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Ad Agrigento l’ex assessore comunale, scrittore e operatore culturale, Beniamino Biondi, ha donato all’Amministrazione circa mille volumi appartenenti al patrimonio librario della sua famiglia, che ammonta pressappoco a 35mila volumi, destinandoli alla Biblioteca Civica “Franco La Rocca”. Lo stesso Beniamino Biondi afferma: “Questa donazione ne segue due precedenti. Si tratta di volumi di significativo valore bibliografico ed economico nel mercato antiquario, con un valore di molte migliaia di euro. Per ragioni di doverosa tutela dei libro, ho chiesto al sindaco, Franco Miccichè, di volere attivare con immediatezza le procedure di catalogazione dei volumi, in modo che essi possano essere inseriti nel database nazionale e disposti al pubblico per la lettura e la consultazione, magari costituendo un vero e proprio fondo che li riunisca insieme ai molti già donati”.

Domani, mercoledì 2 giugno, festa della Repubblica e giorno festivo, saranno regolari i turni di raccolta differenziata. Il raggruppamento temporaneo di imprese Iseda, Sea e Seap ha infatti reso noto che la raccolta rifiuti sarà effettuata secondo il calendario normale. Dunque anche domani, negli orari e nelle modalità consuete, ad Agrigento saranno raccolti umido, carta e cartone.

A Favara, in via Soldato Costanza, l’esplosione di una bombola del gas, provocata dall’incendio divampato da un fornello a gas, ha ferito il proprietario, un pensionato di 83 anni. Sul posto sono intervenuti i Vigili del fuoco del Comando provinciale di Agrigento e i Carabinieri della locale Tenenza. I danni all’abitazione sono ingenti. L’uomo è stato ricoverato in ospedale per ustioni di secondo grado. L’abitazione è stata dichiarata inagibile dai Vigili del fuoco.

Marcello Fattori, responsabile organizzativo della lega Sicilia in provincia di Agrigento interviene in merito al successo riscosso con i Gazebo allestiti nei Comuni di Agrigento, Grotte e Ribera lo scorso 30 Maggio, in occasione dell’iniziativa nazionale “Mangiacomeparli”
Un’iniziativa, dichiara Marcello Fattori, che ha visto la lega schierarsi a difesa del made in Italy , della dieta mediterranea e delle eccellenze delle produzioni nazionali contro Nutriscore, vino senza alcol, farine di insetti e così via.
“E’ stata una importante occasione di confronto con i cittadini, i quali spontaneamente ed in massa hanno partecipato alla mobilitazione oltre le più rosee aspettative, con oltre 600 firme complessivamente raccolte nei tre gazebo allestiti in Provincia.
E’ fuor di dubbio che da qualche mese la lega in Sicilia, complice il mutamento della governance regionale, stia attraversando un’ importante fase di radicamento sul territorio, ed in particolare in Provincia di Agrigento, con la sapiente guida dell’On. Vincenzo Giambrone si è riusciti a creare le condizioni che stanno favorendo numerose adesioni di amministratori locali, Sindaci ed ex deputati.
Tengo a ringraziare, conclude Fattori, tutti i militanti impegnati nei gazebo che hanno speso il loro tempo mettendolo al sevizio del Partito e di tutta la Comunità.”

“Dopo circa otto mesi dall’elezione del nuovo Sindaco, trascorsi in un’atmosfera ovattata, quasi di sonno profondo, in cui nessuna voce di dissenso si è levata, finalmente sembra che la Città cominci a svegliarsi e ad accorgersi che il cambiamento, che era stato promesso a gran voce in campagna elettorale, purtroppo è in peggio. La spazzatura, che era stata una delle leve con le quali è stata scardinata la precedente Amministrazione, non solo è sempre presente in tutti gli angoli della Città, quelli più nascosti, ma anche quelli più in vista, ma vi sono tante situazioni che appaiono peggiorate, con discariche abusive che si incendiano, con cumuli di rifiuti maleodoranti sparsi in ogni dove. Tutte le voci di dissenso che prima martellavano giorno per giorno, oggi sono mute, cercando anzi di fare da supporto esterno, dimostrando, se ancora ce ne fosse bisogno, che quella di prima era una campagna denigratoria organizzata e finalizzata al discredito, a prescindere dall’attività e dalla presenza costante e puntuale dell’Assessore Hamel e di tutta l’Amministrazione.

Lo stesso discorso vale per l’attività di scerbatura che tanto spazio ha occupato sui social media per le critiche feroci e l’ironia spesso scomposta che venivano utilizzate per sottolineare una situazione che nessuno ha mai nascosto o sminuito. Quello che però non si può non sottolineare è che tutto veniva addebitato a incapacità dell’Assessore e dell’Amministrazione e la certezza che veniva assicurata che, come d’incanto, una volta cambiata la guida amministrativa tutto si sarebbe risolto.

Abbiamo visto che la realtà è ben diversa e probabilmente peggiore di quella precedente: la Città è invasa dalle erbacce, dovunque vi sono “le foreste”, che venivano prima descritte con disprezzo, ma soprattutto si dimostra ogni giorno in maniera più evidente l’incapacità di questa Amministrazione a risolvere quei problemi che aveva promesso di eliminare subito e facilmente, tanto da indurre tante persone in buona fede a crederci.

In questa situazione, di fronte a questa incapacità, il Sindaco in carica va in televisione a dire che a lui non piacciono le bugie (che probabilmente avrebbe detto qualcuno dell’opposizione) e che ha scoperto chissà quali “misteri” lasciati dall’Amministrazione Firetto e che si starebbe attrezzando per farli sapere ai Cittadini. A questo punto, siccome neanche a noi piacciono le bugie, chiunque le dica, rivolgiamo un invito chiaro e diretto al Sindaco Miccichè e al capo dell’opposizione, l’ex Sindaco Firetto, perché facciano un confronto pubblico, in presenza o in televisione, affinchè ciascuno possa esporre le proprie posizioni e affinchè la Città abbia modo di vedere e capire chi dice le bugie.

Aspettiamo la risposta a questo invito a cui siamo sicuri che, per amore della verità e per la dovuta chiarezza e trasparenza nei confronti dei Cittadini, nessuno dei due destinatari vorrà sottrarsi”.

Lo dichiara Silvio Torregrossa, segretario Circolo PD di Agrigento.

Una nuova “zona rossa” in Sicilia.
L’aumento dei positivi al Covid farà scattare le restrizioni a Santo Stefano di Quisquina, in provincia di Agrigento.

Lo ha disposto il presidente della Regione Nello Musumeci, con un’ordinanza che avrà efficacia da mercoledì 2 a giovedì 10 giugno compreso. I positivi sono quasi tutti giovanissimi: 23 i tamponi molecolari che confermano il contagio e 12 quelli rapidi che saranno sottoposti a ulteriore verifica. Nell’ordinanza, inoltre, viene revocata da subito e con tre giorni di anticipo la “zona rossa” di Riesi, nel Nisseno

I Carabinieri hanno arrestato ai domiciliari, ristretto in una Comunità di Favara dove alloggia, un uomo di 34 anni, già sorvegliato speciale. Lui è entrato in uno studio medico radiologico, ha chiesto dei soldi ad un medico, e quando il medico ha tirato fuori il portafogli lui glielo ha scippato. Poi con la carta di credito avrebbe acquistato delle sigarette e poi avrebbe tentato di effettuare un prelievo di contanti al Postamat di piazza Gallo, in via Atenea. I Carabinieri, subito alla sua ricerca, lo hanno sorpreso e bloccato innanzi al Postamat.

Nell’ambito dell’inchiesta sostenuta dalla Procura di Reggio Calabria, cosiddetta “Galassia”, che ipotizza un business di scommesse illegali con la complicità della mafia, che avrebbe ottenuto il 5% dei guadagni, la stessa Procura ha chiesto 20 rinvii a giudizio a carico di altrettanti imputati tra cui quattro agrigentini. Si tratta di Davide Schembri, 46 anni, di Agrigento, ex responsabile della Goldbet, per il quale l’aggravante dell’avere agevolato la mafia è stata esclusa, e che ha già subito un sequestro di beni per circa 1 milione di euro. Poi Pietro Salvaggio, 58 anni, di Sciacca, Giuseppe Stalteri, 63 anni, di Ribera, e Gino Vincenzo D’Anna, 53 anni, anche lui di Ribera. Prima udienza il 14 giugno.

La Procura di Palermo ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini, anticamera della richiesta di rinvio a giudizio, a carico di 35 indagati nell’ambito dell’inchiesta antimafia nell’Agrigentino cosiddetta “Oro bianco”, ruotante intorno al “paracco”, ovvero una cosca mafiosa, di Palma di Montechiaro, che sarebbe stata capeggiata da Rosario Pace, 60 anni, di Palma di Montechiaro. L’indagine ha inoltre sgominato un fiorente traffico di cocaina che sarebbe stato gestito dal clan. Il 13 gennaio scorso, giorno del blitz, i Carabinieri hanno arrestato anche il consigliere comunale, poi dimessosi, di Palma di Montechiaro, Salvatore Montalto, 52 anni, bancario, al quale è contestato il reato di associazione mafiosa allorchè avrebbe agevolato gli interessi del clan consentendo di incassare gli assegni dei mafiosi con le somme di denaro frutto di estorsioni e traffico di droga.

L’ultimo abbuono di 45 giorni ha aperto a Giovanni Brusca le porte del carcere: fine pena è la formula d’uso che chiude i suoi tanti conti aperti con la giustizia. A 64 anni l‘uomo che premette il telecomando a Capaci e fece sciogliere nell’acido il piccolo Giuseppe Di Matteo è, con tutte le cautele previste per un personaggio della sua caratura criminale, una persona libera.

Giovanni Brusca fu arrestato il 20 maggio 1996 da latitante in via Papillon, nella frazione agrigentina di Cannatello. 

Anche se era un esito annunciato, la scarcerazione suscita comunque le reazioni più critiche.

I familiari delle vittime avevano già espresso le loro preoccupazioni quando si è cominciato a porre, già l’anno scorso, il problema di rimandare a casa un boss dalla ferocia così impetuosa da meritare l’appellativo di “scannacristiani”. Nel suo caso sono stati semplicemente applicati i benefici previsti per i collaboratori “affidabili”. Se ne era già tenuto conto nel calcolo delle condanne che complessivamente arrivano a 26 anni. Siccome il boss di San Giuseppe Jato era stato arrestato nel 1996 nel suo covo in provincia di Agrigento, sarebbe stato scarcerato nel 2022. Ma la pena si è ancora accorciata per la “buona condotta” dopo che a Brusca erano stati concessi alcuni giorni premio di libertà. Gli ultimi calcoli prevedevano la scarcerazione a ottobre. È arrivata anche prima.

Ora però si apre un caso complicato di gestione della libertà del boss e dei suoi familiari. I servizi di vigilanza, ma anche di protezione pure previsti dalla legge, dovranno tenere conto dell’enormità dei delitti e delle stragi che lo stesso Brusca ha confessato. Non solo ha ammesso di avere coordinato i preparativi della strage in cui morirono Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta. Ha confessato numerosi delitti nella zona di San Giuseppe Jato. Ma ha soprattutto ammesso le sue responsabilità nel rapimento e nella crudele soppressione di Giuseppe Di Matteo il figlio tredicenne del collaboratore Santino Di Matteo.

Santino Di Matteo era, tra tutti, il depositario dei segreti più ingombranti della cosca e aveva cominciato a svelarli al procuratore Giancarlo Caselli e ai magistrati della Dda palermitana. Davanti alla prospettiva di trascorrere in carcere il resto della vita anche lui, qualche mese dopo l’arresto, ha cominciato a rivelare i retroscena e il contesto di tanti delitti e degli attentati a Roma e Firenze del 1993. Brusca non nascondeva il tormento di ripassare in rassegna i suoi crimini più odiosi e quelli di cui era a conoscenza. Ma mise da parte ogni remora quando ebbe la certezza che ne avrebbe ricavato quei benefici che ora gli hanno ridato la libertà. Dalle sue rivelazioni intanto presero subito l’avvio numerosi procedimenti che hanno incrociato pure i percorsi dell’inchiesta sulla “trattativa” tra Stato e mafia.