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Su delega del Tribunale di Agrigento i Carabinieri hanno arrestato un imprenditore agrigentino di 48 anni che, dal 2019 al 2021, si sarebbe reso responsabile di maltrattamenti in famiglia, lesioni personali aggravate e diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti a danno della propria compagna.

Quando a casa sua si sono presentati i Carabinieri della stazione del Villaggio Mosè per la notifica del provvedimento e per una perquisizione, l’imprenditore si è scatenato in atti di autolesionismo. Prima i militari dell’arma hanno evitato il peggio intervenendo sull’uomo, poi lo hanno trasferito in ospedale per le cure del caso. Dopo essere stato medicato l’imprenditore è stato trasferito al carcere “Pasquale Di Lorenzo di Agrigento.

 

Anche i bersaglieri in congedo della sezione di Agrigento, intitolata alla Medaglia d’argento al valor militare Gaetano Camizzi, hanno partecipato al raduno nazionale dei fanti piumati svoltosi la scorsa settimana a Cuneo. La delegazione agrigentina, guidata dal presidente ten. bers. Andrea De Castro, ha sfilato domenica mattina con il proprio labaro inquadrata tra i ranghi della regione Sicilia. Dopo la lunga e forzata sosta dovuta agli effetti della pandemia, dunque la sezione agrigentina dell’Associazione Bersaglieri riprende la propria attività con l’ambizione di consolidare ulteriormente la propria presenza nel territorio agrigentino attraverso la realizzazione di un ambizioso programma di iniziative.

di Antonella Sferrazza*

Elezioni e strumentalizzazioni elettorali

All’annuale show dei soliti noti che in questi giorni si esibiranno sui palchi di Palermo – in molti casi gli stessi che non hanno mai mosso un dito per sgretolare il “muro di omertà istituzionale” di cui parla Fiammetta Borsellino costruito intorno alla verità sul periodo delle stragi – quest’anno si aggiunge con vigore un altro squallido fenomeno: la strumentalizzazione politica dei nomi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Certamente non è un fenomeno del tutto nuovo, ma le ‘vette’ raggiunte in questo periodo di campagna elettorale per le elezioni comunali di Palermo non si erano mai viste e destano amarezza, perché rivelano tanta miseria umana, oltre che politica. C’è, infatti, qualche parte in gioco che tenta di “fare fuori” gli avversari dispensando patenti di mafiosità e antimafiosità. Il vuoto cosmico, a livello politico, non trova altre argomentazioni se non quella di auto-nominarsi erede legittimo del nome di Falcone e Borsellino, mentre gli altri no, per carità, gli altri sarebbero solo una vergogna per questi due eroi siciliani trucidati nel nome di chissà quale trama di real politik terroristica.

La gogna

Va da sé che parliamo della gogna cui viene sottoposto quotidianamente l’ex presidente della Regione, Totò Cuffaro, insieme con Marcello Dell’Utri, entrambi schierati a sostegno della candidatura a Sindaco di Palermo, di Roberto Lagalla. I primi due, secondo i concorrenti, non avrebbero l’autorevolezza antimafiosa  per sostenere una qualsivoglia candidatura. Di conseguenza, anche Lagalla sarebbe uno che non può rappresentare nulla di buono. Anzi, è il male. Che offende la memoria di Falcone e Borsellino. Insomma, misera propaganda da quattro soldi fatta sulla pelle di due siciliani d’oro, offensiva di certo della loro memoria. Parole che i siciliani perbene non dovrebbero consentire (in effetti, pare stiano ottenendo l’effetto contrario). Perché?

Non sempre la verità processuale coincide con la verità in senso stretto 

Una breve premessa. E’ un fatto che Cuffaro sia stato condannato per favoreggiamento alla mafia, come è un fatto che abbia scontato la sua pena. Niente gli impedisce di impegnarsi in politica come sta facendo. E’ una questione morale, dunque? Alcuni la pensano così e non lo voteranno. Altri, come ad esempio, Andrea Piazzaavvocato e fratello di una vittima di mafia (il fratello Emanuele, poliziotto, assassinato nel 1990) pensano invece che la verità processuale non sempre coincida con la verità in senso stretto. Ed eccolo li, con il suo carico pesante di esperienza e dolore, al fianco di Cuffaro. Sicuramente, di casi in cui la verità processuale non era poi del tutto vera ce ne sono tanti. Anche, per restare sul tema delle stragi, nell’ambito dell’infinita inchiesta sulla strage di via D’Amelio. Scarantino docet.

Nel nostro caso, chi ha ragione? Lo decideranno gli elettori. Lo stesso vale per Marcello Dell’Utri, la cui posizione, a giudizio di chi scrive, è molto più complicata e oscura di quella di Cuffaro, sotto il profilo storico-politico, soprattutto, per il ruolo nazionale e il preciso momento storico in cui compare la sua creatura politica (l’ex senatore di Forza Italia è comunque stato assolto, per restare sul piano del codice penale, dall’accusa di avere svolto un ruolo nella trattativa Stato-mafia).

Ma anche qui,  la parola va agli elettori che scemi non sono.

Tutto sommato, trattasi di considerazioni e giudizi che, se sono accettabili all’interno di un qualsiasi salotto o al tavolo di un bar, diventano insopportabili se buttate con foga nell’agone politico da quegli avversari politici che stanno cercando, con una retorica marcia, di identificare la mafia (pur sapendo, ormai tutti, che dietro le stragi del 1992, c’era ben altro) con i rivali politici e con chi li vota. Indegni candidati, indegni sponsor e  pure chi li sostiene- dicono- perché fanno un torto a Falcone e Borsellino.

I distributori di patenti antimafia 

Ma davvero, loro – i presunti depositari delle verità – hanno l’autorevolezza e la limpidezza d’animo per distribuire patenti antimafia? Non sono, forse, molti di loro,  gli stessi che hanno fatto alleanze con quell’associazione di “prenditori” che rispondeva al nome della Confindustria Sicilia di Antonello Montante? Non sono, forse gli stessi che hanno consentito a questa banda di “prenditori” di colonizzare il Governo regionale di Rosario Crocetta- indagato anche lui-  con la sistematica occupazione di assessorati ed enti economici strategici in termini di risorse? E in quale partito militava Crocetta? Non era forse un esponente del PD? Non è, forse, Antonello Montante, la falsa icona dell’antimafia, la vera essenza del professionista dell’antimafia, per dirla con Sciascia, un condannato per fatti gravissimi? Undici anni per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, amicizie con mafiosi doc, regista, secondo i giudici, di un sistema composto da politici, imprenditori (“prenditori” sarebbe meglio) e servitori dello Stato, basato su corruzione, pressioni, dossieraggi.

Eppure, c’è stato un tempo, non troppo lontano, in cui ha regnato incontrastato, a Palazzo d’Orléans e dintorni, con il sostegno di chi oggi dispensa patenti di antimafiosità ai rivali politici (per la cronaca, chi scrive, insieme con il collega e direttore di questo sito, Giulio Ambrosetti, in quegli anni ha collezionato nove querele dalla banda dei “prenditori” di Montante, tutte archiviate, tutte ignorate da chi ne celebrava le gesta. Insomma, chi non vedeva era solo chi non voleva…).

Ripensando alle facce raccontate da Nathaniel Hawthorne

Ecco, dunque, che la cosa diventa indigesta. Se qualsiasi valutazione sulla ‘antimafiosità’ dei candidati e di chi li sostiene è lecita da parte di ogni semplice cittadino, oltre che dalle autorità preposte, così come è lecito da parte dei parenti delle vittime delle mafia (e non c’è unanimità, come ci ricordano le parole di Andrea Piazza),  non lo è da parte di chi ha regnato con Crocetta e Montante. Perché questi signori che oggi si auto-proclamano antimafiosi per antonomasia erano parte di quel sistema. Anche se, e qui torniamo alla verità processuale che può divergere da quella storica, non ci sono prove materiali evidenti, erano comunque parte integrante di quel mondo. Con il sostegno, con il manuale Cencelli, con la calcolatrice. Con il silenzio. Erano complici.

Ecco, allora la cosa giusta da dire sarebbe forse che se sono legittimi eredi di qualcuno, questo qualcuno è anche Montante. Ergo, da quale pulpito arrivano le prediche? Questa ipocrita strumentalizzazione dei nomi di Falcone e Borsellino, che di certo non avrebbero apprezzato il sistema Montante e i suoi proseliti, non è, forse, offendere o, peggio, sporcare, la loro memoria?

Spiace che a scrivere queste cose debba essere chi non ha mai votato i partiti di Cuffaro, Dell’Utri e Lagalla, né, con ogni probabilità, mai lo farà perché incline, ideologicamente, ad altro. Forse all’isola che non c’è. O che non c’è più. Ma la nausea dinnanzi a tanta miserabile ipocrisia non lascia scelta. “Nessuno – scrive Nathaniel Hawthorne – può, per un periodo che non sia brevissimo, indossare una faccia da mostrare a se stesso e un’altra da mostrare a tutti gli altri, senza alla fine trovarsi nella condizione di non capire più quale possa essere la vera”.

inuovivespri.it

Domani, alle ore 9.30, presso la Sala Giove dell’hotel Dioscuri, ad Agrigento, si terrà il primo incontro del Dibattito Pubblico sulla “Tangenziale di Agrigento”, inserita nel più ampio Itinerario “Gela – Agrigento – Castelvetrano”. Nel corso della conferenza, che si svolgerà in presenza e in streaming, saranno presentati gli obiettivi e le diverse alternative di progettazione dell’opera.

Interverranno le istituzioni territoriali, le autorità nazionali e regionali, i rappresentanti di Anas, quale ente attuatore, il gruppo di progettazione ed il team di coordinamento del Dibattito Pubblico.

Lo streaming sarà trasmesso sulla pagina Facebook e sul canale YouTube “Dibattito Pubblico Tangenziale di Agrigento”.

Anas Spa, società del Gruppo FS Italiane, è il soggetto proponente del dibattito pubblico, mentre STEP “Strategic TEam of Planning” è la società incaricata per coordinarlo.

Il Dibattito Pubblico è un percorso di confronto con la cittadinanza, obbligatorio per legge (DPCM 76/2018), un processo di informazione, partecipazione e confronto sulle opportunità, le soluzioni progettuali e le potenzialità di un’opera. È progettato e guidato dal coordinatore del dibattito pubblico, figura imparziale che ha il ruolo di favorire la partecipazione, definire le attività e gli incontri, predisporre il piano di comunicazione e redigere la relazione conclusiva.

Nel trentesimo anniversario della strage di Capaci, Maria Falcone è stata ospite di “Facciamo finta che”il programma di Maurizio Costanzo e Carlotta Quadri in onda su R101.

Questi alcuni passaggi del suo intervento:”

“Quando vedo lei, dottor Costanzo, io non posso fare a meno di pensare a Giovanni, a quella tremenda trasmissione nella quale fu attaccato come sempre e messo all’angolo. L’attentato che hanno fatto a lei l’anno successivo derivava proprio dal suo impegno insieme a Giovanni. Io dico sempre che gli attentati del ‘93, che molti non ricordano, sono la dimostrazione di quanto la mafia o chi ci stava dietro voleva andare avanti, tanto è vero che gli attentati non possono essere solo di mafia, furono attentati ben calibrati quello ai Georgofili alla cultura, quello a Milano dove si stavano celebrando i processi di Mani Pulite, e poi quello a lei, all’informazione, perché l’informazione doveva tacere, era fastidiosa, creava attenzione, attirava dissenso”.

Costanzo: “I magistrati a Firenze mi informarono che la sentenza di morte a me fu emessa da Totò Riina che disse ‘Questo Costanzo mi ha rotto i coglioni’, chiedo scusa per la parola”.

Carlotta Quadri: “Maria Falcone si riferiva a quella puntata del Costanzo Show che abbiamo commentato anche con Roberto Saviano, quella in cui c’erano anche amici di suo fratello, come Galasso, che dicevano ‘Non mi piace che tu stia nel palazzo’”.

Maria Falcone: “No, non avevano capito niente”

Carlotta Quadri: “Perché anche gli amici non avevano capito e l’hanno isolato”.

Maria Falcone: “Ma io non li posso definire nemmeno amici, perché se fossero stati amici avrebbero capito che Giovanni era andato via da Palermo per far sì di garantire l’istituzione magistratura. Prima di partire mi disse che per restare avrebbe dovuto iniziare una lotta accesa con Giammanco eccetera e si sarebbe detto Palermo il palazzo dei veleni, e lui non voleva creare questo dissenso, questo mettere in dubbio l’istituzione magistratura”.

A proposito del suo libro “L’eredità di un giudice” scritto con Lara Sirignano (Mondadori), Maria Falcone ha raccontato: “Io il libro l’ho dovuto fare, ma il libro bello che dobbiamo sempre ricordare è il libro di Giovanni ‘Cose di Cosa nostra’ che pensate Giovanni ha dovuto pubblicare in Francia per evitare che qua in Italia si dicesse che Falcone faceva anche lo scrittore.
Gli italiani hanno poca voglia a volte di parlare di cose serie, ma la mafia è una cosa seria, è una cosa che riguarda non la Sicilia, non il Meridione d’Italia, riguarda tutta l’Italia.
Se non ne parliamo, se pensiamo di avere vinto ci ritroveremo tra anni in una situazione ancora peggiore, ecco perché vado nelle scuole
.
Costanzo: “Mai supporre di vincere con la criminalità organizzata”.

Maria Falcone: “La criminalità organizzata cambia si trasforma e si adatta alle nuove situazioni cercando sempre di fare grandi guadagni e quello che mi preoccupa in questo periodo post virus, e speriamo post guerra, è che questa nuova ondata di finanziamenti che arriveranno al Sud andare a finire nelle mani della mafia. Questo dobbiamo sorvegliare”.

A proposito dell’isolamento di Falcone, “Giovanni non si è mai lamentato di niente; noi siamo stati abituati in famiglia che mai dovevamo lamentarci di qualcosa. La mamma diceva a Giovanni quando era piccolo ‘tu sei uomo e gli uomini non piangono’.

Costanzo: “Le voglio raccontare una cosa, prima delle trasmissioni che abbiamo fatto (insieme) in camerino scherzavamo”

Carlotta Quadri: “Costanzo lo dice sempre che Suo fratello era molto simpatico”

Maria Falcone: Giovanni aveva una grandissima ironia, noi dicevamo che aveva un’ironia demenziale, un’ironia all’inglese”.

Giovanni nemmeno quando ebbe l’attentato all’Addaura ha piagnucolato; ha detto soltanto ‘Dietro a quell’attentato ci sono delle menti eccellenti, questo per dire che non c’era solo mafia”.

La Regione Siciliana dà seguito agli impegni assunti, durante il Tavolo di confronto sul trasporto ferroviario regionale del dicembre scorso, con il Comitato Pendolari Palermo-Agrigento-Canicattì, Federconsumatori Sicilia e Federconsumatori Agrigento, stanziando le risorse economiche necessarie per l’emissione di abbonamenti gratuiti ai passeggeri che hanno subito disagi e disservizi sulla linea Palermo-Agrigento durante i mesi di novembre e dicembre 2021.

A comunicarlo è stata sia la Regione Siciliana che Trenitalia, specificando che sono ammessi al ristoro tutti i titolari di abbonamenti regionali a tariffa 40/16/Sicilia (settimanali, mensili ed annuali) e che le richieste potranno essere presentate entro il 30 settembre 2022, sino ad esaurimento dei fondi messi a disposizione dalla Regione Siciliana.

“Nel sottolineare – afferma Angelo Pisano, presidente di Federconsumatori Agrigento – l’importanza del risultato ottenuto, posto che i pendolari otterranno il rimborso totale di ben due abbonamenti mensili anziché il 10% previsto dalla Carta dei Servizi, ringrazio l’Assessore Regionale Marco Falcone per l’impegno profuso e i presidenti del Comitato Pendolari Palermo-Agrigento-Canicattì e di Federconsumatori Sicilia per la fattiva e proficua collaborazione a tutela dei titolari di abbonamento”.

“Una collaborazione, quella con Federconsumatori, – aggiunge Tania Di Marco, presidente del Comitato Pendolari Palermo-Agrigento-Canicattì – che ha portato a un risultato sperato ma di certo non scontato. La Regione, nella persona dell’assessore Falcone, ha capito la richiesta per i disagi subiti dai Pendolari della Palermo-Agrigento che rappresento e ha accettato un rimborso del 100%, ristoro che non era mai stato finora concesso. Siamo assolutamente soddisfatti del risultato”.

“E’ una vittoria di Federconsumatori e del Comitato Pendolari – commenta il presidente di Federconsumatori Sicilia, Alfio La Rosa – ma è anche una vittoria del buon senso: era giusto dare risposte ai consumatori che hanno subito i disservizi. Adesso – conclude La Rosa – la nostra attenzione si sposta al futuro: si facciano gli investimenti necessari sulla linea ferroviaria Palermo-Agrigento, che è strategica per la Sicilia”.

 

Ad Agrigento, il prossimo 31 maggio, il legale che rappresenta il gestore del Posto di ristoro nella Valle dei Templi, sin dagli anni ’50, consegnerà la struttura al Parco della Valle dei Templi, che ha ricevuto il bene nel 2003 e ha avviato le procedure di sfratto nel 2004, ritenendo il gestore privato sprovvisto dei diritti ad occuparlo. Il gestore invece ha sempre sostenuto di essere regolarmente autorizzato e di aver pagato per tanti anni ingenti somme di denaro come canone di utilizzo della struttura. Al termine di un contenzioso amministrativo che si è protratto parecchi anni, è stato riaffermato il diritto del Parco della Valle dei Templi, che è un ente regionale, a riottenere la gestione della struttura, peraltro a fronte della scadenza della concessione

Sono 43 i migranti sbarcati a Lampedusa, dopo due soccorsi a largo e un rintraccio direttamente sulla terraferma. Gli ultimi ad arrivare direttamente a Cala Creta, con una imbarcazione di 7 metri partita dalla Libia, sono stati in 13, compresi un minorenne e una donna, provenienti da Palestina, Camerun, Siria e Marocco. Sempre durante la notte, dopo un soccorso a 2 miglia da Capo Ponente da parte di una motovedetta della Guardia di finanza, sono giunti 23 migranti, comprese quattro donne, provenienti da Guinea, Burkina Faso, Mali, e Costa d’Avorio. Il gommone di 6 metri sul quale hanno viaggiato è salpato da Sfax in Tunisia. E prima ancora, a bordo di un altro gommone partito dalla Libia, sono stati intercettati altre 7 egiziani a 20 miglia dalla costa di Lampedusa. I tre diversi gruppi, dopo i primi controlli medici effettuati direttamente a molo Favarolo, sono stati trasferiti nel locale Centro d’accoglienza.

La pianta organica dei Pronto soccorso negli ospedali agrigentini è di 55 medici. Al momento sono coperti solo 23 posti. Mancano all’appello 32 medici. L’Azienda sanitaria provinciale di Agrigento sottolinea che negli anni 2018 e 2019 sono stati banditi ben 12 avvisi per il conferimento degli incarichi, ma si sono rivelati infruttuosi. Dunque, adesso si ritenta. L’Azienda ha disposto un avviso, a valutazione comparativa dei curricula e colloquio, per il conferimento di incarichi libero professionali a medici da destinare ai Pronto soccorso di Agrigento, Canicattì, Licata, Sciacca e Ribera. I candidati vincitori firmeranno un incarico di 6 mesi. I turni saranno di 12 ore, entro un limite, di norma, di 38 ore settimanali, con possibilità di articolazione flessibile in turni di almeno 6 ore.

Si rinnova il gruppo dei Giovani imprenditori di ConfCommercio Agrigento. A Gero Niesi, presidente per quasi 8 anni, subentra Giuseppe Castellano, nuovo presidente provinciale, eletto dall’Assemblea. Gero Niesi commenta: “Ho sempre cercato di dare un contributo di idee, collaborando in ogni iniziativa programmata e con grande orgoglio realizzata”. Giuseppe Castellano afferma: “Ogni singolo obiettivo programmato sarà possibile solo attraverso il lavoro condiviso. Vivere in un sistema in rete ci potrà portare a crescere e consolidare il ruolo di ambasciatori del fare impresa nel nostro territorio”. Sono stati nominati i due vice presidenti provinciali: Luana Landolina riconfermata, e l’aragonese Davide Morreale. Il neo Direttivo provinciale, oltre che da Castellano, Landolina e Morreale, è composto anche da Antonio Sorce nominato segretario, Rosario Pendolino, Davide Montalbano, Francesco Parrino, Alessandra Marsala, Danilo Puleo e Nicola Giordano. Il presidente provinciale di ConfCommercio Agrigento, Giuseppe Caruana, dichiara: “Il mio augurio è che il percorso intrapreso possa continuare ad avere sempre maggiore slancio, e che le dimensioni di dialogo intrapreso, con l’Associazione tutta, continui e cresca ogni giorno nei valori e nei programmi condivisi”.