
La popolazione siciliana invecchia, un po come tutte le altre popolazioni. Ma da oggi al 2050, secondo le proiezioni dell’Istat, la Sicilia avrà perso un milione di abitanti a causa della progressiva diminuzione delle nascite ed emigrazione; quindi la quota percentuale degli anziani risulterà più alta che nel Nord d’Italia.
Già nel 2030 le soglie di vecchiaia saranno come quelle delle Regioni del Centro-Nord. I dati emergono dalla ricerca “La risorsa anziani e la Sicilia. Le condizioni sociali degli anziani in Sicilia: da elemento residuale ad attore protagonista”, realizzata dall’Istituto di studi e ricerche Ires “Lucia Morosini” per conto dello Spi Cgil Sicilia e presentata durante il XII congresso regionale dell’organizzazione sindacale.
La ricerca dell’Ires dimostra che nel 2018 il 30 per cento dei pensionati siciliani (circa 271 mila unità) ha un reddito di pensione inferiore ai 750 euro lordi (in Italia il 23 per cento) e il 43,2 per cento ha una pensione inferiore a mille euro (il 34,3 per cento il dato italiano).
Se si guarda alle donne la situazione è ancora più grave: il 39,3 per cento delle donne siciliane over 65 nel 2016 aveva un reddito da pensione che non raggiungeva i 750 euro mensili, a fronte del 19,6 per cento degli uomini della stessa fascia di età.
Questo è frutto della mancanza di lavoro, della discontinuità lavorativa e del lavoro nero. Oggi in Italia sono pensionati il 97,1 per cento degli ultrasessantenni, mentre in Sicilia solo l’81,5 per cento. Ciò significa che c’è una parte consistente di anziani senza copertura assicurativa. Se guardiamo alle pensioni da lavoro, la media italiana è del 62,5 per cento mentre in Sicilia siamo al 40,9 per cento”.
Dall’indagine dell’Ires si rileva che i Comuni siciliani spendono per i servizi sociali in genere il 50 per cento in meno del parametro delle grandi Regioni. Inoltre, a fine 2017 solo il 12,4 per cento della spesa di tutti i Comuni è stata destinata agli interventi per gli anziani, il valore più basso dopo le Marche.