volta arrivato in stato di incoscienza all’ospedale di Ancora – ma che li avrebbe anche spaventati a morte dicendo loro che il piccolo avrebbe rischiato di diventare sordo oltre al coma epatico se solo l’avessero portato in ospedale.

Leggi tutti i dettagli qui bimbo morto per un\’otite non curata adeguatamente

La posizione dei genitori è inoltre sottoposta all’esame del Tribunale di Ancona, poiché vi sono altri figli minori della coppia.

Due particolari vengono fuori attualmente dalla vicenda ed entrambi lasciano sgomenti.

Sembrerebbe che il papà dei bimbo, dalle pagine del social network – nella cui foto di profilo è in compagnia del figlioletto –  tra i post dedicati al M5S, simpatizzasse con gli antivaccinisti.

Intanto mentre si attende l’autopsia sul corpo del piccolo Francesco, il medico raggiunto da alcuni giornalisti – che si è isolato in una casa in mezzo ad un bosco – sembra aver detto che “preferisce attendere che si svolga l’autopsia” come se da essa possa spuntare fuori chissà quale verità a tutti ancora sconosciuta, che possa magari scagionarlo dalle accuse a lui rivolte.

Stasera in parrocchia, si svolgerà una veglia in onore del piccolo bimbo scomparso.

Simona Stammelluti

Non solo il medico omeopata indagato per la vicenda della morte del piccolo Francesco, ma anche i suoi genitori
La triste vicenda della morte di Francesco Bonifazi, bimbo di 7 anni deceduto a causa delle complicazioni di una otite non adeguatamente curata, sembra non si debba chiudere a breve, anche se a seguito della tragica scomparsa del piccolo sono state già salvate tre vite, dopo l’espianto dei reni e del fegato.

Fatto sta che ieri la Procura di Urbino ha emesso avviso di garanzia nei confronti dei genitori del bambino, Marco Bonifazi e Maria Stella Oliveri – entrambi commercianti –  e del medico, Massimiliano Mecozzi, indagati per omicidio colposo. A tutti loro stati sequestrati telefoni e computer a al medico i Carabinieri hanno sequestrato anche ricettari e farmaci. Un atto dovuto, dice la Procura, per permettere ai genitori e al medico di nominare dei consulenti di parte.
Ricordiamo che i genitori del piccolo non hanno somministrato al loro figlio gli antibiotici per curare un’otite, su consiglio del loro medico di fiducia, un omeopata che non solo l’ha curato con sostante non consone alla patologia – così come dichiarato anche dai medici che hanno soccorso il piccolo Francesco una volta arrivato in stato di incoscienza all’ospedale di Ancora – ma che li avrebbe anche spaventati a morte dicendo loro che il piccolo avrebbe rischiato di diventare sordo oltre al coma epatico se solo l’avessero portato in ospedale.
Leggi tutti i dettagli qui bimbo morto per un\’otite non curata adeguatamente
La posizione dei genitori è inoltre sottoposta all’esame del Tribunale di Ancona, poiché vi sono altri figli minori della coppia.
Due particolari vengono fuori attualmente dalla vicenda ed entrambi lasciano sgomenti.
Sembrerebbe che il papà dei bimbo, dalle pagine del social network – nella cui foto di profilo è in compagnia del figlioletto –  tra i post dedicati al M5S, simpatizzasse con gli antivaccinisti.
Intanto mentre si attende l’autopsia sul corpo del piccolo Francesco, il medico raggiunto da alcuni giornalisti – che si è isolato in una casa in mezzo ad un bosco – sembra aver detto che “preferisce attendere che si svolga l’autopsia” come se da essa possa spuntare fuori chissà quale verità a tutti ancora sconosciuta, che possa magari scagionarlo dalle accuse a lui rivolte.
Stasera in parrocchia, si svolgerà una veglia in onore del piccolo bimbo scomparso.
Simona Stammelluti

E’ in diretta la serata finale di Amici e come ogni anno, il verdetto spetta al pubblico a casa che vota con sms e attraverso i social.
Vince un ballerino, dopo tanti anni nei quali alla vittoria della fortunata trasmissione della De Filippi si sono avvicendati svariati cantanti dei quali non ricordiamo neanche i nomi.
Certo è che quest’anno ha vinto il talento indiscusso. Andreas Muller,  19 anni, ballerino carismatico e di poche parole, si era guadagnato la finale convincendo puntata dopo puntata la giuria formata dalla Abbagnato, da Ambra, da Ermal Meta e da Daniele Liotti.
In finale erano arrivati anche il ballerino Sebastian che oltre ad un contratto con un famoso coreografo francese che lo ha scelto per una tournee in Francia ed Italia come primo ballerino, vince il premio della giuria formata dai giornalisti e sponsorizzato da Vodafone di 50 mila euro, la cantante Federica che ha vinto il premio “perfezionamento” sempre messo a disposizione dal famoso sponsor e Riccardo cantante, premiato dalla giuria di Radio 101, radio ufficiale della trasmissione con un premio di 20 mila euro.
Una serata che ha messo in evidenza quella che era la superiorità schiacciante del ballerino di Fabriano che nei suoi sogni ha sempre avuto quello di poter vivere ballando e che quest’anno festeggiava i suoi tre anni di dedizione ad Amici, considerato che la prima volta non era riuscito ad entrare come alunno della scuola, lo scorso anno ha dovuto ritirarsi per un infortunio e quest’anno invece, il suo percorso l’ha condotto alla vittoria.

150 mila euro per lui e contratti che gli permetteranno di ballare e di continuare a far sognare. Perché dietro quel carattere così schivo ed una vita di grandi sacrifici, Andreas nasconde una prorompente bravura, una passione, una dinamicità fuori dal comune e una capacità interpretativa che emoziona e che conduce lo spettatore ad innamorarsi della danza.
Vince il talento, dunque, anche se la giuria formata dai giornalisti in studio ha sottolineato anche la bravura del cantante Riccardo, arrivato al rush finale con Andreas.
Una puntata che è scorsa via liscia, con i collegamenti da casa dove i parenti dei finalisti che hanno sostenuto i propri ragazzi, incoraggiandoli a mettercela tutta e a gioire per il risultato ottenuto.
Ospiti della serata Geppi Gucciari, Giorgio Panariello e sul finale Roberto Saviano che ha raccontato ai ragazzi di come si debba provare a sbarazzarsi dei pregiudizi e dei luoghi comuni per apprezzare la vita e gli altri. Lo ha fatto raccontando la storia di Sofia Righetti, una ragazza sulla sedia a rotelle che nella sua vita ha fatto tutto quello che ha desiderato imparando prima di tutto ad accettarsi per quella che è, senza compromessi con il giudizio degli altri.
Protagonista della serata però la danza, meravigliosamente eseguita da Andreas su coreografie ideate e dirette dal coreografo di fama nazionale, Giuliano Peparini che prima della proclamazione del vincitore ha consigliato ai ragazzi di guardare sempre un po’ indietro, non dimenticandosi mai da dove sono partiti e di imparare a gioire anche delle piccole cose e non solo dei grandi successi.
La macchina organizzativa della trasmissione più famosa di sempre è stata impeccabile, la padrona di casa, Maria De Filippi anche quest’anno ha dribblato con classe tutti gli imprevisti sopraggiunti in corso d’opera e da domani già si pensa ai nuovi concorrenti per la prossima edizione.
Intanto questa notte Andreas Muller probabilmente non dormirà, ancora incredulo della sua vittoria ad Amici 2017, così come gli si leggeva nel labiale mentre alzava al cielo la coppa che quest’anno, forse più di molti anni passati, ha decretato la vittoria del più bravo, del talento, di quella polvere di stelle che si posa su chi assiste a performance di chi regala agli altri quel che sa fare, con immensa generosità.
Simona Stammelluti

Il piccolo Francesco aveva solo 7 anni e questa mattina è morto all’ospedale di Ancora dove era ricoverato nel reparto rianimazione e dove era arrivato martedì notte in condizioni gravissime, in uno stato di semi-coscienza, con febbre alta e un ascesso celebrale.

Il piccolo Francesco è morto nel 2017 per una banalissima otite, perché i suoi genitori  lo hanno affidato a cure alternative e non gli hanno somministrato un altrettanto banale antibiotico.

La cosa che sconvolge è l’ignoranza, la superstizione, la poca lucidità che porta dei genitori a non accorgersi che affidandosi a ciarlatani, che sfruttano le loro paure, stanno condannando a morte un bambino.

Sono lontani quei tempi nei quali si moriva per un’appendicite, per una puntura ad una spina o quando una tonsillite minava per sempre la salute cardiaca di un bambino; Oggi basta una semplice profilassi, una vaccinazione contro il tetano o qualche compressa di antibiotico per risolvere presto e bene una infezione.

Leggere le dichiarazioni agghiaccianti del nonno del bambino morto per una banale otite, spinge inevitabilmente a delle riflessioni e alla presa di coscienza che si debba correre ai ripari.

Il nonno racconta che la fiducia dei genitori riposta in questo “medico” era estrema. Insomma, si fidavano ciecamente, mentre curava il bambino con prodotti omeopatici anziché antibiotici.

Il medico ciarlatano in questione, che si chiama Massimiliano Mecozzi, a dire del nonno aveva migliaia di pazienti e aveva spaventato a morte la mamma del bambino –  quando quest’ultima lo aveva supplicato di acconsentire a che lo si portasse in ospedale perché vedeva Francesco peggiorare in maniera repentina – dicendole che lì, in ospedale, gli avrebbero somministrato la tachipirina che l’avrebbe fatto diventare sordo, e che gli avrebbe potuto provocare anche un coma epatico.

E così Francesco è stato fintamente curato con dei granuli di un prodotto, ed è peggiorato fino a morire.

Il Mecozzi aveva anche dato una sorta di aut aut alla famiglia che voleva chiedere un parere alla pediatra, dunque o stavano con lui, o con la pediatra.

Non era la prima volta che Francesco soffriva di otite e mai da quando aveva 3 anni di età, aveva preso un antibiotico. Una specie di roulette russa, che alla fine l’ha ucciso.

Uno dei tanti santoni, questo dottor Mecozzi, che affermava che il vomito che il bambino stava avendo era l’anticamera della guarigione. Ma quando la mamma del piccolo lo ha ricontattato mandandogli un video perché Francesco stava andando in coma, lui ha risposto di non poter valurare nulla da un video, che era fuori città e che se volevano potevano portarlo in ospedale, che lui non si sarebbe opposto.

Come è andata a finire la vicenda, ormai è noto. Il telefono del santone è irraggiungibile, come prevedibile, e il nonno ha dichiarato che passerà il resto dei suoi giorni per vederlo condannato, perché il suo delirio di onnipotenza ha ucciso tutta la sua famiglia.

Il famoso professor Garattini dichiara che “l’omeopatia è acqua fresca” e visto come sono andate le cose, la verità è molto vicina a questa sua affermazione. Lo stesso Garattini dichiara: “Via i medici che praticano l’omeopatia”, per lui, insomma, questi medici non dovrebbero far parte dell’ordine.

E’ massiccia la campagna di sensibilizzazione che anche il Dott. Roberto Burioniricercatore e professore Ordinario di Microbiologia e Virologia presso l’Università San Raffaele di Milano, attivo nel campo relativo allo sviluppo di anticorpi monoclonali umani contro agenti infettivi – sta facendo sui social network proprio riguardo all’importanza delle vaccinazioni e della medicina tradizionale. Parla ai genitori, non si stanca di raccontare gli effetti devastanti di una mancata profilassi adeguata e la pericolosità di cure alternative che portano purtroppo sempre più spesso a dover assistere a morti come quelle del piccolo Francesco.

Bisognerebbe mettere da parte la paura, recuperare la lucidità e ribellarsi a chi ci racconta una marea di sciocchezze, giocando ad andare “contromano” con la vita di chi amiamo.

Simona Stammelluti


Il piccolo Francesco aveva solo 7 anni e questa mattina è morto all’ospedale di Ancora dove era ricoverato nel reparto rianimazione e dove era arrivato martedì notte in condizioni gravissime, in uno stato di semi-coscienza, con febbre alta e un ascesso celebrale.
Il piccolo Francesco è morto nel 2017 per una banalissima otite, perché i suoi genitori  lo hanno affidato a cure alternative e non gli hanno somministrato un altrettanto banale antibiotico.
La cosa che sconvolge è l’ignoranza, la superstizione, la poca lucidità che porta dei genitori a non accorgersi che affidandosi a ciarlatani, che sfruttano le loro paure, stanno condannando a morte un bambino.
Sono lontani quei tempi nei quali si moriva per un’appendicite, per una puntura ad una spina o quando una tonsillite minava per sempre la salute cardiaca di un bambino; Oggi basta una semplice profilassi, una vaccinazione contro il tetano o qualche compressa di antibiotico per risolvere presto e bene una infezione.
Leggere le dichiarazioni agghiaccianti del nonno del bambino morto per una banale otite, spinge inevitabilmente a delle riflessioni e alla presa di coscienza che si debba correre ai ripari.
Il nonno racconta che la fiducia dei genitori riposta in questo “medico” era estrema. Insomma, si fidavano ciecamente, mentre curava il bambino con prodotti omeopatici anziché antibiotici.
Il medico ciarlatano in questione, che si chiama Massimiliano Mecozzi, a dire del nonno aveva migliaia di pazienti e aveva spaventato a morte la mamma del bambino –  quando quest’ultima lo aveva supplicato di acconsentire a che lo si portasse in ospedale perché vedeva Francesco peggiorare in maniera repentina – dicendole che lì, in ospedale, gli avrebbero somministrato la tachipirina che l’avrebbe fatto diventare sordo, e che gli avrebbe potuto provocare anche un coma epatico.
E così Francesco è stato fintamente curato con dei granuli di un prodotto, ed è peggiorato fino a morire.
Il Mecozzi aveva anche dato una sorta di aut aut alla famiglia che voleva chiedere un parere alla pediatra, dunque o stavano con lui, o con la pediatra.
Non era la prima volta che Francesco soffriva di otite e mai da quando aveva 3 anni di età, aveva preso un antibiotico. Una specie di roulette russa, che alla fine l’ha ucciso.
Uno dei tanti santoni, questo dottor Mecozzi, che affermava che il vomito che il bambino stava avendo era l’anticamera della guarigione. Ma quando la mamma del piccolo lo ha ricontattato mandandogli un video perché Francesco stava andando in coma, lui ha risposto di non poter valurare nulla da un video, che era fuori città e che se volevano potevano portarlo in ospedale, che lui non si sarebbe opposto.
Come è andata a finire la vicenda, ormai è noto. Il telefono del santone è irraggiungibile, come prevedibile, e il nonno ha dichiarato che passerà il resto dei suoi giorni per vederlo condannato, perché il suo delirio di onnipotenza ha ucciso tutta la sua famiglia.
Il famoso professor Garattini dichiara che “l’omeopatia è acqua fresca” e visto come sono andate le cose, la verità è molto vicina a questa sua affermazione. Lo stesso Garattini dichiara: “Via i medici che praticano l’omeopatia”, per lui, insomma, questi medici non dovrebbero far parte dell’ordine.
E’ massiccia la campagna di sensibilizzazione che anche il Dott. Roberto Burioniricercatore e professore Ordinario di Microbiologia e Virologia presso l’Università San Raffaele di Milano, attivo nel campo relativo allo sviluppo di anticorpi monoclonali umani contro agenti infettivi – sta facendo sui social network proprio riguardo all’importanza delle vaccinazioni e della medicina tradizionale. Parla ai genitori, non si stanca di raccontare gli effetti devastanti di una mancata profilassi adeguata e la pericolosità di cure alternative che portano purtroppo sempre più spesso a dover assistere a morti come quelle del piccolo Francesco.
Bisognerebbe mettere da parte la paura, recuperare la lucidità e ribellarsi a chi ci racconta una marea di sciocchezze, giocando ad andare “contromano” con la vita di chi amiamo.
Simona Stammelluti

Che dire se non “Grazie”, ad una mamma che va via?
E’ andata via poco prima delle 3 di questa notte Laura Biagiotti, signora della moda Made in Italy da oltre 50 anni e famosa in tutto il mondo.
Aveva 73 anni e qualche giorno fa, mentre passeggiava nella sua tenuta ha accusato un malore. Il suo cuore già malandato, non ha retto.

Amava l’arte, e viveva in maniera riservata malgrado fosse un personaggio pubblico, famosissima oltreoceano. Il New York Times la definì la regina del cachemire, e il suo stile “bianco” inconfondibile, è stato il leitmotiv della sua carriera.
Era figlia di una donna di moda che aveva una sartoria in Via Salaria e dopo aver mosso i suoi primi passi nell’atelier della mamma, firmò nel 1966 la sua prima collezione prêt-à-porter , e solo pochi anni dopo, nel 1972, fonda la sua maison e sfila a Firenze con la prima collezione personale. Da lì un successo inarrestabile, collaborazioni con altri stilisti, e quel suo “stile” che metteva al centro la donna di classe, un po’ romantica e quelle linee morbide. E’ stata la prima stilista italiana a sfilare in Cina.
Amava l’arte, aveva dichiarato in una intervista che “Arte-Moda” fosse un binomio interessante, e fu la prima a finanziare il restauro di un monumento della sua Roma, che aveva così tanto amato da  dedicarle anche un profumo.
Da un ventennio al suo fianco in azienda e nel mondo della moda, sua figlia Lavinia, che si è da sempre curata di promuovere l’immagine del brand in tutto il mondo.
Ed è proprio lei che dalle pagine del social network Twitter, che saluta la mamma con la frase “Thanks for all my beloved mum! Forever together – Grazie di tutto mia adorata mamma, saremo per sempre insieme”.
Simona Stammelluti

Che dire se non “Grazie”, ad una mamma che va via?

E’ andata via poco prima delle 3 di questa notte Laura Biagiotti, signora della moda Made in Italy da oltre 50 anni e famosa in tutto il mondo.

Aveva 73 anni e qualche giorno fa, mentre passeggiava nella sua tenuta ha accusato un malore. Il suo cuore già malandato, non ha retto.

Amava l’arte, e viveva in maniera riservata malgrado fosse un personaggio pubblico, famosissima oltreoceano. Il New York Times la definì la regina del cachemire, e il suo stile “bianco” inconfondibile, è stato il leitmotiv della sua carriera.

Era figlia di una donna di moda che aveva una sartoria in Via Salaria e dopo aver mosso i suoi primi passi nell’atelier della mamma, firmò nel 1966 la sua prima collezione prêt-à-porter , e solo pochi anni dopo, nel 1972, fonda la sua maison e sfila a Firenze con la prima collezione personale. Da lì un successo inarrestabile, collaborazioni con altri stilisti, e quel suo “stile” che metteva al centro la donna di classe, un po’ romantica e quelle linee morbide. E’ stata la prima stilista italiana a sfilare in Cina.

Amava l’arte, aveva dichiarato in una intervista che “Arte-Moda” fosse un binomio interessante, e fu la prima a finanziare il restauro di un monumento della sua Roma, che aveva così tanto amato da  dedicarle anche un profumo.

Da un ventennio al suo fianco in azienda e nel mondo della moda, sua figlia Lavinia, che si è da sempre curata di promuovere l’immagine del brand in tutto il mondo.

Ed è proprio lei che dalle pagine del social network Twitter, che saluta la mamma con la frase “Thanks for all my beloved mum! Forever together – Grazie di tutto mia adorata mamma, saremo per sempre insieme”.

Simona Stammelluti