In tutte le città d’Italia ci saranno azioni, picchetti, piazze tematiche, presidi durante la mattina e cortei pomeridiani, nonostante il diritto di sciopero – già duramente sotto attacco in questo paese – l’8 marzo dovrà sottostare alle limitazioni imposte dalle franchigie elettorali, che impediscono ad alcuni settori di fermare la produzione nei 5 giorni che seguono il voto del 4 marzo.
Uno sciopero contro la violenza maschile sulle donne, contro la mancanza di finanziamenti e riconoscimento dei Centri Antiviolenza, contro la chiusura degli spazi delle donne, contro l’obiezione di coscienza nei servizi sanitari pubblici; per il diritto ad un welfare universale, al reddito di autodeterminazione, alla casa, al lavoro, alla parità salariale, all’educazione scolastica, a misure di sostegno per la fuoriuscita dalla violenza.
Uno sciopero per denunciare il dato spaventoso delle molestie e dei ricatti sessuali sul lavoro: sono un milione 404 mila le donne che nel corso della loro vita lavorativa hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro; sono un milione 173 mila le donne che nel corso della loro vita lavorativa sono state sottoposte a qualche tipo di ricatto sessuale per ottenere un lavoro o per mantenerlo o per ottenere progressioni nella loro carriera.
Uno sciopero che intende respingere al mittente ogni tentativo di strumentalizzazione delle donne attraverso leggi e campagne di odio razzista, fascista e sessista o giustificare ulteriori restrizioni alla libertà di movimento dei e delle migranti.
Uno sciopero globale per affermare che se la violenza di genere è un fenomeno strutturale e sistemico che attraversa tutti gli ambiti dell’esistenza delle donne, allora bisogna mettere in campo risposte capaci di pensare una trasformazione radicale della società e delle relazioni, come anche delle condizioni di vita e di lavoro.