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I lavoratori della Clinica Santa Lucia di Cosenza, scrivono una lettera al Presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto evidenziando le problematiche reali che si stanno verificando e che mettono in pericolo i posti di lavoro, dopo due anni di soprusi e di diritti negati

 

 

Signor Presidente, siamo tutti dipendenti della Santa Lucia, Casa di cura oculistica in Cosenza. Lavoriamo da anni in questa struttura e possiamo testimoniare come operi in totale trasparenza non solo nel rispetto dei pazienti ma anche dei diritti dei lavoratori, sotto tutti i profili.-
Da febbraio 2020 aspettiamo che la Regione Calabria si determini – come è suo dovere – sul rinnovo dell’accreditamento che compete alla S. Lucia, o, nelle more, sulla proroga di quello di cui è titolare sin dal 1995.-
La S. Lucia ha superato tutte le verifiche ed i controlli e le ispezioni in ordine al possesso ed alla permanenza dei requisiti; ha ottenuto il verbale positivo del cosiddetto “organismo tecnicamente accreditante” che è stato recepito in delibera dell’ASP di Cosenza in data 13.1.20 con il n. 82 e trasmessa ai competenti uffici regionali in data 15.1.20.-
La Regione Calabria – rispettando la prescrizione emanata dalla medesima Regione – avrebbe dovuto completare l’iter e definirlo con un provvedimento di accreditamento entro il 31.3.2020.-
Ciò non è avvenuto ma quello che è incredibile, ingiusto ed inaccettabile è che, a causa di questa omissione regionale da quel momento l’attività della Casa di cura è stata sospesa per la mancanza dell’accreditamento. –
Abbiamo pensato che fosse un problema burocratico di pochi giorni ma così non è stato.- Abbiamo rivolto appelli diretti ai dirigenti che si sono succeduti: Biamonte, Palumbo, Longo, Bevere, Cotticelli ed altri. Tutti – proprio tutti – ci hanno sempre detto che la S. Lucia non aveva alcun problema e che la questione doveva ritenersi risolta.-
Nessuno ha mai – proprio mai – sollevato alcun problema o segnalato alcuna criticità sotto nessun profilo.-
Eppure, a distanza di due anni siamo ancora qui a chiedere come mai non abbiamo ancora il provvedimento di accreditamento. Una situazione precaria incredibile che dura da due annie ci ha messo in stato di ansietà per il nostro futuro, oltre a costringere migliaia di pazienti calabresi, che costantemente si rivolgevano alla S. Lucia, ad andare a curarsi fuori regione.-

La Società S. Lucia per due anni si è fatta carico del problema assicurando il rispetto dei nostri diritti pur senza poter svolgere alcuna attività. Ora siamo al capolinea.- E’ questione di ore.
Se chiude la S. Lucia noi perdiamo il lavoro e le nostre famiglie la fonte della loro dignitosa sopravvivenza. –
Signor Presidente, Lei ha più volte dichiarato che questioni come questa sarebbero state risolte con immediatezza dal suo governo.-
Ora Lei è anche Commissario alla Sanità e noi Le chiediamo di intervenire presso gli uffici competenti, presso i dirigenti da Lei nominati per definire subito la procedura e consentirci di lavorare.-
Lei ha sempre detto che il lavoro è la priorità da assicurare nella nostra terra. Lavoro onesto, pulito, trasparente. Noi eravamo in questa situazione e non vorremmo perderla.-
Dipende tutto da Lei, signor Presidente. Noi non ce la facciamo più siamo pronti a forme di protesta estrema, ma confidiamo che un Suo intervento diretto ci metta in condizioni di credere ancora che le Istituzioni sono vicine ai cittadini per bene

Livia Sassoli commossa e vestita di azzurro e compostezza, dote che apparteneva anche a suo papà David, legge durante il funerale di Stato  il contenuto di un messaggio, uno degli ultimi del Presidente del Parlamento Europeo

 

Abbiamo costruito una nuova solidarietà perché nessuno è al sicuro da solo. 
Abbiamo visto nuovi muri e i nostri confini in alcuni casi sono diventati confini tra morale e immorale, tra umanità e disumanità, muri eretti contro persone che chiedono riparo dal freddo, dalla fame, dalla guerra, dalla povertà.  Abbiamo lottato accanto a chi chiede più democrazia, più libertà, accanto alle donne che chiedono diritti e tutele. A chi chiede di proteggere il proprio pensiero, accanto a coloro che continuano a chiedere un’informazione libera e indipendente. Abbiamo finalmente realizzato, dopo anni di crudele egoismo, che la disuguaglianza non è più né tollerabile, né accettabile e che vivere nella precarietà non è umano e che la povertà è una realtà che non va nascosta ma che deve essere combattuta e sconfitta. Il dovere delle istituzioni europee di proteggere il più debole e di abbandonare l’indifferenza, è la nostra sfida, quella dei un mondo nuovo che rispetta le persone, la natura e crede in una nuova economia basata non solo sul profitto di pochi ,a sul benessere di tutti.

Il periodo del Natale è il periodo della nascita della speranza e la speranza siamo noi quando non chiudiamo gli occhi davanti a chi ha bisogno, quando non alziamo muri ai nostri confini, quando combattiamo ogni forma di ingiustizia.

Auguri a noi e auguri alla nostra speranza. Grazie papà, buona strada. 

 

E poi la moglie di Sassoli, Alessandra Vittorini, anch’essa commossa nel silenzio che regnava, ha parlato al suo adorato marito, conosciuto sui banchi di scuola, con il quale aveva costruito una famiglia. E poi racconta di come abbiano sempre dovuto dividerlo con il lavoro, con la politica, e con le tue passioni. “Ma sapevi che eravamo sempre con te” – dice.
C’erano ancora tanti progetti, che avrebbero voluto realizzare insieme, e lui è andato via troppo presto.
Ma poi aggiunge: ” c’è sempre stato tanto amore e l’amore non si divide, ma si moltiplica”.  

Come passa in fretta il tempo.
Un po’ meno per chi come l’ex comandante della Costa Concordia, Francesco Schettino sta scontando a Rebibbia la condanna a 16 anni per naufragio colposo, omicidio colposo plurimo, lesioni colpose, abbandono della nave e di persone incapaci.

Nel naufragio della nave di Costa Concordia, avvenuto la sera del 13 gennaio di 1o anni fa al largo dell’Isola del Giglio, quando la nave si avvicinò troppo per fare il cosiddetto “inchino” urtando contro gli scogli delle Scole, persero la vita 32 persone. Ad oggi a pagare per quel disastro – che secondo gli esperti ha molte cose in comune con quello del Titanic avvenuto cento anni prima – è solo il comandante Schettino che l’opinione pubblica ricorda come colui che fu redarguito dal capitano di fregata De Falco della capitaneria di porto di Livorno, mentre lo minacciava di fargli passare un guaio se non fosse tornato a bordo. Schettino, da detenuto modello, che in carcere sta studiando comunicazione e giornalismo, il guaio lo ha passato per davvero. Ci furono altre colpe, incomprensioni, 13 secondi di errori che poi resero la situazione irrimediabile. C’erano i responsabili dell’unità di crisi della Costa Crociere.

Quasi tutte le risposte erano nella scatola nera.

A distanza di 1o anni, tra superstizioni circa il numero 13 nemico della navigazione e le dichiarazioni che ancora oggi giocano a screditare più di qualcuno, sono molto significative le testimonianze dei testimoni, dei sopravvissuti che ancora hanno negli occhi e nelle orecchie i ricordi di quella che sarebbe dovuta essere una vacanza ed invece è stato un inferno di dolore e paura e perdite.

Su quella nave, la più grande della scuderia Concordia, la più maestosa, accessoriata e “sicura”, al momento dell’impatto viaggiavano  4229 persone. Venerdì 6 gennaio 2012, la nave lascia il porto di Savona per cominciare il suo tour nel Mediterraneo. Tutti spensierati, molti si imbarcano per festeggiare qualcosa, come la famiglia Brolli che si stringe intorno ai nonni che festeggiano i 50 anni di matrimonio, o come Antonella Folco, che accompagna i suoi genitori per quel viaggio che sancisce un amore. Dopo Cagliari, la nave fa scalo a Palermo dove salgono la giovanissima Stefania con sua mamma Maria Grazia che in quel naufragio perderà la vita e lascerà sua figlia appena che 17enne da sola. Lei, che aveva combattuto il cancro e che aveva insegnato alla figlia cosa significa vivere con coraggio. E mentre la Concordia viaggia da Palermo a Civitavecchia, e tutti si divertono sulla nave, il maitre della Concordia Chiede un favore al comandante Schettino, ossia quel famoso inchino, per salutare sua mamma che è anziana e vive proprio sull’isola del Giglio. A Civitavecchia sale un gruppo di parrucchieri che devono partecipare ad un reality. Tra loro c’è Safaa Sikri, che si salverà ma non senza mille peripezie che spesso le hanno fatto pensare che non ce l’avrebbe fatta.

La sera del 13 gennaio, dopo la cena, la concordia lascia Civitavecchia ed è diretta a Savona e Schettino prepara l’equipaggio all’inchino al Giglio. I passeggeri si stanno godendo la serata, chi a cena, chi a teatro, chi nelle sale da musica, chi nelle spa, quando sentono tremare la nave: durante le manovre di avvicinamento all’isola, la Concordia urta contro gli scogli delle Scole. Dopo l’impatto, in plancia e in sala macchine si valuto l’entità dei danni, i passeggeri vengono tranquillizzati che si tratta solo di un piccolo problema tecnico e rimangono in attesa di indicazioni, ma col passare dei minuti tutto sarà chiaro. Chi è nei locali ristoranti vedrà cadere migliaia di piatti e bicchieri e sui quei cocci dovrà poi camminare, magari anche con le scarpe da sera.

Il panico si diffonde, i passeggeri cominciano a i giubbotti salvagente e a dirigersi alle scialuppe in attesa del segnale di abbandono nave.  Ci sono situazioni difficili, persone disabili su sedie a rotelle, padri che non trovano i propri figli, figli che non riescono a mettersi in contatto con i genitori e che devono lasciarli sulla nave per mettersi in salvo senza sapere quale sarà il loro destino.

Stefania si separa dalla madre Maria Grazia che non vedrà mai più, i fratelli Brolli vengono separati, Safaa Sikri lotta per salvarsi. Intanto la Concordia si sta appoggiando sugli scogli della Gabbianara e gli abitanti del Gigli si mettono in moto per accogliere i naufraghi, con in testa il primo cittadino che apre tutto pur di mettere in salvo i superstiti.

Dopo il segnale di abbandono nave, le prime scialuppe arrivano al Giglio, dove Schettino viene avvistato al molo. La Concordia è quasi completamente inclinata. Soccorritori, ufficiali e personale della nave continuano a fare di tutto per portare in salvo le centinaia di passeggeri rimasti bloccati a bordo. Molti cercano la salvezza sulla paratia della nave.

La Concordia raggiunge la sua posizione finale sul terrazzamento davanti alla Gabbianara, ma i passeggeri sono ancora bloccati a dordo, convinti che la nave stia affondando. Si salveranno anche coloro che pensavano di non farcela, ma 32 di quei passeggeri persero la vita e i loro corpi vennero restituiti dal mare.

A distanza di 10 anni si riflette sull’accaduto, sul senso del tempo e del destino, sulle responsabilità, sulla giustizia ma anche fortemente sulla forza del ricordo. Ascoltare le voci di chi è sopravvissuto, ascoltare i racconti di quella notte dalla loro viva voce, è davvero allo stesso tempo commovente ed angosciante.

 

 

 

Cosa significa che le competenze non cognitive diventano didattica?
Significa che – finalmente – nelle scuole si insegnerà come gestire stress, empatia, pensiero critico e creativo

In maniera unanime, con 340 voti a favore, nessun contrario e 5 astenuti, la Camera ha risposto “Sì” alla proposta di legge che abilita all’utilizzo e alla valorizzazione delle competenze non cognitive in ambito scolastico. Il testo ora passerà all’esame del Senato.

La pregevole proposta – presentata dall’intergruppo parlamentare per la sussidiarietà – prevede una sperimentazione che sia inclusiva e che valorizzi delle competenze extradisciplinari, con l’obiettivo di incrementare le “life skills”, ovvero abilità che portano a comportamenti positivi e che rendano l’individuo capace di adattarsi, di far fronte in maniera efficace alle sfide della vita di tutti i giorni.

Si andranno dunque a stimolare abilità non direttamente legate al processamento delle informazioni, ma alle caratteristiche individuali legate agli ambiti emotivi, psicosociali e a caratteristiche di personalità.

In pratica ai giovani verrà insegnato come “saper vivere” stimolando la capacità di gestire le emozioni, come gestire lo stress, l’empatia, allenando il pensiero creativo e quello critico, cosa assolutamente indispensabile in una società soggetta costantemente agli attacchi di fake news e al peso dell’omologazione. E poi ancora la capacità di prendere decisioni e risolvere problemi.

La proposta di legge introduce, quindi, l’avvio a partire dal 2023 ad una sperimentazione nazionale triennale per attività finalizzate allo sviluppo delle competenze non cognitive nei percorsi delle scuole di ogni ordine e grado.

Sarà un metodo che recupererà anche i soggetti più difficili e che potrebbe ridurre anche il fenomeno dell’abbandono scolastico.

Importantissima sarà ovviamente la formazione dei docenti, prevista affinché questa proposta possa diventare attuabile a tutti gli effetti.

Un Babbo Natale così generoso non lo si era mia visto e lui, Achille Lauro è andato a far visita ai piccoli pazienti del reparto di Cardiochirurgia pediatrica del Policlinico San Donato di Milano

Con i suoi occhi belli e i suoi tatuaggi, si è recato in quel luogo per donare un sorriso ai piccoli pazienti, per portare loro dei regali proprio come fa Babbo Natale, ma senza barba bianca e tradizionale abito rosso; in corsia il cantautore è arrivato con un cappellino, mascherina e camice azzurro. 

Con i bambini del reparto Achille Lauro ha giocato, cantato e trascorso momenti di spensieratezza.
Con gli infermieri e i medici ha tagliato un panettone e chiacchierato un po’.

Ai medici, l’artista ha poi consegnato un regalo pazzesco, una donazione di 100 mila dollari, raccolta mettendo all’asta una sua opera innovativa, un quadro digitale che riporta le sue sensazioni e i battiti del suo cuore mentre interpreta i suoi pezzi; questo grazie a dei sensori hi-tech applicati sul suo corpo.

Questa donazione cospicua servirà all’ospedale per l’acquisto di un ecocardio-color-doppler tridimensionale, un macchinario che consentirà di curare i piccoli pazienti.

Un grazie enorme ad Achille Lauro, uomo di sensibilità profonda e grande generosità.

“Vite di Ginius”, un lavoro enorme, difficile e di grande rilievo drammaturgico quello portato in scena da Max Mazzotta al Piccolo Teatro Unical dal 30 novembre al 5 dicembre, già apprezzato la scorsa estate al Campania Teatro Festival e che continua la sua tournée nei teatri italiani nei prossimi giorni: il 10 dicembre al Teatro Comunale di Badolato (Cz)  e il 17 e 18 gennaio a Roma al Teatro Sala Umberto. 

Una tridimensionalità artistica che impatta in maniera assai coinvolgente sul pubblico che si trova ad attraversare quello spazio in cui non è possibile non immedesimarsi, non riflettere, non apprezzare.

Max Mazzotta, attore e drammaturgo di grande levatura, che negli anni si è cimentato con testi importanti senza deludere mai, cuce su di sé il ruolo di un’anima che si relaziona con una dimensione altra, sconosciuta, che intraprende un viaggio di purificazione e di sconforto, ma anche di consapevolezza. Ginius si lascia guidare da una voce che lo assiste durante quel passaggio e che lo aiuta a scavare dentro la sua anima, a capire come sia stata davvero l’esperienza in vita – e in questo caso nelle vite – nelle vite diverse vissute da Ginius che ha condotto la propria esistenza da codardo, da vigliacco, incapace di fare la cosa giusta. E tutto questo, attraverso il ricordo, che Mazzotta porta in scena, con 4 tempi, raccontando le esperienze del personaggio, crudelmente, mostrando tutti i limiti avuti in vita e coinvolgendo il pubblico con una prorompente carica empatica.

Diversi linguaggi si fondono in scena. Una musicalità avvolgente e il ritmo incalzante della prima parte declamata in terzine, con una metrica tanto difficile quanto appassionante, che richiede però una massima attenzione per comprenderne a pieno il significato e la potenza. E poi i suoni, le immagini proiettate, le scene rappresentate in video capaci di riprodurre i luoghi e i momenti storici raccontati dall’attore, che vive in scene le vite di Ginius, nell’arco temporale di mille anni.

Il linguaggio usato da Mazzotta in scena va dai dialetti all’italiano forbito, e il tutto è fatto in maniera magistrale.
Ogni parola scritta e poi declamata di questo spettacolo racconta non solo la sua capacità di concepire il teatro come quella dimensione di magia e di possibilità di riflessione, ma anche la sua bravura come attore che in scena regala ogni parte di sé. Le sue tante voci, le sue espressioni facciali, la sua energia, la sua carica carismatica, rendono tutto perfetto. 

La dimensione onirica, il ricordo, la paura, che si trasformano in stille di emozione.
Neanche una parola scontata, e se quando arrivi a teatro non sai bene cosa ti aspetterà, quando vai via, sai di aver fatto anche tu un viaggio; un viaggio culturale ed emozionale. Ti prende la voglia di ricordare la tua vita passata, chi sei stato e come hai vissuto.
Anche la scelta di che personaggi delineare, di che carattere attribuire loro, è stata geniale. Ognuna delle vite di Ginius consegna la consapevolezza, che forse per imparare a fare la cosa giusta, non basti una vita sola, ma poiché solo una ce ne viene data, allora si finisce per essere alla continua ricerca tra l’intenzione di ognuno e il destino che regola alcune dinamiche del vivere.

La grandezza della scrittura di Max Mazzotta sta proprio nella sua capacità di essere colto e comprensibile, di scrivere con la capacità di connettere le diverse sfumature e i diversi elementi che compongono lo spettacolo teatrale.

 

Simona Stammelluti 

È un disco jazz, anzi è un accattivante disco jazz.
Eppure non è un disco per soli appassionati di jazz.

E Massimiliano Rolff non delude mai.
La soddisfazione di ascoltare un bel disco, che non deve per forza avere scritture originali per essere originale, interessante ed appagante.
La trama leggera e sofisticata del nuovo lavoro discografico del contrabbassista ligure, si nutre dell’opera alla quale si ispira ma va anche “al di là” perché ne utilizza il carisma, la carica passionale e poi vi riscrive arrangiamenti che mettono in risalto quel viaggio non solo dentro la musica statunitense ma anche attraverso le sfumature folk, le contaminazioni che furono anche in origine indispensabili per la stesura dell’opera alla quale Rolff si è ispirato.

Le esecuzioni si aprono, prendono respiro e mostrano la bravura dei musicisti che in trio sono gli artefici di “Gershwin on Air – Porgy, Bess and Beyond“, in grado di appassionare con esecuzioni raffinate e fluide, tra sinuose melodie che non abbandonano mai il tema principale ma che da esso si discostano perché Rolff ha scritto degli arrangiamenti che esaltano gli strumenti che sono protagonisti,  e sanno anche fare da controvoce al contrabbasso, strumento fondamentale nella tradizione jazzistica tanto quanto nella tradizione afroamericana.

Nel disco ci sono tempi e stili che sanno ben convivere e che sono magistralmente eseguiti.
C’è il blues, la bossa, lo swing.
C’è ritmica, sonorità, creatività.

Insieme a Massimiliano Rolff a suonare nel disco ci sono il giovane e talentuoso pianista lombardo Tommaso Perazzo, già attivo sulla scena newyorkese, ed il versatile batterista campano Antonio Fusco, già da qualche anno residente a Pechino.

Il trio spigliato e complice in un interplay vibrante, valorizza con maestria,  talento e “moderno sentire”, i grandi classici di Gershwin, che gli appassionati conoscono a memoria ed è proprio la memoria del tema di questi pezzi – tutti sottoposti a svariate versioni – che conduce l’ascoltatore nelle evoluzioni e nelle improvvisazioni che sono ricche di dettagli interpretativi, soprattutto per alcuni brani. Infatti se pezzi come “Summertime” o “The man i love” vantano centinaia di rivisitazioni, strumentali e non, pezzi come “”Who cares” o “Love walked in” nelle mani di Rolff si nutrono di dilatazioni e accenti, capaci di creare una nuova atmosfera che nasce proprio dagli assoli puliti e precisi del contrabbassista, che poi piano lascia che il pianoforte possa ricamare una sequenze di note veloci e chiare, con un tocco sublime e virtuoso. La complicità della base ritmica è talmente perfetta, che la dimensione temporale si dilata e avvolge l’ascoltatore.

Il disco che è così amabile che non ci si stanca mai di ascoltarlo, si apre con una suite imperniata sull’opera “Porgy and Bess” per poi scivolare amabilmente tra quelli che furono i brani famosi di Gershwin scritti per opere teatrali e colonne sonore di film, divenute nel tempo grandi standard della tradizione jazzistica.

Difficile dire quale brano resti più impresso; è il gusto personale a guidare il piacere nell’ascolto di questo disco che è senza dubbio uno dei più belli ascoltati ultimamente, e che farà impazzire gli appassionati di jazz e della musica del grande Gershwin che nel tempo abbiamo sentito riproporre innumerevoli volte, da strumenti e voci iconiche.

Ma la cosa che ho amato particolarmente in questo lavoro, è il ruolo che Rolff ha dato al contrabbasso, come lo ha fatto suonare, perché è riuscito a dare ad esso mille voci e svariati suoni. Il contrabbasso nelle sue mani sa essere melodico, romantico, passionale, e poi pulsa, risponde a quel modo che il musicista ha di percuoterlo, con maestria.

Di tutto il lavoro che reputo di grande pregio, sono rimasta particolarmente affascinata da tre tracce in particolare: l’arrangiamento di “Summertime” sia per la scelta del tappeto usato lungo la linea del basso, sia per il dialogo con il pianoforte che è sofisticato, mai scontato; è inoltre ricco di note incastrate nell’armonia che poi però scivolano via lungo la scala, mostrando la padronanza tecnica dei musicisti e della componente ritmica che lascia al batterista la possibilità di usare con maestria, rullante, tom e timpano.

E poi ancora la leggiadria usata nell’esecuzione di “Who Cares” che Rolff ha concepito in maniera distante dal romanticismo pensato dall’autore. Un ritmo sostenuto, come in un moderno swing, e i musicisti mostrano una grande versatilità.

Ottima la scelta di chiudere il disco con “Embrecable you” (pezzo che ho trovato pazzesco) che ha una serie di giri armonici che si chiudono e si riaprono, e ad ogni riapertura c’è una piccola sorpresa, dai passaggi veloci del contrabbasso, alle rullate della batteria che dialoga con la cassa, alla bellezza delle svisate del pianoforte che percorre le note e le ricerca dentro un gioco di virtuosismi che ammiccano, senza mai togliere lustro al lavoro di gruppo e creando pause, sospese e bellissime, che conducono al finale.

Sarà il mio regalo di Natale per le persone che amo, questo disco uscito lo scorso 19 novembre, pubblicato dell’importante casa discografica olandese Challenge Records International, che ne ha curato ogni aspetto su dimensione Europea.

Mi piace ripeterlo, quando ne vale la pena: Massimiliano Rolff è uno dei miei contrabbassisti preferiti perché sa sempre come rubare la mia attenzione e non mi delude mai, e questo suo ultimo lavoro discografico è stato geniale, ben realizzato ed è ricco di complicità, dote fondamentale anche in musica.

 

Da martedì 30 novembre a domenica 5 dicembre al PTU Piccolo Teatro dell’UNICAL andrà in scena Vite di Ginius, l’ultima Produzione di Libero Teatro

Lo spettacolo, che ha debuttato nel mese di luglio al Campania Teatro Festival con un ottimo successo di pubblico e critica, partecipa a pieno titolo alle “Celebrazioni per il settecentenario della morte di Dante Alighieri” ideate, curate e patrocinate da DiSU Dipartimento di Studi Umanistici dell’UNICAL diretto dal Professore Raffaele Perrelli. Una ricorrenza importante per tutti gli Atenei italiani e l’UNICAL già il 18 e 19 novembre scorsi ha dato inizio agli eventi in programma con il convegno dal titolo “Tra cotanto senno. Dante negli studi umanistici”. Importante la collaborazione del CAMS Centro Arti Musica e Spettacolo presieduto dal Professore Francesco Raniolo per la realizzazione delle repliche nel Piccolo Teatro dell’UNICAL.

Vite di Ginius è il viaggio di purificazione e consapevolezza che l’anima di Ginius, corpo morto giunto al capolinea, intraprende in una dimensione spazio-temporale sconosciuta.
Lo spettacolo è una metafora visionaria in versi e prosa. Il verso con il suo scorrere musicale descrive il soprannaturale accompagnando l’anima nei molteplici stadi dell’essere. Come il Sommo Poeta di cui quest’anno ricorre il settecentenario dalla morte, l’anima si ritrova nella barca di Caronte, da qui Ginius percepisce una misteriosa voce che la aiuta ad andare oltre il tempo concepito dai mortali. Costretta a scavare dentro se stessa, l’anima di Ginius deve ricordare l’esperienza di alcune sue vite incarnate: un monito a ricordarci chi siamo stati per riconoscere chi siamo davvero.

«Il ricordo è la fase più dolorosa – spiega Max Mazzotta – perché ogni vita ricordata è come se venisse vissuta in prima persona e allo stesso tempo osservata come fosse una terza persona. Lo spettacolo interseca due dimensioni del racconto e diversi stili linguistici. La dimensione soprannaturale è descritta attraverso i versi: un linguaggio poetico strutturato in canti di versi in rima alternata e canti in terzine dantesche a catena. La seconda parte utilizza un linguaggio in prosa più adatto al racconto di frammenti di vite vissute».

Lo spettacolo interseca diversi linguaggi. Corpo, suoni viscerali, musica, ma è soprattuto il video che permette al pubblico di vivere insieme al protagonista tutti i moti e gli stadi dell’ultraterreno. Il lavoro di scrittura drammaturgica viene esaltato dalla sua fusione con una lingua di per sé musicale, ritmica, onirica. Straordinaria proprio come il viaggio di Ginius nelle sue vite passate.

I biglietti avranno un costo di 10€ intero e 5€ ridotto (studenti di ogni ordine e grado, universitari con libretto) e possono essere acquistati direttamente a Teatro la sera stessa dello spettacolo o in prevendita da Agenzia InPrimaFila a Cosenza e al Bar Ventimiglia dell’Università a Rende.

Per motivi di maggiore sicurezza e prevenzione oltre al controllo del green pass e all’obbligo di mascherine, come per tutti gli spazi dell’UNICAL aperti al pubblico, anche il PTU non sarà a capienza piena, ma si applicheranno norme di distanziamento e riduzione degli ingressi; si consiglia pertanto di acquistare preferibilmente i biglietti nei punti in prevendita o online e di recarsi a Teatro in anticipo per evitare file e ritardi.

La biglietteria del Piccolo Teatro UNICAL sarà aperta ogni giorno di repliche dalle 18.30 in poi.

Per comunicazioni: 333.9555376 > Iris Balzano | Organizzazione Libero Teatro

VITE DI GINIUS
scritto, diretto e interpretato da Max Mazzotta
installazioni video Max Mazzotta
assistente alla regia Angela Candreva
responsabile tecnico e struttura scenica Gennaro Dolce
costumi Giada Falcone/Moema Academy
consolle luci e video Serafino Sprovieri
consolle audio Vladimir Costabile
produttore esecutivo/amministrazione Gianluigi Fabiano
organizzazione Iris Balzano
produzione Libero Teatro