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Anche il reparto di radioterapia dell’ospedale “San Giovanni di Dio” di Agrigento ha il suo nuovo primario. Si tratta del dottor Michele Bono, vincitore della procedura concorsuale per il conferimento dell’incarico quinquennale di direttore di struttura complessa. Il neo-primario è stato ricevuto questa mattina dal commissario straordinario dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Agrigento, Mario Zappia, per la formale sottoscrizione del contratto.

Ad Aragona nella chiesa del Rosario sono stati rubati diversi oggetti sacri tra novembre e marzo scorsi. I Carabinieri hanno indagato, e su due siti internet si sono accorti dell’annuncio di vendita degli stessi oggetti sacri. Un uomo di 35 anni di Aragona è stato denunciato a piede libero alla Procura di Agrigento per l’ipotesi di reato di ricettazione allorchè, al momento, non vi è alcuna prova che sia stato lui a compiere il furto degli oggetti, peraltro sottoposti a tutela culturale e storica.

Il 14 gennaio 2015 la Cassazione ha confermato la sentenza emessa il 28 giugno 2013 dalla Corte d’Appello di Palermo che ha confermato a sua volta la sentenza del Tribunale di Agrigento che il 7 giugno 2012 ha condannato a 18 anni di carcere Salvatore Rotolo, 48 anni, di Agrigento, giudicato in abbreviato e imputato dell’omicidio della compagna, Antonella Alfano, 34 anni, anche lei di Agrigento, scoperta morta carbonizzata all’interno della sua Fiat 600 la mattina del 5 febbraio del 2011. Rotolo, al culmine di una lite, ha ucciso la donna e poi ha simulato un incidente stradale lanciando giù da una scarpata, in via Papa Luciani, l’automobile di lei, e poi appiccando il fuoco alla stessa automobile. E’ stata sottratta la potestà genitoriale a Salvatore Rotolo. Quando è stato compiuto l’efferato delitto, Antonella Alfano è stata madre di una bambina di pochi mesi, poi affidata definitivamente alla famiglia di lei. Ebbene adesso la bambina, che ha quasi 12 anni, ha espresso il desiderio di rinunciare al cognome del padre, Rotolo, ovvero colui che ha ucciso sua madre, e di assumere solo il cognome della madre, Alfano. I familiari della 12enne, la zia Rossana e i genitori, assistiti dall’avvocato Simona Fulco, hanno percorso il cammino burocratico relativo alle procedure di cambio di cognome. E la Prefettura e il Comune di Agrigento hanno acconsentito alla modifica.

Una donna di 43 anni, originaria dell’Albania ma residente a Pozzallo, in provincia di Ragusa, è morta, e il marito ha subito ferite, in un incidente stradale avvenuto nella periferia di Pozzallo. I due coniugi sono stati, al rientro dal lavoro, a bordo della loro Fiat Multipla lungo la strada provinciale 66 che collega Pozzallo con la località di Santa Maria del Focallo. Per cause in corso di accertamento l’automobile si è schiantata contro un muro di un’abitazione privata, sfondandolo. I sanitari del 118 subito sul posto hanno constatato la morte di lei. Il marito è stato trasportato all’ospedale “Maggiore-Nino Baglieri” di Modica.

La Cassazione ha accolto un ricorso di Giuseppe Barranca, condannato a più ergastoli, in carcere da oltre 25 anni, detenuto nel carcere di Opera a Milano, anche per gli attentati di Capaci, di via dei Georgofili a Firenze, di via Fauro a Roma, e via Palestro a Milano. Lui, Barranca, come sancito dalla Suprema Corte, ha diritto al permesso premio se ha ottenuto la revoca del 41 bis e ha reciso i suoi collegamenti con la mafia. L’istanza volta a ottenere il beneficio è stata rigettata dal Tribunale di Sorveglianza, nonostante la revoca del 41 bis e il corretto comportamento mantenuto in carcere. Secondo quanto sottolinea la Cassazione nella relativa sentenza, la numero 19536, “è solo la proiezione attuale a recidere i collegamenti criminali e mafiosi e a non riattivarli nel futuro, in una prospettiva dinamica di rieducazione e recupero del detenuto, monitorata attraverso un esame a tutto campo della sua vita”. Il Tribunale di Sorveglianza invece ha ritenuto del tutto volontario il “silenzio non collaborante” di Barranca. E dunque, a causa della sua mancata dissociazione, ma anche dell’assenza di azioni riparatorie in favore delle vittime, è difficile ipotizzare l’interruzione del suo legame di appartenenza alla mafia”.

Un’imprenditore edile Bartolo Zaia, 68 anni, è morto a Lipari cadendo da una impalcatura in un cantiere in località Zinzolo dove stava ristrutturando un’abitazione.

Dalle prime indagini l’uomo si era recato nella casa della figlia dove erano in corso lavori di restauro di un rudere.
A dare l’allarme è stato un passante. Sul posto si sono recati l’ambulanza del 118 e due pattuglie dei carabinieri.Sulla vicenda che ha turbato la comunità eoliana per la famiglia di Canneto molto nota sull’isola, i carabinieri hanno avviato le prime indagini. La salma è stata trasferita nella sala mortuaria del cimitero. Un altro incidente sul lavoro è avvenuto a Caltanissetta dove sue operai sono rimasti feriti, uno in maniera grave, mentre lavoravano sul tetto di un locale commerciale in via Due Fontane. Quattro operai stavano effettuando lavori di manutenzione quando un traliccio, sul quale erano montati alcuni ripetitori di compagnie telefoniche, è caduto. Uno dei quattro operai è rimasto schiacciato mentre un altro è stato ferito lievemente. Per liberare l’operaio schiacciato è stato necessario l’intervento dei vigili del fuoco arrivati poco dopo. L’uomo, un 47enne di Monreale (Palermo), è stato trasportato col codice rosso da un’ambulanza del 118 all’ospedale Sant’Elia. Al momento è sottoposto ad esami diagnostici. Avrebbe riportato traumi da schiacciamento e una frattura esposta del femore. L’altro operaio è stato trasportato in ospedale col codice giallo, mentre i due colleghi sono rimasti illesi. Adesso i vigili del fuoco sono a lavoro per mettere in sicurezza la zona e definire le cause che hanno determinato il cedimento del traliccio. Le indagini sono affidate ai carabinieri.

Il tutto sarebbe nato da una istanza di avocazione che l’ex avvocato Giuseppe Arnone inviata alla Procura Generale di Palermo. Nella missiva Arnone evidenziava dei favoritismi perpetrati da parte degli ex capi della procura agrigentina, Renato Di Natale e Luigi Patronaggio e dei vice Ignazio Fonzo e Salbatore Vella.

Tra le righe scritte ecco cosa spiccava: “I continui ritardi e le omissioni nel promuovere l’azione penale in ordine a pacifici reati di abuso di ufficio e concessioni edilizie illecite hanno inculcato al Comune di Agrigento una sostanziale convinzione di impunità con gravissimi danni per il territorio”.

E’ bastata questa considerazione, ma ce ne sono di altre, per mandare a processo Arnone fissato per il 7 novembre prossimo con l’ipotesi di reato di calunnia e per il quale lo stesso ex avvocato ha rinunciato all’udienza preliminare.

E’ stato il gip di Caltanissetta, Valentina Maria Amelia Balbo che ha disposto il giudizio immediato dopo che la procura di Caltanissetta ha chiesto il suo rinvio a giudizio – con l’accusa di calunnia ai danni dei magistrati di cui sopra.

Secondo i pm Stefano Marino, Simona Russo e Dario Bonanno, Arnone – sapendoli innocenti – avrebbe accusato falsamente i quattro magistrati del reato di abuso di ufficio. La vicenda scaturisce dal contenuto di un’istanza di avocazione – strumento che consente alla parte di estromettere una procura dallo svolgimento delle indagini quando si verificano ritardi e omissioni -, datata febbraio 2020,  nella quale Arnone sosteneva che i pm agrigentini avessero volutamente protetto una donna non indagandola per degli abusi edilizi.

Ma ci sarebbe anche di più: Arnone descriveva “una situazione di illegalità all’interno della procura agrigentina”; secondo i pm nisseni questi argomenti erano falsi e avevano lo scopo di mandare a processo i 4 magistrati.

 

“Inqualificabile e senza pudore, a limite della presa in giro dei siciliani, la difesa d’ufficio del cerchio magico del Presidente Musumeci sul posizionamento al terzultimo posto per gradimento tra i Presidenti di Regioni che ricordo a me stesso sono 20.

D’altronde è lo stesso atteggiamento con il quale Musumeci vorrebbe arrivare alla ricandidatura che per inciso non era preventivata. Come è lo stesso, tenuto durante questa legislatura cioè quello dell’imposizione, e non del confronto, contrario ai principi democratici e del vivere in una comunità”.

Sono le parole dell’onorevole di “Prima l’Italia” e Presidente della commissione speciale di monitoraggio e verifica delle leggi Carmelo Pullara.

“E non valgono – continua Pullara – i 10, 100 e 1000 sondaggi per così dire fatti in casa per contrastarne uno che ha un valore nazionale con alta attendibilità e scevra da condizionamenti.

Ci sorprende non poco come il movimento creato dal presidente Musumeci, quale riferimento per il territorio continui a chiedere che sia Roma a decidere sui siciliani. Salvini, a differenza della Meloni, sta dimostrando di tenere in considerazione i siciliani rispettandoli. Le perplessità sollevate d’altronde sono fotografate dal  giudizio dei siciliani evidenziate dal sondaggio SWG.

La scelta del prossimo presidente della regione – conclude Pullara – deve essere una scelta condivisa, fatta in Sicilia da siciliani e per i siciliani, non calata da Roma contro la volontà dei siciliani”.

La Guarda Costiera di Porto Empedocle ha recuperato e sequestrato circa 1500 ricci di mare pescati illegalmente, sequestrando anche le attrezzature subacquee utilizzate per la loro cattura, e infliggendo multe per 2mila euro ciascuno a due sub palermitani sorpresi nel tratto di mare antistante la foce del fiume Magazzolo, in territorio di Ribera. I due pescatori abusivi sono stati fotografati e filmati intenti a ritornare a riva con il loro carico di ricci di mare, poi caricato su un’automobile. I controlli continueranno anche nei prossimi giorni lungo l’intero tratto di costa.

A Serradifalco, in provincia di Caltanissetta, alcuni colpi di pistola sono stati sparati – ed è la seconda volta – contro il portone dell’abitazione, nel centro cittadino, dell’avvocato Maria Giambra, in casa con i familiari. A telefonare ai Carabinieri è stato il marito. E’ l’ennesimo attentato nei confronti dell’avvocato che è sottoposta a protezione da mesi. Diverse persone sono state arrestate nei mesi scorsi dai Carabinieri nell’ambito di indagini sugli attentati subiti, come l’incendio di automobili, e le fiamme appiccate alla tettoia della sua abitazione di campagna.