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Il green pass, la “certificazione verde Covid-19”, farà compagnia agli italiani in ognuno dei loro spostamenti, siano essi viaggio o evento al quale si voglia prendere parte. Vacanze, matrimoni, feste in genere, concerti, il documento farà da “passepartout”.

Questo certificato servirà per spostarsi tra regioni di colore diverso, partecipare ad eventi in presenza di pubblico, ma anche per convegni, congressi e fiere.

La certificazione ha validità di nove mesi dalla data del completamento del ciclo vaccinale. Ma potrà essere rilasciato “anche contestualmente alla somministrazione della prima dose di vaccino” e che sia valido dal quindicesimo giorno dopo la somministrazione fino “alla data prevista per il completamento del ciclo vaccinale”. Sono le principali novità in merito al “pass verde” introdotte dal nuovo decreto legge Covid, firmato ieri sera dal capo dello Stato.

Il certificato verde attesta come il cittadino abbia completato il ciclo vaccinale contro il Covid-19 e qui sta la novità del nuovo decreto, che dà la possibilità di ottenerlo anche dopo la prima. Altro requisito per il green pass è essere guarito dall’infezione (in questo caso la guarigione corrisponde alla data di fine isolamento, prescritto a seguito del riscontro di un tampone positivo). Valido anche il referto di un tampone molecolare o antigenico rapido che sia negativo ed effettuato nelle 48 ore antecedenti.

Il “green pass”  può essere richiesto direttamente ai soggetti autorizzati. In caso di vaccinazione lo rilascia, in formato digitale o cartaceo, la struttura sanitaria o l’Asp dove è avvenuta la somministrazione. Se guariti dal Covid, lo rilascerà il medico di medicina generale oppure la struttura ospedaliera dove si è stati curati. Nel caso di certificazione per tampone negativo (molecolare o antigenico), viene rilasciato dal laboratorio dove è stato effettuato.

Dopo l’enorme successo del ciclo di spettacoli Shakespeariani dal titolo “Abbiamo Rapito William Shakespeare – Sta bene, è in buone mani, solo, avevamo altri programmi per lui”, proseguono gli appuntamenti della prima rassegna di Streaming Drama® di Casa Shakespeare nata dal bisogno di raccontare storie con parole e linguaggi nuovi. È nata con questo scopo la III edizione della rassegna teatrale di Casa Shakespeare, in versione web, fino al 21 maggio 2021 – tramite diretta streaming sui canali social del teatro Satiro Off. Più che una semplice rassegna teatrale, il progetto di Casa Shakespeare (la casa fondata in onore del Bardo, in seno al Teatro Satiro Off di Verona), delinea un nuovo modo di intendere la drammaturgia: lo Streaming Drama®.

 

Fautori del progetto, il Direttore Generale di Casa Shakespeare Solimano Pontarollo e il nuovo Direttore Artistico Andrea de Manincor: “fino al 21 maggio 2021, torniamo a dare vita alla nostra relazione teatrale, raccontando Shakespeare, gli autori contemporanei e i loro linguaggi innovativi, passando dal teatro interattivo dello Shakespeare Interactive Museum, fino ad arrivare a un importante omaggio a Dante Alighieri, una trilogia, in occasione del 700° anniversario della sua morte. E lo faremo con il patrocinio di Comune di Verona, Provincia di Verona e Regione Veneto, e con il sostegno di Fondazione Zanotto e Fondazione Cariverona. 7 appuntamenti in tutto con una prima parte interamente dedicata al Bardo e la seconda parte dedicata alla Commedia di Dante”.

 

La prima grande innovazione portata da Casa Shakespeare in questa stagione 2021, è la modalità narrativa battezzata Streaming Drama®. Ovvero, parole e codici contemporanei per mettere in scena una delle cose più vecchie del mondo, il teatro. Streaming Drama sarà il teatro online di Casa Shakespeare, frutto di contaminazioni, esperimenti e necessità incontrate durante il lockdown di marzo, aprile e maggio 2020, e delle successive ricerche fatte con la Shakespeare Week online, di giugno 2020. Lo Streaming Drama, consegna allo spettatore la possibilità di stabilire un confronto diretto con l’interprete, in una soggettiva capace di portarlo a immedesimarsi con il personaggio, l’antagonista, con la storia tutta. Dal vivo, e online, in streaming. In una relazione nuova e inesplorata.

 

Ma come funziona tecnicamente lo “Streaming Drama”:

  • l’attore diventa interprete e anche operatore con un meccanismo di ripresa, sfruttando lo smartphone o un altro device adatto per la ripresa (o auto ripresa) in movimento
  • si utilizza la tecnica di recitazione più antica del mondo occidentale (ossia la rappresentazione di uno o più personaggi all’interno di una storia) attraverso una ricerca espressiva che metta al primo posto la parte espressiva del “pensiero” e di tutto quello che “passa” sul viso, negli occhi, dell’attore
  • Ci si arriva attraverso una piattaforma digitale (Zoom o altro) attraverso un link di accreditamento
  • Si utilizzano tutte le potenzialità messa a disposizione da questa o queste piattaforme, per una ripresa che inquadri talora più soggetti (attori) coinvolti, anche in un meccanismo di finestre che si aprono e nelle quali possiamo scrutare volti o reazioni di quello specifico personaggio
  • Il pubblico partecipa “live”, perché la rappresentazione di uno Streaming Drama è sempre dal vivo, in diretta e commentabile.

Non solo Shakespeare dunque, ma per i 700 anni di Dante, tre giorni di Dante Connection a maggio. Una stagione in cui la sfida del digitale sarà un percorso condiviso con gli abbonati, i quali diventeranno co-protagonisti nell’evoluzione artistica e nella realizzazione dello Streaming Drama.

Perché abbiamo deciso di portare avanti il progetto “Streaming Drama – Teatro a Distanza con presenza degli attori”, nonostante il 27 aprile scorso abbiano riaperto i luoghi dello spettacolo?

“La risposta è semplice – afferma il Direttore Artistico Andrea de Manincor – perché non abbiamo intenzione di fermare il futuro. E per alcune semplice ragioni, che danno … ragione – da perdonare il bisticcio di parole – alla prospettiva pionieristica del nostro Streaming, che stiamo con insistenza continuando a studiare ed approfondire.

1) Innanzitutto perché per il pubblico a distanza si tratta comunque di un’esperienza immersiva: il meccanismo è quello di una ripresa che permette di scrutare (tolto l’orpello scenografico che aggraverebbe la sensazione di falsità, più che di finzione, dell’azione rappresentata) negli occhi e nelle espressioni degli attori

2) in secondo luogo perché si tratta di un’esperienza live per il pubblico, una diretta vera e propria, vissuta a contatto con l’ansia, la sporcatura, l’imperfezione che tenta di farsi emozione tipica del lavoro dell’attore

3) e infine perché i confini angusti di un piccolo teatro off si spezzano, e possiamo intercettare pubblico dall’Italia, dall’Europa, dal Mondo, che si connette e si immerge con noi entrando sul palco dove vivono i meccanismi della più antica relazione che esista, quella di un corpo con le parole di cui si fa carne.

Occhi che ci guardano e che guardiamo al di là dello schermo. Questo per noi si chiama futuro, questo per noi – con una tecnologia sempre più limpida ma non invasiva – è lo Streaming Drama.  l’Off, si proietta nel mondo, e la globalità sale sul palco del Satiro”.

Ecco i prossimi appuntamenti

  • 19 MAGGIO mercoledì h. 10 per le scuole e h 19 per il pubblico Streaming Drama®: DANTE Connection: INFERNO
  • 20 MAGGIO giovedì h. 10 per le scuole e h 19 per il pubblico – Streaming Drama®: DANTE Connection: PURGATORIO
  • 21 MAGGIO venerdì 10 per le scuole e h 19 per il pubblico 9 – Streaming Drama®: DANTE Connection: PARADISO

Informazioni e contatti

Per abbonarsi è semplice: acquista su Evenbrite il biglietto e segui la rassegna su Zoom. Web: https://www.facebook.com/casashakespeare

Teatro Satiro Off di Vicolo Satiro 8, a Verona, in presenza online, nella modalità STREAMING DRAMA®.

Per info: 0454578922 – www.casashakespeare.it.

Intervento cofinanziato dal Fondo Sociale Europeo, POR Veneto 2014-2020

Progetto 652-0001-818-2020

Il Comitato Turismo Nazionale ha deciso di indire una mobilitazione di tutto il settore per martedì 18 maggio.

La mobilitazione si rende necessaria per evidenziare le problematiche che stanno provocando gravissimi danni in termini occupazionali ed economici a tutta la filiera turistica.

Il comparto nazionale si mobilita per rivolgere un appello a chi governa e sta decidendo del presente e del futuro del turismo italiano in un momento cruciale e drammatico. Le richieste del Comitato sono:

 

  • ristori adeguati per un comparto che non riesce a lavorare da 16 mesi, e stanziamenti per guide ed accompagnatori rimasti esclusi dagli aiuti del 2020 – linee guida chiare ed omogenee per far ripartire il turismo
  • lotta all’abusivismo delle professioni e dei servizi turistici che eludono il fisco ( free tours, piattaforme non regolamentate e poco trasparenti, falso associazionismo no-profit)….basta con i furbetti del quartierino!
  • Stop al monopolio dei servizi aggiuntivi ed alla concorrenza sleale delle società private che gestiscono il patrimonio  culturale italiano
  • Revisione di tutti i regolamenti di musei e siti culturali che impediscono una corretta programmazione turistica per gli operatori del turismo
  • Proroga della sospensione del pagamento delle rate o dei canoni di leasing dei mezzi aziendali
  • Proroga della scadenza dei prestiti e finanziamenti aziendali, sia statali che regionali -Esonero contributivo per l’anno in corso, proroga di almeno 6 mesi delle rate relative al rimborso fondo di garanzia, moratoria della sospensione del pagamento delle rate mutuo prima casa.
  • Proroga ammortizzatori sociali e pagamento della Cig e dei contributi ancora in sospeso

 

Scendiamo tutti uniti in piazza, Agenti di Viaggio, Guide Turistiche, Accompagnatori turistici, Ncc. e Bus, lavoratori stagionali del turismo…per difendere la nostra dignità e il diritto al lavoro,

18 maggio Roma, piazza San Silvestro ore 10 

 

 

Appuntamento il 21 maggio con il quarto video di Concerto “Omaggio A Ennio Morricone” tenuto da Leandro Piccioni e il Quartetto Pessoa. Il concerto tenutosi in occasione della serata inaugurale del festival del Cinema italiano di Madrid 2020, e realizzato presso il Forum Music Village di Roma il 26 Novembre 2020, è ora disponibile suddiviso in cinque video che saranno pubblicati sul canale ufficiale YouTube del “Quartetto Pessoa & Leandro Piccioni” a partire dal aprile e fino al 4 giugno. Dopo “Mission”, “C’era una volta in America” e “Nuovo Cinema Paradiso”, il quarto video del concerto è quello dedicato a “C’era una volta il west” che sarà possibile vedere a partire dalle ore 13,00 di venerdì 21 maggio su https://www.youtube.com/channel/UCUddNhpv9WpjCPXvRZ9jcsQ

 

La quinta e ultima uscita sarà il 4 Giugno con l’ “Estasi Dell’oro”. Il quintetto composto da pianoforte e quartetto d’archi esalta la suggestione melodica ed espressiva dei capolavori del Maestro Morricone.

 

Leandro Piccioni ha collaborato con Ennio Morricone fin dal 2001 e dal 2015 è stato il suo pianista solista ufficiale. Con il Maestro ha suonato in tutto il mondo con orchestre internazionali, fra le quali l’orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia, la Filarmonica della Scala, l’orchestra della Radio di Madrid, l’orchestra della Rai di Torino, l’orchestra Sinfonica di Praga, l’orchestra Roma Sinfonietta, solo per citarne alcune, svolgendo centinaia di concerti in tutto il mondo e superando i 500.000 spettatori solo dal 2015 al 2016. Recentemente Leandro Piccioni ha suonato come solista nei due concerti autunnali dedicati al Maestro con l’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia diretti dal Maestro Antonio Pappano. Leandro Piccioni ha vinto il Premio David di Donatello 2020 come “Miglior Musicista” con l’Orchestra di Piazza Vittorio. La colonna sonora premiata con le musiche originali di Piccioni è stata realizzata in collaborazione con il Quartetto Pessoa

 

“La mia ammirazione per la musica di Ennio Morricone e il mio affetto umano per lui – afferma Leandro Piccioni – mi hanno indotto a realizzare arrangiamenti per pianoforte e quartetto d’archi e ciò grazie anche alla collaborazione che ho da anni con il Quartetto Pessoa”.

 

Come nasce la collaborazione tra Leandro Piccioni e il Quartetto Pessoa?

È la storia di un incontro. Un incontro di esperienze e competenze musicali diverse, che porta alla nascita di un quintetto. Nel 2002 Leandro Piccioni, scrive alcuni arrangiamenti per il cd “Poco mossi gli altri bacini” degli Avion Travel e alcuni sono realizzati per quartetto d’archi. Nasce così la collaborazione con il Quartetto Pessoa.

 

Il Quartetto Pessoa, nato nel 1998, composto da Marco Quaranta e Rita Gucci ai violini, Achille Taddeo alla viola e la violoncellista coreana Kyung Mi Lee (primo violoncello dell’Orchestra Roma Sinfonietta) svolge attività concertistica con accostamenti tra genere classico, jazz, rock, tango e contemporaneo.

Nel 2006, nasce l’idea di suonare insieme a Leandro Piccioni, con il proposito di eseguire il quintetto più rappresentativo della storia della musica: l’opera 34 di Brahms. L’idea è di unire le esperienze musicali, partendo da un repertorio classico per arrivare alla musica moderna e da film mentre nel frattempo Leandro Piccioni compone la musica per la fiction “Assunta Spina” e la colonna sonora de “Il Posto dell’Anima” di Riccardo Milani e per le registrazioni si affida al primo violino Marco Quaranta e al suo quartetto come prime parti dell’orchestra. Collaborazione che si ripete anche per il film “Lascia perdere Johnny” di Fabrizio Bentivoglio, candidato ai David di Donatello nel 2008.

Nel luglio del 2006 il quintetto debutta con l’opera 34 di Brahms, “le Stagioni” di Piazzolla e, per la prima volta in concerto, alcuni temi da film di Piccioni appositamente trascritti per questa formazione. Attraverso questa nuova rilettura la musica di Piccioni assume dei caratteri espressivi completamente diversi rispetto alle originali orchestrazioni e si rinnova in una forma più classica e da concerto.

L’esperienza di “Omaggio a Ennio Morricone” è la consacrazione della ormai collaudata collaborazione tra Leandro Piccioni & il Quartetto Pessoa.

 

Questo il link del canale YouTube

Quartetto Pessoa & Leandro Piccioni

https://www.youtube.com/channel/UCUddNhpv9WpjCPXvRZ9jcsQ

 

Il problema è quasi sempre della comunicazione.

E così per dovere di cronaca, faccio una chiacchierata con chi quella terra la conosce, la vive, la ama, ed ha l’indispensabile lucidità e obiettività, sulla vicenda. Perché sembra che la storia, ce la si sia dimenticati.

La Palestina, la Terra Santa, Gerusalemme così lontane da non poterle toccare, ma così vicine, se solo ci fosse chi quella terra la sapesse raccontare, e non solo nelle feste raccomandate (Natale, Pasqua), non solo in casi sporadici, non solo con notizie frammentarie.

I cronisti spesso, peccano di superficialità, gli inviati non sempre sanno riportare i fatti, quasi sempre perché farlo con dovizia di particolari significherebbe dover prima studiare dai siti arabi, informarsi in maniera approfondita, “vivere” alcune realtà che è molto più che inviare una velina, con su appuntate mezze verità.

C’è grande confusione sulle notizie, e la Palestina non fa più notizia.

E non si tratta di stare da una parte o dall’altra, ma si tratta di stare dalla parte dei diritti umani.

Forse non tutti sanno che da tempo tantissime famiglie di un quartiere di Gerusalemme, che si chiama Sheikh Jarrah, hanno ricevuto la comunicazione di sfratto, dovrebbero lasciare immediatamente le loro case, luoghi dove poi Israele costruirà altre case da dare agli israeliani. Quella gente ovviamente, da casa propria non vuole andar via e così hanno incominciato una protesta autonoma, ogni sera, con alcuni giornalisti che hanno poi incominciato a parlare di questa vicenda.

Ogni giorno c’è un morto, un ferito.
Ogni venerdì da un anno, i palestinesi  manifestano con una marcia di protesta nei territori occupati, proprio per questa situazione dell’espropriazione dei terreni, ma difficilmente sentiamo queste notizie ai Tg, compreso il numero dei feriti negli scontri.

Se cresce la rabbia, giunge sempre la violenza.

Lo sapevate che quando ci sono stati gli scontri nella spianata delle moschee, la Mezzaluna Rossa  è stata bloccata dai soldati israeliani, impedendo dunque il raggiungimento dei feriti da parte dei soccorritori, violando un diritto internazionale?
Anche la comunità europea, dovrebbe prendere atto di questa violazione.

Massimo rispetto per tutte e due le popolazioni, sempre, ma la conta dei morti pesa ogni volta da parte dei palestinesi.
Chi come Pina Belmonte, ha prestato servizio per anni ed anni in quei luoghi, anche per amore di quella terra e quella gente, sta dalla parte dei palestinesi, ma non dalla parte dei politici palestinesi, che sono i primi che hanno dimenticato i palestinesi stessi. Presidenti, ambasciatori, fanno comunicati stampa per denunciare la violazione dei diritti umani, ma l’autorità nazionale palestinese, non ha fatto mai gli interessi dei palestinesi.

Se si prova a parlare con i palestinesi su 10, 9 di loro non si sentono rappresentati dall’autorità nazionale palestinese.

Oggi leggere comunicati che parlano di “programmi internazionali, per difendere la gente“, da parte dell’autorità nazionale, fa un po’ sorridere.

I palestinesi abbandonati da tutti, dalla comunità internazionale, dai politici, scuotono la testa, quando sentono parlare il loro presidente.

Il lancio del razzo di Hamas per loro è stato come un segnale: “forse ancora qualcuno si ricorda di noi”.
Hamas però ha i missili, se lancia un razzo, e poi provoca 100 200 300 morti e centinaia di feriti, non può dire di amare i palestinesi.

Stare dalla parte dei palestinesi, della gente palestinese, non solo quando ci scappano i morti.
Sono più di 70 anni che esiste questa condizione, non è iniziata ieri, come sembra (visto come vengono montati i servizi dei Tg) e forse qualcuno lo ha dimenticato, sia la classe dirigente, sia il mondo, sia i giornalisti.
Chi è stato lì, ha visto ogni giorno accadere qualcosa di brutto, e i palestinesi vivono come estranei in casa loro. Ma ci pensate che per spostarsi da una zona all’altra della stessa terra, devono chiedere il permesso al governo israeliano che gli concede una sorta di visto che dura un mese o poco più?  Israele mantiene il controllo primario sui confini, lo spazio aereo, il movimento di persone e merci, la sicurezza e il registro dell’intera popolazione, che a sua volta impone questioni legali, status e idoneità per ricevere carte d’identità.Questo mentre noi con un visto di tre mesi, andiamo in qualunque parte del mondo, come turisti.

Ora la situazione è drammatica. I giornali danno i numeri (dei morti).
E gli appelli, alla fine li fanno i parroci, i volontari, coloro che aprono le parrocchie per chi non ha più una casa.

La patria deve essere per tutti, sennò non vale. 
Mai dalla parte della violenza, ma la conta dei morti pesa sempre da una parte.
Gli israeliani terrorizzati si rifugiano dentro i bunker.
I palestinesi i bunker non li hanno e stanno nelle loro case, gridano “Allah akbar”(Dio è Grande) sperando di non morire.

Tra poco tutto tornerà nel dimenticatoio, ma la gente resterà senza casa, senza figli. Sembrano cose scontate, ma le persone che abitano i social e che sporadicamente guardano i Tg,  non sanno nulla di quel che realmente accade perché la comunicazione da quei luoghi non arriva in maniera idonea rispetto alla realtà. Le scene vere, andrebbero viste in tutto il mondo, non censurate per salvaguardare l’umore del singolo, per non urtarne la suscettibilità. E non solo quelle di quando scoppiano le guerre che fanno saltare all’aria tutto e sono visivamente comprensibili.

C’è anche la questione della mediazione – mi racconta la mia interlocutrice. Senza mediatori, sono abbandonati a se stessi. E non dimentichiamo che in Palestina c’è ancora la pandemia da coronavirus, non è come in Israele che sono tornati alla quasi normalità.
Il virus ha spostato gli occhi del mondo altrove, non certo sulla Palestina, lasciata sola, senza turisti e senza osservatori internazionali che in qualche modo servivano a quella terra a “respirare” e a non restare in balìa degli israeliani … insomma senza testimoni.

Così scrivono da Gaza:

Restare calmi è un atto eroico.
Siamo qui, a ricevere le bombe e assistere alla distruzione. Stiamo qui assistendo a una delle più grandi ingiustizie del mondo, generazione dopo generazione. Non chiediamo la simpatia di nessuno. Vogliamo solo che il mondo ascolti e impari con mente e cuore aperti. Perché coloro che sanno già tutto e hanno il controllo non sono abbastanza coraggiosi da affrontare la verità e fare il cambiamento. La storia sarà comunque scritta. Anche la vita andrà avanti comunque, con o senza di noi.

E per chi avesse dimenticato la realtà, quella che i cronisti non sempre raccontano attraverso immagini, servizi, reportage, è che ad oggi tra il Mar Mediterraneo e il fiume Giordano, in un’area che comprende Israele e il territorio palestinese occupato – quest’ultimo composto dalla Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est  e la Striscia di Gaza – Israele è l’unica potenza di governo. L’obiettivo di mantenere il controllo ebraico israeliano sulla demografia, il potere politico e la terra, ha guidato a lungo la politica del governo.  Ed è nel tentativo di  perseguire questo obiettivo, che le autorità hanno espropriato, confinato, separato con la forza, e soggiogato i palestinesi in virtù della loro identità a vari gradi di intensità.  In alcune aree, queste privazioni sono così gravi da equivalere ai crimini contro l’umanità dell’apartheid e della persecuzione.

Alcune ipotesi dicono che l’occupazione è temporanea, che il “processo di pace” porterà presto la fine agli abusi israeliani, che i palestinesi hanno un controllo significativo sulle loro vite in Cisgiordania e Gaza e che Israele è una democrazia egualitaria all’interno  i suoi confini. 

Ma questa non è la realtà. La realtà è che esiste un radicato dominio discriminatorio di Israele sui palestinesi. 

Scriveva ieri Ibrahim Faltas da Gerusalemme:

Da quando sono iniziati gli scontri a Gerusalemme, alla porta di Damasco e alla spianata delle moschee, la protesta e la violenza si è scatenata tra la popolazione con più di 200 focolai di rivolta tra città e villaggi in tutto il Paese. Stiamo assistendo inermi, ad una violenza inaudita  uomo contro uomo, una violenza che sta esplodendo con tutta la rabbia da entrambi le parti, giovani israeliani e giovani arabi, forse ereditata dal grande fallimento delle risoluzioni applicate nel 1967, e dall’indifferenza della comunità internazionale di trovare una soluzione per il conflitto tra Israele e Palestina, che sembra ormai arrivato ad un tragico bivio: siamo sull’orlo di una guerra civile.
È scoppiato l’ennesimo conflitto in Medio Oriente con tutta la sua inaudita violenza dei bombardamenti tra Gaza e Israele, dove assistiamo inermi alla distruzione di case, di famiglie costrette ad abbandonare tutto, di tanti feriti e morti da entrambi le parti, e in contemporanea scoppia una guerra fatta di parole e notizie, che impatta in maniera altrettanto grave sulla vita delle persone che stanno vivendo questa tragedia […] In Cisgiordania vivono i palestinesi, possono essere cristiani o musulmani, e hanno un passaporto palestinese. A Gerusalemme, oltre ai cittadini israeliani, vivono i palestinesi, che non hanno nessun passaporto: possono avere una carta d’identità di Gerusalemme, se sono arabi del “67, oppure un lasciapassare.  Questo è  il mosaico di una popolazione che vive nello stesso territorio, ma che non ha gli stessi diretti.
Cosa sta accadendo ad Haifa, Nazareth, Ramle, Lod, Cana, Askelon Tel Aviv in Israele, e a Nablus, Bethlemme, Jenin, Betania, Hebron in Palestina, e in tante altre città? E’  scoppiata una vera guerriglia, un Inferno! Auto bruciate, linciaggi, incendi alle abitazioni, alle sinagoghe, ai luoghi di culto, il lancio di sassi sulle auto di passaggio, causando molti morti e feriti gravi. Una vera guerra di violenza tra coloni ebrei e arabi israeliani, nelle città israeliane, e lo stesso avviene nelle zone occupate della Cisgiordania.
La strada, è diventata il teatro di una guerra a colpi di bastoni e di sassi, mentre veniamo informati dettagliatamente delle strategie di guerra tra Hamas e Israele, che hanno già fatto molte vittime, non ci si sta rendendo conto del pericolo che il Paese sta correndo. La gente ha paura a uscire di casa, per timore di subire violenze, perché sei arabo, o se sei ebreo, rischi anche di morire!
Non è una guerra solo tra Israele e Hamas, come è stato nelle precedenti Intifada tra Israele e Cisgiordania, dove le parti possono decidere di cessare il fuoco e trovare un accordo.
Qui siamo di fronte a una popolazione inferocita, da entrambi le parti, che sta cercando di farsi giustizia da sola, e dove non c’è nessun interlocutore.
Faccio un appello a tutti i capi di stato, di invitare a far cessare il fuoco tra Hamas e Israele, e di intervenire con rapidità a riportare l’ordine nelle strade e nella popolazione ormai sfiduciata da lunghi anni di conflitto. 

E adesso con le bombe di Israele su Gaza che hanno distrutto il grattacielo sede di Al Jazeera, la dittatura vuole mettere a tacere tutto, anche ciò che il mondo deve sapere. Nessuno è al sicuro in quella terra.

Basta guerra.
La patria deve essere per tutti, sennò non vale.

Simona Stammelluti 

 

Stessi anni, stessa cicatrice sotto l’occhio, stesso nome e una notevole somiglianza. Ma la ragazza rumena che vive in Calabria, sulla quale erano in corso accertamenti, perché segnalate da due parrucchiere di Scalea, non è Denise Pipitone.

Almeno così dichiara la stessa ragazza ai microfoni di Mediaset.

“Nono sono Denise, se lo fossi stata sarei andata ad abbracciare mia madre”.

La ragazza però si è detta disposta a sottoporsi agli esami del Dna ma dice: “sarebbe solo una perdita di tempo”.

Poi alle telecamere il suo certificato di nascita con data e i nomi dei suoni genitori.
Nata nel 2002 in Romania vive dal 2009 in Italia. La cicatrice dice di essersela procurata da piccolissima per un incidente con un cavallo.
Lancia un messaggio per Piera Maggio: “non smetta di cercare la sua Denise”.

Svanisce la speranza nel giro di poche ore.

Ma le indagini della procura proseguono.

Violazioni alla normativa tributaria per circa 600 milioni di euro sono state accertate dai Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza nei confronti di una società di Catania, che opera nel settore delle scommesse on line, nel corso di un’indagine che ha portato alla denuncia di due persone per omessa dichiarazione delle imposte sui redditi.
Gli accertamenti hanno riguardato gli anni d’imposta dal 2013 al 2016 e sono stati sviluppati a partire dall’operazione “Doppio gioco” che ha portato, nel febbraio scorso, all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare – disposta dal Gip del Tribunale di Catania, su richiesta della locale Procura – nei confronti di 23 indagati, a vario titolo, per esercizio abusivo di gioco e scommesse, truffa aggravata, autoriciclaggio, condotte aggravate dalla finalità di favorire gli interessi del clan mafioso “Santapaola-Ercolano”, e al sequestro di circa 80 milioni di euro.

L’attività di verifica fiscale ha riguardato una società di diritto maltese che curava, senza autorizzazione, le attività di raccolta delle scommesse, offrendo una vasta gamma di prodotti “on-line”, fra cui scommesse sportive, giochi virtuali, poker live e sale da poker, giochi di abilità, 500 giochi di casinò e 4 casinò dal vivo. Gli investigatori hanno accertato che la operatività della società, curata da due imprenditori catanesi, era in realtà tutta incentrata sul territorio nazionale e, in particolar modo, a Catania, dove è stata accertata la maggiore raccolta di giocate.
Di conseguenza, è stato ricostruito l’intero volume delle puntate, raccolte in Italia grazie a “centri scommesse”, che – seppur formalmente costituiti come ditte individuali – agivano sotto la direzione dei due imprenditori. Gli ingenti profitti venivano poi fatti affluire nei conti della società maltese e, da lì, ulteriormente riciclati nell’acquisito di terreni, fabbricati, società in Italia e in Germania. I due imprenditori – già in carcere per l’operazione “Doppio Gioco” – sono così stati denunciati all’autorità giudiziaria anche per reati tributari. Inoltre, gli accertamenti della Guardia di finanza di Catania hanno consentito di appurare che, nello stesso periodo, la società ha omesso la dichiarazione dell’imposta sulle scommesse per un importo di circa 30 milioni di euro. (ANSA)

Erano fratelli in musica, separati dal colore della pelle.
La breve partnership durata nove mesi tra i due, ha prodotto uno dei più sublimi dischi jazz mai registrati.
Senza la miscela unica delle loro diverse sensibilità, forse un tale capolavoro non sarebbe stato possibile.
Davis soprannominò Evans “Moe”, un nome “abbottonato” che si adattava all’aspetto serio e riservato di Evans.
Era il 1958, Davis aveva appena reclutato Bill Evans per il suo sestetto di fuoco e iniziò così quell’avventura, che fu quasi una svolta.
Dopo anni di persecuzioni razziali, il trombettista, nero, si trovò a guidare una delle jazz band più famose al mondo con un sideman, bianco.
Miles si era già relazionato con altri jazzisti bianchi in altre situazioni, ma mai si era raggiunto un profilo così altro, come il gruppo del ’58 con John Coltrane, Cannonball Adderley, Paul Chambers e Jimmy Cobb ed Evans che era una minoranza, e Miles non smetteva di ricordarglielo.
Adderley riferì che Miles era solito scherzare con lui, lo chiamava semplicemente “whitey”, a volte lo prendeva in giro, ma aveva grande rispetto del suo modo di fare musica.
Davis ed Evans erano vicini, complici e musicalmente Davis era più in sintonia con il suo “nuovo pianista” che con chiunque altro, in quel leggendario sestetto.
Entrambi parlando così tanto con così poco, usando i loro rispettivi strumenti per fondere i loro stili distintivi.
Fragilità, delicatezza e quella capacità di Evans di usare “morbido”, il pedale del pianoforte.
Entrambi erano “esploratori” immersi nella tradizione jazzistica, eppure attingevano alla musica classica e mondiale, sempre alla ricerca di una maggiore libertà di espressione e spontaneità in una musica che Miles descriveva come troppo pieno di cliché.
La loro collaborazione ha superato di gran lunga il paradigma leader-sideman. Evans influenzò la visione di Davis e riuscì a guidare anche il suo gusto.
“Ho pianificato quell’album attorno al pianoforte di Bill Evans” – aveva ammesso Davis nel 1989.
Fu come se fossero “cresciuti insieme”, malgrado i loro vissuti così diversi.
Davis si sentiva forte quanto c’era Evans, con il quale aveva sperimentato il jazz modale.
Il dialogo Davis / Evans non finì mai.
Miles disse che Evans era colui che gli aveva aperto le porte, musicalmente, e che era speciale, per lui.
Le poche immagini che catturano Miles e Bill fianco a fianco, cosi diversi in aspetto e stile, eppure così a loro agio, sembrano da sempre, sfidare il tempo
Buon #internationaljazzday a tutti
Simona Stammelluti 

 

Altro che meccatronica!

Don Totò Vullo (il Don è d’obbligo) veterano dei meccanici di altri tempi di tutta la provincia di Agrigento, nel lontano 1957, aveva acquistato una Fiat 600 a benzina. Quella macchina era stata la felicità di un giovanotto che con tanti sacrifici era riuscito a comperarla.

Gli anni ovviamente passano per tutti, così come per quella Fiat 600 che nel corso degli anni – è stiamo parlando di 30, 40, 50 anni – si è sgretolata in ogni sua parte.

Don Totò nonostante avesse accantonato quella macchina come se fosse un rottame, non resisteva all’idea di poterle dare una nuova vita. E passa un giorno, una settimana, un mese, sei mesi che Don Totò decide il tutto: “Questa macchina deve ritornare nel suo splendore iniziale “.

E così pezzo dopo pezzo, bullone dopo bullone, viti dopo viti, ha iniziato a recuperare tutto il materiale logistico per far ripartire quell’auto; i pezzi sono arrivati dalla Campania, in quanto dalle nostre parti era impossibile trovarne di adeguati.

Don Totò si è messo di buona lena ed ha iniziato pezzo dopo pezzo a ridare vita a quella autovettura. Non poteva tollerare che quel cimelio degli anni ’50 potesse fare una mesta fine.

Don Totò oggi ha realizzato il suo sogno, dopo aver montato ogni pezzo nel suo posto giusto e dopo aver recuperato tutta la carrozzeria ridotta come si può facilmente immaginare ad una lacerazione quasi totale, ha ridato vita alla mitica Fiat 600 benzina, considerata oggi un’auto d’epoca.

La macchina oggi viaggia in modo esemplare e soprattutto nei giorni festivi la si può vedere circolare in città con tanto di rombo procurato da una doppia marmitta abarth.

Al maestro Don Totò non ci resta che fare i complimenti per essere riuscito a ridare vita ad un ammasso di ferro pronto per la demolizione.

Vederlo guidare alla veneranda età di 82 anni, è un vero piacere, ma soprattutto gli si legge negli occhi la sua gioia per poter guidare un’autovettura che nel lontano 1957 era un sogno soltanto per pochi intimi.

Complimenti Don Totò!

Due le produzioni teatrali venete in programma al Campania Teatro Festival diretto da Ruggero Cappuccio. In debutto il 13 e il 14 giugno a Napoli, alla Manifattura della Porcellana a Capodimonte, nella Sezione Prosa nazionale, lo spettacolo “Baciami”, “ispiratissimo” alle opere della scrittrice Clarice Lispector. Regia, scena, luce e interpretazione di Patricia Zanco con Daniela Mattiuzzi. Prodotto da La Piccionaia di Vicenza, in collaborazione con il Teatro Stabile del Veneto. La storia ha luogo in uno stato di emergenza e di calamità pubblica in cui l’attrice si colloca dentro il testo di Lispector e dà voce a quelle “bocche balbettanti” che non riescono a protestare per la loro condizione di miseria e di abbandono. Sospeso tra la lotta vitale e il compimento del destino, il racconto assumerà le forme di un funambolesco, disperato ma ironico tentativo di collegare i fatti che accadono a quel sentire profondo che dà senso alla vita. Un estremo tributo all’immaginazione dove ognuno è lo specchio segreto di chi gli sta di fronte, è il teatro. In cantiere il progetto sonoro con Andrea Cera, Gabriele Grotto e il Dipartimento di Musica Contemporanea e Nuove Tecnologie del Conservatorio “Arrigo Pedrollo” di Vicenza.

 

È originario, invece, di Rovigo il Teatro del Lemming che arriva al Festival l’8 e il 9 luglio con “Metamorfosi – di forme mutate”, in scena per la Sezione Progetti Speciali nello spazio del Cisternone del Real Bosco di Capodimonte. Diretta dal suo fondatore Massimo Munaro, la Compagnia – tra i più noti gruppi teatrali di ricerca in Italia per una poetica incentrata sulla relazione con lo spettatore – propone per ogni partecipante un’immersione intima e personale nello spazio del rito, del mito e del ricordo. Liberamente ispirato alle Metamorfosi di Ovidio, autore su cui il gruppo aveva già lavorato conducendo proprio al Napoli Teatro Festival il laboratorio “I cinque sensi dello spettatore” nel 2019, insieme a frammenti poetici di Bino Rebellato, Nina Nasilli e Munaro stesso, il lavoro propone anche una possibile via d’accesso ad un altro livello di realtà, dove siamo posti all’incrocio fra il mondo dei vivi e il mondo dei morti. Quasi un percorso labirintico nella memoria in cui la distanza attore-spettatore, dovuta ai protocolli di sicurezza anti-Covid, mima la distanza che ci separa da ciò che è stato e che non tornerà più. Nell’epoca del distanziamento sociale e del consumo ossessivo di immagini standardizzate, il tentativo è quello di costruire uno spazio misterico, nel quale opporre al fragore dei media il silenzio di un incontro tra semplici esseri umani. Gli interpreti sono Alessio Papa, Diana Ferrantini, Fiorella Tommasini, Katia Raguso, Marina Carluccio.