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A quasi 10 mesi dalla pubblicazione della legge regionale n. 8 di maggio 2017 i nostri rappresentanti politici non hanno avuto la volontà, il coraggio e la dignità di attuarla.
Oggi il Governo Musumeci brilla per l’assordante silenzio in merito al trasferimento dei lavoratori ex sportellisti multifunzionali a norma dell’Art. 13 della citata legge nella pianta organica del CIAPI, ente in house della Regione Siciliana, ridando dignità sociale umana e professionale a 1.800 lavoratori che dopo ben 5 lunghi anni di attesa e disperazione aspettano ancora di conoscere il loro futuro e ruolo all’interno di questa società, probabilmente malata e che non riesce più a capire quali siano le priorità sociali dei suoi cittadini.
Affinchè questi lavoratori non siano dimenticati dalla politica e da chi può intervenire per dare una soluzione positiva al problema, il Sinalp Sicilia ha organizzato un corteo di protesta che da via Praga, sede dell’Ispettorato al Lavoro di Palermo, ha raggiunto, sfilando lungo le strade della città, via Trinacria sede dell’Assessorato Regionale della Famiglia e delle Politiche Sociali.
Il Sinalp, rappresentato da Gaetano Giordano e da Andrea Monteleone, ha denunciato l’incomprensibile atteggiamento del Presidente On. Musumeci che nella passata legislatura ha presentato una dura ed incisiva interpellanza contro il Governo Crocetta reo di non aver attuato l’Art.13 della legge regionale n. 8 mentre oggi, che è divenuto il nuovo Presidente di questa martoriata terra, ancora non decide di dare l’avvio ad un programma di stabilizzazione degli uomini e donne esperti di politiche attive del lavoro, ridandogli serenità e prospettive per un futuro di crescita dei nostri giovani che finalmente potrebbero programmare l’ingresso nel mondo del lavoro creandosi uno spazio positivo nella società siciliana.
La mancanza di un programma organico di politiche del lavoro atte a creare un futuro di crescita economica e sociale per i nostri ragazzi ha causato lo sviluppo esponenziale della disoccupazione giovanile facendoci ottenere il triste primato di regione con il più alto tasso di disoccupati e con la più alta emigrazione giovanile.
I nostri figli sempre di più sono costretti ad emigrare non solo nel nord Italia ma anche all’estero per potersi creare prospettive future di vita consone alle loro aspettative.
Negli ultimi 10 anni la Sicilia ha perso quasi 1.000.000 di abitanti e la maggioranza di loro sono stati costretti ad emigrare per la mancanza di una vera prospettiva di lavoro, regalando il nostro futuro, il futuro di questa terra ad altri e uccidendo ogni prospettiva di vera crescita economica.
Tutto quanto è stato ribadito al Capo di Gabinetto dell’Assessore Ippolito che pur a conoscenza del corteo ha ritenuto opportuno non ascoltare quanto denunciato.
Il Sinalp invita tutti gli ex sportellisti a riunirsi presso la sede regionale per coordinare una strategia di lotta sindacale per avere riconosciuto il diritto all’applicazione di una legge della Regione Siciliana attualmente ancora assurdamente inapplicata.

 

Mentre a Caltanissetta si celebra il processo contro il boss Matteo Messina Denaro accusato di essere uno dei mandanti degli attentati di Capaci e via D’Amelio, pianificati nel corso di una riunione della commissione di Cosa nostra alla fine del ’91 a Castelvetrano, apprendiamo da qualche organo stampa anche di altre riunioni tenutesi alla presenza del boss, con la partecipazione di soggetti politici e imprenditori.
Riunioni non avulse alla fase preparatoria delle stragi, rispetto le quali – secondo quanto riportato dalla stampa – esisterebbe un testimone oculare che avrebbe dato la disponibilità a raccontare di quegli incontri tra mafia e politica.
Che dietro le stragi di Capaci e via D’Amelio ci siano menti molto più raffinate del semplice braccio armato, è opinione diffusa – e non solo opinione – tanto tra i cittadini quanto fra gli addetti ai lavori.
Resto basito nell’apprendere dell’esistenza di questo testimone “incontrato” dagli Investigatori ma che non sarebbe ancora stato sentito dai magistrati.
Nella qualità di rappresentante dei familiari di vittime di mafia dell’Associazione “I Cittadini contro le mafie”, ritengo che noi tutti familiari di vittime innocenti di mafia – in particolare coloro ai quali quegli attentati segnarono la vita – abbiamo il diritto-dovere di chiedere che si arrivi a conoscere la verità anche, e soprattutto, se questa riguarda un diverso contesto e coinvolgimento dalla sola mafia tutta coppola e lupara, stereotipo di una fase arcaica che da tempo si è evoluta.
Se infatti è della massima importanza quanto sta emergendo nel corso del processo contro Matteo Messina Denaro, non si può ignorare il fatto che si stia processando un fantasma (Messina Denaro è latitante) mentre ben altri probabili responsabili di quei fatti luttuosi – che potrebbero essere identificati da questo presunto testimone – da oltre 25 anni sono rimasti impuniti grazie ai depistaggi ad opera di quelli che si sono poi rivelati essere falsi pentiti.
Se realmente c’è un testimone degli incontri e delle dinamiche propedeutiche alle stragi del ‘92, perché non sentirlo? Abbiamo fiducia nella Giustizia e sono certo che il nostro appello non resterà lettera morta, essendo comune a tutti noi (familiari delle vittime, magistrati ma anche semplici cittadini) il desiderio che venga fatta piena luce su uno dei periodi più bui che ha attraversato il nostro Paese.

 

Il Sig. F.P. di 27 anni ,di Agrigento , era stato arrestato in data 28 dicembre 2017,in quanto asseritamente attuatore di condotte persecutorie verso l’ex compagna , consistite, secondo la tesi accusatoria, in telefonate, sms e appostamenti. Il GIP di Agrigento aveva convalidato l’arresto ed aveva accolto l’ulteriore richiesta del P.M. di applicazione della misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, ordinando l’immediata liberazione dell’indagato. Il Ministero della giustizia aveva conseguentemente sospeso l’agente dal servizio, concedendo un assegno alimentare di importo pari alla metà dello stipendio per il periodo di sospensione.

Ma l’agente, in servizio presso la casa reclusione di San Gimignano,in Toscana, ha proposto un ricorso giurisdizionale  contro il Ministero della Giustizia davanti al TAR Toscana, con il patrocinio degli avvocati Girolamo Rubino e Daniele Piazza, per l’annullamento, previa sospensione, del provvedimento di sospensione dal servizio. Si è costituito in giudizio il Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze, sostenendo che la sospensione obbligatoria dal servizio è un atto dovuto da parte dell’Amministrazione in conseguenza di una misura cautelare restrittiva della libertà personale che impedisce la prestazione dell’attività lavorativa.

Gli Avvocati Rubino e Piazza hanno replicato facendo presente che il GIP di Agrigento aveva dispoto la liberazione del ricorrente anche al fine di non incidere sulle necessità personali e lavorative dell’indagato; donde l’insussistenza dei presupposti per l’adozione della sospensione obbligatoria dal servizio. Il TAR Toscana, condividendo integralmente le tesi difensive degli avvocati Rubino e Piazza, ha accolto la richiesta di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato, condannando il Ministero della Giustizia anche al pagamento delle spese giudiziali afferenti la fase cautelare. Pertanto, per effetto dell’ordinanza cautelare resa dal TAR Toscana, il ricorrente verrà prontamente riammesso in servizio, mentre il Ministero della giustizia pagherà le spese giudiziali. 

“Leggo quanto successo in contrada Muciare a Sciacca e non si può che restare sconcertati per le modalità adottate dinanzi ad un problema dilagante quale il randagismo: sopprimere! I problemi si affrontano non si sopprimono. L’auspicio è che vengano individuati i responsabili”. Così la presidente della commissione Sanità dell’Ars, Margherita La Rocca Ruvolo, commentando la notizia dell’avvelenamento di una trentina di cani a Sciacca ed esprimendo solidarietà al sindaco saccense destinataria di pesanti insulti su Facebook in relazione all’episodio.

“Rimango altrettanto basita – ha aggiunto – per le modalità e l’aggressività che si riversa nel linguaggio utilizzato verso il primo cittadino. Modalità inaccettabile e violenta, uguale se non peggiore di chi ha avvelenato i 30 mettici colpevoli di avere avuto infedeli padroni. Sono vicina da donna e da amministratore al sindaco Francesca Valenti”.

“In ogni comune – ha proseguito Margherita La Rocca Ruvolo – il problema randagismo è lo stesso e le soluzioni, ahimè, uguali. Come presidente della commissione Sanità dell’Ars ho già acceso un focus sul fenomeno randagismo istituendo, mercoledì scorso, una sottocommissione i cui lavori sono coadiuvati dal deputato Antonio De Luca. Si lavorerà per la soluzione del fenomeno. In ogni caso – ha sottolineato la deputata regionale dell’Udc – è inaccettabile assistere a queste ondate di odio e violenza nei confronti di chi sta in trincea, ogni giorno, per mille emergenze. Gli animali vanno rispettati e tutelati ma ancor prima va salvaguardata la dignità della persona e i toni pacati, democratici, sereni che stabiliscono la relazione umana. Tutto il mio sostegno al sindaco Francesca Valenti perché continui con serenità e grinta nella difficile azione amministrativa che i cittadini le hanno riconosciuto”.

Uno dei rappresentanti del lavoratori impegnati nel servizio di nettezza urbana ad Agrigento, Guido Vasile, dichiara di avere appreso dai sindacati che nel nuovo bando di gara della nettezza urbana vi sarà una riduzione di 15 operatori ecologici. In proposito Guido Vasile afferma: “Siamo stanchi di subire questa violenza psicologica che ormai va avanti da 10 anni. Licenziamenti sì, licenziamenti no, un tira e molla vergognoso e gratuito. Le nostre famiglie, come noi, sono preoccupate per l’eventuale perdita del lavoro, una fonte che assicura una discreta vita dignitosa. Discreta perché il nostro lavoro è parziale e non a tempo pieno. Abbiamo dato il meglio di noi stessi sul lavoro e sfido chiunque a dimostrare il contrario. Noi siamo vittime di un sistema politico che vergognosamente se ne frega se dei padri di famiglia non potranno portare più un pezzo di pane a casa. Chi è responsabile si faccia un esame di coscienza. Noi ci appelliamo a tutte le sigle sindacali e ai buoni politici affinchè tanti padri di famiglia non perdano il lavoro. Non aggiungo altro in merito ma di certo non siamo disposti ad arrenderci. Ci batteremo nelle giuste sedi per fare rispettare i nostri diritti più volte violati”.

Una vera e propria mattanza di cani randagi è quella che si è consumata in contrada Muciare, nelle campagne di Sciacca. Nella mattinata di ierile volontarie,che giornalmente si occupano dei randagi della zona, hanno fatto una macabra scoperta: quindici corpi di cani morti allineati sul ciglio della strada, compresa una cagna che stava allattando i cuccioli, scampati alla morte poiché la mamma, si presume, li abbia nascosti in una fossa prima di morire.  I cuccioli sono stati messi in sicurezza ed affidati ad una volontaria che li sta allattando con il biberon. Ma, nel corso della giornata, sono stati rinvenute altre  carcasse di cani. Il numero di cani che sono stati  brutalmente uccisi è salito a 30.

La strage è stata compiuta utilizzando delle esche di pollo intrise di un potente veleno che ha provocato una morte lenta e dolorosa ai poveri cani.La polizia sta effettuando gli accertamenti del caso, l’ipotesi è che ad agire sia stato qualcuno che, non riuscendo ad allontanare i cani randagi dalla zona, abbia deciso di ucciderli.Il sindaco Francesca Valenti ha diramato un’ordinanza con un avviso urgente alla popolazione ad usare la massima cautela per la possibile presenza di altre polpette avvelenate nella zona interessata

Sgomento e rabbia tra le volontarie che ancora una volta si sono trovate dinanzi una situazione che a Sciacca e nell’Agrigentino non è nuova poiché, negli ultimi mesi, sono state teatro di altre stragi.

Orrori come quest’ultima di Sciacca non è più possibile poterli accettare, così ha dichiarato Ilaria Fagotto,  responsabile regionale dell’Associazione Animalista “International AnimalProtection League – Italia Onlus”.

“Ci troviamo dinanzi l’ennesima crudeltà di esseri viventi che non hanno nessuna colpa se non quella di essere abbandonati e vivere di stenti. Il vero problema in Sicilia è che il randagismo non si è mai affrontato in modo adeguato. Fino ad oggi, gli enti locali preposti, Comuni e Regioni, si sono avvalsi di consulenti che sconoscono l’entità del fenomeno sul  territorio. Se veramente la Regione volesse intervenire, non dico per eliminare totalmente ma sicuramente contenere il fenomeno del  randagismo, dovrebbe incontrare le associazioni che operano attivamente nel territorio da decenni.  Potremmo dare “precise indicazioni” sulle c.d. zone rosse dove le stragi di animali sono all’ordine del giorno, ma che ormai non fanno più notizia, quali sono i Comuni inadempienti e che andrebbero multati, e quali strumenti utilizzare per intervenire in modo efficace. Ma nonostante l’ennesima strage, le nostre richieste per unincontro, nessun Presidente della Regione ci ha mai convocati”.

Leila Li Causi veterinario di Agrigento, dopo aver appreso quanto successo a Sciacca da un’amica animalista di Firenze attraverso l’atrocità della foto, ha deciso di offrire gratuitamente il proprio lavoro. Nel suo post sul social Facebook scrive: “ Lo dico pubblicamente. Sono disposta a sterilizzare più cani possibili di Sciacca gratuitamente. Solo le spese vive mi dovranno essere fornite quali fili e anestesia. E l’USL dovrà ovviamente provvedere alla chippatura. Ripeto…lo farò gratuitamente.  Adesso basta con queste stragi!Chiunque dei miei colleghi volesse condividere questa esperienza, che ben venga, abbiamo bisogno di tutti.

Sulla vicenda di Sciacca è intervenuto anche il Presidente della Regione Nello Musumeci. “L’avvelenamento dei quindici cani a Sciacca è un atto di grave inciviltà che merita la condanna di tutti – ha scritto in una nota il Presidente della Regione Nello Musumeci. – Amare un animale d’affezione non è un dovere, ma rispettarlo sì. Confidiamo nel lavoro degli inquirenti e, ove venissero individuati gli autori del vile gesto, il governo della Regione non esiterebbe a costituirsi parte civile nei relativi giudizi”. “Al tempo stesso – continua – non può eludersi il fatto che questa triste vicenda ponga l’accento sul dilagante fenomeno del randagismo in Sicilia. Servono iniziative, anche legislative, immediate e risolutive. Per la prossima settimana, ho fissato un incontro con le autorità veterinarie regionali e con le più rappresentative associazioni di volontariato per trovare soluzioni condivise”.

A nostro modesto parere riteniamo che un gesto di totale crudeltà ed inciviltà non può passare inosservato!  Per l’ennesima volta, in una terra in cui il randagismo ha raggiunto cifre incontrollabili, non è accettabile che “qualcuno” decida di risolverlo compiendo stragi di cani che non hanno nessuna colpa se non quella di essere nati in questo inferno privo di rispetto ed amore per loro.

C’è da chiedersi e soprattutto riflettere se Il nuovo decreto, approvato il 3 Novembre che vieta ai volontari di salvare gli animali, oltre a sancire che il cane del territorio è “proprietà del Sindaco” e nessuno può prelevarlo…. sancisca anche che nessuno possa ucciderlo! 

Il Tribunale della Libertà – accogliendo l’istanza di riesame del difensore Giuseppe Barba – ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere – emessa lo scorso 22 gennaio nell’ambito dell’operazione “Montagna” dal Gip di Palermo Filippo Serio – nei confronti di Raffaele Salvatore Fragapane.

Fragapane era ritenuto organico alla famiglia mafiosa di Santa Elisabetta, capeggiata dal cugino Francesco.

Il neo collaboratore di giustizia Giuseppe Quaranta, nel corso di uno degli interrogatori, lo aveva riconosciuto quale uomo d’onore della famiglia di Santa Elisabetta.

Stesso discorso per Vincenzo Mangiapane di Cammarata, 46 anni. Il Tribunale del Riesame di Palermo ha annullato la misura cautelare nei suoi confronti dopo l’arresto nell’ambito dell’operazione “Montagna” eseguita lo scorso 22 gennaio dai carabinieri di Agrigento.

Mangiapane è la 23ª persona scarcerata del blitz Montagna. Era accusato di associazione mafiosa – in particolare aver rivestito un ruolo all’interno della famiglia mafiosa di Cammarata  – e intestazione fittizia di beni riguardanti società legate alle scommesse on-line e slot machine. Mangiapane, che è stato direttore sportivo del Kamarat, dunque torna in libertà.

Il collaboratore di giustizia Giuseppe Quaranta, durante uno degli interrogatori, non ha riconosciuto in foto il Mangiapane.

 

 

 Altri particolari dai verbali delle dichiarazioni rese dal pentito favarese Giuseppe Quaranta, arrestato nel blitz antimafia denominato “Montagna, che ha deciso di collaborare con la giustizia.

Secondo quanto riferito dallo stesso Quaranta, un altro favarese, Luigi Pullara avrebbe avuto un ruolo nella gestione della latitanza del boss empedoclino, Gerlandino Messina, arrestato a Favara, dopo anni di ricerche delle forze dell’ordine, nell’ottobre del 2010.

“Era lui che trovava i posti per Gerlandino Messina”, ha dichiarato il pentito riferendosi al compaesano.

Sviluppi nel procedimento riguardante la costruzione di villette a schiera a Realmonte, il processo per le presunte irregolarità legate alla realizzazione del “Villaggio dei Vip” in prossimità della Scala dei Turchi.

I due responsabili dell’impresa che stava realizzando il progetto, infatti, hanno chiesto di essere giudicati col rito abbreviato. Si tratta di un direttore dei lavori Giovanni Francesco Barraco, 57 anni, e di un dirigente della Soprintendenza ai Beni Culturali Antonino Terrana,60 anni.

 A chiedere il giudizio abbreviato anche Gaetano Caristia, 72 anni, presidente della Co.Ma.Er.,  e Sebastiano Comparato, 83 anni, legale rappresentante e socio maggioritario della stessa società.

La prossima udienza è prevista per il 15 marzo quando vi sarà la requisitoria del pm Antonella Pandolfi.