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Due genitori di Agrigento si sono rivolti alla Corte di Appello di Palermo, dopo che il Tribunale della Città dei Templi ha rigettato la loro richiesta, per ottenere un risarcimento danni dal Comune.

La vicenda è legata ad un infortunio subito dal figlio, all’epoca del fatto minorenne, avvenuto in un campetto di una parrocchia della città. I due genitori chiedono un ristoro di oltre 100 mila euro per una frattura riportata dal loro congiunto.

– Il caposcuola fu Michelangelo Merisi detto il Caravaggio. Ma tra il Seicento e il Settecento c’erano tanti altri, nell’Italia centro meridionale, a seguirne le tecniche e le tracce artistiche. E perciò sono conosciuti come “caravaggeschi”. Un saggio del loro ruolo nella storia dell’arte viene ora offerto dalla mostra “Da Ribera a Luca Giordano” curata da Maria Cristina Bandera, che resterà aperta fino al 10 giugno 2018, promossa dalla Fondazione Sicilia a villa Zito. In tutto 33 capolavori: la maggior parte proviene dalla Fondazione Roberto Longhi che custodisce il lascito del critico d’arte e grande collezionista. Fu proprio Longhi a dedicare i suoi studi a Caravaggio che considerava il “primo pittore dell’età moderna”.
    Nella sua dimora fiorentina – villa Il Tasso – si conservano varie opere tra cui il famoso “Ragazzo morso da un ramarro”, che non è in mostra. L’esposizione accoglie invece il disegno dello stesso Longhi ispirato all’opera di Caravaggio. 
Al nucleo dei dipinti si aggiungono nel percorso espositivo quattro opere della Fondazione Sicilia: due grandi dipinti di Luca Giordano (“Giuditta” e “Nettuno e Anfitrite”), un’opera di Mattia Preti (“Cristo e la samaritana”) e una di Francesco Solimena (“Salomone e la regina di Saba”).
Tra i capolavori inseriti nel percorso espositivo ci sono “La negazione di Pietro” di Valentin de Boulogne, recentemente esposta al Metropolitan Museun di New York; gli “Apostoli” di Jusepe de Ribera; “La deposizione di Cristo” di Battistello Caracciolo; opere du Matthias Stom, a lungo attivo in Sicilia; il “David” di Andrea Vaccaro. 
“E’ un viaggio nella bellezza – ha detto Raffaele Bonsignore, presidente della Fondazione Sicilia – di figure che si muovono su sfondi scuri e illuminate da luci violente e teatrali”. 

A danno dell’immagine della città di Agrigento, dopo la purtroppo celebre foto scattata da sud della collina dei Templi soffocata dal cemento, ancora un fotomontaggio “criminale”, tra virgolette (ma non più di tanto tra virgolette), imperversa sulla stampa nazionale. E ciò è ancora più grave perché l’ennesimo fotomontaggio, che ritrae le colonne del tempio d’Ercole a ridosso dei palazzoni ( ! punto esclamativo) è pubblicato tra le pagine di un inserto culturale ( ! altro punto esclamativo), “La lettura”, di un quotidiano nazionale di elevatissimo profilo storico e di contenuti, il “Corriere della Sera”. Il sindaco di Agrigento, Calogero Firetto, e l’ufficio legale del Comune, hanno ottime e fondate ragioni per promuovere un’azione legale a difesa della città dei Templi, patrimonio dell’Umanità tra i meglio conservati al mondo, ancor più perché il fotomontaggio “criminale” è stato accompagnato da una descrizione sommaria altrettanto “criminale”, falsa, tendenziosa, lesiva e diffamatoria. E’ stato scritto: “Il patrimonio saccheggiato… Agrigento: nella città siciliana l’edilizia residenziale cresce in modo selvaggio a ridosso di una meraviglia famosa in tutto il mondo come la Valle dei Templi”.

E in riferimento alle possibili “discettazioni filosofiche” su che trattasi di fotomontaggio o non di fotomontaggio, la foto è da ritenersi oggettivamente tale perché, utilizzando un filtro, un obiettivo particolare o comunque altro sistema, sono stati posti sullo stesso fuoco due elementi diversi distanti, ponendoli ingannevolmente sullo stesso piano equidistante. Il risultato raggiunto è quindi una “montatura”, una sovrapposizione di falsa equidistanza focale a fronte invece di una profonda diversa distanza sostanziale.

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“Uno stop, una pausa di riflessione e di approfondimento”: è la richiesta che il responsabile Sicurezza per Civica Popolare e segretario generale del S.PP. (Sindacato Polizia Penitenziaria) Aldo Di Giacomo ha rivolto al Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni dopo l’annuncio ieri che i decreti attuativi della riforma carceraria saranno all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri del 22 febbraio prossimo.
Di Giacomo in una telefonata stamattina da Palermo dove è impegnato per la campagna elettorale lo ha invitato a fermarsi. “A volte è più saggio ammettere lo sbaglio – sostiene – che continuare a sbagliare. Parliamo di un provvedimento di forte impatto per la sicurezza non solo nelle carceri quanto dei cittadini deciso in maniera troppo frettolosa, senza il giusto approfondimento e l’adeguata consultazione. E’ questo un tema che non appartiene né alla destra e né alla sinistra perché alla sempre più diffusa paura tra i cittadini, alimentata dai continui fatti di cronaca di questi giorni, si aggiunge per tanti capi mafia e appartenenti ad organizzazioni criminali sottoposti al 41 bis la possibilità di uscire dal regime duro per godere di misure di detenzione “più comoda”. Ci sono in proposito magistrati che se ne occupano da molti anni e che ci mettono in guardia sui rischi reali del provvedimento. Ascoltiamoli.
Il nuovo ordinamento giudiziario, così come è formulato – continua il responsabile Sicurezza di Civica Popolare – contiene troppi elementi pericolosi tra i quali il cosiddetto “scioglimento del cumulo di pena”, la riduzione dell’uso della detenzione, l’aumento di benefici ai detenuti, l’anticipo dei termini di scarcerazione anche con l’incremento del numero di braccialetti elettronici. L’errore più grave è l ‘aumento della liberazione anticipata a 75 giorni a semestre, oltre ad un insieme di altre previsioni che di fatto cancellano la certezza della pena. La cosiddetta rieducazione dei detenuti, come i cosiddetti problemi di affettività (le “stanze dell’amore”) – afferma Di Giacomo – non si possono confondere con un sistema carcerario che già oggi con le “celle aperte” produce gravissimi problemi al personale al lavoro negli istituti penitenziari, dove atti di violenza tra detenuti hanno avuto un incremento del 700% e ogni giorno 12 poliziotti in media sono costretti a ricorrere alle cure di sanitari.
Il carcere – dice Di Giacomo – è lo specchio di quello che succede anche all’esterno con intere zone, quartieri di città in mano a delinquenti ed extracomunitari clandestini, che come hanno dimostrato i numerosi ed efferati fatti di cronaca sono gli autori di rapine, aggressioni specie nei confronti degli anziani, insieme alle donne tra le categorie sociali più vulnerabili. Altro che creare più sicurezza svuotando le carceri e introducendo misure cosiddette alternative e di ravvedimento; con più malviventi in giro accade esattamente il contrario.
Di qui l’appello al Premier Gentiloni: “fermatevi prima che sia troppo tardi, perché pur riconoscendomi nella coalizione che sostiene il Governo – conclude – dissento dal provvedimento del Ministro Orlando come ho già avuto modo di spiegare nel mio tour denominato “vittime e carnefici” tra le città italiane, nei mesi scorsi, e continuerò a fare nei miei incontri elettorali in Sicilia”.

 

CUTRONE E CAGGIA: “SE IL SUD E’ AL CENTRO DELL’AGENDA POLITICA, PERCHE’ ROMA SI RIPRENDE I FONDI STANZIATI PER LA SICILIA?
IL GOVERNO REGIONALE PROTESTI CON NOI NEI CONFRONTI DI PALAZZO CHIGI
ALTRIMENTI ANDREMO NOI DA SOLI A ROMA E CI INCATENEREMO
NESSUNO PENSI DI POTERE IMBROGLIARE I SICILIANI A PIACIMENTO
SE NE ACCORGERANNO LA SERA DEL 4 MARZO”

Palermo, 17 febbraio 2018 – “Se il Sud è al centro dell’agenda politica come dichiarano tutti gli schieramenti che corrono per le elezioni del 4 marzo, perché allora lo Stato si riprende o blocca i soldi stanziati per costruire infrastrutture che la Sicilia attende da 40 anni?”. Se lo chiede Santo Cutrone, presidente di Ance Sicilia, che mercoledì prossimo, nel corso della riunione del Comitato di presidenza, chiederà all’assessore regionale alle Infrastrutture, Marco Falcone, di unirsi con forza, assieme a tutto il governo, alla protesta del mondo delle costruzioni nei confronti di Palazzo Chigi.
“Altrimenti – minaccia Cutrone – se l’assessora al Lavoro ha sentito il bisogno di incatenarsi a Roma per ottenere dallo Stato risorse per prorogare i sussidi al precariato improduttivo, ma l’esecutivo regionale non esprimerà altrettanta indignazione per difendere ciò che spetta per legge a infrastrutture che devono garantire lo sviluppo dell’Isola e la sopravvivenza delle imprese e dei lavoratori che producono, allora andremo noi da soli a Roma e ci incateneremo, se è questo l’unico modo rimasto ai cittadini italiani per ottenere i propri diritti”.
L’indignazione dell’Ance Sicilia nasce dal constatare che, rispetto alle tante visite e ai tanti annunci del governo nazionale sulla volontà di ripristinare rapidamente in Sicilia condizioni minime di mobilità, c’è ora un sostanziale dietrofront.
Rileva Sebastiano Caggia, presidente di Ance Ragusa: “Il Cipe, nei fatti, ha bloccato i 450 milioni di euro già stanziati dallo Stato per il raddoppio della Catania-Ragusa, i cui lavori in project financing erano stati dati per imminenti e la cui origine affonda nel lontano 1999; è fermo il miliardo di euro destinato al primo completamento della Siracusa-Gela (tratto Rosolini-Modica-Ragusa) i cui lavori, anche questi, erano stati dati in prossima ripartenza e che in origine si dovevano concludere nel 1973; la ferrovia Ragusa-Siracusa e la Ragusa-Xirbi in direzione Palermo sono a binario unico non elettrificato dal 1886; i 47 milioni di euro spesi per l’aeroporto di Comiso si perdono con la messa in liquidazione della società di controllo Intersac perché non vengono assegnati i 7,5 milioni necessari a garantirne il funzionamento fino al 2020; e sono bloccati i fondi per completare il porto di Pozzallo, il cui primo finanziamento è del 1955, che potrebbe servire il turismo anche crocieristico diretto verso i paesi del Barocco e i luoghi di Montalbano.”.
Incalza Santo Cutrone: “A parte la paradossale vicenda del Ponte sullo Stretto e per non parlare della mancata realizzazione delle opere di depurazione e fognarie per 750 milioni e dei 750 milioni del Patto per la Sicilia e del Po Fesr 2014-2020 per il rischio idrogeologico, c’è un fiume di denaro bloccato senza un perché: la Agrigento-Palermo col nuovo viadotto Scorciavacche ancora crollato; la promessa da marinai dell’Alta velocità al Sud; la ferrovia Trapani-Palermo chiusa da due anni; il piano Anas di manutenzione straordinaria per 875 milioni rimasto sulla carta; la frana di Letojanni che chiude una corsia della Catania-Messina; la mai completata Agrigento-Caltanissetta col collegamento alla Palermo-Catania; i fondi della Nord-Sud che sembrano come i carri armati di Mussolini mentre metà della Sicilia resta isolata dal resto del mondo; anche i fondi per la Trapani-Mazara del Vallo vanno e vengono come in una commedia di Goldoni”.
“Insomma – conclude Santo Cutrone – forse il governo e la classe politica pensano di potere ancora imbrogliare e tradire i siciliani a piacimento. Abbiano ben chiaro che non è così e che, se non pongono immediatamente rimedio, se ne accorgeranno la sera del 4 marzo”.

A Palma di Montechiaro i consiglieri comunali della lista “Bene Comune”, Giuseppe D’Orsi e Rosario Falco, intervengono in riferimento ad alcune recenti dinamiche consiliari. D’Orsi e Falco affermano: “Siamo lusingati che parte della minoranza si accorga della non presenza dei consiglieri di maggioranza in aula di consiglio. Ciò vuol dire che riusciamo a farci sentire e ad essere concreti nel lavoro. Di contro, quando sono assenti loro (e capita spesso) nessuno se ne accorge. Cadere nella trappola capziosa della polemica sterile denota mancanza di valide argomentazioni, allontanandosi dalla volontà di risolvere i tanti e vari problemi del nostro paese. La mancata discussione sulla questione rifiuti o di altri argomenti non sono figli di questa amministrazione. Non vorremo fare torto a nessuno ma ci pare di ricordare che tra le fila della minoranza ci siano veterani della politica, e che grazie alla loro navigata esperienza potrebbero indicare quali soluzioni alternative adottare per affrontare tutte le problematiche con senso del dovere e di responsabilità. Non siamo né storditi, né confusi, e non ci siamo sottratti ai lavori del consiglio per puro esibizionismo politico. Sono mancati alcuni consiglieri perché fuori sede, e gli argomenti che dovevamo trattare esigevano la presenza di tutti, proprio per approvare i punti all’ordine del giorno. Ci hanno definiti scolaretti che marinano la scuola: meglio scolaretti che non pecore, il cui pastore indica percorso e ritmo avendo perso la meta. Non vogliamo cadere nella polemica, ma non abbiamo apprezzato i modi della cosiddetta minoranza, la quale, anziché cercare la rissa, provi a sforzarsi di contribuire con valide soluzioni e sul come affrontare le varie problematiche del paese. Qualcuno che ancora non si rassegna ad aver perso le elezioni abbi fede e speranza. Gli anni passano e, se lavoreranno bene, certamente i cittadini sapranno premiarli. Ad maiora” – concludono Giuseppe D’Orsi e Rosario Falco.

I convocati per la sfida contro il Catanzaro
 
Da
ufficiostampa <ufficiostampa@ssakragas.it>
A
segreteria@ssakragas.itdonzella@tuttoc.comalbertodigirolamo@live.itsoloakragas@gmail.comgerlando.daleo@libero.itsport@ultimatv.itgercar@libero.itredazione@goalsicilia.itacarlino85@gmail.cominfo@meridianaeventi.com
 
Mostrare tutti i destinatari…
Data
sabato 17 febbraio 2018 – 16:10
COMUNICATO STAMPA DEL 17 febbraio 2018
 
L’ allenatore dell’Akragas, Raffaele Di Napoli, ha convocato 23 giocatori per la sfida di domani, domenica 18 febbraio, contro il Catanzaro, allo stadio Nicola De Simone di Siracusa.
 
Il match è valido per la settima giornata di ritorno del campionato di Serie C, girone C.
 
Calcio d’inizio, alle ore 14.30
 
Ecco la lista, suddivisa per ruolo, con i relativi numeri di maglia dei calciatori:
 
Portieri: 1 Vono, 12 Lo Monaco
 
Difensori: 23 Scrugli, 15 Pisani, 3 Raucci, 14 Danese, 20 Petrucci,13 Ioio, 5 Caternicchia, 27 Canale, 6 Mileto
 
Centrocampisti: 17 Saitta, 4 Sanseverino, 29 Bramati, 7 Carrotta, 8 Zibert, 18 Navas, 11 Pastore
 
Attaccanti: 9 Dammacco, 10 Camara’, 28 Gjuci, 24 Moreo, 16 Minacori.

A quasi 10 mesi dalla pubblicazione della legge regionale n. 8 di maggio 2017 i nostri rappresentanti politici non hanno avuto la volontà, il coraggio e la dignità di attuarla.
Oggi il Governo Musumeci brilla per l’assordante silenzio in merito al trasferimento dei lavoratori ex sportellisti multifunzionali a norma dell’Art. 13 della citata legge nella pianta organica del CIAPI, ente in house della Regione Siciliana, ridando dignità sociale umana e professionale a 1.800 lavoratori che dopo ben 5 lunghi anni di attesa e disperazione aspettano ancora di conoscere il loro futuro e ruolo all’interno di questa società, probabilmente malata e che non riesce più a capire quali siano le priorità sociali dei suoi cittadini.
Affinchè questi lavoratori non siano dimenticati dalla politica e da chi può intervenire per dare una soluzione positiva al problema, il Sinalp Sicilia ha organizzato un corteo di protesta che da via Praga, sede dell’Ispettorato al Lavoro di Palermo, ha raggiunto, sfilando lungo le strade della città, via Trinacria sede dell’Assessorato Regionale della Famiglia e delle Politiche Sociali.
Il Sinalp, rappresentato da Gaetano Giordano e da Andrea Monteleone, ha denunciato l’incomprensibile atteggiamento del Presidente On. Musumeci che nella passata legislatura ha presentato una dura ed incisiva interpellanza contro il Governo Crocetta reo di non aver attuato l’Art.13 della legge regionale n. 8 mentre oggi, che è divenuto il nuovo Presidente di questa martoriata terra, ancora non decide di dare l’avvio ad un programma di stabilizzazione degli uomini e donne esperti di politiche attive del lavoro, ridandogli serenità e prospettive per un futuro di crescita dei nostri giovani che finalmente potrebbero programmare l’ingresso nel mondo del lavoro creandosi uno spazio positivo nella società siciliana.
La mancanza di un programma organico di politiche del lavoro atte a creare un futuro di crescita economica e sociale per i nostri ragazzi ha causato lo sviluppo esponenziale della disoccupazione giovanile facendoci ottenere il triste primato di regione con il più alto tasso di disoccupati e con la più alta emigrazione giovanile.
I nostri figli sempre di più sono costretti ad emigrare non solo nel nord Italia ma anche all’estero per potersi creare prospettive future di vita consone alle loro aspettative.
Negli ultimi 10 anni la Sicilia ha perso quasi 1.000.000 di abitanti e la maggioranza di loro sono stati costretti ad emigrare per la mancanza di una vera prospettiva di lavoro, regalando il nostro futuro, il futuro di questa terra ad altri e uccidendo ogni prospettiva di vera crescita economica.
Tutto quanto è stato ribadito al Capo di Gabinetto dell’Assessore Ippolito che pur a conoscenza del corteo ha ritenuto opportuno non ascoltare quanto denunciato.
Il Sinalp invita tutti gli ex sportellisti a riunirsi presso la sede regionale per coordinare una strategia di lotta sindacale per avere riconosciuto il diritto all’applicazione di una legge della Regione Siciliana attualmente ancora assurdamente inapplicata.

 

Mentre a Caltanissetta si celebra il processo contro il boss Matteo Messina Denaro accusato di essere uno dei mandanti degli attentati di Capaci e via D’Amelio, pianificati nel corso di una riunione della commissione di Cosa nostra alla fine del ’91 a Castelvetrano, apprendiamo da qualche organo stampa anche di altre riunioni tenutesi alla presenza del boss, con la partecipazione di soggetti politici e imprenditori.
Riunioni non avulse alla fase preparatoria delle stragi, rispetto le quali – secondo quanto riportato dalla stampa – esisterebbe un testimone oculare che avrebbe dato la disponibilità a raccontare di quegli incontri tra mafia e politica.
Che dietro le stragi di Capaci e via D’Amelio ci siano menti molto più raffinate del semplice braccio armato, è opinione diffusa – e non solo opinione – tanto tra i cittadini quanto fra gli addetti ai lavori.
Resto basito nell’apprendere dell’esistenza di questo testimone “incontrato” dagli Investigatori ma che non sarebbe ancora stato sentito dai magistrati.
Nella qualità di rappresentante dei familiari di vittime di mafia dell’Associazione “I Cittadini contro le mafie”, ritengo che noi tutti familiari di vittime innocenti di mafia – in particolare coloro ai quali quegli attentati segnarono la vita – abbiamo il diritto-dovere di chiedere che si arrivi a conoscere la verità anche, e soprattutto, se questa riguarda un diverso contesto e coinvolgimento dalla sola mafia tutta coppola e lupara, stereotipo di una fase arcaica che da tempo si è evoluta.
Se infatti è della massima importanza quanto sta emergendo nel corso del processo contro Matteo Messina Denaro, non si può ignorare il fatto che si stia processando un fantasma (Messina Denaro è latitante) mentre ben altri probabili responsabili di quei fatti luttuosi – che potrebbero essere identificati da questo presunto testimone – da oltre 25 anni sono rimasti impuniti grazie ai depistaggi ad opera di quelli che si sono poi rivelati essere falsi pentiti.
Se realmente c’è un testimone degli incontri e delle dinamiche propedeutiche alle stragi del ‘92, perché non sentirlo? Abbiamo fiducia nella Giustizia e sono certo che il nostro appello non resterà lettera morta, essendo comune a tutti noi (familiari delle vittime, magistrati ma anche semplici cittadini) il desiderio che venga fatta piena luce su uno dei periodi più bui che ha attraversato il nostro Paese.

 

Il Sig. F.P. di 27 anni ,di Agrigento , era stato arrestato in data 28 dicembre 2017,in quanto asseritamente attuatore di condotte persecutorie verso l’ex compagna , consistite, secondo la tesi accusatoria, in telefonate, sms e appostamenti. Il GIP di Agrigento aveva convalidato l’arresto ed aveva accolto l’ulteriore richiesta del P.M. di applicazione della misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, ordinando l’immediata liberazione dell’indagato. Il Ministero della giustizia aveva conseguentemente sospeso l’agente dal servizio, concedendo un assegno alimentare di importo pari alla metà dello stipendio per il periodo di sospensione.

Ma l’agente, in servizio presso la casa reclusione di San Gimignano,in Toscana, ha proposto un ricorso giurisdizionale  contro il Ministero della Giustizia davanti al TAR Toscana, con il patrocinio degli avvocati Girolamo Rubino e Daniele Piazza, per l’annullamento, previa sospensione, del provvedimento di sospensione dal servizio. Si è costituito in giudizio il Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze, sostenendo che la sospensione obbligatoria dal servizio è un atto dovuto da parte dell’Amministrazione in conseguenza di una misura cautelare restrittiva della libertà personale che impedisce la prestazione dell’attività lavorativa.

Gli Avvocati Rubino e Piazza hanno replicato facendo presente che il GIP di Agrigento aveva dispoto la liberazione del ricorrente anche al fine di non incidere sulle necessità personali e lavorative dell’indagato; donde l’insussistenza dei presupposti per l’adozione della sospensione obbligatoria dal servizio. Il TAR Toscana, condividendo integralmente le tesi difensive degli avvocati Rubino e Piazza, ha accolto la richiesta di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato, condannando il Ministero della Giustizia anche al pagamento delle spese giudiziali afferenti la fase cautelare. Pertanto, per effetto dell’ordinanza cautelare resa dal TAR Toscana, il ricorrente verrà prontamente riammesso in servizio, mentre il Ministero della giustizia pagherà le spese giudiziali.