Obiettivo è diffondere nel territorio locale l’idea che l’arte sia un collante tra culture diverse.
Molto si è discusso, in ambito antropologico e sociologico sulle dinamiche della immigrazione e sulla presenza di inadeguate misure socio-politiche da parte della comunità locale. Al centro del dibattito è stata, e continua ad essere, la questione dell’integrazione come «fenomeno strutturale», l’incontro possibile o meno tra culture e identità socio-culturali poste in una dimensione di diversità etnica e politica.
«[…] grazie ai meccanismi sociali di etichettamento e di esclusione impliciti ed espliciti, l’umanità viene divisa tra persone-non persone» (Dal Lago, 1996).
La contrapposizione dicotomica tra person–nonperson focalizza l’attenzione sul processo disumanizzante degli “stranieri”. Ed ecco quindi contrapporsi al binomio iniziale un secondo: sicurezza e integrazione. Desiderio di instaurare una relazione tra Noi e gli Altri e nello stesso tempo l’attuazione di misure restrittive e di difesa. Avanza in questo modo il paradosso della postmodernità: da un lato il bisogno di controllo, di allarmismi, dall’altro l’impulso alla solidarietà, alla promiscuità. Se è vero che la cultura è un processo in fieri, una pratica che gli uomini “fanno” e non un semplice bagaglio di tradizioni che ci si porta appresso, allora è necessario porre l’alterità in una dimensione attiva e non passiva, soggetto pensante che conosce e interroga, e non meramente oggetto ricettore passivo di misure politiche. In poche parole bisogna considerare gli immigrati come attori sociali, individui che tentano, attraverso un viaggio, di ricollocare le proprie radici, i luoghi pensati per trovare una definizione di sé, la storia condivisa, quell’insieme di riferimenti culturali associati alla propria terra, ai processi politici ed economici attraverso cui ne emerge il senso per chi la abita. Allora da dove iniziare? Come fare in modo che queste riflessioni non muoiano sulla carta e prenda forma quella rivoluzione culturale che deve necessariamente partire da un cambiamento di prospettiva nei confronti dell’alterità e quindi di noi stessi?
Domani, sabato 21 gennaio alle ore 19:00, presso lo Spazio Il Funduk, in Via Santa Maria Dei Greci 38, il MEDEX – Musée éphémère de l’exil presenta il primo di una serie di appuntamenti socio-culturali. Non è un vero e proprio museo, ma è un gruppo di giovani creativi, sopraggiunti ad Agrigento, da ogni parte del mondo (Belgio, Francia, Spagna…), con l’intenzione di restare un mese e organizzare eventi itineranti, di tutti e per tutti, attraverso un modulo d’adesione. Per creare una “città parallela”, ma più sana, benevola verso il prossimo e soprattutto unita! Ecco che l’arte diviene tramite, non solo culturale, ma mezzo costruttivo di integrazione. Il “museo” e gli eventi organizzati per tutta la città, diventano qualcosa di associativo, in cui ciò che sta cambiando, non è il tema, ma aspetto e modi per affrontare questo argomento “urgente”, sia a livello nazionale che locale, e che sono mutevoli ogni qual volta si proporrà una diversa collaborazione tra i membri/partecipanti. L’obiettivo è quello di presentare contestualmente le relazioni e i “risultati materiali” che sono scaturiti da esse, attraverso eventi culturali mobili.
http://www.medexmuseum.com/