

12 nuovi positivi al covid in provincia di Agrigento, un ricoverato e 42 guariti. Questi i dati principali del bollettino Asp diramato e relativo ad ieri. 18 le persone ricoverate in degenza ordinaria/subintensiva. Di queste, 15 si trovano al “San Giovanni di Dio” di Agrigento e 1 al “Fratelli Parlapiano” di Ribera. In due sono invece ricoverati in ospedali fuori provincia. Due gli agrigentini che restano ricoverati in Terapia intensiva al Covid hospital di Ribera. Nessun paziente si trova in struttura lowcare.
Questi i numeri Comune per Comune: Agrigento: 14 (+1), di cui un migrante ospite di una casa d’accoglienza; Aragona: 1 (dato stabile); Bivona: 7 (stabile); Cammarata: 1 (-1); Campobello di Licata: 12 (-2); Canicattì: 70 (-13); Castrofilippo: 4 (stabile); Cattolica Eraclea: 3 (+1); Favara: 16 (-1); Grotte: 4 (-1); Licata: 28 ( -9); Menfi: 5 (-1); Montallegro: 2 (stabile); Palma di Montechiaro: 42 (-4); Porto Empedocle: 23 (-1); Racalmuto: 4 (+2); Raffadali: 1 (-1); Ravanusa: 9 (-5); Realmonte: 2 (+1); Ribera: 8 (-4); San Biagio Platani: 1 (-1); San Giovanni Gemini: 4 (-1); Santo Stefano Quisquina: 1 (stabile); Sciacca: 8 (stabile); Siculiana: 7 (+1) di cui 4 sono migranti isolati a “Villa Sikania”.
A Patti, in provincia di Messina, nove persone sono state denunciate dai Carabinieri alla Procura allorchè avrebbero percepito indebitamente il reddito di cittadinanza. Il giudice per le indagini preliminari ha anche disposto il sequestro delle somme incassate per un totale di 31mila e 767 euro. Ben 6 delle 9 persone (una donna e cinque uomini) denunciate, sono soggetti che hanno omesso di comunicare all’Inps misure cautelari personali sopravvenute per reati di vario genere: dalla detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti allo stalking. Tra i soggetti denunciati vi è anche un uomo di 53 anni che ha omesso di comunicare l’avvio di un’autonoma attività lavorativa, e due cittadine straniere (una rumena e una polacca, rispettivamente di 38 e 21 anni), che avrebbero falsamente dichiarato di risiedere da più di 10 anni in Italia.
A Catania i Carabinieri hanno arrestato Mikael Kevin Cambria, 18 anni, allorchè, credendo che la fidanzata avesse creato e utilizzato un falso profilo di Facebook con un’amica, per rimanere in contatto con altri ragazzi del quartiere, ha chiesto un incontro chiarificatore al padre della ragazza, ferendolo con un colpo di pistola a una gamba.
Il ragazzo è stato arrestato per lesioni personali aggravate e porto illegale di armi e munizioni. L’indagine è stata avviata dopo che un quarantenne la notte del 20 agosto scorso si è presentato al pronto soccorso dell’ospedale Garibaldi Centro con una ferita di arma da fuoco alla gamba sinistra, con foro d’entrata e d’uscita. Ai Carabinieri l’uomo ha raccontato di aver avuto una discussione a causa di un tamponamento fra scooter con uno sconosciuto il quale, sceso dal mezzo, gli aveva puntato una pistola alle gambe per poi sparargli a bruciapelo e fuggire via.
I successivi accertamenti dei Carabinieri hanno permesso di collegare il ferito e lo sparatore, e di ricostruire dinamica e movente dell’accaduto, scaturito per motivi sentimentali, di gelosia e di orgoglio tra giovani del quartiere San Cristoforo.
Già nel recente passato il locale molto conosciuto della movida agrigentina, il Mojo, situato in piazza San Francesco, era stato oggetto da controlli per il rispetto delle normative anti covid ed era stato pizzicato.
Ieri sera di nuovo. Una nuova visita da parte dei Carabinieri del Nucleo Radiomobile di Agrigento che hanno notificato il provvedimento di chiusura del locale dopo avere constatato numerosi assembramenti non controllati. Dopo l’accertamento è scattata la chiusura.
Il Tribunale di Agrigento ha condannato a 1 anno e 6 mesi di reclusione R M, sono le iniziali del nome, 42 anni, di Agrigento, per i reati di violazione di domicilio, minacce e lesioni. Il giudice ha disposto altresì il pagamento di una provvisionale di 1.000 euro nei confronti di due donne, madre e figlia, costituite in giudizio come parte civile. Il 19 novembre del 2018, lui avrebbe minacciato le due donne, tentando di introdursi nella loro abitazione, dopo essersi arrampicato su uno dei balconi, e infranto un vetro della finestra con una scopa. E poi avrebbe urlato: “Ti ammazzo e faccio abortire tua figlia”. Provvidenziale e tempestivo si è rivelato l’intervento dei poliziotti, allarmati subito dalle due. L’imputato è difeso dagli avvocati Daniele Re e Agnesa Neculai. Le donne dall’avvocato Fabio Inglima Modica.
I giudici della prima sezione penale del Tribunale di Agrigento, presieduta da Alfonso Malato, hanno inflitto quattro condanne nell’ambito dell’inchiesta, cosiddetta “Semiramide”, su un presunto business legato allo sfruttamento della prostituzione di ragazze romene tra Reggio Calabria e Licata. Dunque, 4 anni di reclusione per Gicu Radu, 42 anni, 3 anni e 6 mesi ciascuno per Julian Bobeica, 33 anni, e Alessandru Hornet Razvan, 34 anni, e per Alessandro Polimeni, 42 anni, di Reggio Calabria. L’operazione, condotta dai carabinieri di Reggio Calabria, è scattata nel 2011, dopo due anni di indagini. Un filone dell’inchiesta è approdato al Tribunale di Agrigento.
Legacoop Sicilia e Legacoop sociali Sicilia, apprendono con dolore dei tragici fatti di Castelvetrano, con l’incendio che ha distrutto il ghetto dell’ex “Calcestruzzi Selinunte”, provocando la morte di un giovane lavoratore “invisibile”, arso vivo all’interno dell’insediamento.
Ancora una volta una vittima dello sfruttamento e della mala accoglienza che nel nostro Paese lucra sulla vita di migliaia di persone in cerca di un futuro dignitoso.
Per questo motivo noi denunciamo le modalità disumane in cui vengono trattati i lavoratori stranieri, senza diritti e tutele, con alloggiamenti di fortuna ed estremamente pericolosi per la salute e per la vita stessa delle persone.
Invitiamo, pertanto, le Prefetture, i Comuni le Asp competenti e tutti gli organi di controllo a vigilare ed intervenire tempestivamente per prevenire queste disgrazie.
Già da subito Legacoop Sicilia si sta attivando per la raccolta di beni di prima necessità (anche in accordo con altre organizzazioni) per fronteggiare l’emergenza, a partire dalle cooperative del territorio
Filippo Parrino Presidente di Legacoop Sicilia
Pippo Fiolo Presidente di Legacoop sociali Sicilia
Alle prime luci dell’alba della giornata odierna, la Polizia penitenziaria del Nucleo Investigativo Regionale della Sicilia, unitamente ad alcune unità del Nucleo Traduzione e Piantonamenti e del P.R.A.P di Palermo, nonché del Reparto della Casa di Reclusione di San Cataldo, coordinati dal Nucleo Investigativo Centrale di Roma, ha dato esecuzione, su richiesta della Procura della Repubblica di Caltanissetta, all’ordinanza, emessa dal GIP, della misura cautelare in carcere nei confronti di Z.S. e degli arresti domiciliari per altre 4 persone, tra cui un appartenente al Corpo di Polizia Penitenziaria, ritenuti responsabili a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata allo spaccio e commercio di sostanze stupefacenti, corruzione e utilizzo illecito di telefoni cellulari all’interno del carcere.
Le complesse attività di indagini, che hanno avuto inizio dalla segnalazione del Comandante del Reparto di Polizia penitenziaria della Casa di Reclusione di San Cataldo, e condotte con la collaborazione dello stesso, hanno permesso di accertare che l’Assistente Capo S.C.M., in forza nella struttura penitenziaria, dietro compenso in denaro, provvedeva a introdurre illecitamente sostanze stupefacenti all’interno del Penitenziario e che il detenuto Z.S., a cui lo stupefacente veniva recapitato, si occupava della commercializzazione tra i detenuti e delle richieste dei successivi rifornimenti.
La sostanza stupefacente veniva consegnata dalla moglie e dai due figli del ristretto, tutti residenti nel comune del Palermitano, al poliziotto infedele che approfittando delle sue funzioni la consegnava al detenuto.
Le attività tecniche hanno consentito di acquisire ulteriori elementi di prova in ordine agli episodi corruttivi e di individuare tutti i soggetti che hanno preso parte all’attività illecita tra cui anche altri 4 soggetti: 3 detenuti, attualmente reclusi presso l’istituto di San Cataldo, (G.G.; V.R.; A.M.) e un palermitano (R.S.) tutti indagati a piede libero nell’ambito del procedimento penale.
Le indagini hanno dimostrato come la disponibilità di un telefono cellulare durante il periodo di detenzione oltre a permettere il perseguimento di obiettivi criminali consente di mantenere continui rapporti con l’esterno, consolidando posizioni di leadership all’interno del carcere.
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