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L’aula consiliare del comune di Comtini verrà intitolata al giudice Rosario Livatino, diventato Beato domenica scorsa. Lo ha deciso il sindaco, Nino Contino.

Il sacrificio del giudice Livatino e la sua memoria – dice il primo cittadino – sono patrimonio che appartiene a tutti noi. Rimangono ancora vivi nei nostri ricordi le scene del film che hanno rievocato la vita del giovane Magistrato girate nella nostra piazza. Ritengo, pertanto, doveroso, a memoria del suo estremo sacrificio dedicare alla figura del giudice la struttura più nobile del nostro municipio, simbolo di legalità e di buona politica l’Aula consiliare”.
La cerimonia è in programma per il 3 luglio prossimo, data non casuale. Infatti, il Tre Luglio per Comitini è festa in tutti i sensi perché proprio in questa data, i garibaldini issarono il primo tricolore dell’Italia Unità, in Sicilia, precisamente sulla Petra, uno dei siti di maggiore interesse del piccolo centro agrigentino.

Il Tribunale di Palermo – Sezione Misure di Prevenzione, su proposta del Questore di Agrigento pro-tempore, ha applicato la misura della sorveglianza speciale di P.S., aggravata con obbligo di soggiorno, a Meli Rosario, di anni 73, e a Piombo Calogero, di anni 70, entrambi di Camastra.

Il Tribunale ha inflitto a Meli Rosario la misura per la durata di anni quattro ed al Piombo Calogero per anni tre, in quanto ritenute persone socialmente pericolose, poiché indiziati di far parte di un’associazione di stampo mafioso operante nella provincia

A seguito della istruttoria della Divisione Anticrimine, il Tribunale delle Misure di Prevenzione ha ritenuto che a carico del Meli e del Piombo sia stato presentato un quadro probatorio idoneo a sorreggere un giudizio di pericolosità sociale.

Il Meli ed il Piombo sono stati indagati nell’ambito della operazione antimafia VULTUR, sviluppata dalla Polizia di Stato, e in data 07.07.20 16 il personale della Squadra Mobile li traeva in arresto, unitamente ad altri soggetti, in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare in carcere.

Meli Rosario, detto “Saro ti puparu “, era già stato condannato con sentenza irrevocabile, nell’ambito del processo Alletto Croce +77, per reati per il reato di cui all’art. 416 bis C.P., commesso fino al 1993, quale appartenente alla consorteria di stampo mafioso denomina “stidda”, sottoposto alla misura della sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno, applicatagli per anni 5, nonché dichiarato delinquente abituale dal Magistrato di Sorveglianza di Agrigento.

Veniva nuovamente alla ribalta nel 2012, allorché assumeva la carica di reggente della compagine “stiddara” di Camastra ed esercitava con metodi mafiosi un racket estorsivo nel settore delle onoranze funebri.

Lo stesso attualmente è ristretto, in forza di titolo custodiale del G.I.P. del Tribunale di Palermo, per

I delitti di associazione di tipo mafioso, esercitata con ruolo apicale, tentata estorsione aggravata e

reati in tema di armi, per i quali con sentenza del Tribunale di Agrigento del 22.11.2018, confermata in appello con sentenza dell’ 11.12.2020, ha riportato condanna alla pena di anni 17 e mesi 6 di reclusione.

Piombo, anch’egli ristretto, è stato condannato, con la sentenza citata, per i delitti di associazione di tipo mafioso e tentata estorsione aggravata, alla pena di anni 13 e mesi 6 di reclusione, essendo riconosciuto soggetto che ha avuto un ruolo di diretto coadiutore del MELI nella gestione delle vicende criminose, anche ponendo a disposizione i locali del proprio esercizio commerciale di tabaccheria per lo svolgimento di riunioni tra i sodali e di incontro con esponenti di altre consorterie mafiose.

Il Tribunale di Palermo, con il decreto emanato, ha comminato – accogliendo la proposta del Questore – il divieto di ottenere e la decadenza da licenze pubbliche ed autorizzazioni di commercio, anche nei confronti dei familiari conviventi.

Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Agrigento, Stefano Zammuto, accogliendo quanto proposto dalla sostituto procuratore, Elenia Manno, ha archiviato il procedimento penale avviato a carico di quattro medici, indagati di omicidio colposo a seguito dell’esposto dei familiari di Antonina Rizzo, deceduta a 61 anni il 28 novembre del 2017. Secondo la sostituto Manno è vero che i medici hanno ritardato la diagnosi di un tumore, di cui però la donna è stata affetta da almeno sei mesi, o forse anche di più, e, di conseguenza, la morte sarebbe intervenuta anche con una diagnosi più precoce. Più nel dettaglio, i medici avrebbero ritardato di un mese l’invio di un reperto organico al laboratorio per l’esame istologico.

Un’altra frode informatica, l’ennesima di un fenomeno criminale sempre più in espansione, è stata perpetrata a Racalmuto a danno di una donna di 39 anni. Lei, impegnata in un acquisto on line, si è accorta di un prelievo di 117 euro e 50 centesimi, non suo, dalla carta di credito. Un ignoto, al momento, è riuscito ad impossessarsi dei suoi dati. La donna ha sporto denuncia in Commissariato. Indagini in corso.

Terzo prelievo multi-organo eseguito all’ospedale “San Giovanni di Dio” di Agrigento in poco più di un mese. Sono stati prelevati cuore, polmoni, fegato, reni e cornee da un uomo agrigentino, S.C sono le iniziali del nome, 45 anni, morto a causa di una emorragia cerebrale. Hanno operato diversi chirurghi e sanitari appartenenti ai diversi reparti ospedalieri ed una equipe proveniente dall’Ismett di Palermo. Gerlando Fiorica, primario del reparto Anestesia, Rianimazione e Terapia intensiva, afferma: “Il mio più sentito ringraziamento va alla famiglia di S.C, che ha dimostrato grande generosità pur se in un momento tragico, e a tutto il gruppo di reparto, molto sensibile a tale attività, che ha consentito tutte le procedure di accertamento di morte cerebrale nonché il mantenimento del paziente in attesa del prelievo. Preziosa l’attività del coordinatore locale per l’attività di preparazione al trapianto di organi aziendale, Rosa Maria Provenzano, e di Emanuela Solombrino, psicologa del Centro Regionale Trapianti Sicilia che opera presso il nostro reparto. Altrettanto significativo l’apporto dell’anestesista Vincenzo Lo Bosco e degli infermieri Calogero Vella, strumentista, Antonino Vullo e Salvatore Morgante”.

Il presidente della Regione interviene a seguito dell’escalation di sbarchi di migranti a Lampedusa. Nello Musumeci afferma: “A gestire questa infinita tragedia hanno lasciato la Sicilia, Lampedusa in testa, con i nostri sanitari, i nostri volontari e i pochi uomini in divisa. Non è con le sole buone volontà che si risolve il dramma umano dei migranti nel Mediterraneo. Tutti sanno che nelle prossime settimane moriranno altri innocenti, quasi sempre donne e bambini, nel loro disperato viaggio verso le coste siciliane, ma nessuno muove un dito, nè a Roma, nè a Bruxelles. Ho chiesto di incontrare il ministro dell’Interno per rinnovare, con il sindaco di Lampedusa, il nostro appello: Roma punti i piedi con l’Unione europea e pretenda subito la solidarietà più volte invocata dal Pontefice: tutto il resto è vergognosa ipocrisia”.

Emergono particolari raccapriccianti a seguito dell’incidente stradale che a Ragusa ha provocato la morte di Stefano Pagano, 21 anni. Il padre di Stefano, Antonio, è un autista soccorritore del 118. E’ stato lui ad intervenire sul posto, in via Archimede, e, quando si accorto del figlio incastrato tra le lamiere, ha iniziato ad urlare. Antonio Pagano ha prestato il primo soccorso ed ha accompagnato il figlio con l’ambulanza medicalizzata in ospedale, nel tentativo di salvargli la vita. Poi ha atteso in pronto soccorso, fino all’epilogo. Alla guida della Fiat Punto, che si è schiantata contro un’inferriata che costeggia la strada, è stato il migliore amico di Stefano, un ragazzo di 25 anni che non ha mai conseguito la patente di guida. Adesso è indagato per omicidio stradale.

A Licata, in via Giovanni Amendola, un incendio è divampato a danno di due automobili posteggiate, una Renault Clio di proprietà di un operaio di 31 anni, e poi le fiamme si sono estese ad una Dacia Daster, di un altro operaio di 63 anni. Sul posto hanno lavorato i Vigili del fuoco del locale distaccamento. Indagano i Carabinieri. Non sono state rinvenute tracce indicanti l’origine dolosa del fuoco. Il fumo ha annerito il prospetto del palazzo soprastante il rogo.

E’ stato arrestato l’avvocato agrigentino e leader ambientalista Giuseppe Arnone per avere violato il divieto di comunicazione. Lo comunica l’agenzia Ansa. Arnone, che si trovava in regime di semiliberta’, avrebbe inviato una Pec al tribunale di sorveglianza di Palermo per rivendicare il suo diritto di espressione. A suo carico il reato di diffamazione a mezzo stampa. Arnone e’ stato raggiunto dalla polizia che lo sta riportando nel carcere di contrada Petrusa, ad Agrigento.

“Il mio assistito – aveva dichiarato nel pomeriggio l’avvocato Menallo – se dovessero essere accolte le richieste dell’ufficio del pubblico ministero, rischia di essere incarcerato per fatti che tra un mese non saranno piu’ previsti come reato e, nelle more, viene privato del diritto di manifestare il suo pensiero nell’assunto che, cosi’ facendo, potrebbe commettere altri reati di opinione, peraltro prossimi a non poter piu’ essere sanzionati con pene detentive, come ci chiede da anni l’Unione europea.E’ una vicenda emblematica dello stallo della giustizia penale in Italia”, conclude Menallo.(ANSA).

Continuano le indagini sul caso della scomparsa di Denise Pipitone avvenuta il 1 settembre del 2004 a Mazara del Vallo. Si riaccende la pista rom, infatti durante la trasmissione “Mattino 5” è stato mostrato un confronto fotografico tra la donna ripresa a Milano dalla guardia giurata Felice Grieco che la filmò mente era con una bambina molto somigliante a Denise, e la donna che fece una chiamata anonima a Piero Pulizzi, padre naturale della piccola Denise.

L’avvocato Giacomo Frazzitta, legale della famiglia Pipitone, nel corso della diretta tv ha fatto sapere di essere sulle tracce della donna. La redazione di Mattino Cinque ha trovato conferma di questa dichiarazione in un post di Twitter scritto da un legale che conferma la testimonianza resa ai Carabinieri dalla nomade della fotografia.

Il legale inoltre, commentando la foto, ai microfoni di Mattino Cinque, ha affermato che la somiglianza tra le due donne è impressionante e ha aggiunto: “Non sappiamo se la bimba ripresa a Milano fosse Denise ma è importante trovare la nomade che era con lei. Se la trovassimo almeno potremmo toglierci questo dubbio. Questa foto ha delle somiglianze importanti con la donna che accompagnava la piccola ripresa a Milano”.