
E chi l’avrebbe detto che un giorno Leonardo Sciascia non sarebbe stato inserito nei testi scolastici e caduto in disuso? Eppure quando nel 1989 morì i telegiornali nazionali dedicarono ampi servizi – più di dieci minuti– e il leader socialista Bettino Craxi giunse a Racalmuto, salendo la lunga scalinata che porta alla Chiesa del Monte. Coinvolto dall’emozione anch’io, presente ai funerali, ebbi un momento di fremito, in special modo quando giunse da Palermo la salma.
Senza peli sulla lingua, affermiamo che una certa critica dominante che si è imposta sul pensiero letterario dello scrittore di Racalmuto, l’ha rinchiuso nella tomba incapace di capire la genialità del pensiero di Leonardo Sciascia.
Il genio di Nanà sta nel motto da lui stesso coniato con il quale desiderava essere ricordato come quello che ha contraddetto e si è contraddetto. E’ possibile che il lucido scrittore di formazione razionale di vecchio stampo francese potesse scivolare nella contraddizione, dopo aver additato le altrui contraddizioni? A nostro avviso, è stato questo atto lucido di autoaccusa che ha spaventato certi critici di firma ad indagare su Sciascia, facendolo precipitare nell’oblìo, non mettendo in risalto la sua genialità. Egli era convinto che non esistesse la verità storica, perché i documenti sono manipolati, secondo interessi di parte o per rispondere a calcoli ben precisi o ad ideologie di potere. E per tal ragione egli scrisse Il Consiglio d’Egitto al fine di mettere in evidenza l’abile attività dell’abate Vella di manipolare i documenti. Questa opera raccoglie la genialità di Sciascia. Nella ricostruzione letteraria, lo scrittore racalmutese rileva le contraddizioni altrui, cioè di coloro che volevano manipolare storia e documenti; tuttavia, egli, per la logica della contraddizione che distingue ogni uomo, nessuno escluso, Sciascia compreso, scivola nella stessa contraddizione: manipola i documenti in cui venne in possesso: il caso Ficarra, il Vescovo di Patti ‘licenziato’ dal Vaticano, Fra Diego La Matina, l’arcivescovo di Palermo Naselli (Dalle parti degli infedeli, Morte dell’Inquisitore, I pugnalatori), divenendo egli stesso l’Abate Vella. Egli nega la verità storica ma è il metodo storico critico che svela la manipolazione; metodo a sua volta citato nel romanzo Il Consiglio d’Egitto.
Secondo il pensiero sciasciano ogni uomo non può scansare la legge della contraddizione, perché è una condizione che ogni uomo porta dentro se stesso; essa fa parte della nostra condizione umana sospesa tra atteggiamento di fondo e comportamento quotidiano costretto a cedere passo dopo passo. Nessuno escluso.
Sciascia, infatti, nella sua denunzia letteraria non si sbagliava: nonostante la scelta di fondo, l’atteggiamento assunto, al fine di vivere nel moralmente retto, con lo scopo di seguire in tutto e per tutto gli ideali, ogni uomo è destinato a scivolare nel punto su cui aveva ritenuto di spendere se stesso per l’ideale di vita. La storia passata e recente, da questo punto di vista, ha dato ragione alla genialità di Leonardo Sciascia: i più grandi rivoluzionari del Novecento, per rimanere al secolo sciasciano, si sono contraddetti, nel corso della loro vita, sui temi che avevano scelto per spendere tutto se stessi, divenendo despoti più di coloro che li avevano preceduti e nei confronti dei quali avevano combattuto.
La genialità sciasciana è una rinunzia al bene? Un vedere tutto nero, nero su nero? Un pessimismo irredimibile? No, ma un prendere coscienza della realtà della condizione umana. In questo senso, come abbiamo scritto nel nostro saggio Sciascia e la legge del sospetto, Ed. Bastogi, lo scrittore offre al lettore un avvertimento, chiedendo di tenere alta la vista perché sul tema molto caro egli può divenire una contro/testimonianza, contraddicendosi.