
Ultimi fuochi d’artificio per la campagna elettorale a Casteltermini. Quando manca pochissimo al voto, gli schieramenti hanno dato vita a diverse strategie. Intramontabile è la ricerca del voto porta a porta e tiene duro anche la dinamica, provinciale, ma fino solo a un certo punto, del voto “parentale”, del “ti ricordi di”, e del “mi candido io, ma in realtà mi porta tizio”. Come è d’uso nei piccoli centri, a Casteltermini è caccia all’ultimo voto, con ricerca, casa per casa, anche dei nonnini (più o meno abili) da portare al seggio.
Per la poltrona più prestigiosa corrono in tre. Gioacchino Nicastro, imprenditore quarantacinquenne, capofila della lista Costruiamo insieme il nostro futuro. Con lui dodici candidati. Secondo la vox populi, la lista di Nicastro è quella “borghese”. Vi sono due avvocatesse, il medico, la dottoressa in economia, il sindacalista e via discorrendo. Borghesi, così li definiscono, forse per via di quell’essersi concessi, pubblicamente, solo in apertura ed in chiusura di campagna elettorale, senza comizi e incontri di mezzo. Eccezione fatta per i due confronti con i candidati a sindaco. Uno, quello organizzato dalla locale Azione Cattolica, tutto sommato manieroso e sulla linea del “cattolical correct” (la sola nota di entusiasmo si è toccata con le domande di don Carmelo Petrone, direttore de L’amico del popolo). L’altro, dettato dai tempi televisivi, e trasmesso in streaming da Magaze. It.
Dicevamo di Nicastro&co. Il candidato principale è noto alla vita politica locale da sempre. È stato presidente del Consiglio ai tempi del sindaco Caltagirone, per poi bissare nella sindacatura uscente di Sapia. Nicastro fa un gioco di “entra ed esci” quando parla della continuità con l’amministrazione in carica. Ne fa parte e non può rinnegarla, tuttavia si smarca in maniera “berlusconiana”, promettendo di risolvere i problemi della comunità entro cento giorni dall’insediamento. Nella vita fa l’imprenditore. È leader maximum della nota Rsa Salvatore Nicastro ed è anche in quota in un noto panificio/pasticceria di Casteltermini. È forse l’imprenditore più in attivo del territorio. Il programma elettorale, strutturato in maniera tecnica e con linguaggio forbito, punta tanto sulla miniera Cozzo Disi, pensandola come un volano dell’economia sul modello dei core business continentali. L’interessamento del mondo accademico farebbe il resto. Il vice sindaco designato, l’avvocato Maria Pia Greco, ha parlato di voler portare a Casteltermini un alito di propositi metropolitani, sul modello di alcune iniziative sociali ed economiche palermitane. Con Nicastro si schiera una parte del locale Mpa (la restante sta con il candidato Ripepe), Sicilia Futura (di cui, a livello locale, sono esponenti il sindaco uscente Sapia e il dottore Gaetano Mancuso), e quel che resta del locale Pd.
I pentastellati, con al comando l’avvocato Filippo Pellitteri hanno scelto la linea popolare. Sono stati i primi a presentarsi alla comunità, con un comizio alla stessa altezza dell’uditorio. Non c’era il palco ed a sostegno dei candidati c’era il tris di alfieri: Cancelleri, Corrao e Mangiacavallo. Come è d’uso nello spirito grillino, a sostenere Pellitteri è anche arrivato un big: Luigi Di Maio, che ha regalato al paese una delle poche note di petto della campagna. Pellitteri e i suoi dodici sostenitors hanno fatto anche diversi incontri di quartiere, mescolandosi con la gente comune, chiamata a raccolta nei rioni del paese. Nel loro programma si ripropongono alcuni cardini del M5S: l’avvocatura civica, la farmacia di quartiere a sostegno dei bisognosi, il baratto amministrativo. Non mancano i progetti sulla miniera Cozzo Disi (i candidati vogliono dare spazio anche all’iniziativa privata), sull’albergo diffuso e sulla rivalorizzazione di diversi immobili imponenti e cadenti presenti nel territorio (ex pastificio, ospedaletto). Nel team molti giovani, ci sono gli insegnanti, il prof musicista, l’architetto, i liberi professionisti. Pellitteri, sempre secondo la vox populi, è un “grillino atipico”. Viene da una tradizione familiare di attivisti Dc (il nonno è stato due volte sindaco del paese sotto i colori democristiani). Lui, avvocato trentanovenne, specializzato in diritto internazionale, sostiene di voler prendere dalla tradizione familiare l’esempio di onestà e di servizio della comunità.
Arturo Ripepe, cinquantacinquenne, impiegato e di fatto manager delle cooperative presenti a Casteltermini, è il candidato “scissionista” della lista Per Casteltermini. Alle scorse amministrative era vicino alla linea politica di Nicastro&co, oggi si distanzia in nome di una ventata di nuovo per il paese. A chi gli dice che il suo non è propriamente un nome nuovo, risponde che è importante voler fare “del nuovo”. È attivista in Mpa e schiera in campo dodici candidati che mischiano tradizione a novità. Ci sono sì i giovani (alcuni, non tutti, figli e parenti d’arte), ma c’è anche lo zoccolo duro, su tutti Enzo Faraone, volto onnipresente della politica locale da oltre un decennio. Con Ripepe una quota di Mpa, Articolo 1 e una parte di ex cuffariani. In lista c’è il dottore in legge, l’insegnante, il dottore in economia e finanza, la casalinga, il commerciante. Ripepe ed i suoi hanno dato vita al comizio più piccante della kermesse elettorale. Sul palco due veterani della politica locale, il già sindaco Antonio Caltagirone e Mario Mallia. Entrambi hanno sfogato livori e malumori verso l’amministrazione uscente, con enfasi e mimica degne di clic e clic su youtube. Nel programma di Ripepe la miniera Cozzo Disi e l’acquisto della potenzialmente sontuosa, ma attualmente cadente, Villa Maria. Lì, secondo Ripepe, si potrebbe implementare uno spin off della facoltà di Agraria, considerando la ricchezza della flora presente nel parco. Museo delle arti bianche e apertura di una casa di cura comunale, altri punti del programma.
Mai come in queste consultazioni è difficile tastare il polso dell’elettorato. Il comune, che versa in stato di dissesto, vive una condizione di crisi in lungo e in largo. La gente comune non lascia trapelare molto sulle preferenze di voto. La scissione dello zoccolo duro moderato potrebbe avvantaggiare un voto di protesta. C’è chi pensa invece che la tradizione avrà la meglio.