
SECONDA SEDUTA DELLA CAMERA PER L’ELEZIONE DEL NUOVO PRESIDENTE
Il Presidente della Camera, Roberto Fico, deroga le norme interne della Camera, riesumando il partito Liberi ed Uguali, pesantemente bocciato con il 3,5% dagli elettori il 4 Marzo scorso, e consentendo così alla Boldrini, Grasso, D’alema di formare il gruppo alla Camera e ricevere uffici e contributi pubblici e personali annuali.
Il regolamento della Camera, infatti, prevede che per formare un gruppo siano necessari 20 deputati. Tuttavia il Presidente della Camera Roberto Fico, ha dato il suo consenso, e ieri l’ufficio di Presidenza della Camera ha votato all’unanimità per concedere la deroga.
In nome della tanto sventolata onestà e trasparenza questo è il primo atto pentastellato che viola i regolamento intero della Camera. Eppure, proprio durante il suo discorso di ringraziamento, Fico aveva sottolineato che l’obiettivo primario fosse l’immediato taglio agli “sprechi e privilegi” e aveva fatto trapelare la sua ferma contrarietà alla costituzione di ulteriori gruppi privi dei requisiti numerici, proprio per evitare la moltiplicazione dei costi .
L’aver consentito, alla Boldrini e Grasso, di creare un gruppo parlamentare , non avendo il numero richiesto, comporterà altri sprechi e privilegi e consentirà, allo stesso , di partecipare al secondo turno delle consultazioni con il Presidente della Repubblica Mattarella, sostenendo così la causa stellata.
Inoltre, proprio oggi i Cinque Stelle dovranno decidere se dare i propri voti all’ esponente del Pd Francesco Boccia o al leghista Giancarlo Giorgetti come Presidente della Commissione speciale di Montecitorio. Boccia è uno dei più convinti sostenitori dell’alleanza con i pentastellati.
Gli esponenti del partito democratico si riuniranno stasera per discutere la linea da tenere nel prossimo giro di consultazioni. Matteo Renzi, la cui partecipazione è ancora in forse, conta sul fatto che esca confermata la sua: nessuna apertura ai Cinque Stelle. Lo ha ribadito il reggente Maurizio Martina, spiegando che il Pd non ha intenzione di essere “il piano B” di Di Maio, e anche Andrea Orlando ammette di aver “forti dubbi” sulla possibilità di intavolare trattative con il Movimento 5 Stelle: “Siamo troppo distanti, difficile pensare a forme di convergenza”.