Simona Stammelluti, Autore presso Sicilia 24h - Pagina 10 di 94
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È venuta a mancare oggi Rita Calore, la mamma di Stefano e Ilaria Cucchi. A darne l’annuncio l’avvocato Fabio Anselmo attraverso i canali social:

«Non ce l’ha fatta. Questa mattina Rita Calore si è arresa per andare a riabbracciare Stefano. Il figlio mai perduto. Lo scrivo con tanta emozione e mi stringo a Giovanni ed Ilaria. Non mi viene altro da dire a questa grande famiglia»

Lunga la battaglia per la giustizia arrivata dopo 13 anni dalla morte del figlio Stefano.
Un periodo estremamente doloroso per tutta la famiglia Cucchi, che oggi piange la mamma Rita.

Le parole in aula della signora Rita quando raccontava dell’ultima volta che ha visto suo figlio Stefano morto:

Non l’ho riconosciuto. Quello che vedevo non era più Stefano era uno scheletro, tutto nero, un occhio di fuori, la mascella fratturata. E la sera prima dell’arresto, forse un presagio. Mio figlio mi disse ‘abbracciami, dormi tranquilla, vedi che adesso sto bene’. Fu l’ultimo abbraccio con mio figlio. Verso l’una di notte sentii suonare il citofono: erano i carabinieri che venivano per la perquisizione

Giunti messaggi di cordoglio per Ilaria Cucchi,  dal mondo politico.

Ci stringiamo a Ilaria Cucchi. Oggi ancor più di ogni giorno

ha scritto su Twitter il segretario del Pd Enrico Letta.

 

Nicola Fratoianni, segretario nazionale di Sinistra Italiana:

La nostra comunità si stringe ad Ilaria Cucchi e ai suoi cari. Un abbraccio fortissimo. Ricorderemo sua mamma Rita come una donna coraggio

 

Tutta la redazione del Sicilia24ore insieme al direttore Lelio castaldo e al vicedirettore Simona Stammelluti porge le condoglianze a Ilaria e al signor Giovanni per la perdita della cara Rita

Il periodo storico (e politico) è quello che è e dunque ogni occasione è buona, per dissentire da ogni forma di violenza verbale, atto di razzismo, discriminazione.

Sono giorni difficili, nei quali tocca fare i conti con la realtà cruda e a tratti cruenta, che vede seduti sui due più alti scranni del Parlamento Italiano Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana, che – come hanno spesso dimostrato insieme a tutta la destra salita al governo e quindi al potere – sono molto lontani da tutto ciò che può essere inclusione e rispetto dei diritti civili di tutti e che su molti temi etici si sono dimostrati non solo conservatori, ma hanno anche disprezzato ogni forma di identità che non fosse canonicamente riconosciuta. Per non parlare del razzismo puro mascherato dal “aiutiamoli a casa loro” e “prima gli italiani”.

In questo clima così teso, finisce che in una trasmissione leggera come “Ballando con le Stelle” che va in onda su Rai 1 il sabato sera in prima serata, ci si ritrovi ad emozionarsi mentre vanno le note e le parole di “W l’Italia” di De Gregori, brano scelto per la coreografia di Giampiero Mughini che balla con Veera Kinnunen; e così quel valzer si trasforma in un momento di tenerezza, di riflessione.

L’Italia derubata e colpita al cuore 
Viva l’Italia, l’Italia che non muore.
L’Italia con gli occhi asciutti nella notte scura 
Viva l’Italia, l’Italia che non ha paura. 

E sullo sfondo le immagini di una Italia “che resiste”, con Sandro Pertini, i campioni del mondo dell’82, Luciano Pavarotti, Samantha Cristoforetti, Rita Levi Montalcini, Coppi e Bartali, Sofia Loren, Falcone e Borsellino.

Una sensazione di essersi stretti intorno a degli ideali imprescindibili, a quella forma di libertà che sentiamo oggi un po’ perdere i contorni e che temiamo possa tramutarsi in una forma di discriminazione, di razzismo, di offesa.

La stessa che all’interno della stessa puntata viene raccontata e sottolineata da un indignato Ivan Zazzaroni che – proprio prima del commento della esibizione di Mughini – esprime massima solidarietà verso la pallavolista Paola Egonu, offesa ieri da quella domanda: “ma sei italiana?”

Mi hanno chiesto anche se fossi italiana…questa è la mia ultima partita in Nazionale, sono stanca. Non puoi capire.

Queste le parole dette in lacrime a bordo campo al suo procuratore Marco Reguzzoni, alla fine della partita contro gli Usa, dopo il 3 a 0 che ha regalato alle azzurre il bronzo ai mondiali di Volley.

Poi continua:

Nei commenti mi hanno chiesto se fossi italiana. Fa male perché se indosso questa maglia vuol dire che ci credo, che mi sento italiana e sentir dubitare di questo fa tanto male, perché altrimenti non darei il mio cuore per questo, non farei sacrifici per portare in alto questa maglia. In questo momento parla la ragazza che c’è dentro di me che è ferita, tanto ferita. Non ne può più di essere giudicata ogni volta

 

Zazzaroni indignato, ha definito Paola Egonu la “Ronaldo della pallavolo” ha sottolineato quanto sia vergognoso chiedere ad una donna se sia o meno italiana, solo per il colore della sua pelle.
Bisognerebbe riflettere – a mio avviso –  su come Paola e la pallavolo femminile italiana siano un patrimonio del nostro Paese. Lei, insieme alle sue compagne di squadra, sono entrate nelle case di milioni di italiani che le hanno seguite, in tv e sui social e questa popolarità inevitabilmente le pone nella condizione di essere anche offese, da chi pensa ancora che sia il colore della pelle, a fare la differenza, quando l’unica differenza possibile è tra una fuoriclasse come Paola Egonu e tutti gli altri.

Questo è il clima, queste le sensazioni che si accalcano in molti italiani, questa la frustrazione che attanaglia nel sapere che la tutela del diritto di ognuno, può essere messa a rischio. E si ripensa alle parole della senatrice a vita Liliana Segre che durante il discorso di apertura al Senato, ha sottolineato l’importanza dell’articolo 3 della costituzione che dovrebbe essere dipinto nei muri delle scuole:

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

Tutti.

 

I libri hanno il privilegio di allenare le nostre aspettative, quelle deluse “lì fuori” dove meno ti aspetti e meglio è.

Questo libro a mio avviso va ben oltre le aspettative, costringendo il lettore a mollare la presa e ad emozionarsi fino in fondo. Da questo libro non si scappa, anzi, ci si vuole immergere sempre più, si vuol far parte di quella classe, di quella scuola, di quel tempo e di quelle intenzioni che sfidano tutto, ogni vicissitudine, ogni difficoltà oggettiva e ogni momento di sconforto, perché l’obiettivo è arrivare al traguardo, che per i ragazzi raccontati nel libro sarà la maturità, per il lettore la certezza che ci sono insegnanti a cui basta essere sé stessi, fino in fondo, per salvare e salvarsi. Sì, si può, lo racconta Gaja Cenciarelli nel suo libro “Domani interrogo” edito da Marsilio.

Un libro che sa di autobiografico, considerato che – al netto di qualche passaggio che probabilmente sarà stato romanzato – racconta di una storia vera, dell’anno di supplenza che la prof di letteratura inglese accetterà nella V A in un quartiere difficile di Roma, in una scuola difficile con ragazzi che non sanno ancora di “non essere difficili” (o almeno non troppo) fin quando non arriva lei, con la sua cultura smisurata e il suo modo di essere e di fare, che non ha nulla di canonico, che scende dalla rigidità del docente che spiega, interroga e terrorizza, e si mette ad insegnare non solo ai ragazzi, ma in mezzo ai ragazzi, chiamandoli per nome (e quando serve anche per soprannome), accettando tutti i loro limiti, accogliendo le loro paure, (che a tratti saranno le sue) e provando (riuscendoci), a sradicarli dalla convinzione che il loro futuro risiede lì dove non c’è scampo. La prof sarà la loro via di scampo, la loro rotta, il loro faro quando si sentiranno smarriti, e tra dubbi ed incertezze, si costruirà un rapporto destinato a durare nel tempo, al di là del destino di ognuno, dentro la consapevolezza di potersi fidare (fino in fondo) e di scegliere di stare dalla stessa parte, almeno per un po’.

Verrebbe da dire “la buona scuola esiste”, verrebbe da dire che “dovrebbero essere tutti così gli insegnanti” e forse la lettura di questo libro potrebbe essere un buono spunto per ridisegnare quella linea di confine tra sé e gli alunni, ognuno diverso dall’altro, spesso incapace di esprimere la volontà di sapere davvero quale siano le proprie attitudini.

Leggendo “Domani interrogo” si ride e si piange. Si piange fino al singhiozzo. Non si ha scampo, è un libro che ti mette nell’angolo considerato che la crudezza di una realtà che pulsa ed è difficile da domare, viene affrontata a viso aperto da colei che non ama la vocazione ma la possiede, da colei che cammina e pensa, da colei che non insegna solo letteratura inglese ma a sentirsi parte di un microcosmo fatto di desideri e di passioni, di amicizia e di volontà.

L’incontro di due mondi così diversi, tra chi insegna e chi dovrebbe imparare, la crudeltà di un quartiere che ti allontana dai sogni, la vita sregolata di giovani pieni di vita ma che quella vita a tratti la buttano via, che trovano con la loro prof un codice comunicativo che tra alti e bassi li legherà indissolubilmente, fino a divenire “famiglia”.

È un eccellente testo narrativo, con una dettagliata descrizione di luoghi, personaggi, personalità e intenti. Intrattiene, e la narrazione non è mai fine a sé stessa, suscita nel lettore una “emozione estetica”, raccontando gli eventi e i dettagli nei minimi particolari: i colori, le posture, le forme dei sorrisi e degli occhi stanchi.

L’utilizzo del dialetto o del gergo molto vicino ai ragazzi, diventa il mezzo che permette al tutto di compiersi. Avvicina, accoglie, stritola, se serve. Eppure la scelta che la scrittrice fa delle parole a corredo del racconto, non è solo efficace, è anche suggestiva, capace di “effetti collaterali”. Sono parole mai banali, a volte ricercate, che tessono uno suo personalissimo stile, capace di trascinare il lettore al centro della storia narrata.

È tutto al suo posto, in questo libro.

Lo schema narrativo che parte dall’antefatto (e dal principio) passa per peripezie e spannung fino a giungere al “superamento delle prove” proprio come accade spesso per gli eroi, fino a giungere ad un finale chiuso, che chiude praticamente il cerchio lungo un anno scolastico dove gli eroi sono gli studenti, che allungano la mano e afferrano “l’oggetto del loro desiderio” che non sapevano ancora di avere.

Sono presenti all’interno dell’opera dei flash forward, delle prolessi che aiutano il lettore a capire cosa ne sarà della storia di ognuno dei ragazzi.

Avrebbe potuto narrare la storia in prima persona, la Cenciarelli, ma ha fatto una scelta diversa; ha scelto il narratore eterodiegetico, onniscente, la “mano di Dio”, colui che narra sapendo tutto di tutti, più di quello che sanno i personaggi. Una scelta difficile ma intensa, considerato che quel narratore non concede sconti, racconta ogni risvolto dei protagonisti, analizza pensieri, parole ed opere … ed in questo caso anche le omissioni.

Un patto narrativo intenso e fortissimo quello tra la scrittrice e i suoi lettori, non solo perché la storia narrata è storia vera, ma anche perché ci si fida di chi scrive, ci si lascia guidare dentro “le parole giuste”, come quelle che la prof del libro cerca disperatamente e che puntualmente trova e che sono efficaci, a volte in romanesco, a volte affilate e che non lasciano scampo.

Ci sono delle storie d’amore difficili, complicate e travolgenti, che ci cambiano irrimediabilmente e spesso in meglio. È questo che accade in “Domani interrogo”, una storia d’amore tra i discenti e la prof, tra la scuola e la vita di ognuno, tra il passato e quel futuro nel quale ci si salva, nel quale ci si può salvare se reciprocamente non ci si lascia la mano.

 

Paolo Virzì ha la capacità artistica di trattare temi sociali, problematiche del vivere con una sorta di leggerezza tipica della commedia; ma non lo fa mai in maniera superficiale. Trova sempre la strada giusta, la sua strada, quella che finisce dritta dritta nella storia di protagonisti che con le loro vicissitudini e con una sorta di coralità, riescono a mettere l’accento su quel che spesso conosciamo ma facciamo finta di non sapere.

Un linguaggio, quello di Virzì, palpitante, che non mostra incertezze, sa sempre cosa dire e come, aiutato – in questo caso – dalla fotografia di Luca Bigazzi, capace di dare alla pellicola il colore della “Siccità” quel giallo che sa di arido, di deserto, di secca e ci si domanda come abbiano fatto a creare quelle inquietanti zone desertifiche lì dove scorre il Tevere.

Una desolazione che ricorda il cinema neorealista, non solo nella rappresentazione dei luoghi ma anche nella distanza angolare dal tema principale, per addentrarsi nella crudeltà di alcune vite, in un determinato periodo storico, ed in questo caso distante, posto più in là, surreale ma non troppo.

E così, in una ipotetica Roma in cui non piove da tre anni e dunque schiacciata dal dramma della siccità, si muovono vite che in un momento così difficile, mostrano tutti i propri limiti.

Virzì mette in scena la “siccità” di una società che vive di apparenza, di consensi, di mancanza di dialogo, di deriva, di scontentezza, di irrisolto. Tutte le storie che finiscono per far incontrare e scontrare i vari personaggi, narrano di piccoli drammi, di tradimenti, di sfiducia, di incapacità di gestire il proprio vivere con tutte le problematiche annesse, siccità compresa.

La logica dell’egoismo di chi lava la macchina o annaffia una piantina, la voglia di riscatto di coloro che hanno perso tutto sin da tempo ma che hanno ancora qualcosa in sospeso con il passato, la volontà di scappare da un vivere che è angosciante anche se agiato; tutto si muove velocemente, in maniera dinamica nel film, come le blatte che infestano la città, che ci sono ma che tutti fanno finta di non vedere, come se tutto fosse normale, come se ci si possa abituare a tutto.

Fino al punto di rottura, fino a quando una nuova malattia di natura virale incomincia a mietere vittime.
Eppure Virzì sa mettere sotto i riflettori le problematiche che sono davvero all’ordine del giorno: soluzioni che arrivano troppo tardi, le Tv a cui non interessa nulla se non l’audience, le ospitate degli esperti che finiscono nel meccanismo perverso della notorietà. Tutto mentre fuori si prova a continuare a vivere e a sopravvivere.

E poi la distanza tra il mondo dei ricchi e gli altri. Non c’è problema che possa coinvolgere chi ha, chi sa dell’esistenza di un problema ma lo vive di striscio, perché i soldi possono tutto, possono tracciare una linea di confine che lascia fuori ogni problematica, anche la siccità.

Non in ultimo nel film si racconta la conseguenza delle azioni umane, quelle consumate come se non avessero mai conseguenze ma che un giorno ti si parano dinanzi chiedendoti il conto, o meglio destinandolo alle generazioni successive, senza tralasciare il significato di “fare a meno”, di razionare, di “non sprecare”.

Tutto questo raccontato senza retorica, senza prosopopea, con un impianto narrativo che scivola dentro la coscienza di tutti.

Gli attori scelti da Virzì sono una garanzia di riuscita; Silvio Orlando che fa un detenuto che per sbaglio esce dal carcere, sembra essere finito in un’altra epoca, e sfrutta quella situazione fortuita per ricongiungersi ad un passato lontano e doloroso; Valerio Mastandrea, ex autista di Palazzo Chigi che si reinventa come simil tassista, separato dalla moglie, con una talentuosa figlia adolescente che fa i conti con gli stenti e il fallimento, Claudia Pandolfi nei panni di un medico, in una nuova relazione, ma che sa e che tace circa il tradimento del suo nuovo compagno (Vinicio Marconi), con una sua ex compagna di liceo, (Elena Lietti), che a sua volta vive con un ex attore, (Tommaso Ragno), intrappolato nella logica del dover mantenere alta la sua popolarità sui social tanto da dimenticare di avere un figlio troppo giovane per essere così insoddisfatto, che tenta ogni giorno di rovinarsi la vita; e poi ancora la storia di un giovane scarto della società che trova un lavoro come bodyguard presso una famiglia prestigiosa ma che alla fine non reggerà il peso degli eventi, e un ex commerciante che ha perso tutto (Max Tortora) che vuole raccontare in tv le sue disavventure. Nel film c’è anche Monica Bellucci che fa un piccolo cameo.

Incapacità di comunicare, una “siccità” di comprensioni, dentro una valanga di fragilità.

Ma anche i giovani attori, nel film, fanno egregiamente il loro compito; sono credibili e sanno essere anche il file rouge che unisce le storie.

La vita di tutti loro in qualche modo si intreccia con quella degli altri, mentre regna il caos, il dramma a tratti vestito a festa, e su tutto la consapevolezza che da alcune situazioni – siccità compresa – non si scappa.

Bravo Virzì a “non risolvere” le storie. Il finale aperto su tutti i personaggi, proprio quando la siccità cessa, lascia allo spettatore la libertà di scegliere il finale più giusto, soprattutto per il personaggio con il quale si è empatizzato di più.

Un film che parla di umanità, di una umanità che è assetata, continuamente alle prese con problematiche e dinamiche spesso spiacevoli.

Non si fa fatica a riconoscere il riferimento biblico che Virzì inserisce nella pellicola, mentre Silvio Orlando vaga per la città “deserta” alla ricerca di una persona a lui cara, e si imbatte in un uomo che tira un asino con sopra una donna incinta; un Giuseppe con Maria, post apocalittici, e al contempo un salto all’indietro all’anno zero.

Virzì sceglie la siccità, come dramma di sfondo, ma lo spaccato raccontato potrebbe riguardare qualunque situazione estrema, come la pandemia, una profonda crisi economica, una guerra inattesa. Ecco perché è tutto così vicino allo spettatore.

Nel caos del dover sopravvivere, nel dramma del dover sopravvivere alla crisi della società e a quella interiore, Virzì regala però la speranza che alla fine, in qualche modo, ogni essere umano così imperfetto e così pieno di fragilità, alla fine può salvarsi e a volte basta la scelta giusta

 

L’aveva immaginata bene la festa per i suoi 30 anni di carriera, Joe Barbieri, il cantautore partenopeo capace di raccontare la vita e l’amore in maniera sofisticata e con quel suo inconfondibile modo di “cantare piano”. Quello che non si aspettava però era sicuramente la torta a fine concerto, davanti a quasi mille persone giunte da tutta Italia per stare con lui in una data così significativa.

E così sabato 7 ottobre (data significativa per la sua carriera) Joe Barbieri festeggia 3 decenni di musica e parole, nella sua Napoli, al Teatro Acacia al completo e lo fa anche invitando non solo i suoi fan, ma anche suoi amici, coloro che sono stati importanti e fondamentali nella sua carriera, costellandola di collaborazioni. Musicisti e cantanti di grande levatura che hanno abbellito e reso indimenticabile la serata.

Sul palco, insieme al festeggiato, Serena Brancale, Mario Venuti, Nino Buonocore, Tosca e Peppe Servillo. Ognuno di loro con il proprio innegabile talento, ha raccontato la propria musica e quella di Joe Barbieri. Ognuno di loro ha rappresentato in maniera appassionata il proprio ruolo nella vita e nella carriera del cantautore, che in un concerto di più di due ore, ha ripercorso quel tempo in musica, iniziato proprio quel 7 ottobre 1992 dal Palco del Festival di voci nuove di Castrocaro, quando ebbe inizio un viaggio pieno di emozioni ed di entusiasmo che l’ha condotto sino a qui.

Durante il concerto, Joe Barbieri ha regalato le canzoni del suo repertorio, colto, delicato, pieno di amore raccontato con raffinatezza e poi l’allegria, tutti dettagli meravigliosi che i suoi fan hanno amato nel tempo e nei quali si sono riconosciuti perché parte della vita di ognuno, di quella vita che ha bisogno sempre di una colonna sonora.

Ad accompagnare Joe Barbieri sul palco, che ha cantato imbracciando la sua chitarra, un trio di professionisti sopraffini del mondo jazzistico italiano. Con lui al piano Pietro Lussu,  Daniele Sorrentino al contrabbasso e Bruno Marcozzi alla batteria. Professionisti dotati non solo di talento indiscusso ma anche di quella capacità di rendere tutto vibrante e coinvolgente e i loro sofisticati assoli durante l’esecuzione dei brani di Joe Barbieri hanno reso tutto magico. L’anima jazz che si lega alla canzone d’autore, crea una dimensione accattivante ricca di dettagli sonori e improvvisativi.

Joe Barbieri è partito da pezzi scritti quando ancora ragazzino sui banchi di scuola immaginava una vita dedicata alla musica, ripercorrendo poi i suoi brani più famosi, alternandoli a quelli meno sentiti, che meritavano un posto d’onore in quella serata così significativa.

Dal 7 ottobre è anche disponibile il nuovo disco antologico dal vivo, “tratto da una storia vera” proprio per festeggiare i suoi trent’anni di carriera. Fil rouge di questo lavoro, le radici nel vissuto del cantautore, le storie incontrate, alla ricerca di un continuo “sentire”.

 

 

A Santa Margherita Belice pioggia torrenziale e una violenta tromba d’aria ha ribaltato un pullman che percorreva la Statale 624 Fondovalle e si è ribaltato nel tratto Sambuca di Sicilia e Contessa Entellina.

I passeggeri del bus sono fortunatamente illesi; alcuni hanno riportato qualche confusone.

I pompieri intervenuti hanno sollevato il mezzo con una autogru. Sul posto anche il personale medico del 118, e gli addetti dell’anas

Ritardi e verifiche nello scrutinio delle schede elettorali. Sarebbe escluso il seggio alla Camera ad Annalisa Tardino della Lega. Angelo Cambiano, dei 5 Stelle, supera Giovanni Di Caro.

Non vi sono precedenti nei ritardi nello scrutinio delle schede in occasione dell’Election Day del 25 settembre in Sicilia e non solo. Probabilmente anche il fattore “tre schede” ha inciso in negativo, determinando confusione ed errori. Finanche il ministero e il ministro dell’Interno, Lamorgese, sono oggi sotto attacco sulla stampa nazionale, soprattutto da parte della Lega, in riferimento al caso di Bossi prima sconfitto e poi invece vincitore del seggio. Come spiega l’Ufficio elettorale della Regione Siciliana, le schede elettorali delle sezioni nelle quali non si è potuto procedere allo spoglio e alla trascrizione nei registri sono state trasmesse agli Uffici centrali dei Tribunali competenti per circoscrizione, che effettueranno le verifiche del caso e procederanno allo spoglio delle schede eventualmente non scrutinate, determinando i voti validi ottenuti da ciascuna lista e i voti validi di preferenza di ciascun candidato. Concluse tali operazioni, ciascun Ufficio centrale circoscrizionale comunicherà gli esiti della verifica all’Ufficio centrale regionale, costituito presso la Corte d’Appello di Palermo, che a sua volta determinerà il superamento o meno della soglia di sbarramento del 5% da parte delle singole liste. Ovviamente i dati definitivi serviranno a definire chi sono gli eletti all’Assemblea Regionale dopo la ripartizione dei seggi su base provinciale. E le verifiche, al momento, non hanno solo determinato il ripescaggio di Bossi. Infatti è cambiata sul sito del ministero la composizione degli eletti alla Camera. Nel collegio Sicilia 1 proporzionale non sarebbe stata eletta la licatese Annalisa Tardino, attuale eurodeputata della Lega. Secondo le novità emerse, in Sicilia nei collegi plurinominali alla Camera sono stati eletti 6 deputati col Movimento 5 Stelle, 5 con Fratelli d’Italia, 3 col Partito Democratico, 1 con la Lega, 2 con Italia Viva – Azione e 2 con Forza Italia. Il seggio tolto alla Lega andrebbe al vicesegretario nazionale del Pd, Giuseppe Provenzano, già eletto e che opterebbe per Palermo. Quindi in uno dei due seggi assegnati al Pd, in base ai calcoli elettorali, entrerebbero alla Camera, al posto di Provenzano, o Teresa Piccione o l’agrigentina Giovanna Iacono. E nel frattempo, scrutinate le ultime 6 sezioni mancanti, tra 4 a Burgio e 2 ad Agrigento, si è conclusa la corsa in affanno tra i due contendenti del seggio regionale agrigentino del Movimento 5 Stelle. Angelo Cambiano, ex sindaco di Licata, ha vinto superando di soli 40 voti il deputato favarese uscente, Giovanni Di Caro.

Il 16 e 17 settembre due concerti dedicati al grande pianista italiano scomparso nel ’95

 

La storia della musica è popolata da vicende che intrecciano genio e dolore, coesistenza connaturata alla condizione dell’artista, quasi a favorirne l’ispirazione sino alle soglie della follia e una di una fine drammatica. È il caso di Luca Flores memorabile pianista e compositore, tra i più interessanti della scena jazzistica italiana. Flores nasce a Palermo il 20 ottobre 1956 e dal ’59 si sposta spesso con la famiglia, per approdare stabilmente a Firenze nel 1972. Dall’età di cinque anni inizia a studiare pianoforte, diplomandosi con 10 e lode nel 1981, al Conservatorio Luigi Cherubini. Incontra il jazz nei primi anni Settanta frequentando i circoli fiorentini dove si confronta con la nascente comunità di jazzisti italiani. Esordisce col sestetto di Tiziana Ghiglioni incidendo l’LP Streams (1984), poi forma il Luca Flores Trio (con Lello Pareti e Piero Borri). Importanti gli incontri, tra i tanti, con Chet Baker, Massimo Urbani, oltre a Bruno Tommaso, Lee Konitz Paolo Fresu, Furio Di Castri. Studia con Roberto Pichini, Marco Vavolo, Enrico Pieranunzi e Franco D’Andrea. Dal ‘79 all’87 insegna all’istituto Andrea del Sarto di Firenze e nei suoi seminari a Siena Jazz ha tra gli i suoi allievi Stefano Bollani. Nel 1987 lo travolge la malattia mentale il cui gorgo lo avvolgerà sino a condurlo al suicidio il 29 marzo 1995 nella sua casa di Montevarchi. For Those I Never Knows (Spalsh(H) Records, 1995) registrato al Planet Sound Studios di Firenze, dieci giorni prima di togliersi la vita, contiene il suo profondo e intimo testamento sonoro in piano solo, dopo anni drammatici nei quali si abbandona a gesti di autolesionismo. Negli undici brani che compongono il disco (uno con la voce di Michelle Bobko, la sua ultima compagna), ascoltiamo l’apice di un musicista col suo strumento che guarda dentro sé stesso e ci regala, per l’ultima volta, il suo caleidoscopio sonoro. La toccante vicenda personale e il suo genio musicale riverberano nella biografia Il disco del mondo (Rizzoli, 2003) che Walter Veltroni dedica a Flores, un appassionato ritratto dal quale è tratto il film Piano, solo di Riccardo Milani, con Kim Rossi Stuart (2007). Seguono Angela, Angelo mio io non sapevo, di Francesca de Carolis, basato sui racconti di Michelle Bobko (Stampa Alternativa, 2007) e Luca Flores, Uomo, musicista, artista, di Luigi Bozzolan (Terre Sommerse, 2020).

Allo scomparso e indimenticato pianista, il 16 e 17 settembre (con inizio alle 21:00), nella raccolta cornice del Chiostro Comunale di Rovito, si terrà l’Omaggio a Luca Flores, nel quale si alterneranno, venerdì 16, Dino Rubino, al piano, con Marco Bardoscia al contrabbasso e sabato 17, Salvatore Buonafede in piano solo. Rubino che a Luca Flores ha dedicato il brano Flores, presente in Roaming Heart (Tuk Music, 2015) ha fatto il suo ingresso trionfale nei piani alti del jazz italiano vincendo nel 1998 il “Premio Internazionale Massimo Urbani” come miglior nuovo talento. Ha anche suonato nella band di Francesco Cafiso. Ha al suo attivo diverse incisioni anche per la Tuk Music di Paolo Fresu, etichetta con la quale firma nel 2010, iniziando una collaborazione col contrabbassista Marco Bardoscia, che comprende la colonna sonora di un film biografico sul poeta Ferlinghetti, di prossima uscita. Il pugliese Bardoscia, diplomato in contrabbasso, alterna esperienze con vari gruppi spaziando dagli standard rock, a quelli blues e pop, maturando una tensione per la musica afroamericana e lavorando come sideman per incisioni discografiche. Salvatore Bonafede, palermitano, talentuoso sin dai quattro anni d’età, si avvicina al jazz grazie alla passione di suo padre per questo genere musicale. A undici anni ha il suo primo ingaggio come pianista di jazz nel programma televisivo di Rai 1 Sapere: il Jazz in Italia condotto da Franco Cerri. Negli anni Settanta le sue prime esperienze concertistiche. Si trasferisce negli USA nel 1986 e qui resta sino al 1994, compiendo studi importanti e ricevendo premi prestigiosi. A New York inizia la sua carriera discografica di leader come pianista e compositore. Nel 1994 ritorna in Italia e si trasferisce a Palermo. Compie numerose tournée sia come sideman che come leader a fianco di svariati musicisti. Riceve dal cinema influenze e rimandi alla sua attività musicale ma viene anche scelto da alcuni registi anche come attore. Dal 2001 collabora come compositore di colonne sonore per il cinema e per il teatro, ricevendo numerosi riconoscimenti. Al cinema dedica un’intera opera, Journey to Donnafugata, un omaggio al film Il Gattopardo di Luchino Visconti con composizioni originali e rivisitazione delle musiche di Nino Rota.

 

 

A fronte di 380 strutture ricettive presenti sui portali specializzati (Booking, Airbnb e altri), a versare regolarmente l’imposta di soggiorno al comune è soltanto il 47%. Succede a Sciacca (Agrigento), dove alla crescita del settore turistico-alberghiero non si è associato l’atteso aumento delle riscossioni da parte dell’ente locale.

A confermare questo dato sono stati gli stessi uffici finanziari del comune di Sciacca dove, al momento, le entrate derivanti specificamente dall’imposta di soggiorno si fermano ad un milione di euro circa. Si tratta di un gettito che in massima parte viene garantito dagli ospiti di Sciaccamare (i 4 alberghi del gruppo Mangia’s) e da quelli del Verdura Resort di Rocco Forte. Mancano all’appello adesso centinaia di posti letto (hotel, bed and breakfast, case vacanza e affittacamere) che, pur presenti sulle piattaforme che mettono d’accordo domanda e offerta, non hanno mai comunicato la loro attività.

 

Se ne è accorta la stessa Corte dei Conti, che ha formalmente richiamato il comune di Sciacca ad intervenire al più presto, affinché gli introiti dell’imposta di soggiorno vengano ricalcolati e pretesi, scovando gli evasori. Ma il comune di Sciacca, e non solo nel settore dei servizi finanziari, ha carenze di personale. “Siamo già pronti – dice l’assessore ai Tributi Francesco Sabella – a incaricare una società specializzata nel settore degli accertamenti fiscali per far pagare anche chi fino ad oggi non lo ha fatto”

Non ce la fanno più i genitori di un giovane minorenne, che da tempo assumo sostanze stupefacenti e li minaccia quotidianamente per avere soldi che gli consentano di procurarsi la droga.

Minaccia di morte la mamma e di distruggere la casa.

Durante l’ultima lite furibonda, ruba un orologio dalla camera da letto dei genitori e lo rivende per 50 euro, cifra che spenderà per la droga.

Esasperato e preoccupato da questa situazione, il padre si rivolge a Commissariato di Canicattì e chiede aiuto ai poliziotti affinché il figlio minorenne possa essere affidato a qualche struttura per avviare un processo di disintossicazione