Due delle sei persone finite nell’inchiesta della rapina a mano armata compiuta ai danni di un’ anziana di Favara, chiedono il patteggiamento.
Coinvolti nelle indagini furono: Amodeo Stagno, 27 anni, Gianluca Stagno, 27 anni, (accusati di rapina), Giuseppe Matina, 41 anni, Filippo Buscemi, 36 anni, Maddalena Stagno, 32 anni, e Angelo Noto, 32 anni, tutti favaresi, e denunciato un giovane, all’epoca dei fatti minorenne, Giuseppe Mejri.
Il colpo avvenne in casa di un’anziana, e fruttò ai presunti autori dello stesso un bottino composto da diversi oggetti e monili in oro e argento. La difesa di Buscemi e di Maddalena Stagno ha chiesto ed ottenuto, dalla Procura di Agrigento, di discutere il patteggiamento della pena.
La rapina fu compiuta 8 anni fa, grazie alla complicità del nipote della donna, che, secondo l’accusa lasciò la finestra di casa aperte per favorire i complici che, scondo l’accusa, minacciarono l’anziana con tanto di pistola puntata al volto.
Sarebbe di matrice dolosa l’incendio che, l’altra notte, a Ravanusa, ha distrutto il furgone di un operaio. Il mezzo era parcheggiato in Corso Garibaldi quando, nelle ore notturne si è sviluppato il rogo. Sul posto i carabinieri della locale stazione e i vigili del fuoco che hanno spento le fiamme. Sembra che questi ultimi abbiano ritrovato tracce di liquido infiammabile, pare benzina, sul luogo dove si è verificato l’incendio. Il proprietario del furgone, un Fiat Doblò, un uomo originario dell’est Europa, è irreperibile. La Procura della Repubblica di Agrigento ha aperto un fascicolo d’inchiesta.
La presidente della Commissione nazionale antimafia, Rosy Bindi, ha relazionato sulle condizioni di Salvatore Riina, adesso ospite dell’Ospedale Maggiore a Parma. E quando lei, la Bindi, ha ceduto la parola agli altri componenti della Commissione, gli altri hanno sottolineato che il paziente Riina riceve assistenza e cure che probabilmente tanti altri anziani e malati concittadini non ricevono affatto. In tale riflessione si sintetizza l’esito del sopralluogo compiuto dalla Commissione antimafia all’Ospedale di Parma, e che servirà da traccia alla decisione a cui si appresta il Tribunale di Sorveglianza di Bologna, che si pronuncerà sull’istanza di scarcerazione del Capo dei Capi dopo la tirata di orecchie da parte della Cassazione, che ha raccomandato il rispetto del diritto alla morte dignitosa per Riina come per altri detenuti. Dunque: Totò Riina riceve cure mediche adeguate in regime di detenzione, tali da assicurarne un decorso dignitoso e una morte, quando avverrà, altrettanto dignitosa. Così come, del resto, è stato per Bernardo Provenzano. E Rosy Bindi, a conclusione della visita al detenuto Riina, in spola tra ospedale e carcere di Parma, tra l’altro ha riferito: “Viste le condizioni fisiche di Riina, sì imprevedibili ma al momento stabili, si potrebbe anche ipotizzare in futuro un rientro in carcere, dove comunque le condizioni sarebbero adeguate, identiche se non superiori a quelle di cui potrebbe godere in un regime di domiciliari. Questo gli consente lo svolgimento di una vita dignitosa, e di una morte, quando essa avverrà, altrettanto dignitosa. A meno che non si voglia affermare un diritto a morire fuori dal carcere, che non è supportato da nessuna norma. Riina è stato e rimane il capo di Cosa nostra perché tale rimane per le regole mafiose. Ha continuato a partecipare alle numerose udienze che lo riguardano dimostrando di conservare lucidità. Conserva immutata la sua pericolosità concreta e attuale, è perfettamente in grado di intendere e volere, non ha mai esternato segni di ravvedimento. Riina si alimenta autonomamente, è sotto osservazione medica ed è costantemente assistito da un’equipe di infermieri” – ha concluso la presidente Bindi, che poi ha proiettato la questione in un contesto più ampio, che comprende tutti i detenuti al 41 bis, e ha spiegato: “E’ necessario considerare che molti dei detenuti al 41 bis condannati all’ergastolo, specie quelli a cui il regime speciale è stato applicato sin dalla sua entrata in vigore, sono invecchiati o destinati a invecchiare in ambito carcerario dove bisogna far fronte al loro naturale decadimento fisico spesso accompagnato dall’insorgenza o dall’aggravarsi di patologie mediche.”
Fonte Teleacras
Esce dal processo sulle tangenti a Rfi Massimo Campione, imprenditore agrigentino che ha collaborato con gli inquirenti dopo l’arresto nel 2015, accusando l’ex presidente di Rfi, Dario Lo Bosco.
Il Gup ha accolto l’istanza dell’avvocato di Campione, Nino Caleca, disponendo l’affidamento in prova ai servizi sociali che porterà all’estinzione del reato.
Una nuova norma la cui applicazione è stata sollecitata da Caleca.
L’accusa per Campione è di induzione alla corruzione.
L’inchiesta della Procura coinvolge anche Lo Bosco e i funzionari del Corpo forestale Giuseppe Marranca e Giuseppe Quattrocchi accusati a vario titolo di concussione e induzione indebita a promettere utilità. La posizione di Marranca e Quattrocchi è stata stralciata ed è trattata in un troncone parallelo.
Campione, titolare di una società di costruzioni, fu fermato dalla polizia con una lista di nomi, con accanto delle cifre: una sorta di libro mastro delle tangenti.
“Graviano racconta che quando il figlio fece la prima comunione, nel 2006, e lui si trovava nel carcere di Spoleto, il ragazzo gli chiese se poteva ingaggiare Gigi D’Alessio, il quale, dopo avergli dato la disponibilita’, rifiuto’ l’invito perche’ seppe chi era lui”.
E’ la sintesi del racconto fatto dal boss Graviano, che non sapeva di essere intercettato, al detenuto con cui trascorreva l’ora d’aria nel carcere di Ascoli Piceno.
La vicenda e’ riportata dalla Dia e depositata agli atti del processo sulla trattativa Stato-Mafia. “Graviano – proseguono gli investigatori – definisce il cantante ‘pezzo di infame’, perche’ aveva rifiutato il suo invito, mentre non aveva rifiutato quello dei Marcianise e dio altri soggetti malavitosi”.
Tragedia sfiorata all’istituto penale per minorenni di Acireale, dove ieri pomeriggio un ospite ha dato fuoco alla propria stanza, provocando danni notevoli alla struttura e il ferimento di tre agenti penitenziari intervenuti per spegnere le fiamme.
Tutti e tre i poliziotti, condotti al pronto soccorso dell’ospedale di Acireale, sono stati dimessi con una prognosi di tre giorni. A denunciare l’episodio è il segretario nazionale della Uil Pubblica amministrazione polizia penitenziaria, Armando Algozzino, che rilancia la necessità di avviare “una riflessione profonda sull’esiguità degli organici negli istituti minorili, una condizione che mette a repentaglio sia la vita del personale che quella dei detenuti”.
Un’istanza che il sindacato aveva già espresso nel recente passato, in occasione di due drammatici episodi che avevano avuto quale teatro proprio la struttura di Acireale. Nel giugno dello scorso anno, due agenti erano stati aggrediti da alcuni minori di nazionalità italiana nel tentativo di sottrarre alla loro furia un detenuto di colore.
Nell’ottobre del 2016, inoltre, un poliziotto penitenziario aveva tratto in salvo un recluso che aveva tentato il suicidio.
Intervento del deputato di Sicilia Futura, Michele Cimino, in merito ai risultati delle ultime elezioni amministrative: “Il voto per i Comuni e l’esito elettorale mi portano ad una considerazione: e’ del tutto evidente che gli elettori siciliani e del Paese, tra proposte politiche caratterizzate per l’improvvisazione e la demagogia, hanno invece premiato la competenza e la capacita’ di amministrare.
Adesso l’imperativo per la classe politica deve essere quello di tornare a parlare con i cittadini in maniera diretta e viso a viso anziche’ solo tramite il web”.
C’è anche un tentativo di intimidazione ai danni di un consigliere comunale allora in carica, Alessandro Patti (che con durezza aveva anche partecipato alla trasmissione tv Ballarò) risultato parecchio riottoso nel consentire l’approvazione di alcuni progetti costruttivi, e il sospetto che qualche dirigente comunale fosse propenso ad accettare tangenti nelle carte dell’inchiesta sul Piano regolatore generale di Agrigento che ha portato alla archiviazione per tutti gli indagati (Angelo La Russa, 81 anni, ex deputato nazionale e regionale; Marco Zambuto, ex sindaco di Agrigento 45 anni; Domenico Sinaguglia, 62 anni, funzionario comunale – mai citato nel provvedimento di archiviazione; Paolo Vattano, 67 anni, imprenditore edile; Salvatore Li Causi, 53 anni, imprenditore edile; Gaetano Greco, 61 anni, dirigente Utc; Giuseppe Pullara, 69 anni, imprenditore edile di Favara. seppur con qualche distinguo.
Oggi vi abbiamo raccontato, in assoluta esclusiva, le fasi che hanno determinato l’inchiesta e la richiesta della Procura della Repubblica di archiviare il fascicolo perché “In conclusione delle attività espletate è emerso un quadro complessivo di inquietante commistione tra interessi privati e pubbliche funzioni, all’interno del quale un ruolo decisivo è stato ricoperto da imprenditori edili immediatamente interessati ad ottenere l’adozione degli strumenti necessari per l’avvio della fase esecutiva dei piani costruttivi di edilizia convenzionata. Tuttavia gli elementi di cui si dispone non consentono, come detto, di qualificare il quadro indiziario a carico degli odierni indagati come connotato da una gravità tale da giustificare l’esercizio dell’azione penale rendendo, prognosticamente, non utile un successivo approfondimento dibattimentale che, oltre ogni ragionevole dubbio, possa determinare l’affermazione di responsabilità a carico degli stessi”.
Ma si legge anche: “Le attività di indagine condotte nell’ambito del presente procedimento sono state indirizzate alla ricerca di elementi di riscontro alle informazioni rese al Pubblico ministero da Giuseppe Di Rosa e da Michele Mallia, entrambi componenti del disciolto Consiglio comunale di Agrigento i quali, sentiti rispettivamente in data 04.02.2015 e 19.02.2015, hanno prospettato la possibilità di iniziative corruttive poste in essere da imprenditori locali nei confronti di amministratori e consiglieri comunali di Agrigento al fine di condizionarne l’esercizio della funzione. In particolare l’ipotesi investigativa si strutturava intorno alla probabile emersione di condotte finalizzate, per interessi estranei a quello pubblico, ad influenzare l’approvazione delle c.d. “linee guida” alle prescrizioni esecutive della pianificazione di dettaglio del P.R.G. (prescrizioni esecutive n. 1, 2, 3, 4, e 5) relative alle zone classificate dal piano regolatore vigente C4 e l’approvazione definitiva di taluni programmi costruttivi (realizzazione di circa 160 alloggi di edilizia convenzionata), da tempo in attesa di addivenire alla concreta fase esecutiva.
Nell’immediatezza si procedeva al sequestro dell’intera documentazione di interesse al vaglio del Consiglio comunale di Agrigento ed all’affidamento della stessa a consulente tecnico, per una prima valutazione di conformità alla normativa edilizia ed urbanistica vigente.
Parallelamente, veniva avviata un’attività tecnica di monitoraggio delle utenze telefoniche dei soggetti direttamente o in via mediata coinvolti “nell’affare” delle zone “C4” e dei piani di edilizia convenzionata per le aree Palmentelle/Fontanelle e Cugno Sala.
Con la relazione di servizio del 7/02/2015 della Digos della Questura di Agrigento, relativa allo svolgimento della seduta consiliare del 05/02/2015 nel corso della quale avrebbe dovuto trovare trattazione la questione dell’autorizzazione all’esproprio di terreni per la realizzazione di un programma costruttivo relativo a 154 alloggi sociali in c.da Palmentelle, la P.G. operante rappresentava l’emersione di un manifesto interesse ai lavori consiliari da parte degli imprenditori Salvatore Li Causi e Paolo Vattano, sfociato anche in indebite pressioni esercitate nei confronti del Consigliere comunale Alessandro Patti (Relazione di servizio del 7/02/2015 della Digos della Questura di Agrigento, a firma del dirigente Patrizia Pagano)
Già le prime conversazioni oggetto di captazione confermavano la rilevanza degli interessi economici sottesi alla definitiva approvazione dei piani costruttivi ad opera delle società “Li.Co s.r.l.”, Cooperativa edilizia “Giovanni Falcone”, Cooperativa edilizia “Edil Casa”, riconducibili direttamente o indirettamente agli imprenditori Salvatore Li Causi e Paolo Vattano; questi con continuità, infatti, ricercavano contatti con i funzionari dell’Utc del Comune di Agrigento Gaetano Greco e Calogero Noto Campanella al fine di poter predisporre la documentazione necessaria a far determinare i progetti di proprio interesse, anche mediante provvedimento del commissario straordinario Luciana Giammanco, soggetto al quale erano stati conferiti i poteri del disciolto Consiglio comunale nelle more della nomina del nuovo organo rappresentativo (conversazione del 06.03.2015 – interlocutori Salvatore Li Causi e Paolo Vattano)”.
Insomma, gli imprenditori pressavano e non lasciavano nulla di intentato.
Di grande interesse le conversazioni intercettate di Vattano che salutava positivamente “la nomina dell’arch. Vinti, che lui stesso definisce persona fedele; ciò anche al fine di estromettere dal procedimento Campanella Calogero colpevole, a suo dire, di aver congelato per circa due anni la pratica di suo interesse al solo scopo di far innalzare i prezzi dell’esproprio”.
“Dalle intercettazioni ambientali effettuate all’interno dell’autovettura in uso a Paolo Vattano – aggiunge la Procura – si acquisivano informazioni di particolare interesse circa possibili distorsioni nell’esercizio della pubblica funzione che, tuttavia, pur astrattamente integranti gravi fattispecie corruttive troverebbero collocazione temporale in un periodo per il quale sarebbe interamente decorso il termine di prescrizione”.
La storia, dunque, è questa ed al momento, ma solo al momento, sembra essersi chiusa.