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In relazione alle notizie di stampa sulle presunte inadempienze che riguardano la mancata assistenza agli studenti disabili gravi che frequentano gli Istituti superiori della provincia, si chiarisce che il Libero Consorzio Comunale di Agrigento ha operato nel pieno rispetto della normativa vigente per assicurare i servizi specialistici dovuti per legge.

Il servizio di assistenza igienico-personale, purtroppo, non rientra tra le competenze dei Liberi Consorzi essendo stato trasferito alle Istituzioni scolastiche che devono erogarlo con il personale ATA allo scopo formato, come per altro, puntualmente spiegato dal Consiglio di Giustizia Amministrativa nel parere n. 251/2019 del 5 maggio 2020.

Il Settore Solidarietà Sociale del Libero Consorzio, come comunicato al servizio VII dell’Assessorato Regionale alla Famiglia, ha assicurato sin dall’inizio del nuovo anno scolastico a partire dal 16 settembre e a pieno regime dal 20 settembre l’assistenza specialistica agli studenti disabili gravi che frequentano gli Istituti Superiori di competenza di questo Ente. Inoltre il Settore competente ha partecipato alle conferenze di servizio indette dalla Commissione Parlamentare regionale e dal servizio VII dell’Assessorato alla Famiglia.

L’Ente attualmente assicura l’assistenza specialistica, unica dovuta per legge, a 226 studenti disabili gravi che frequentano gli Istituti Scolastici di competenza del Libero Consorzio secondo quanto indicato dal Decreto Assessoriale n. 81/Gab del 15 settembre 2020, che prevede l’obbligo dell’assistenza esclusivamente agli alunni disabili gravi di cui all’art. 3 comma 3 della L. 104/92.  I servizi in favore degli studenti disabili vengono erogati dall’Ente nel pieno rispetto della normativa nazionale e regionale in materia.

Per quanto riguarda i servizi integrativi e migliorativi non obbligatori, questo Ente si è prodigato a richiedere i progetti alle scuole di competenza secondo le linee guida regionali. L’Ente, al momento. non ha ricevuto la trasmissione di progetti idonei allo scopo. I pochi progetti pervenuti non rispondono ai requisiti minimi previsti dalle linee guida regionali.

A fine giugno la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17959/2021, ha dichiarato l’illegittimità del meccanismo di recupero delle cosiddette “partite pregresse”, ovvero i conguagli tariffari previsti dalla delibera ARERA n. 643/2013. Tale disposizione aveva dato il via a una pioggia di richieste di conguagli da parte dei gestori, che vantavano nei confronti degli utenti il recupero di somme relative ai consumi precedenti al 2011.

La delibera ARERA, in quanto provvedimento amministrativo, non può porsi in contrasto con la legge e nello specifico con l’art. 11 delle Preleggi, che dispone il principio di irretroattività della legge.

La recente sentenza smentisce tale orientamento, aprendo le porte alla richiesta di rimborso per chi ha già pagato tali conguagli ritenuti illegittimi.

Anche per coloro che hanno contenziosi aperti con i gestori si aprono spiragli positivi: questa pronuncia, infatti, influirà sull’esito del giudizio consolidando le posizioni degli utenti che avevano contestato i pagamenti.

La contestazione delle partite pregresse sulle bollette dell’acqua è una battaglia che Federconsumatori porta avanti da molto tempo: questa importante pronuncia dà ancora più forza alle nostre rivendicazioni e consentirà a molti utenti di ottenere giustizia.

Invitiamo tutti i cittadini a rivolgersi ai nostri sportelli, presenti su tutto il territorio nazionale, per ricevere assistenza nelle richieste di rimborso.

Federconsumatori aprirà confronti sul tema con le Associazioni d’impresa rappresentative del settore, con gli ATO territoriali e le autorità competenti a livello regionale.

Il periglioso percorso del servizio idrico, prosegue decisamente irto di problematiche, alcune, solo al momento superate, a proposito della copertura finanziaria a sostegno del salario dei lavoratori, ai quali va  la solidarietà delle scriventi e degli utenti. Sulla gestione di governo  della vicenda   affiora in tutta evidenza la scarsa competenza degli uffici dell’assessorato regionale agli enti locali nonché dell’assemblea regionale, che hanno prodotto un  periglioso disegno di legge incappato  sul controllo di legittimità da parte del MEF, circa la validità giuridica dello stesso.

E’ proprio sul versante degli utenti che si conferma confuso e claudicante il percorso della società nei confronti dei diritti contrattuali degli utenti del servizio.  Rimane infatti in assenza di riscontro la nota del 30.09.2021  inoltrata agli organi di governo di AICA e per conoscenza a Codesta Prefettura.

Il  cittadino\utente per AICA, sembra non spaventare come il lavoratore dipendente, in materia di qualità e modi di rivendicazione di legittimi diritti.  Ma come per i lavoratori, il cui status  è garantito ed assicurato dal vigente CCNL , ciò vale anche per gli utenti  i cui diritti sono garantiti da norme, contratti e regolamenti che valgono e vincolano  parimenti anche la società AICA, oltrechè le scriventi associazioni riconosciute dal MISE e da ARERA.

Gli impegni assunti da AICA nell’unico confronto assembleare,  non circoscritto  solamente, come si doveva, alle associazioni riconosciute da ARERA,  sono alla data della presente praticamente disattesi. Fa testo infatti,  tra le tante criticità, la bollettazione agli utenti, recante il doppio addebito del deposito cauzionale.

A conferma del controverso percorso  “ a vista” sul quale si è decisamente incamminata AICA, fa testo proprio  la dichiarazione, riportata dalle cronache, di  un autorevole componente dell’assemblea dei sindaci, il sindaco Carmelo D’Angelo di Ravanusa , in perfetta linea con le posizioni espresse dalle scriventi associazioni: AICA è tenuta a  rivolgere alla curatela fallimentare di Girgenti Acque  la richiesta di storno di ben 5 milioni di euro versati dagli utenti a titolo cauzionale sui contratti di fornitura  a suo tempo attivati.

39 i casi di positività al Covid-19 registrati ieri in provincia di Agrigento. Lo rende noto il bollettino dell’Azienda sanitaria provinciale. Non si registrano nuove vittime, un solo ricovero e 23 guarigioni,

9 le persone ricoverate in degenza ordinaria/subintensiva. Non ci sono più pazienti Covid al “San Giovanni di Dio” di Agrigento, mentre 8 sono ricoverati al “Fratelli Parlapiano” di Ribera. C’è al momento un solo ricovero in ospedali fuori provincia. Un solo paziente in terapia intensiva. Nessun paziente si trova in strutture lowcare.

Questi i dati Comune per Comune: Agrigento: 9 (dato stabile), di cui un migrante ospite di una casa d’accoglienza; Aragona: 1 (dato stabile); Bivona: 7 (stabile); Cammarata: 1 (stabile); Caltabellotta: 1 (stabile); Campobello di Licata: 9 (stabile); Canicattì: 64 (-3); Castrofilippo: 4 (stabile); Cattolica Eraclea: 3 (stabile); Favara: 10 (-5); Grotte: 4 (-1); Licata: 21 (-2); Menfi: 4 (-1); Montallegro: 2 (-2); Palma di Montechiaro: 44 (+5); Porto Empedocle: 21 (+4); Racalmuto: 2 (-2); Raffadali: 1 (stabile); Ravanusa: 7 (stabile); Realmonte: 1 (-1); Ribera: 4 (-1); Sambuca di Sicilia: 1; San Biagio Platani: 1 (stabile); San Giovanni Gemini: 4 (stabile); Sciacca: 15 (stabile); Siculiana: 7 (stabile) di cui 4 sono migranti isolati a “Villa Sikania”.

Sono “Covid free” Alessandria della Rocca, Burgio, Camastra, Casteltermini, Comitini, Cianciana, Calamonaci, Lucca Sicula, Montevago, Joppolo Giancaxio, Naro, Santo Stefano Quisquina, Santa Elisabetta, Santa Margherita di Belìce, Sant’Angelo Muxaro e Villafranca Sicula. Sono 38 (+13) i migranti attualmente in quarantena sulle navi di accoglienza in rada dell’Agrigentino.

Nella giornata di ieri, il Tribunale della Libertà di Palermo ha ritenuto non fondato l’appello proposto dal Pubblico Ministero della Procura della Repubblica di Agrigento, Dott. Gianluca Caputo, avverso la decisione del G.I.P. di Agrigento Dott.ssa Luisa Turco, con la quale erano state ritenute non ricorrenti le esigenze cautelari sottese all’applicazione della misura personale richiesta nei confronti di Salvatore Moncada e del Rag. Calogero Volpe, rispettivamente amministratore e direttore amministrativo della Moncada Energy Group.

Il provvedimento cautelare era stato richiesto dal Dott. Gianluca Caputo nell’ambito dell’indagine relativa ad una presunta bancarotta preferenziale, per fatti risalenti al lontano triennio 2011/2013, ipoteticamente commessa nella gestione della Moncada Solar Equipment.

Peraltro, la procedura concorsuale della Moncada Solar Equipment è stata definita con un concordato depositato dalla stessa Moncada Energy Group ed omologato dal Tribunale di Agrigento, mediante il quale tutti i creditori privilegiati sono stati soddisfatti al cento per cento; mentre, il 75 per cento dei residui crediti erano vantati, in ogni caso, da società facenti parte dello stesso Gruppo Moncada.

Con tale provvedimento quindi, il Tribunale della Libertà di Palermo ha del tutto escluso l’attualità e la concretezza delle esigenze cautelari ipotizzate dalla Procura della Repubblica di Agrigento a carico di Moncada Salvatore e Volpe Calogero.

I Carabinieri della Compagnia di Canicattì hanno eseguito l’ordinanza di misura cautelare emessa dal GIP presso il Tribunale di Agrigento nei confronti di 4 persone – 3 donne ed 1 uomo – responsabili di spaccio di sostanze stupefacenti.

Il provvedimento giunge a perfezionamento dell’indagine con la quale il NOR della Compagnia di Canicattì ha documentato come gli indagati, appartenenti a 2 diversi nuclei familiari residenti in viale della Vittoria, nella stessa palazzina ma in 2 diverse case popolari, abbiano organizzato e gestito, anche in competizione tra loro, una fiorente piazza di spaccio di sostanze stupefacenti di diverso tipo (eroina, cocaina e marijuana), colonizzando quella parte del centro di Canicattì: viale della Vittoria, prosecuzione del salotto della città e confinante con la villa comunale, è rapidamente degradata a causa del frenetico traffico di droga che ha richiamato tossicodipendenti anche dai paesi vicini, diventando scenario dell’illecito: in pieno lock down un appartenente al clan pensò perfino di stabilirvi, proprio sotto casa, una grossa rivendita abusiva di mascherine e generi sanitari per la pandemia di covid-19, mentre le auto degli stessi indagati, in strada, sono state ripetutamente incendiate e danneggiate a colpi d’arma da fuoco.

I militari, nel corso dell’investigazione, hanno operato 2 arresti in flagranza, monitorato innumerevoli episodi di cessione di stupefacenti, segnalato alla competente autorità 16 assuntori identificati subito dopo l’acquisto della droga e sequestrato diverse decine di grammi di eroina e cocaina.

La penetrazione investigativa ha consentito di annotare e riferire alla Procura della Repubblica di Agrigento lo spregiudicato modus operandi degli indagati, registrati mentre dichiaravano di intendere come un lavoro lo spaccio degli stupefacenti e colti nell’impiego dei figli minori come veicolo per il trasporto della droga: i Carabinieri, nel corso dell’indagine, hanno arrestato una delle indagate in possesso di 7 dosi di cocaina nascoste nel propri abbigliamento intimo, mentre altre dosi della medesima sostanza erano state occultate sulla persona della di lei figlia undicenne.

I Carabinieri di Canicattì, durante l’esecuzione della misura cautelare, hanno cinto d’assedio la palazzina dello spaccio, interamente perquisita con l’ausilio di 2 unità del Nucleo Cinofili di Palermo: è stato il fiuto del cane Lego a permettere di rinvenire e sequestrare alcune dosi di marijuana confezionate e pronte per essere rivendute.

L’operazione è stata conclusa con la rimozione, eseguita in collaborazione con i Vigili del Fuoco del distaccamento di Canicattì, di ben 8 telecamere posizionate dagli indagati sui lati della palazzina, disposte a protezione dall’arrivo delle Forze di Polizia.

L’ondata di maltempo ancora in corso ha flagellato, oltre Sciacca, anche alcuni Comuni dell’entroterra agrigentino. Gravi danni, soprattutto alle colture agricole come gli uliveti, hanno subito, a causa delle grandinate, Alessandria della Rocca, Bivona, Santo Stefano di Quisquina, e zone limitrofe. Ecco perché il Cartello Sociale della provincia di Agrigento, formato dall’Ufficio diocesano di Pastorale Sociale e dalle segreterie provinciali di Cgil, Cisl e Uil, recependo il soccorso invocato dalle famiglie dell’entroterra, chiede, unitamente ai cittadini e ai sindaci, un concreto e rapido intervento del governo regionale affinché si renda un aiuto congruo in modo da alleviare le conseguenze dei danni subiti e ripristinare condizioni di vita normale. Nel contempo si sollecitano interventi atti a normalizzare la mobilità in un contesto dove la viabilità presenta già notevoli difficoltà.

A Marsala, in provincia di Trapani, innanzi al Tribunale, il pubblico ministero, Francesca Dessì, a conclusione della requisitoria, ha invocato condanne per complessivi 166 anni a carico di 13 imputati nell’ambito dell’inchiesta antimafia cosiddetta “Annozero”, sfociata nel blitz dei Carabinieri del 19 aprile del 2018, e che ha coinvolto presunti mafiosi, tra i quali anche due cognati del superlatitante Matteo Messina Denaro, Gaspare Como e Rosario Allegra, deceduto il 13 giugno 2019, a 65 anni, a seguito di un aneurisma cerebrale, nell’ospedale di Terni. E poi fiancheggiatori di Cosa Nostra nel Belicino. Le pene più severe (25 anni di carcere) sono state chieste per Gaspare Como, al quale è contestato un ruolo di vertice nella “famiglia” di Castelvetrano, e per Dario Messina, ritenuto dagli inquirenti il nuovo reggente del mandamento mafioso di Mazara del Vallo. Poi 23 anni per Vittorio Signorello, anche lui di Castelvetrano, 20 anni per Bruno Giacalone, di Mazara del Vallo, 18 anni per Vito Bono, di Campobello di Mazara, 17 anni per il mazarese Giovanni Mattarella, 16 anni per il castelvetranese Carlo Cattaneo, 8 anni di reclusione per l’ex consigliere comunale di Castelvetrano Calogero “Lillo” Giambalvo, 7 anni per il campobellese Giuseppe Accardo, 5 anni per Carlo Lanzetta, 4 anni ciascuno per Nicola Scaminaci, Giuseppe Tommaso Crispino e Maria Letizia Asaro. Le ipotesi di reato contestate, a vario titolo, sono l’associazione mafiosa, estorsioni, danneggiamenti tramite incendi, trasferimento fraudolento di valori e il favoreggiamento. Dalle indagini è emerso anche l’interesse della mafia nel settore delle scommesse on line.

Il Tribunale di Catania ha condannato a una multa di 11mila euro per diffamazione il giornalista Vittorio Feltri per il suo articolo sulla prima pagina di Libero del 10 febbraio 2017 dal titolo ‘Patata bollente’, sulla sindaca di Roma, Virginia Raggi. Il giudice ha stabilito un risarcimento danni da quantificare in sede civile, fissando una provvisionale di 5.000 euro, il pagamento delle spese legali e la pubblicazione della sentenza sui maggiori quotidiani nazionali. Con Feltri è stato a processo, per omesso controllo, anche il direttore responsabile del quotidiano, Pietro Senaldi, condannato al pagamento di una multa di 5.000 euro e pena sospesa. La Procura aveva chiesto la condanna a 3 anni e 4 mesi di reclusione per Feltri e a 8 mesi per Senaldi. La competenza del caso è radicata Catania perché è la città in cui è stata stampata per prima la copia del quotidiano. Virginia Raggi si è costituta parte civile, perché il titolo ha offeso la sua reputazione. Peraltro, il titolo è stato preceduto dal sopratitolo ‘La vita agrodolce della Raggi’ e seguito dal catenaccio ‘La sindaca di Roma nell’occhio del ciclone per le sue vicende comunali e personali”.

Via libera dal Comitato tecnico-scientifico alla riapertura delle discoteche in zona bianca, con un limite del 35% della capienza al chiuso e del 50% all’aperto.

Il Cts, fermo restando che gli accessi a queste attività debbano avvenire esclusivamente attraverso un meccanismo di registrazione che consenta un eventuale tracciamento e solo in presenza di green pass valido, ritiene che se ne possa considerare l’apertura con una progressiva gradualità.