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L’Agnello Pasquale, dolce tipico di Favara, ha una tradizione molto antica.

Fra la fine del 1800 e l’inizio del 1900 ne fa un lacunoso accenno il barone Antonio Mendola, ma l’uso di questo dolce era ancorato ad una tradizione esclusivamente familiare e non poteva assolutamente gareggiare, per preferenza e quantità, con i frutti di martorana ed i cannoli, molto apprezzati oltre cento anni addietro dai favaresi, principalmente per Natale e Pasqua.

L’Agnello Pasquale, preparato con pasta reale a base di mandorle, ripieno di pasta di pistacchio e finito con velo di zucchero e decorazioni, è rimasto un dolce strettamente artigianale e familiare fino alla seconda metà del 1900.

Questo dolce è stato assaggiato il 12 maggio 1923, da mons. Giuseppe Roncalli (1881-1963 – eletto Papa Giovanni XXIII il 28-10-1858), quando, essendo in visita ad Agrigento, dovendo rientrare a Roma, il canonico Antonio Sutera volle accompagnarlo fino a Caltanissetta e, passando per Favara, insieme si fermarono nella sua residenza di via Umberto per prendere un caffé e, per l’occasione, assaggiare questo dolce favarese preparato da suor Concetta Lombardo del collegio di Maria.

Il dolce venne talmente apprezzato da mons. Roncalli, al punto tale che a 40 anni esatti dalla visita ad Agrigento-Favara, precisamente l’11 maggio 1963, ricevendo il nuovo Vescovo ausiliare di Agrigento, mons. Calogero Lauricella, accompagnato per l’occasione, dal teologo Antonio Sutera, studente all’ateneo di Roma (nipote del canonico Antonio Sutera), Papa Giovanni XXIII volle ricordare due cose in particolare: la visita effettuata ai templi di Agrigento e il gusto particolare dell’agnello pasquale, consumato a Favara.

Il canonico Sutera, quando era direttore diocesano delle pontificie opere missionarie e rettore del seminario di Agrigento più volte ha omaggiato mons. Roncalli di questo squisito dolce favarese e successivamente, riprendendo una vecchia e nobile tradizione, anche il Movimento Giovanile Studentesco di Favara, il cui promotore era il sac. Antonio Sutera (nipote del suddetto canonico), a quell’epoca rettore della chiesa del Rosario di Favara. Di quanto detto ne è riprova una lettera della Segreteria di Stato del 18 aprile 1966, con la quale l’eletto cardinale sostituto mons. Angelo Dell’Acqua comunicava a mons. Sutera che Papa Paolo VI voleva ringraziarlo per l’invio dell’agnello pasquale .

Nel novembre 2004, in occasione di un incontro di Papa Giovanni Paolo II con alcuni disabili sono stati portati alcuni doni e, fra questi, anche un agnello pasquale di Favara.

Per Nino Sutera Direttore della Libera Università Rurale dei Saperi e dei Sapori Onlus, i Borghi  GeniusLoci De.Co. sono un percorso culturale, al francese “terroir”, preferiamo il latino “genius loci”, un equilibrio di forze ed energie caratteristico di un luogo definito e pertanto irripetibile. Il percorso Borghi  GeniusLoci De.Co.,  prevede un modello dove gli elementi essenziali di relazionalità sono Territorio-Tradizioni-Tipicità-(intesa come specificità) -Tracciabilità e Trasparenza, che rappresentano la vera componente innovativa, da condividere con il territorio e per il territorio. Le persone “respirano” il genius loci di un luogo, di un ambiente quando ne hanno piena coscienza. Ognuno di noi è attaccato ad un luogo d’infanzia, ad un ricordo, ad un affetto, a un dolce, ad un piatto. Ecco, l’obiettivo è recuperare l’identità di un luogo, attraverso le prelibatezze storiche e culturali del territorio. Il percorso è stato inserito tra gli esempi virtuosi del -FORUM ITALIANO DEI MOVIMENTI PER LA TERRA E IL PAESAGGIO- “Salviamo il paesaggio, difendiamo i territori” Il format è stato presentato: Poster Session del Forum P.A. di Roma; * VALORE PAESE economia delle soluzioni, organizzata da ItaliaCamp a Reggio Emilia; * Premio nazionale Filippo Basile dell’AIF · XXVI Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana Formatori di Palermo. EXPO2015 MILANO 

Per garantire la sostenibilità del percorso occorrono dei principi inderogabili e non barattabili, innanzitutto  la storicità e l’unicità, l’interesse collettivo, condiviso e diffuso e a burocrazia zero.  Il mito che circonda la maggior parte dei territori rurali di successo, assomiglia a una favola vera fatta di personaggi e di eccezionalità, e di unicità. Aspetti importanti che collocano l’idea del Borgo GeniusLoci  De.Co. all’interno di un percorso culturale e di pensiero innovativo volto alla difesa delle peculiarità territoriali.  

In questo processo culturale, i disciplinari, le commissioni, e i regolamenti, mutuati dai marchi di tutela di tipo europeo(DOP, IGP, DOC, ect) sono perfettamente inutili e controproducenti.

A Favara, un comune nell’agrigentino, durante il periodo pasquale si svolge ogni anno la” Sagra dell’Agnello Pasquale”, dedicata al dolce tipico di pasta di mandola farcito di pistacchio, a forma di Agnello. Il prodotto dolciario, gustato, conosciuto ed apprezzato in Italia ed all’estero.

COME SI PREPARA L’AGNELLO DI FAVARA

Prof. Luigi Parello Custode delle Identità Territoriali di Favara

Ingredienti:

1,4 kg di zucchero a velo

1 kg di mandorle

1 kg di pistacchi

500 ml d’acqua

15 gr di scorza di limone grattugiata

5 gr di scorza di arancia/limone glassata al fondente per decorare.

Procedimento:

sbollentare e sbucciare le mandorle e i pistacchi. Quando entrambi gli ingredienti si saranno raffreddati macinarli separatamente fino a ottenere delle farine fini. Fare bollire in un tegame 700 g di zucchero a velo e 250 ml d’acqua. Quindi togliere lo sciroppo dalla fiamma, aggiungervi il trito di mandorle e impastare il tutto fino a ottenere una pasta liscia ed omogenea e, solo alla fine aromatizzare con scorza di limone dell’agrigentino grattugiata al momento. Seguire lo stesso procedimento per il trito di pistacchi. Inserire nello stampo dell’agnello pasquale parte della pasta di mandorle fredda premendola lungo i bordi dello stampo per uno spessore di circa 1 cm, così da formare quella che sarà la parte dell’agnello visibile all’occhio. Dopodiché riempire la cavità dell’agnello con la pasta di pistacchio e rivestire infine la base con il resto della pasta di mandorle. Lasciare che il dolce si indurisca un po’ all’interno dello stampo e poi estrarlo con cura.     

L’Agnello Pasquale di Favara si può servire così com’è (magari decorandolo con un fiocchetto o un campanellino al collo e uno stendardo piantato sul dorso) oppure lo si può arricchire ancora di più, guarnendolo in base al proprio estro creativo (es. con scorze di arancia e limone candite glassate con ghiaccia reale e sistemata a mò di fiocco o a mò di corona lungo il corpo dell’agnello pasquale). Per creare, ad esempio, il manto di lana dell’agnello si può fare ricorso agli stessi colori alimentari che si usano per dipingere la frutta di Martorana oppure a del fondente di zucchero e qualche perlina argentata da spargere qua e là sul manto o, ancora, lo si può creare in maniera ancora più elegante modellandolo con una sac à poche contenente un po’ di pasta di mandorla ammorbidita con acqua.

Marika Orlando


La giunta Musumeci firma l’ennesimo rinvio dell’elezione diretta dei presidenti e dei consigli provinciali. Commissari prorogati fino al 31 dicembre.

Non è un errore se le si definisce ancora Province. Perché tali sono. Liberi Consorzi di Comuni? Liberi da che? Consorzi di che? Comuni con che? Sono solo parole vuote, che non sono state riempite di significato sostanziale, termini arruffati di una riforma arruffona quale è stata la legge istitutiva dei Liberi Consorzi di Comuni in Sicilia al posto delle Province. Sei Consorzi, corrispondenti ad altrettante sei ex Province, e tre Città Metropolitane, Palermo, Catania e Messina, con l’elezione dei propri organi amministrativi prima di secondo grado e poi diretta.

L’ex presidente della Regione, Rosario Crocetta, si è incaponito sul non recepire “tout court”, dal francese “in breve” e quindi così come è, la riforma Delrio che ha soppresso del tutto le Province. E ha partorito una falsa riforma che si protrae da anni, tra difficoltà di gestione a carico degli stessi Enti, commissariamenti infiniti, e poi la barzelletta delle elezioni, annunciate e poi rinviate sistematicamente. Adesso è la volta della giunta Musumeci, che ha appena approvato una delibera che modifica la legge regionale dell’agosto scorso, la numero 17 del 2017, che ha reintrodotto l’elezione diretta del presidente e dei consigli provinciali. Secondo tale legge, il voto sarebbe coinciso in occasione delle prime Amministrative in calendario, e quindi il prossimo 10 giugno. Impossibile. E dunque la delibera rinvia il voto per le Province al turno straordinario delle elezioni amministrative, quindi una domenica compresa tra il 15 ottobre e il 15 dicembre 2018.

E nel frattempo, i Commissari in carica fino al 30 giugno sono prorogati fino al 31 dicembre 2018, quando il commissariamento delle Province raggiungerà il traguardo record dei 6 anni. In principio il voto è stato in calendario il 20 novembre 2016, e poi è stato rinviato al 26 febbraio 2017. Poi invece altro rinvio, alla terza data per le elezioni, domenica 30 luglio 2017. Nel frattempo l’Assemblea Regionale ha approvato la legge di ripristino dell’elezione diretta del presidente e dei consigli delle Province, poi impugnata dal governo nazionale nell’ottobre scorso. La stessa legge ha fissato il 18 febbraio 2018 come data per le elezioni, poi ritenuta impraticabile e rinviata alle Amministrative della primavera appena iniziata. Anzi no: il governo Musumeci ha firmato, altro giro, altra corsa, a vuoto.

A.R. (teleacras)

Un’anziana è morta dopo essere stata travolta da un’auto ieri sera a Caltanissetta, mentre insieme a due amiche stava andando in via De Cosmi nella chiesa San Pietro per prendere parte alla veglia pasquale. La donna è morta questa mattina, mentre le altre due, di 82 e 93 anni, hanno riportato fratture multiple e sono ricoverate in ospedale.
    A perdere la vita è stata Lucia Costa, di 82 anni. Le tre sono state investite da una Fiat Panda guidata da una donna di 61 anni. Ancora da accertare le cause dell’incidente. “La sessantunenne – affermano i carabinieri – è in stato confusionale e non riesce a spiegare come abbia fatto a non accorgersi delle tre anziane”.

Girgenti Acque S.p.A. comunica che a far data dal 05/04/2018 lo Sportello periferico di Girgenti Acque S.p.A. a Raffadali, ubicato negli Uffici del Palazzetto dello Sport (Via Pezzalonga) seguirà, con cadenza settimanale, i seguenti giorni e orari di ricezione del pubblico:

·         Giovedì: 08.30-13.00/14.00-17.00;

·         Venerdì: 08.30-13.00/14.00-17.00;

unitamente allo ‘Sportello Mobile’ che è presente, a giorni alterni, in tutte le zone dove gli operatori stanno eseguendo l’installazione dei contatori idrometrici.

Giornata di Pasqua e giornata di maggior lavoro da parte degli uomini della Polizia Stradale di Agrigento impegnati in attività di controllo del territorio al fine di garantire la sicurezza a tutti gli automobilisti e tutti i cittadini.

Il bilancio della suddetta attività parla di 105 veicoli fermati, di 207 persone controllate, di 13 contravvenzioni per violazione del codice della strada, del sequestro di due vetture sprovviste di assicurazione e conseguente ritiro di carte di circolazione.

Altro riconoscimento giornalistico per Angelo Ruoppolo di Teleacras. Dopo il premio d’Arte e Cultura Siciliana “Ignazio Buttitta” 2017 assegnatogli a Favara dal Centro culturale “Guttuso” lo scorso 28 novembre, il prossimo 28 aprile, ancora a Favara, al Castello Chiaramonte, ad Angelo Ruoppolo sarà conferita la nona edizione del premio “Pippo Montalbano”, organizzato dal Comune di Favara, il Piccolo Teatro città di Agrigento, la famiglia Montalbano, Liliana Arrigo ed il dottor Antonio Patti.

La manifestazione, dedicata all’illustre Artista Agrigentino, è stata ideata dal Comune di Favara per ricordare l’ultima esibizione artistica dell’Attore, avvenuta proprio nelle sale del Castello Chiaramonte il 14 febbraio del 2009. Negli anni il prestigioso riconoscimento è stato assegnato a numerosi esponenti della cultura e dell’arte siciliana e non solo. Quest’anno l’ambito riconoscimento sarà assegnato all’attore e regista di Cinema e Teatro Maurizio Nicolosi, al cantante e musicista Lello Analfino, al performer, scrittore e compositore Marco Savatteri, all’attore Giandomenico Vivacqua, al Gruppo Musicale Patty Singers ed al giornalista Angelo Ruoppolo.

Ingresso libero fino ad esaurimento dei posti. Quest’anno l’evento sarà dedicato alla memoria di due “Grandi Amiche” scomparse che avrebbero dovuto essere premiate: Virginia Bellomo e Luisa Trenta Musso.

In occasione della giornata internazionale della rondine che si celebra domani 31 marzo l’AIDAA Associazione Italiana Difesa Animali ed Ambiente – AIDAA lancia il “Primo censimento nazionale dei nidi di rondine”. Chiunque abbia sotto il suo tetto un nido di rondine può fotografarlo ed inviarlo all’indirizzo di posta elettronica presidenza.aidaa@gmail.com indicando la via, la località e da quanto tempo il nido è presente, ma sopratutto se le rondini tornano in quel nido ogni anno in maniera regolare. L’idea di lanciare un vero e proprio censimento dei nidi di rondine nasce sia dalla acclarata diminuzione della presenza delle rondini nelle nostre città e nei nostri paesi a causa delle problematiche ambientali, ma anche di una agricoltura aggressiva che di fatto ha portato al collasso della presenza degli insetti (con un calo calcolato di circa l’80%) che di fatto toglie una delle maggiori fonti di alimentazione per le rondini ma anche per altre specie di aviofauna, e sopratutto dalle sempre maggiori segnalazioni che arrivano alle varie associazioni di distruzione di nidi di rondine, fatto questo vietato e considerato un reato penale. “Ci proponiamo di realizzare un censimento parziale, ma speriamo diffuso su tutto il territorio nazionale- ci dice Lorenzo Croce presidente di AIDAA- in modo da avere un quadro reale sulla presenza dei nidi di rondine specialmente nelle nostre città”.

Raffiche di vento per tutta la nottata, anche a 50 km orari ed aliscafi e traghetti sono fermi nei porti delle Eolie. Sulle sette isole soffia vento proveniente da ovest-nord-ovest. Nell’arcipelago, nonostante le condizioni meteomarine non ideali, si registra una buona presenza di turisti anche stranieri. In massa nella piazza di Marina Corta a Lipari parteciperanno alla processione di Pasqua con l’incontro tra il Cristo Risorto e la Madonna

Il vino si produce a Marsala da tempo immemore, tuttavia rinasce a nuova vita grazie agli inglesi, fondando una florida industria enologica che segna l’economia di questo territorio. Dopo avere vissuto momenti di alterna fortuna, il Marsala giunge ai nostri giorni risorgendo da un lungo periodo segnato da scellerate scelte di dubbia qualità.

Tutto inizia con l’antica tradizione di conservare una piccola botte con il vino migliore, cercando – per quanto possibile – di mantenere e migliorare nel tempo la qualità. Quel vino, dal sapore antico, si chiama perpetuum, o perpetuo e la piccola botte, tipicamente da 26-30 litri, prende il nome di caratello, localmente detto carateddu. La tecnica del perpetuo era molto diffusa in antichità ed è ancora oggi impiegata nella produzione di alcuni vini, come per esempio il Vin Santo. Si preleva una quantità di vino dalla botte e si provvede a ricolmare la parte mancante con il vino nuovo, così da apportare freschezza e gioventù a quello più maturo e complesso formatosi nel corso del tempo. Lo scopo è quello di perpetuare la qualità e il carattere del vino, tramandando il caratello di padre in figlio, sviluppando uno straordinario patrimonio sensoriale. Il sistema del perpetuo è più semplice del metodo “criaderas y soleras” sviluppato in Spagna, il quale, grazie a Benjamin Ingham, entrerà a fare parte della storia del Marsala. Per chiarezza va detto che oggi, nonostante la menzione “Soleras” sia prevista dal disciplinare, il Marsala non è più prodotto con il celebre metodo spagnolo e si riferisce unicamente alla modalità di invecchiamento.

UNA STORIA STRAORDINARIA

La storia del Marsala – così come lo conosciamo oggi – inizia nel 1773 quando il commerciante inglese John Woodhouse fu costretto a sbarcare a Marsala, si dice, a causa del cattivo tempo. Il commerciante inglese cercò ristoro in un’osteria e qui gli fu servito il vino perpetuo. Capì subito che quello che aveva nel bicchiere era molto simile ai vini che riscuotevano enorme successo nella sua patria, in particolare il Jerez, o Sherry, come lo chiamano gli inglesi. Da abile commerciante intuì che poteva trarre da quel vino notevoli profitti, soprattutto acquistarlo a prezzi più competitivi rispetto ai celebri vini spagnoli. Decise quindi di spedire in Inghilterra alcune “pipe” di perpetuo, le tipiche botti mercantili di quei tempi. Forte della sua esperienza con i vini fortificati spagnoli, cioè addizionati di acquavite, e in modo particolare con il Malaga, aggiunse dell’acquavite al perpetuo così da assicurare una migliore conservazione durante il viaggio. John Woodhouse sapeva che le difficili condizioni del mare, non da meno, il lungo tempo per giungere in Inghilterra, sarebbero stati fatali per qualunque vino, pertanto aumentare il grado alcolico garantiva una migliore conservazione. Fu un successo clamoroso e Woodhouse si stabilì a Marsala, iniziando lui stesso a produrre quel vino che divenne poi fra i preferiti d’Inghilterra. Il successo di Woodhouse incoraggiò altri inglesi a fare altrettanto – le famiglie Ingham e Whitaker su tutte – e gli italiani, ovviamente, non restarono a guardare. Iniziò nel 1832 Vincenzo Florio, seguito da altri e, fra questi, Diego Rallo, Carlo Martinez, Vito Curatolo Arini e Carlo Pellegrino, nomi ancora oggi legati alla produzione di questo vino.

Il prestigio del Marsala si interrompe verso la metà del 1900 – a causa di scelte commerciali e produttive discutibili – per poi rinascere negli anni 1980, consegnato a nuova vita e splendore grazie all’impegno di alcuni illuminati e tenaci produttori.

COME NASCE IL MARSALA

Il Marsala è un vino fortificato – o liquoroso – ottenuto con l’aggiunta di acquavite. Questa tecnica, detta fortificazione, aumenta il grado alcolico del vino a circa 19°, influendo su molti aspetti organolettici e svolgendo un ruolo importante sia nell’equilibrio sia nella piacevolezza. Il Marsala è un vino Doc dal 1969 e l’ultima revisione del disciplinare è stata operata nel 2014. Il grande vino di Sicilia si qualifica come “Fine”, “Superiore”, “Superiore Riserva”, “Vergine” o “Soleras”, “Vergine Riserva” o “Soleras Riserva”, “Vergine Stravecchio” o “Soleras Stravecchio”, categorie che definiscono principalmente le modalità di maturazione e il tempo. A seconda delle uve e della tecnica di produzione, il Marsala si definisce ulteriormente in “oro”, “ambra” e “rubino”: i primi due si producono con uve bianche, il terzo unicamente con uve rosse. Le uve bianche impiegate per la produzione del Marsala sono Grillo, Catarratto, Inzolia e Damaschino. Il Grillo è l’uva più significativa e con questa si producono i migliori Marsala. Lo stile rubino nasce invece dalle uve rosse Perricone, Nero d’Avola e Nerello Mascalese. Ogni tipo prevede un processo di produzione distinto e in tutti è prevista l’aggiunta di acquavite da vino, si favorisce inoltre l’ossidazione, responsabile della complessità sensoriale del Marsala. Lo stile più nobile è certamente il Vergine, meglio ancora se Riserva o Stravecchio, soprattutto quando prodotto con uva Grillo in purezza.

La produzione del Marsala inizia con il mosto e, a seconda dello stile, procede in modi diversi. In alcuni tipi si aggiunge sifone – mosto d’uva mutizzato, cioè addizionato di acquavite, quindi infermentescibile – mosto cotto oppure concentrato. Questa pratica non è ammessa nel Marsala Vergine – ragione che spiega il suo nome – per il quale è permessa unicamente la fortificazione. L’aggiunta di mosto cotto è inoltre vietata negli stili oro e rubino.

Il Marsala Fine prevede un tempo di maturazione minimo di 12 mesi, il Superiore almeno due anni, il Superiore Riserva almeno quattro, il Vergine o Soleras almeno cinque, il Vergine Riserva o Stravecchio almeno dieci anni. Il Marsala si definisce inoltre per la sua dolcezza: secco con zuccheri inferiori a 40 grammi per litro, semisecco fra 40 e 100 grammi, dolce con zuccheri superiori a 100 grammi.

IL MARSALA NEL CALICE

La degustazione del Marsala è piuttosto complessa, non solo per i tanti stili prodotti, ma anche per la ricchezza organolettica, soprattutto quando è maturato per molti anni. Lo stile – oro, ambra e rubino – richiama direttamente il colore. Se per il Marsala oro e rubino il colore e le sfumature sono decisamente meno varie, lo stile ambra è fortemente caratterizzato dal sifone e dal mosto cotto. In questo stile, infatti, il colore può presentarsi con tonalità diverse, fino a mostrarsi cupo e tendente al mogano. Il profumo del Marsala è l’aspetto sensoriale più interessante e con il tempo è capace di regalare emozioni straordinarie a chi è capace di ascoltare il racconto che si svela dal calice. La fortificazione influisce sulla pulizia dei profumi poiché la qualità dell’acquavite può compromettere la finezza olfattiva. Il primo impatto olfattivo del Marsala è determinato dall’intensità e finezza dell’elemento fortificante e, se di bassa qualità, può risultare sgradevolmente pungente. Il tempo definisce il profumo in modo profondo e quello che può regalare al naso un Marsala Vergine Stravecchio è decisamente distante da un Marsala Fine. I profumi del Marsala ricordano generalmente la frutta secca e candita, incluse confetture e marmellate, giungendo a vette di complessità che toccano anche il cuoio e la liquirizia.

L’enorme varietà di stili del Marsala caratterizza il gusto che si esprime in modi distinti in accordo al tipo, in particolare gli zuccheri che determinano la dolcezza. Infine, nei Marsala prodotti con uve bianche – oro e ambra – si distingue la sensazione di acidità, mentre nel rubino, prodotto con uve rosse, si percepisce l’astringenza conferita dai tannini.

Marika Orlando

Gli Editori, il Direttore, lo staff giornalistico e tecnico di sicilia24h.it augurano a tutti una serena Pasqua.

 

Puntale per Pasqua, arriva dallo spazio arriva la foto di Egg Island, l’Isola delle uova che si trova nell’arcipelago delle Bahamas. Le uova di cui è ricca non sono di cioccolato, ma quelle depositate dagli uccelli marini. Fotografata dal satellite Sentinel-2B del programma Copernicus per l’osservazione della Terra promosso da Agenzia Spaziale Europea (Esa) e Commissione Europea, l’isoletta si estende su una superficie di appena 800 metri ed è disabitata.

Si trova all’estremità nord-occidentale della lunga e sottile catena delle isole Eleuthera. E’ baganata a Sud, da acque turchesi e dai bassi fondali, mentre a Nord da acque più scure e profonde. Le barriere coralline che si trovano nei suoi mari, spiega l’Esa, pullulano di vita: sono ricche di specie, a partire dalle tartarughe marine. Qualsiasi disturbo a questo delicato ecosistema potrebbe significare disastri naturali: “di fatto – rileva l’Esa – l’isola ha rischiato di diventare un porto per le navi da crociera, e questo avrebbe significato il dragaggio del fondale e la distruzione delle barriere coralline. Fortunatamente, questo piano non ha preso piede proprio per il danno che avrebbe causato all’ambiente”