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L’ex presidente della Sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, Silvana Saguto, sotto inchiesta a Caltanissetta nell’ambito di presunti illeciti nel sequestro, nella confisca e nell’amministrazione giudiziaria dei beni sottratti alla criminalità organizzata, è stata espulsa dall’Anm, l’Associazione nazionale magistrati. La decisione del collegio dei probiviri è stata ratificata all’unanimità dal Comitato direttivo centrale, che è il parlamentino delle toghe. Silvana Saguto è stata invitata a presentarsi innanzi al Collegio per rendere dichiarazioni ritenute dall’Anm “opportune”, e, invece, non si è presentata, inviando una memoria difensiva tramite cui ha chiesto il rinvio della trattazione a data da destinarsi.

Ad Agrigento domani mercoledì 14 giugno, in via Atenea 143, nella Libreria Edizioni Paoline, alle ore 17:30, sarà presentato l’ultimo romanzo di Carlo Legaluppi “La morte viene da lontano”, edito da Alter Ego. Carlo Legaluppi, toscano, è al suo secondo romanzo provando a bissare il suo successo di vendite e di critica del primo, “La ottava croce celtica”, che è entrato tra i primi 75 thriller per vendita nel 2016, vincendo il Premio speciale della giuria alla nona edizione del Premio Letterario “Città di Cattolica” e finalista al Concorso nazionale di narrativa e Poesia “Argentario”. Il protagonista si immerge dentro una storia che ha sconvolto l’Irlanda del nord per decenni nella battaglia politico-religiosa, ancora oggi attuale e in queste ore riportata alla ribalta dalle elezioni britanniche e dalla Brexit. L’incontro è il primo di tre eventi della rassegna “Giugno a Girgenti. Un libro, un autore”. Dopo Legaluppi, è atteso Giovanni Impastato il prossimo 22 giugno, e Franco La Torre il 30 giugno. La rassegna è organizzata dal Centro Culturale Pier Paolo Pasolini, dalle Edizioni Paoline e la Libera Università della Terza Età con il patrocinio dell’Assessorato regionale ai Beni culturali.

Come pubblicato ieri, il Comune di Agrigento ha affidato i lavori di completamento del palasport in piazzale La Malfa. In proposito oggi interviene il gruppo consiliare di “Alternativa Popolare”, che afferma: “Esprimiamo grande soddisfazione per l’avvenuta consegna all’impresa aggiudicataria dei lavori di completamento della palestra distrettuale di Piazzale La Malfa, finanziati con fondi del PON Sicurezza. L’intervento, per un importo complessivo di 2 milioni e 400mila euro, prevede la realizzazione di importanti interventi strutturali sull’immobile, tra i quali la chiusura dei lati est e ovest dell’edificio, la realizzazione di scale di emergenza in acciaio e la revisione del sistema di copertura, opere di finitura interne ed esterne, tra cui il rifacimento del campo di gioco e la realizzazione di servizi igienici, e dotazione impiantistica, incluso l’impianto antincendio. E’ un intervento di rilevante impatto per Agrigento, che restituisce alla città e agli sportivi un impianto da dimensioni e potenzialità non comuni. Per questo non possiamo non ringraziare, nella duplice veste di agrigentini e Consiglieri comunali, il Ministro Angelino Alfano, determinante, da Ministro degli Interni, nel superamento di numerosi ostacoli e lungaggini frapposti all’ottenimento dell’odierno risultato, a vantaggio dell’intera provincia agrigentina”.

E’ stato battezzato il “modello Palermo”, un’alleanza molto civica e politica, e poco partitica, su cui ha costruito il successo elettorale e la riconferma il sindaco Leoluca Orlando. E adesso, in prossimità delle elezioni Regionali del 5 novembre, lo stesso “modello Palermo” lo si vorrebbe esportare, sia nel centrosinistra che nel centrodestra. E i due cavalieri che cavalcherebbero il “modello Palermo” per conquistare Palazzo d’Orleans sono, anzi sarebbero, Nello Musumeci e Piero Grasso. Nel centrodestra, Nello Musumesi ha convocato la stampa in occasione di una conferenza intitolata “Dalle amministrative alle regionali, il tempo del civismo politico”. E’ un esplicito riferimento al progetto elettorale e alla vittoria di Orlando, il candidato dei palermitani, fuori dai partiti. E anche Musumeci, altrettanto fuori dai partiti, con il suo movimento “Diventerà Bellissima”, sarebbe il candidato dei siciliani su cui sarebbero pronti a scommettere i Salvini di Sicilia, i Fratelli d’Italia e quindi tutto ciò che è riscaldato dalla fiamma tricolore, tra ex Finiani ed Alleanza nazionale. Il coordinatore regionale di Forza Italia, Gianfranco Miccichè, avrebbe invitato ancora una volta Musumeci a sedersi attorno allo stesso tavolo per concertare, concordare e marciare, insieme. Musumeci avrebbe risposto no, perché già scottato dal dietrofront di Forza Italia sulle primarie di coalizione. E il catanese, a fronte dell’accusa di fuga in avanti, risponde e ripete: “Non ho imposto la mia candidatura, l’ ho semmai proposta alle primarie”. Nel frattempo, in casa centrosinistra, Matteo Orfini e Fausto Raciti mantengono al vento la bandiera della candidatura di Piero Grasso, e anche loro hanno espressamente riconosciuto il merito politico del “modello Palermo”, prospettando che bisogna esportarlo anche alle Regionali intorno alla candidatura del presidente del Senato. Affinchè ciò sia possibile, Piero Grasso dovrebbe dimettersi 7 mesi prima dalla fine della legislatura, e quindi al più presto ogni riserva sarà sciolta. Grasso e il suo staff sono impegnati a sondare gli umori dei siciliani verso la candidatura alla Presidenza della Regione. E se ciò dovesse naufragare, il Partito Democratico non avrebbe altra scelta che affidarsi alle primarie, invocate da tempo da Faraone e da Cracolici, e che dovrebbero svolgersi entro la fine di luglio.

Il corpo di una donna di 70 anni, gioielliera, è stato trovato senza vita nella sua casa di Porto Empedocle l’altra mattina dagli agenti del Commissariato Frontiera. La donna non dava più notizie di sé da un po’ di tempo e non rispondeva al telefono così i parenti hanno avvisato la polizia che ha allertato i vigili del fuoco. Questi ultimi giunti sul posto, insieme ad una pattuglia della Polizia, sono entrati in casa e hanno scoperto il cadavere della donna riverso per terra sul pavimento. Si ipotizza possa essere stata colta da malore. In passato la gioielliera era stata più volte minacciata ed insultata dalla figlia, che era finita nei guai per stalking e maltrattamenti nei confronti della madre. Ora la salma dell’anziana è stata posta sotto sequestro e la Procura della Repubblica di Agrigento ha disposto un’autopsia per chiarire le cause della morte. Massimo riserbo da parte degli investigatori sulle indagini.

Un’organizzazione che controllava il territorio a Leonforte e Agira attraverso il racket delle estorsioni e’ stata sgominata da un’operazione della polizia di Stato di Enna. Sono otto gli arresti eseguiti dalla Squadra mobile nell’ambito dell’operazione denominata ‘GoodFellas’. I provvedimenti sono stati emessi dal Gip su richiesta della Dda. . Al centro dell’inchiesta, basata su indagini della squadra mobile di Enna e del commissariato della polizia di Stato di Leonforte, un gruppo criminale che, secondo l’accusa, guidato dal boss Salvatore Seminara, attraverso i suoi affiliati, gestiva le estorsioni a commercianti ed imprenditori, che venivano intimiditi e danneggiati. Particolari sull’operazione saranno resi noti durante una conferenza stampa che si terra’ alle 10.30 negli uffici della Procura della Repubblica di Caltanissetta.

Grande gesto d’amore e di civiltà compiuto dalla famiglia di uno sfortunato favarese, Giuseppe Sicilia, 61 anni, morto improvvisamente per una morte cerebrale. I congiunti dell’uomo, infatti, hanno deciso la donazione degli organi del 61enne, organi, il cui espianto è stato effettuato sabato scorso al Civico di Palermo, che permetteranno di ridare la vita a tre persone bisognose. Gli organi, nello specifico il fegato, i reni e le cornee, ridaranno la gioia di vivere a un ragazzo di Pisa e a due pazienti palermitani.

Un incendio è scoppiato all’interno di una casa popolare a Ribera per la dimenticanza. Qualcuno ha infatti scordato di spegnere un fornello e da lìs i è originato il rogo che si è sviluppato in tutta l’abitazione. Sul posto i vigili del fuoco che hanno spento l’incendio evitando che si potesse propagare in tutta la palazzina. L’appartamento in questione è in uso a una donna di 70 anni che si era allontanata momentaneamente dall’abitazione dimenticando la pentola sul fuoco acceso.


Cristoforo Famà, 34 anni, arrestato e finito ai domiciliari nell’inchiesta denominata “pacchi.it” condotta dai carabinieri di Licata, non ha risposto alle domande del gup nell’interrogatorio di garanzia svoltosi ieri mattina al Tribunale di Agrigento. Faà si è avvalso della facoltà di non rispondere e ha fatto scena muta davanti al giudice Alfonso Malato. Lo stesso ha fatto Antonina Parroco, 40 anni, coinvivente di Famà, sottoposta all’obbligo di dimora. Gli altri coinvolti nella vicenda sono Samanta Cicatello, 29 anni, Alessandro Bianchi, 26 anni, anche loro con l’obbligo di dimora, e obbligo di presentazione alla P.G, invece, per Angelo Trupia detto “Peppe, 47 anni; Giuseppe Romano, 24 anni e Daniela Giannone, 40 anni, tutti di Licata.
L’inchiesta è partita nel 2016 quando militari cominciano ad indagare e l’attività si estende per tutto l’anno. Sono le denunce, se ne contano una quarantina, che hanno accesso il campanello di allarme soprattutto nel territorio di Licata anche se, come spiegato in conferenza stampa, i raggiri coinvolgono persone in tutto il territorio nazionale.
Il modus operandi è molto semplice: venivano postate foto di auto, scooter, animali e quant’altro, anche non necessariamente (anzi quasi mai) nelle disponibilità dei soggetti coinvolti, sui portali di vendita online quali Ebay, Subito, Kijiji, Autoscout con prezzi vantaggiosi e, dopo aver ottenuto la caparra con cifre solitamente non superiori ai 500 euro – versate con bonifico su postepay, sparivano.
Proprio il rinvenimento – durante le perquisizioni – delle carte prepagate ha fugato ogni dubbio. La “banda”, e per questo è stato riconosciuto il reato di associazione per delinquere finalizzata alle truffe on line, è riuscita ad accumulare un introito pari a 8 mila euro al mese. Tra gli indagati, inoltre, per accreditarsi agli occhi dei possibili acquirenti venivano fornite indicazioni alquanto fuorvianti: uno di loro, ad esempio, si è spacciato anche per un maresciallo dei carabinieri in via di trasferimento. Il fenomeno delle truffe, soprattutto nel contesto agrigentino, è in vertiginoso aumento. I carabinieri, pertanto, rassicurando la cittadinanza di un loro puntuale intervento, invitano chiunque fosse stato vittima di tali raggiri a presentare querela. La leva che viene usato dai truffatori, infatti, è proprio la piccola consistenza di denaro usata come caparra che, spesso, inducono le vittime delle truffe a non presentare neanche denuncia.

In principio furono le accuse lanciate dall’ex vicepresidente del Consiglio comunale, Giuseppe Di Rosa che, senza mezzi termini, paventò che dietro la redazione e approvazione del Piano regolatore generale di Agrigento potessero esserci mazzette pagate da imprenditori, a funzionari comunali, amministratori, uomini potenti dal passato politico di primo piano, imprenditori senza scrupoli pronti a tutto pur di ottenere quanto cercavano.
La Procura di Agrigento, nel 2015 aprì una delicatissima e inevitabilmente difficile inchiesta a caccia di corrotti e corruttori.
Venne sequestrata una registrazione audio di un colloquio tra lo stesso Di Rosa e l’on. Angelo La Russa, suocero dell’allora sindaco Marco Zambuto. Vennero intercettati tutti i protagonisti, alcuni involontari, della vicenda e venne anche interrogato l’ex assessore e consigliere comunale Michele Mallia che di Piano regolatore abusivismo, abusivi ed abusi aveva grandi conoscenze. Furono iscritti nel registro degli indagati: Angelo La Russa, 81 anni, ex deputato nazionale e regionale; Marco Zambuto, ex sindaco di Agrigento 45 anni; Paolo Vattano, 67 anni, imprenditore edile; Salvatore Li Causi, 53 anni, imprenditore edile; Gaetano Greco, 61 anni, dirigente Utc; Giuseppe Pullara, 69 anni, imprenditore edile di Favara.
Le accuse, in concorso, ipotizzate: corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio; uso abusivo di sigilli e strumenti veri, associazione per delinquere; turbata libertà del procedimento di scelta del contraente (solo per Li Causi)
Poi, mentre erano intercettati, tutti gli indagati, vennero interrogati con la Digos della Questura di Agrigento che contemporaneamente controllava passo passo gli imprenditori che al telefono parlavano parecchio.
Nonostante tutti gli sforzi investigativi profusi, gli inquirenti, scrivono i magistrati della Procura, non si è riusciti a raggiungere la prova delle corruzioni ipotizzate anche se di corruzioni spesso si parlava.
E così è scattata la richiesta di archiviazione per tutti che è stata accolta dal Gip del Tribunale di Agrigento, Alessandra Vella.
Ma, tra le pagine della richiesta emergono passaggi significativi e preoccupanti laddove si scrive: “In conclusione delle attività espletate è emerso un quadro complessivo di inquietante commistione tra interessi privati e pubbliche funzioni, all’interno del quale un ruolo decisivo è stato ricoperto da imprenditori edili immediatamente interessati ad ottenere l’adozione degli strumenti necessari per l’avvio della fase esecutiva dei piani costruttivi di edilizia convenzionata. Tuttavia gli elementi di cui si dispone non consentono, come detto, di qualificare il quadro indiziario a carico degli odierni indagati come connotato da una gravità tale da giustificare l’esercizio dell’azione penale rendendo, prognosticamente, non utile un successivo approfondimento dibattimentale che, oltre ogni ragionevole dubbio, possa determinare l’affermazione di responsabilità a carico degli stessi”.
A questa amara conclusione si giunge dopo che gli atti del procedimento mostrano spaccati di sicure ribalderie.
Scrive la Procura: “Dalle intercettazioni ambientali effettuate all’interno dell’autovettura in uso a Paolo Vattano si acquisivano informazioni di particolare interesse circa possibili distorsioni nell’esercizio della pubblica funzione che, tuttavia, pur astrattamente integranti gravi fattispecie corruttive troverebbero collocazione temporale in un periodo per il quale sarebbe interamente decorso il termine di prescrizione.
In molteplici conversazioni l’indagato, infatti, fa esplicito riferimento ad ingenti somme di denaro corrisposte a consiglieri delle passate legislature proprio per condizionare l’iter di approvazione del nuovo Prg, il cui schema di massima avrebbe subito progressivi stravolgimenti per soddisfare le pretese di taluni personaggi ritenuti particolarmente influenti nel tessuto connettivo agrigentino, tra i quali l’ex parlamentare Angelo La Russa interessato personalmente all’inserimento delle le c.d. zone C4 (case con orto).
Si segnala, tra le altre, una conversazione nel corso della quale Paolo Vattano raccontava di pregresse iniziative corruttive che avrebbero visto come protagonista, verosimilmente, l’ex consigliere comunale Giuseppe Capraro, oggi deceduto, definito “il cassiere di tutti”; Paolo Vattano riferiva al suo interlocutore di aver incontrato Giuseppe Capraro e di aver appreso che parte dei soldi consegnati allo stesso erano stati poi rimessi all’ex consigliere comunale Maurizio Calabrese.
Di tangenti si parla espressamente nella conversazione del 17.11.2015, nel corso della quale Paolo Vattano raccontava che, all’epoca della realizzazione della “Giacomo Leopardi” tale Antonio, poiché non aveva i soldi per pagare la tangente a Pullara (il quale probabilmente avrebbe dovuto remunerare pubblici funzionari), si era dovuto rivolgere alla banca San Paolo per ottenere un prestito.
L’attività tecnica ha lasciato emergere elementi indiziari anche di una possibile intesa collusiva tra Salvatore Li Causi e funzionari della Sovrintendenza Beni culturali e monumentali di Agrigento e dell’Ente parco archeologico, finalizzata all’artata predisposizione di un bando di gara per l’affidamento di lavori da realizzare su immobili di proprietà dell’Ente Parco che avrebbero dovuto essere aggiudicati proprio all’impresa dell’indagato; in particolare nella conversazione ambientale del 26.05.2015 Salvatore Li Causi rimprovera il figlio invitandolo a maggiore precauzione nelle conversazioni telefoniche ed intimandogli di mantenere il massimo riservo sul progetto del Parco almeno fino a quando il relativo bando non sarebbe stato pubblicato.
Tuttavia, malgrado il notevole ed encomiabile impegno investigativo, gli approfondimenti di indagine delegati alla Digos di Agrigento non hanno consentito di acquisire validi elementi di riscontro, idonei a sostenere l’accusa in dibattimento, tali da consentire funditus la formulazione di specifici capi di imputazione”.

Fonte GRANDANGOLO