Simona Stammelluti, Autore presso Sicilia 24h - Pagina 17 di 94
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in attesa di vedere sul palco questa sera Drusilla Foer e archiviate le polemiche su Achille Lauro circa il gesto che mimava il battesimo –  difeso da Carmelo La Magra, l’ex parroco di Lampedusa, che spiega come nessun messaggio blasfemo vi era in quella performance puramente artistica –  la seconda serata del Festival di Sanremo 2022 parte con un saluto per Monica Vitti venuta a mancare proprio ieri.
Grande commozione per una artista che pochi rivali ha avuto per la sua bravura ma anche per il suo essere originale e mai omologata.
La co-conduzione ieri sera è spettata a Lorella Cesarini, attrice senegalese che ha intrattenuto subito sull’inizio di serata con un monologo circa gli attacchi razzisti ricevuti all’indomani della notizia della sua partecipazione al Festival. La giovane attrice nera, ha mosso tanta tenerezza, ma a mio avviso avrebbe dovuto essere in grado di trattenere le emozioni; si fa così quando di parla in pubblico e soprattutto mi aspetto molto self control da un’attrice. Sanremo è Sanremo se si canta, ed anche lei si improvvisa durante la kermesse con “non amarmi” che dice essere la canzone sanremese alla quale è più affezionata.

Poi si entra nel vivo della gara, che ieri sera – malgrado gli ascolti stellari –  è stata un bel po’ sotto tono, e le 13 esibizioni sembravano infinite e della serata di ieri se ne salvavano davvero poche. È continuata la carrellata di nomi semisconosciuti e di outfit improponibili, fatto salvo quello di Emma che – a parte le calze a rete – era davvero deliziosa in quell’abito nero di velluto e quel caschetto biondo corto e perfetto. Anche la canzone “ogni volta è così” è ben costruita per quel palco e per i passaggi radiofonici che nelle scorse ore hanno premiato La rappresentante di Lista. Emma,  3a nella classifica parziale e sesta in quella generale, è dietro a Elisa, che incanta tutti con “E forse sei tu”. Eterea, senza tempo, quasi impalpabile, che plana piano sulle emozioni,  vestita di bianco, sembra tornare indietro a 21 anni fa, quando vinse Sanremo senza tornarci più e ieri sera svettava in alto al primo posto nella classifica della sala stampa, che nella classifica provvisoria premia anche Ditonellapiaga che canta con Rettore “Chimica”.

Molto poco altro da attenzionare se non il testo della canzone di Giovanni Truppi, uscito sul palco in canotta e chitarra, “Tuo padre, mia madre, Lucia” e quello del duo Highsnob & Hu, “Abbi cura di te”. Mi convinco sempre di più che manchino in Italia parolieri e che chi scrive invece, scrive male e banalmente, sinonimo del fatto che i giovani non leggono, non hanno accesso proprio al mondo della parola e dunque si finisce per subirsi testi che hanno un contenuto misero e una forma troppo informale. Anche l’amore è cantato banalmente e tocca rifugiarsi in Tenco per trovare pace.

Bocciati Le vibrazioni, Tanatai, Aka7ven. Iva Zanicchi ferma al tempo che fu, Irama non convince perché non ha una identità ancora, non si capisce se vuole assomigliare a Bon Jovi o a Grignani,  Sangiovanni è proprio figlio di Maria (De Filippi) e Moro … Moro che sembra aver rubato per davvero la canzone alla Mannoia (Che sia benedetta).

Torna sul palco come ospite Laura Pausini, con la sua nuova canzone Scatola, un salto nei ricordi – dice lei – e tanta banalità – dico io.
Vuole continuare a sembrare la ragazzina che vinse Sanremo una vita fa, vuole spiegare il gioco delle metafore, come se si stesse all’asilo e si interroga su cosa sarebbe stata se non avesse vinto quella prestigiosa gara canora. Una domanda che – udite udite – ha ispirato anche un film Piacere di conoscerti (in uscita ad aprile)  Poi canta con Mika e Alessandro Cattelan confermando che saranno loro tre a condurre la prossima edizione dell’Eurovision, a Maggio a Torino.

Protagonista indubbio della serata, Checco Zalone che ha tenuto banco, tra parodie sui virologi prendendo in prestito movenze e voce di Albano Carrisi, facendo il verso ai rapper “finti depressi” e difendendo la comunità lgbtq con una  “favola scorretta” ambientata in Calabria, che tratta di terroni e di un trans brasiliano, che viene invitato al ballo di corte, si innamora del principe figlio di un re omofobo ma che alla fine è “cliente affezionato” di Oreste. La comicità messa al servizio delle problematiche sociali è un segno di grande intelligenza e Checco Zalone ieri sera ha dato fastidio a più di qualcuno.
Simpatico pugliese che è anche showman, attore, cabarettista, imitatore, cantautore, musicista, sceneggiatore e regista, che prende in giro Amadeus dicendogli che grazie a lui, tutti gli italiani si sentono più intelligenti.

Simpatici i ragazzi in gara che danno direttive sul Fantasanremo.

Chiudo dicendo che c’è stato ieri sera un gesto che probabilmente è passato inosservato ai più ma che a me ha fatto riflettere e che ho apprezzato: Francesca Michielin che ha diretto l’orchestra durante l’esibisione di Emma, ha donato il suo mazzo di fiori dicevuto da Amadesu al primo violino. Uomo. Meditate gente, meditate.

Partita la lunga kermesse musicale che come tutti gli anni tieni svariati milioni di italiani attaccati alla tv fino a notte fonda.

Amadeus, che si riconferma alla conduzione per la terza edizione consecutiva, si mostra presentatore e direttore artistico capace di gestire al meglio le vicissitudini che si alternano sul palco, ad incominciare da una impacciata Ornella Muti che salta fuori dal passato remoto e che un bel po’ “tirata a lucido” sembra dover costantemente combattere non si sa che timidezza. È stata lei la prima delle co-conduttrici che accompagneranno Amadeus nella galoppata musicale che ci condurrà a conoscere, solo sabato sera, il vincitore della 72esima edizione del Festival della Canzone Italiana. La Muti che poi, in serata inoltrata, si intrattiene con Amadeus, facendo una carrellata della sua carriera.

Mattatore indiscusso Fiorello che non lascia di pescare battute nell’ambito pandemia, ma sa sempre come intrattenere un po’ stile villaggio turistico, un po’ karaoke. E come sempre vince quando canta, ed anche ieri sera il medley rivisitato delle più famose canzoni sanremesi, ha permesso che tutto fosse per come ce lo si aspettasse.

12 i cantanti in gara nella prima serata. Stasera ci toccheranno gli altri 13.

Come sempre più spesso accade nomi poco conosciuti ai più piombano sul prestigioso palco sanremese, facendo inevitabilmente parlare di sé. In gara Dargen D’Amico, Rkomi, e Ana Mena una giovane improponibile, con una canzone maldestra (duecentomila lire) che ricordava però “amami ancora” della Nannini. Tra i semisconosciuti non male la canzone di Yuman “ora e qui” che promette sicuramente tanti passaggi alla radio. Tra i conosciuti invece, bene, Noemi, Mahmood con Blanco e il coro Gospel che accompagna Achille Lauro che apre il festival esibendosi per primo, e che non sembra essersi sforzato poi troppo alla ricerca del pezzo per Sanremo. Diciamo che vive un po’ di rendita e ci propina una sorta di rivisitazione di Rolls Royce, senza però l’effetto novità. Certo, a torso nudo è molto più elegante lui di Giusy Ferreri a cui non basta quella voce gracchiante e che ha pensato bene di imbracciare un megafono in inizio di canzone.

Elegantissima (e magrissima) invece Noemi, che però sbaglia il colore dell’abito che non si adatta al suo incarnato e meno ancora ai suoi capelli rosso carota.

Il “ciao ciao” de La rappresentate di Lista già la canticchiamo e sarà il tormentone nei villaggi. Non convince Michele Bravi – ma forse la sua “inverno dei fiori” dovremo riascoltarla, per capirci qualcosa.

Gianni Morandi, simpatico come sempre, sembra rimasto a “fatti mandare dalla mamma”, considerato che “apri tutte le porte” ha pressoché lo stesso giro armonico e lo stesso tempo.

L’attenzione e qualche parola in più va spesa per Massimo Ranieri che ha portato a Sanremo un vero capolavoro, una canzone che è una poesia, “lettera al di là del mare” che probabilmente non sarebbe dovuta essere in gara ma solo ascoltata come dono al pubblico. Lo scivolone dell’artista che dopo una partenza ottima, si perde sulle note alte, steccando nella parte in cui il pezzo si apre e l’orchestra incalza, vorremo perdonarglielo. Non sappiamo se è stato un problema tecnico o solo di tecnica, ma sappiamo che Ranieri resta un grande artista.

Ma tutta la prima serata la ricorderemo per la bellezza, la presenza scenica e la commozione dei Mäneskin che dalla loro vittoria a Sanremo dello scorso anno, hanno scalato l’Olimpo, hanno vinto tutto quello che a livello europeo si potesse vincere, hanno conquistato l’America e tornano su quel palco con la disinvoltura di sempre, ma senza tracotanza. Tornano con la loro personalità ed anche con qualcosa in più: la capacità di rendere tutto magico. E così dopo la prima esibizione intorno alle 22 con “zitti e buoni” pezzo con il quale hanno trionfato lo scorso anno, tornano che è quasi notte, con “Coraline”, una sorta di fiaba, ma senza lieto fine, la storia di una ragazzina che non trova il suo posto nel mondo. Una ballad rock che fa calare la magia sull’Ariston e a casa, capace di coinvolgere tutto in un pathos fuori dal comune. Alla fine dell’esibizione (e ricordiamo che Damiano David, il frontman del gruppo, non sbaglia una nota e che insieme al gruppo ha venduto 40 milioni di dischi in 11 mesi) il leader del gruppo, davanti ad un teatro in piedi che applaude si mostra in tutta la sua commozione, mentre Amadeus l’abbraccia.

Il resto della serata è pubblicità alla rete Rai, con Raul Bova che con Nino Frassica annuncia il nuovo Don Matteo, Claudio Gioè che pubblicizza Makari 2 e poi il tennista Berrettini in arrivo dagli Australian Open.

La classifica provvisoria della sala stampa all’una di notte circa i primi 12 cantanti in gara premia Mahmood e Blanco con “Brividi” al primo posto, e a seguire La Rappresentante di lista con “Ciao Ciao” Dargen D’amico con “Dove si balla” Gianni Morandi con “Apri tutte le porte” Massimo Ranieri con “Lettera al di là del mare” Noemi con “Ti amo non lo so dire” Michele Bravi con “Inverno dei fiori”. Chiude Ana Mena con “Duecentomila ore”.

Orchestra impeccabile come sempre.

Colapesce e Dimartino si esibiscono durante un collegamento con la nave Costa Toscana, condotto da Orietta Berti e Fabio Rovazzi.

A stasera.

E finalmente!

E finalmente abbiamo abbandonato quello stereotipo di “vallette” che per decenni si sono avvicendate sul famoso parco dell’Ariston per il famosissimo Festival della Canzone Italiana.

Ci sono volute ben 72 edizioni per avere l’onore di vedere su quel palco un personaggio eclettico, carismatico, audace al punto giusto come Drusilla Foer,eleganzissima” e accativante, che sarà al fianco di Amadeus nella terza serata della kermesse.

Drusilla Foer, al secolo Gianluca Gori, classe 1967, non è un “travestito” e neanche una drag queen.
Si definisce “travesti” o “en travesti”, alla francese, ossia un personaggio che in un’opera teatrale o lirica viene interpretato da un attore o cantante di sesso opposto. In Italia questo genere è diffuso fin dall’800 sia nelle opere liriche che nel teatro che nel cinema.

Nobildonna, la definiscono in tanti.
E poi ancora icona di stile.
La stampa la adora.
È attrice, ballerina, attrice, cantante.
È ironica, brillante, anticonformista, ribelle e dannatamente irresistibile.
È eleganzissima, così come le suggerì una bambina sua fan, che le scrisse una lettera dicendo che da grande voleva essere proprio come lei: “elegan-zissima”.

Dietro quel personaggio c’è tanta arte e tanto talento, compreso quello della fotografia e della drammaturgia.

Insomma, alla eccentrica signora borghese di 54 anni, non manca proprio nulla e la sua presenza sul palco dell’Ariston non sarà solo rivoluzionaria, ma riempirà quel palco con il suo spirito libero e il suo pensare assolutamente fuori da ogni stereotipo.

Un successo cresciuto in maniera esponenziale dal teatro a fenomeno del web, poi è arrivato il cinema e la televisione; eppure nessuno si interessa più di tanto alla sua vera vita. Interessa più la sua vita da vedova che è stata sposata con un texano, che poi l’avrebbe tradita.
È questa la magia di Drusilla Foer.

Sul palco dell’Ariston non indosserà nessun abito griffato. A realizzare i suoi due abiti per la terza serata della kermesse, sarebbe stata la sua sarta fiorentina di sempre, Rina Milano. Qualunque abito si abbinerà alla perfezione con il suo biondo platino, portato con estrema disinvoltura. E ovviamente, nessuna parrucca.

Aspettiamo Drusilla Foer, per godere a pieno di quel suo essere una “irresistibile soubrette”.

 

Si è dato alle fiamme questa mattina davanti alla caserma dei Carabinieri di Rende in provincia di Cosenza ed è stato poi trasportato di urgenza presso il centro grandi ustioni di Napoli. L’uomo di 33 anni cosentino, lavora come docente in Lombardia, subito soccorso dai Carabinieri che indagano sul perché del folle gesto e dai dipendenti di un negozio di gomme che hanno usato repentinamente gli estintori in dotazione.

L’uomo era sceso dalla sua utilitaria con in mano una tanica di benzina, e si era avviato verso l’ingresso della caserma.

Si ipotizza che il gesto estremo sia dovuto ad una sospensione dalla professione in merito ai provvedimenti emanati circa l’obbligo vaccinale.

Il video

 

 

Agli occhi del mondo l’Italia resta la nazione stabile e credibile, che rispetterà gli impegni e che saprà arrivare ordinatamente alla fine della legislatura

Erano mesi che il presidente Mattarella continuava a ripetere che non voleva correre il rischio di ricoprire nuovamente il ruolo al Quirinale, perché per sé, giustamente, aveva altri progetti. Ed invece si è trovato a dire nuovamente sì, con grande spirito di responsabilità di fronte al paese e perché a chiederglielo, dopo una settimana di nulla di fatto, è stato Mario Draghi, prima ancora che lo facessero i leader di partito. Draghi che rispose di sì alla chiamata di Mattarella quando fu necessario prendere il comando a Palazzo Chigi.

Questa settimana appena trascorsa ha senza dubbio sottolineato quanta crisi nella politica italiana ci sia, quanti pastrocchi sono in grado di fare persone che dovrebbero invece avere cultura, competenza e capacità strategiche per ottemperare a scelte che sono indispensabili per il buon prosieguo della democrazia.

È stata una pagina indegna e per nulla edificante per la classe politica italiana, quella che si è consumata in questo delicato momento di scelta, ma si deve guardare avanti e governare al meglio fino al 2023.

Le figure carismatiche e competenti per ricoprire il ruolo c’erano, si sarebbe potuto andare in altre direzioni. Ma la verità è che non ce ne sono così tante da poter avere una rosa ampia su cui scegliere e questo è significativo anche di come negli ultimi decenni stia scendendo la qualità nel mondo politico.

Ma se la politica è colpevole di questo momento disdicevole, va specificato che non tutti i paratiti e i leader politici hanno uguali colpe. Certo non si può non sottolineare il fallimento eclatante delle destre, che sono partiti dalla candidatura improponibile di Silvio Berlusconi, per poi mandare allo sbaraglio la Casellati, seconda carica più importante dello Stato, che si era prestata certo, ma che poi è stata tradirla di suoi, mentre le avevano fatto credere che avrebbe potuto farcela, quando si sapeva bene che non ci sarebbero stati i numeri, al netto dei franchi tiratori.

Per poi ancora bruciare il nome di Elisabetta Belloni, capo dei servizi segreti, persona seria e ben vista da tutti, soprattutto da chi con lei ha avuto l’opportunità di lavorare.

E non ci dimentichiamo quante critiche Salvini ha mosso a Mattarella durante il suo primo mandato, per poi alla fine chiedergli di accettare il secondo incarico.

E la spaccatura totale tombale arriva con Fratelli D’Italia, partito che si dissocia da tutto e tutti, che vuole rifondare la destra, che non si lascia convincere e vota ancora anche nell’ultima votazione l’uomo di bandiera ossia Nordio.

La destra li aveva i numeri per influenzare la scelta, ma non avendo capacità politica sono riusciti a sbagliare davvero tutto.

Anche dall’altra parte sono stati commessi degli errori, sia chiaro. Ma sicuramente abbiamo visto un Renzi coerente e un Letta che ha capito prima degli altri che la via d’uscita era sempre più stretta.

Una crisi è evidente anche nel M5S che è praticamente imploso, perché due leader in un partito, uno formale e l’altro di facciata, non possono stare, come non possono stare due galli in un pollaio.

Il paese perché alla fine vince, vince in credibilità e in stabilità.
Ci sono molte cose da fare dino al 2023 e solo la coppia Draghi Mattarella potrà portare la nave in porto.

Cosa sarà mai questo effetto nocebo che gli studiosi hanno verificato esserci nel 76% delle COMUNI reazioni avverse, riferite da utenti soggetti a regolare vaccinazione anticovid?

Prima della inoculazione del vaccino alla popolazione, durante i regolari test di studio, alcuni ricercatori e precisamente quelli della Beth Israel Deaconess Medical Center di Boston, hanno analizzato gli eventi avversi sia nei soggetti che avevano avuto inoculato il vaccino, sia in coloro che avevano ricevuto solo il placebo, ossia soluzione fisiologica senza esserne a conoscenza.

Ebbene, più del 35% di coloro che erano stati vaccinati con il placebo, lamentavano i comuni sintomi post vaccino e cioè astenia, mal di testa, e il 16% dolore, gonfiore e arrossamento nel punto di inoculazione. Gli studiosi hanno quindi calcolato che circa i due terzi degli effetti collaterali comuni riportati negli studi sui vaccini sono collegati all’effetto nocebo, ossia effetti uguali a quelli che possono insorgere con la somministrazione del vaccino, senza però averlo ricevuto e quindi effetti collaterali associati a una sostanza che non è in grado di produrre conseguenze.

La normale conseguenza a questo genere di effetto collaterale resta dunque ancora una volta l’ansia.

Su qualunque foglietto di istruzione di medicinali da banco e facilmente reperibili anche per l’automedicazione, troviamo sempre come reazioni avverse almeno “mal di testa e affaticamento” che molto spesso si avvertono. Pertanto questo lascia pensare che avere informazioni circa gli effetti collaterali possibili, possano spingere i soggetti ad attribuire erroneamente al vaccino, disturbi comuni e di conseguenza valutare in maniera sbagliata le proprie condizioni.

Ma non sarà certo l’effetto ansia a indurre gli scienziati a dare meno informazioni sugli effetti collaterali, perché l’onestà soprattutto sulla questione salute è fondamentale ed imprescindibile.

Certo è che può capitare di avere mal di testa o sentirsi stanchi, a prescindere se ci si è sottoposti o meno alla somministrazione del vaccino anti-covid. Meno stress, meno ansia e dosi di buonsenso, potrebbero evitare la compromissione del nostro stato fisico.

I lavoratori della Clinica Santa Lucia di Cosenza, scrivono una lettera al Presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto evidenziando le problematiche reali che si stanno verificando e che mettono in pericolo i posti di lavoro, dopo due anni di soprusi e di diritti negati

 

 

Signor Presidente, siamo tutti dipendenti della Santa Lucia, Casa di cura oculistica in Cosenza. Lavoriamo da anni in questa struttura e possiamo testimoniare come operi in totale trasparenza non solo nel rispetto dei pazienti ma anche dei diritti dei lavoratori, sotto tutti i profili.-
Da febbraio 2020 aspettiamo che la Regione Calabria si determini – come è suo dovere – sul rinnovo dell’accreditamento che compete alla S. Lucia, o, nelle more, sulla proroga di quello di cui è titolare sin dal 1995.-
La S. Lucia ha superato tutte le verifiche ed i controlli e le ispezioni in ordine al possesso ed alla permanenza dei requisiti; ha ottenuto il verbale positivo del cosiddetto “organismo tecnicamente accreditante” che è stato recepito in delibera dell’ASP di Cosenza in data 13.1.20 con il n. 82 e trasmessa ai competenti uffici regionali in data 15.1.20.-
La Regione Calabria – rispettando la prescrizione emanata dalla medesima Regione – avrebbe dovuto completare l’iter e definirlo con un provvedimento di accreditamento entro il 31.3.2020.-
Ciò non è avvenuto ma quello che è incredibile, ingiusto ed inaccettabile è che, a causa di questa omissione regionale da quel momento l’attività della Casa di cura è stata sospesa per la mancanza dell’accreditamento. –
Abbiamo pensato che fosse un problema burocratico di pochi giorni ma così non è stato.- Abbiamo rivolto appelli diretti ai dirigenti che si sono succeduti: Biamonte, Palumbo, Longo, Bevere, Cotticelli ed altri. Tutti – proprio tutti – ci hanno sempre detto che la S. Lucia non aveva alcun problema e che la questione doveva ritenersi risolta.-
Nessuno ha mai – proprio mai – sollevato alcun problema o segnalato alcuna criticità sotto nessun profilo.-
Eppure, a distanza di due anni siamo ancora qui a chiedere come mai non abbiamo ancora il provvedimento di accreditamento. Una situazione precaria incredibile che dura da due annie ci ha messo in stato di ansietà per il nostro futuro, oltre a costringere migliaia di pazienti calabresi, che costantemente si rivolgevano alla S. Lucia, ad andare a curarsi fuori regione.-

La Società S. Lucia per due anni si è fatta carico del problema assicurando il rispetto dei nostri diritti pur senza poter svolgere alcuna attività. Ora siamo al capolinea.- E’ questione di ore.
Se chiude la S. Lucia noi perdiamo il lavoro e le nostre famiglie la fonte della loro dignitosa sopravvivenza. –
Signor Presidente, Lei ha più volte dichiarato che questioni come questa sarebbero state risolte con immediatezza dal suo governo.-
Ora Lei è anche Commissario alla Sanità e noi Le chiediamo di intervenire presso gli uffici competenti, presso i dirigenti da Lei nominati per definire subito la procedura e consentirci di lavorare.-
Lei ha sempre detto che il lavoro è la priorità da assicurare nella nostra terra. Lavoro onesto, pulito, trasparente. Noi eravamo in questa situazione e non vorremmo perderla.-
Dipende tutto da Lei, signor Presidente. Noi non ce la facciamo più siamo pronti a forme di protesta estrema, ma confidiamo che un Suo intervento diretto ci metta in condizioni di credere ancora che le Istituzioni sono vicine ai cittadini per bene

Livia Sassoli commossa e vestita di azzurro e compostezza, dote che apparteneva anche a suo papà David, legge durante il funerale di Stato  il contenuto di un messaggio, uno degli ultimi del Presidente del Parlamento Europeo

 

Abbiamo costruito una nuova solidarietà perché nessuno è al sicuro da solo. 
Abbiamo visto nuovi muri e i nostri confini in alcuni casi sono diventati confini tra morale e immorale, tra umanità e disumanità, muri eretti contro persone che chiedono riparo dal freddo, dalla fame, dalla guerra, dalla povertà.  Abbiamo lottato accanto a chi chiede più democrazia, più libertà, accanto alle donne che chiedono diritti e tutele. A chi chiede di proteggere il proprio pensiero, accanto a coloro che continuano a chiedere un’informazione libera e indipendente. Abbiamo finalmente realizzato, dopo anni di crudele egoismo, che la disuguaglianza non è più né tollerabile, né accettabile e che vivere nella precarietà non è umano e che la povertà è una realtà che non va nascosta ma che deve essere combattuta e sconfitta. Il dovere delle istituzioni europee di proteggere il più debole e di abbandonare l’indifferenza, è la nostra sfida, quella dei un mondo nuovo che rispetta le persone, la natura e crede in una nuova economia basata non solo sul profitto di pochi ,a sul benessere di tutti.

Il periodo del Natale è il periodo della nascita della speranza e la speranza siamo noi quando non chiudiamo gli occhi davanti a chi ha bisogno, quando non alziamo muri ai nostri confini, quando combattiamo ogni forma di ingiustizia.

Auguri a noi e auguri alla nostra speranza. Grazie papà, buona strada. 

 

E poi la moglie di Sassoli, Alessandra Vittorini, anch’essa commossa nel silenzio che regnava, ha parlato al suo adorato marito, conosciuto sui banchi di scuola, con il quale aveva costruito una famiglia. E poi racconta di come abbiano sempre dovuto dividerlo con il lavoro, con la politica, e con le tue passioni. “Ma sapevi che eravamo sempre con te” – dice.
C’erano ancora tanti progetti, che avrebbero voluto realizzare insieme, e lui è andato via troppo presto.
Ma poi aggiunge: ” c’è sempre stato tanto amore e l’amore non si divide, ma si moltiplica”.  

Come passa in fretta il tempo.
Un po’ meno per chi come l’ex comandante della Costa Concordia, Francesco Schettino sta scontando a Rebibbia la condanna a 16 anni per naufragio colposo, omicidio colposo plurimo, lesioni colpose, abbandono della nave e di persone incapaci.

Nel naufragio della nave di Costa Concordia, avvenuto la sera del 13 gennaio di 1o anni fa al largo dell’Isola del Giglio, quando la nave si avvicinò troppo per fare il cosiddetto “inchino” urtando contro gli scogli delle Scole, persero la vita 32 persone. Ad oggi a pagare per quel disastro – che secondo gli esperti ha molte cose in comune con quello del Titanic avvenuto cento anni prima – è solo il comandante Schettino che l’opinione pubblica ricorda come colui che fu redarguito dal capitano di fregata De Falco della capitaneria di porto di Livorno, mentre lo minacciava di fargli passare un guaio se non fosse tornato a bordo. Schettino, da detenuto modello, che in carcere sta studiando comunicazione e giornalismo, il guaio lo ha passato per davvero. Ci furono altre colpe, incomprensioni, 13 secondi di errori che poi resero la situazione irrimediabile. C’erano i responsabili dell’unità di crisi della Costa Crociere.

Quasi tutte le risposte erano nella scatola nera.

A distanza di 1o anni, tra superstizioni circa il numero 13 nemico della navigazione e le dichiarazioni che ancora oggi giocano a screditare più di qualcuno, sono molto significative le testimonianze dei testimoni, dei sopravvissuti che ancora hanno negli occhi e nelle orecchie i ricordi di quella che sarebbe dovuta essere una vacanza ed invece è stato un inferno di dolore e paura e perdite.

Su quella nave, la più grande della scuderia Concordia, la più maestosa, accessoriata e “sicura”, al momento dell’impatto viaggiavano  4229 persone. Venerdì 6 gennaio 2012, la nave lascia il porto di Savona per cominciare il suo tour nel Mediterraneo. Tutti spensierati, molti si imbarcano per festeggiare qualcosa, come la famiglia Brolli che si stringe intorno ai nonni che festeggiano i 50 anni di matrimonio, o come Antonella Folco, che accompagna i suoi genitori per quel viaggio che sancisce un amore. Dopo Cagliari, la nave fa scalo a Palermo dove salgono la giovanissima Stefania con sua mamma Maria Grazia che in quel naufragio perderà la vita e lascerà sua figlia appena che 17enne da sola. Lei, che aveva combattuto il cancro e che aveva insegnato alla figlia cosa significa vivere con coraggio. E mentre la Concordia viaggia da Palermo a Civitavecchia, e tutti si divertono sulla nave, il maitre della Concordia Chiede un favore al comandante Schettino, ossia quel famoso inchino, per salutare sua mamma che è anziana e vive proprio sull’isola del Giglio. A Civitavecchia sale un gruppo di parrucchieri che devono partecipare ad un reality. Tra loro c’è Safaa Sikri, che si salverà ma non senza mille peripezie che spesso le hanno fatto pensare che non ce l’avrebbe fatta.

La sera del 13 gennaio, dopo la cena, la concordia lascia Civitavecchia ed è diretta a Savona e Schettino prepara l’equipaggio all’inchino al Giglio. I passeggeri si stanno godendo la serata, chi a cena, chi a teatro, chi nelle sale da musica, chi nelle spa, quando sentono tremare la nave: durante le manovre di avvicinamento all’isola, la Concordia urta contro gli scogli delle Scole. Dopo l’impatto, in plancia e in sala macchine si valuto l’entità dei danni, i passeggeri vengono tranquillizzati che si tratta solo di un piccolo problema tecnico e rimangono in attesa di indicazioni, ma col passare dei minuti tutto sarà chiaro. Chi è nei locali ristoranti vedrà cadere migliaia di piatti e bicchieri e sui quei cocci dovrà poi camminare, magari anche con le scarpe da sera.

Il panico si diffonde, i passeggeri cominciano a i giubbotti salvagente e a dirigersi alle scialuppe in attesa del segnale di abbandono nave.  Ci sono situazioni difficili, persone disabili su sedie a rotelle, padri che non trovano i propri figli, figli che non riescono a mettersi in contatto con i genitori e che devono lasciarli sulla nave per mettersi in salvo senza sapere quale sarà il loro destino.

Stefania si separa dalla madre Maria Grazia che non vedrà mai più, i fratelli Brolli vengono separati, Safaa Sikri lotta per salvarsi. Intanto la Concordia si sta appoggiando sugli scogli della Gabbianara e gli abitanti del Gigli si mettono in moto per accogliere i naufraghi, con in testa il primo cittadino che apre tutto pur di mettere in salvo i superstiti.

Dopo il segnale di abbandono nave, le prime scialuppe arrivano al Giglio, dove Schettino viene avvistato al molo. La Concordia è quasi completamente inclinata. Soccorritori, ufficiali e personale della nave continuano a fare di tutto per portare in salvo le centinaia di passeggeri rimasti bloccati a bordo. Molti cercano la salvezza sulla paratia della nave.

La Concordia raggiunge la sua posizione finale sul terrazzamento davanti alla Gabbianara, ma i passeggeri sono ancora bloccati a dordo, convinti che la nave stia affondando. Si salveranno anche coloro che pensavano di non farcela, ma 32 di quei passeggeri persero la vita e i loro corpi vennero restituiti dal mare.

A distanza di 10 anni si riflette sull’accaduto, sul senso del tempo e del destino, sulle responsabilità, sulla giustizia ma anche fortemente sulla forza del ricordo. Ascoltare le voci di chi è sopravvissuto, ascoltare i racconti di quella notte dalla loro viva voce, è davvero allo stesso tempo commovente ed angosciante.

 

 

 

Cosa significa che le competenze non cognitive diventano didattica?
Significa che – finalmente – nelle scuole si insegnerà come gestire stress, empatia, pensiero critico e creativo

In maniera unanime, con 340 voti a favore, nessun contrario e 5 astenuti, la Camera ha risposto “Sì” alla proposta di legge che abilita all’utilizzo e alla valorizzazione delle competenze non cognitive in ambito scolastico. Il testo ora passerà all’esame del Senato.

La pregevole proposta – presentata dall’intergruppo parlamentare per la sussidiarietà – prevede una sperimentazione che sia inclusiva e che valorizzi delle competenze extradisciplinari, con l’obiettivo di incrementare le “life skills”, ovvero abilità che portano a comportamenti positivi e che rendano l’individuo capace di adattarsi, di far fronte in maniera efficace alle sfide della vita di tutti i giorni.

Si andranno dunque a stimolare abilità non direttamente legate al processamento delle informazioni, ma alle caratteristiche individuali legate agli ambiti emotivi, psicosociali e a caratteristiche di personalità.

In pratica ai giovani verrà insegnato come “saper vivere” stimolando la capacità di gestire le emozioni, come gestire lo stress, l’empatia, allenando il pensiero creativo e quello critico, cosa assolutamente indispensabile in una società soggetta costantemente agli attacchi di fake news e al peso dell’omologazione. E poi ancora la capacità di prendere decisioni e risolvere problemi.

La proposta di legge introduce, quindi, l’avvio a partire dal 2023 ad una sperimentazione nazionale triennale per attività finalizzate allo sviluppo delle competenze non cognitive nei percorsi delle scuole di ogni ordine e grado.

Sarà un metodo che recupererà anche i soggetti più difficili e che potrebbe ridurre anche il fenomeno dell’abbandono scolastico.

Importantissima sarà ovviamente la formazione dei docenti, prevista affinché questa proposta possa diventare attuabile a tutti gli effetti.