Quando alla sera di giovedì 22 giugno scorso, a Canicattì, nella campagna di contrada “Montagna”, a ridosso del quartiere popolare “Borgalino”, Vincenzo Curto, 31 anni, è stato vittima di un tentato omicidio, abbiamo sollevato due interrogativi. Il primo: Curto non si è accorto di nulla? Il secondo: movente passionale? Ebbene, adesso la risposta ai due quesiti è sì, perché Vincenzo Curto non si sarebbe trincerato dietro la cortina del silenzio, e avrebbe anche rilevato il perché sarebbe stato teso l’agguato che gli ha provocato ferite da colpi d’arma da fuoco all’addome, sotto il costato, e alla coscia destra. E i poliziotti della Squadra Mobile di Agrigento, capitanati da Giovanni Minardi, i colleghi del Commissariato di Canicattì, e i Carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile di Canicattì hanno arrestato Gianluca Scaccia, 33 anni, di Canicattì. Il provvedimento cautelare è stato firmato dal sostituto procuratore di Agrigento, Carlo Cinque, titolare dell’inchiesta. Scaccia non avrebbe sparato con una scacciacani ma con una pistola calibro 7,65, di cui al momento non vi è traccia, e avrebbe premuto il grilletto tre volte. Le tre ogive sono state recuperate. Gli investigatori avrebbero raccolto e riscontrato i gravi indizi di colpevolezza necessari per giustificare la misura di custodia. E determinanti, e orientanti, sarebbero state le dichiarazioni rese dal ferito, Vincenzo Curto, ricoverato in ospedale, al “Barone Lombardo” della città dell’Uva Italia. Gianluca Scaccia, che risponderà ai magistrati di tentato omicidio, porto aggravato e detenzione illegale di pistola, avrebbe assaltato Curto a pistolettate perché animato e infuocato da contrasti sentimentali. Si sarebbe consumata la classica, rituale e purtroppo ricorrente storia d’amore e di coltelli di cui è ricca la letteratura cinematografica, e che nel copione canicattinese avrebbe subito la variante del piombo al posto della lama. E l’epilogo, fortunosamente, non è stato mortale. E il Procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, ringrazia il pubblico ministero, Carlo Cinque, i Carabinieri, il Commissariato di Canicattì e la Squadra Mobile di Agrigento per l’impegno e la tempestività delle indagini condotte, e commenta: “Nonostante un clima di omertà ancora fortemente presente in provincia, le forze dell’ordine e la magistratura, con azione sinergica, riescono ad assicurare l’ordine pubblico e la legalità anche in contesti difficili come quelli di questo territorio. Solo attraverso una risposta tempestiva ed efficace dello Stato in tutte le sue articolazioni, con il consenso e la convinta collaborazione dei cittadini, può essere affermata la legalità, base fondamentale per il convivere civile e per l’esplicazione dei diritti e delle libertà degli individui”.