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Udienza, ieri in Tribunale,  riguardante il tentato omicidio plurimo, avvenuto la sera del 16 settembre 2015, in contrada Coda a Canicattì.
Protagonisti di questa storia, con un rinvio a giudizio disposto nel marzo 2016 dal gip Francesco Provenzano, sono Giuseppe e Vincenzo Mongitore, padre e figlio di 61 e 32 anni, difesi dall’avvocato Meli, e di una delle vittime, Giuseppe Sorce, 28 anni, difeso dall’avvocato Porcello.

La posizione di Giuseppe Mongitore è stata stralciata data la sua assenza per  motivi di salute e l’udienza rinviata. Mongitore infatti è convalescente in quanto oggetto di un intervento chirurgico. Il difensore dello stesso  ha fatto sapere che l’imputato vorrebbe essere ascoltato in udienza con la possibilità che venga “esaminato a domicilio”.

 

La vicenda è del 2015, quando, a Canicattì, secondo l’accusa, i Mongitore avrebbero sparato con una pistola, che detenevano legalmente, per uccidere Giuseppe Sorce che rimase ferito all’addome e al femore destro. Un’altra persona, Giovanni Milana, restò ferita. Secondo la ricostruzione dell’accusa Sorce, a sua volta, avrebbe sparato con una pistola, senza però colpire i Mongitore.

Si torna in aula il 18 aprile.

Le elezioni Politiche, i commenti post voto e l’intervento di Marcello Fattori, candidato nella lista di Forza Italia per il collegio di Agrigento-Gela- Mazara. Fattori afferma: “L’unica forza politica capace di tenere testa all’eccezionale risultato dei 5 Stelle in Sicilia è stata Forza Italia, che, col 21% di consensi ottenuto, dà prova di essere in salute e di essere in crescita rispetto alle precedenti competizioni elettorali. Inoltre, è proprio qui in Sicilia che Forza Italia raggiunge il miglior risultato rispetto a tutte le altre Regioni italiane, e allora come non dare merito all’eccezionale lavoro portato avanti dal nostro Commissario Regionale Gianfranco Miccichè, che da quando è tornato alla conduzione del partito è riuscito a resuscitarlo dal torpore nel quale altri l’avevano fatto cadere. La strada è tracciata, partendo da questo importante risultato, abbiamo il dovere di ricostruire a fianco di Miccichè il centrodestra in Sicilia e dare, tutti insieme, un contributo importante allo sviluppo ed alla rinascita di questa terra martoriata”.

La Cassazione ha condannato il comune di Menfi a risarcire un’impresa edile, la “Giovanni D’Anna”, aggiudicataria nel 1990 dell’appalto da 1 miliardo e 500 milioni di lire per la costruzione della piscina comunale. Si tratta di un contenzioso iniziato nel 1997 e che si è concluso adesso, dopo oltre 20 anni. Nel frattempo, il proprietario dell’impresa è morto. L’imprenditori ha promosso causa al comune perchè, poco dopo l’avvio del cantiere, l’amministrazione in carica sospese i lavori per due anni, in ragione della necessità di approvare delle perizie di variante. L’interruzione fu ritenuta illegittima dall’imprenditore, che denunciò un danno economico perchè il comune non riconobbe alla sua impresa il pagamento di alcune somme relative allo stato di avanzamento delle opere.

Il presidente della Regione, Nello Musumeci, ha presentato a palazzo d’Orleans un breve consuntivo dei primo 100 giorni di governo. Tra l’altro, Musumeci ha affermato: “Il nostro Governo ha rimesso in circolazione 700 milioni di euro in appena cento giorni. Dei 700 milioni, 340 milioni sono del Piano operativo Fesr per infrastrutture regionali tra bandi pubblicati e bandi in pre-informazione, 39 milioni per il dissesto idrogeologico, 52,4 milioni per la sanità, 150 per infrastrutture, viabilità e riqualificazione urbana, 110 per la formazione. E abbiamo finalmente avviato il decollo dell’area industriale di Gela con il co-finanziamento di 10 milioni di euro”.

“Il Ministro alla Giustizia Orlando è uno dei massimi responsabili della disfatta elettorale del Pd e adesso mettendosi pregiudizialmente di traverso ad ogni ipotesi di accordo con il M5S continua a produrre non solo danni al suo partito (che non interessa molto agli italiani) quanto alla governabilità del Paese”. A sostenerlo è il segretario generale del S.PP. (Sindacato Polizia Penitenziaria) Aldo Di Giacomo che aggiunge: “da mesi ho messo in guardia il Premier Gentiloni e con lui i dirigenti nazionali del Pd, sugli effetti pesantissimi sulla sicurezza dei cittadini provocati dai provvedimenti in materia giudiziaria e in ultimo di riforma carceraria a firma Orlando. In occasione prima del tour del S.PP. “chi è la vittima e chi è il carnefice” tra città grandi e piccole di tante regioni e successivamente durante la campagna elettorale in Sicilia ho incontrato e parlato con lavoratori della sicurezza, commercianti, piccoli imprenditori, sindaci dai quali ho avuto convinti sostegni nella nostra iniziativa”.
È sulla paura degli italiani che la Lega ha costruito il suo successo elettorale e sulla incapacità di dare risposte concrete ai problemi della sicurezza in generale che ha stravinto il M5S specie al Sud dove la preoccupazione per l’incremento di reati anche ad opera di immigrati è cresciuta a dismisura. In sintesi, per colpa del Ministro Orlando, che ha fatto perdere al Pd tantissimi voti di appartenenti alle forze dell’odine, nel Paese non c’è più distinzione tra vittime e carnefici e lo stesso tentativo del Premier Gentiloni nell’ultima seduta del Consiglio dei Ministri prima del voto di approvare solo tre decreti attuativi della riforma Orlando mettendo da parte quelli più controversi è stato tardivo e inadeguato a fronteggiare questa situazione. Noi invece siamo decisamente contrari a quella parte della riforma che – precisa Di Giacomo – aprirebbe per tanti capi mafia e appartenenti ad organizzazioni criminali sottoposti al 41 bis – per l’esattezza 730 detenuti – la possibilità di uscire dal regime duro per godere di misure di detenzione “più comoda”. È impensabile risolvere i problemi della sicurezza, aggravati dai sempre più numerosi fatti di violenza come le rapine alle ville, le aggressioni agli anziani, con intere zone, quartieri di città in mano a delinquenti ed extracomunitari clandestini, svuotando le carceri e introducendo misure cosiddette alternative e di ravvedimento; con più malviventi in giro accade esattamente il contrario.
Quanto al programma sulla giustizia del Movimento 5 Stelle, illustrato durante la campagna elettorale dal deputato Alfonso Bonafede, indicato come eventuale prossimo Ministro, ci sono punti – dice Di Giacomo – che trovano piena condivisione tra i cittadini e gli appartenenti alle forze dell’ordine tra cui la sospensione della prescrizione quando inizia un processo oppure dopo la sentenza di primo grado, a prescindere dall’esito; l’impossibilità per un magistrato che viene eletto in politica di tornare poi a esercitare il proprio lavoro; la certezza della pena; tutti i processi riguardanti la criminalità organizzata si devono svolgere nelle Corti d’Appello; ampliare uso intercettazioni e riprese video come supporto alle indagini. Pertanto – conclude – nessuna pregiudiziale contro il M5S e prevalga il confronto sulla giustizia come sugli altri temi prioritari per il futuro del Paese”.

 

Siamo veramente stanchi e preoccupati per il tono e gli accadimenti di queste settimane rispetto all’obiettivo che, solo in teoria, dovrebbe essere comune, ovvero quello di cercare di salvaguardare l’esistenza del CUPA.
Noi siamo fermi alla nomina del Prof. BUSETTA ed alle sue “dichiarazioni programmatiche” che abbiamo condiviso e sostenuto.
Ma, da allora, leggiamo sconsolati gli articoli di stampa che massacrano ogni prospettiva di futuro e leggiamo sgomenti delle decisioni della Università di Palermo sul corso di laurea in beni culturali.
Per cui, a pochi giorni dalla chiusura dell’offerta formativa delle singole università (30 aprile) il nostro CUPA si presenta in questo “mercato” offrendo che cosa?
Al netto di tutte le buone intenzioni ed i tentativi posti in essere, ci ritroviamo con i 21 studenti del corso di mediazione linguistica e culturale e con quelli che stanno concludendo gli anni precedenti e sono, quindi, ad esaurimento.
Allora se qualcuno ha deciso che questa esperienza del CUPA deve finire, lo si dica definitivamente e si metta mano a come salvaguardare il personale!
Noi abbiamo detto sin dal nascere dei problemi che, per Noi, il CUPA è una risorsa che può essere una delle chiavi di volta del rilancio della provincia.
Ma a Noi non interessa solo salvaguardare l’occupazione in essere, ma serve a garantire, a costi accettabili per le famiglie, quel “diritto allo studio” che altrimenti sarebbe negato a quelle famiglie che non possono permettersi di mandare i figli fuori a studiare.
Ma ciò detto, non è possibile assistere ogni giorno a questo “balletto” mortificante per le intelligenze di tutti.
Per cui, una volta per tutte, occorre a nostro avviso:

1. Definire una volta per tutte il rapporto con UNIPA e la convenzione che ci lega. Non ci sono altre vie : o UNIPA decide che Agrigento è importante e decide di investirVi oppure rendiamoci liberi a stipulare analoga convenzione con qualsiasi Università Italiana (prima di andare in Romania vanno esplorati i rapporti con le mete preferite dagli studenti agrigentini che si riversano in ogni dove!).
Abbiamo già avuto modo di dire e ci piace ripetere:
• Vogliamo farlo qualche conto?
• A quanto ammontano le “tasse universitarie”?
• Ed il contributo Ministeriale che arriva all’UNIPA ?
• E se a questo sommiamo l’intervento della Ex Provincia e della Regione (almeno fino al 2011)? A quanto arriviamo?
Dal 2012 al 2016 sono quasi 50 milioni di euro!
• Vogliamo vedere se, a questo prezzo, riusciamo a trovare altre Università Italiane interessate a stabilire un rapporto con Noi?

2. Definire i rapporti economici e normativi con la Regione Siciliana. La Galla ed Armao (che ben conoscono la nostra situazione) ci dicano cosa voglio fare del “decreto Baccei” e delle risorse che ancora sono rimaste per strada e che hanno in testa per garantire un futuro a questi 7 Consorzi;

3. Ridefinire una “governance” che includa i Liberi Consorzi e chiudere le partite aperte con l’Ente

 

CGIL CISL UIL AGRIGENTO si erano dichiarate favorevoli ad una “riappropriazione” da parte del territorio di questa struttura ed abbiamo dichiarato apprezzamento per quanto si è cercato di fare prima con la nomina di Armao e poi con quella di Busetta, ma debbono constatare che così non si va avanti.

Alla luce della circolare 14/2017 in presenza di Bilanci Consuntivi non approvati, la Regione provveda a nominare un Commissario, resettiamo tutto e comprendiamo tutti cosa dobbiamo fare.
A breve non si potranno pagare gli stipendi e Noi non vogliamo renderci complici di questo andazzo di cose che denunciamo INASCOLTATI da anni!

AGRIGENTO è devastata dalla crisi: meno lavoro, più povertà, meno istruzione e sempre più giovani che abbandonano la città e che ci tolgono la possibilità di riscatto e di futuro, non possiamo permetterci di perdere pure questa opportunità chiamata CUPA.

L’evento avrà luogo presso la sede della Cisl in p.zza Pirandello n. 18, Agrigento, dalle ore 15,30.

Nell’occasione saranno trattati i temi della salute di genere per porre l’attenzione nel definire le politiche sanitarie è, infatti, strategico perché malattie comuni agli uomini e alle donne , presentano fondamentali differenze tra i due sessi nella sintomatologia, nella prognosi, nel trattamento, nell’incidenza. 

La donna, che  ha un ruolo di protagonista nel contesto sociale e familiare per la sua capacità di accogliere i bisogni di salute, si trova sempre più spesso l’unicacaregiver su cui si riversa il peso della gestione della cura dei familiari con problemi sanitari, spesso finisce con il trascurare la propria di salute. 

D’altra parte i bisogni sanitari delle donne sono differenti, diversificati in relazione all’età, complessi e richiedono delle risposte adeguate.

Oltre alle relatrici che  presenteranno contenuti relativi agli obiettivi prioritari fissati dall’Organizzazione Mondiale della Sanita: Prevenzione cancro, adesione agli screenings, malattie non trasmissibili, effetti fisici e psicologici della violenza, disturbi del comportamento alimentare, l’evento sarà arricchito dalla testimonianza di alcune donne.

 

La scrivente Organizzazione Sindacale, è costretta ancora una volta ad intervenire a seguito di un increscioso episodio che ha visto coinvolto un Ispettore della Polizia Locale in pieno centro di Agrigento, ad opera di un automobilista.
Questi, dopo essere stato multato per aver sostato nello spazio riservato ai disabili, sanzione che prevede anche la decurtazione di due punti dalla patente, ha tentato di colpire l’Agente con un bastone, solo grazie alla prontezza di riflessi del Pubblico Ufficiale sono stati evitati danni fisici. Non riuscendo nell’intento, l’aggressore, dopo una breve colluttazione, si dava alla fuga tra lo stupore dei passanti.
Il S.I.L.PO.L. (Sindacato Italiano Lavoratori Polizia Locale), nello stigmatizzare l’accaduto, esprime al collega massima solidarietà e sdegno per l’ennesima aggressione la quale evidenzia il sintomo di una mutata situazione che porta il personale della Polizia Locale a rischiare quotidianamente l’incolumità fisica, nell’adempimento del proprio dovere, mirato al rispetto della legalità e delle regole molto spesso disattese.
Questa Organizzazione Sindacale, auspica che venga individuato immediatamente l’autore di questo insensato gesto, per essere segnalato all’Autorità Giudiziaria ed ottenere così un’adeguata condanna.

Aria di caos, aria di tragedie in casa Forza Italia.

Dopo che i dissidenti azzurri Caronia, Cannata, Calderone e Gallo (commentando il risultato fallimentare ottenuto da Forza Italia alle recenti politiche in Sicilia) avevano chiesto la testa del leader Gianfranco Miccichè, la risposta di quest’ultimo non si è fatta attendere.

Il leader regionale lo ha fatto attraverso la sua pagina di facebook attaccando ferocemente i quattro deputati regionali, rivali di casa propria.

Miccichè ha risposto testualmente: “Non possono far parte di Forza Italia coloro che, per il solo fatto di non essere stati candidati, hanno platealmente votato e fatto votare il Movimento Cinque Stelle. Forza Italia non è adatta a loro e loro non sono adatti a Forza Italia”.

Gianfranco Miccichè non si ferma, sembra un fiume in piena: “Se i nostri alleati avessero mantenuto i voti delle scorse regionali, non avremmo perso neanche un collegio. Ma, detto questo, sarebbe folle non recepire il messaggio di queste elezioni: Forza Italia ha bisogno di un profondo cambiamento e di nuove regole. Per questo, la settimana prossima, convocherò una riunione in cui ogni parlamentare potrà dire la sua in assoluta libertà all’interno del partito”.

Che molti “forzisti” volevano essere candidati e si sono “vendicati” dentro le cabine elettorali è un sospetto che apre l’anticamera di una velata verità.

Sarebbe davvero mortificante se Gianfranco Miccichè avesse ragione. Assurdo (ma non impossibile) se i dissidenti avrebbero “spostato” i propri voti a favore dei 5stelle o comunque di altri partiti.

Sembra proprio arrivata l’ora che all’interno di Forza Italia occorre una pulizia straordinaria.

 

Oltre il sequestro dei beni per un valore di oltre 120 milioni di euro, nuova accusa per l’imprenditore di Racalmuto Calogero Romano, 62 anni, che risulta indagato adesso anche per riciclaggio aggravato per aver favorito la mafia.

 

Il Tribunale – sezione Misura di prevenzione (Luisa Turco, presidente; Antonio Genna e Rosanna Croce, estensore) ha già fissato udienza camerale per il prossimo 18 aprile data in cui si discuterà non solo del sequestro beni ma anche della richiesta di applicazione della misura di prevenzione personale.

La storia, da stamani. È nota: i sigilli sono stati apposti all’impero dell’imprenditore Calogero Romano. I finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo gli hanno sequestrato aziende, immobili, auto e conti correnti per un valore complessivo di oltre 120 milioni di euro.

Nel 2016 Romano, originario di Racalmuto, è stato condannato dal Tribunale di Agrigento a sei anni e sei mesi per concorso esterno in associazione mafiosa per aver contribuito “al rafforzamento di Cosa Nostra, pur non facendone parte, fino a quando il suo principale punto di riferimento, il mafioso Ignazio Gagliardo, non entrò nel programma di protezione per i collaboratori di giustizia”.

Secondo la Procura di Palermo, il successo delle iniziative imprenditoriali di Romano sarebbe legato ai rapporti di connivenza intrattenuti per vent’anni con esponenti di spicco di Cosa Nostra nell’agrigentino. Molti i settori di attività, a partire dall’edilizia. Tra il 1992 e il 2012 Romano avrebbe consentito a uomini dei clan, Ignazio e Calogero Gagliardo e Maurizio Di Gati, di gestire l’impianto di calcestruzzo riconducibile alle società da lui controllate – tra cui la Eredi Romano snc, la Romano srl e la Ierre srl – in cambio dell’appoggio di Cosa Nostra, che gli avrebbe consentito di prosperare e allargare i suoi interessi.

Nel tempo sono state costituite molte società, tra cui la Program group racing engineering, proprietaria del noto Autodromo internazionale Valle dei Templi di Racalmuto, la Beton 640, la Mediterranea cavi e la Romano telecomunicazioni, queste ultime specializzate nella posa di cavi elettrici e telefonici, che hanno via via guadagnato una posizione dominante nel settore delle opere di realizzazione di reti telematiche nelle provincie della Sicilia occidentale.

Con il consenso di Giuseppe Falsone, boss di Campobello di Licata, considerato in passato il capo di Cosa Nostra agrigentina, Romano avrebbe fornito alle aziende riconducibili ad Angelo Di Bella e Vincenzo Leone, appartenenti alla famiglia mafiosa di Canicattì, il calcestruzzo per la costruzione del centro commerciale Le Vigne, tra Agrigento e Caltanissetta. I finanzieri hanno accertato che per l’opera Romano avrebbe sistematicamente sovrafatturato le forniture per creare fondi neri necessari a foraggiare i boss di Canicattì.

Gli investigatori hanno potuto contare anche su quanto raccontato da Ignazio Gagliardo e Di Gati, diventati collaboratori di giustizia, per ricostruire la galassia di attività e relazioni di Romano. I sigilli sono scattati per 10 aziende, decine di automezzi, 16 rapporti bancari e 119 immobili tra terreni e abitazioni.