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Stamattina, a Licata, è stata deposta una corona di alloro in ricordo di Vincenzo Di Salvo, operaio e sindacalista assassinato il 17 marzo 1958. L’iniziativa, dal titolo “Ricordando Vincenzo Di Salvo”, è stata promossa da A testa alta, Cgil, Libera e Fillea, sigla sindacale che raccoglie i lavoratori edili e affini e a cui lo stesso Di Salvo era iscritto con la carica di segretario responsabile della locale sezione.

Vincenzo Di Salvo era nato a Licata il 5 novembre 1922. Quando fu ucciso aveva trentacinque anni ed era sposato e padre di due figli, Francesco e Antonietta, rispettivamente di sei e tre anni; la moglie, Angela Carusotto, in grembo portava il loro terzo figlio, Vincenzo.

Quella di Di Salvo è una storia di grande impegno sociale e sindacale, di coraggio, solidarietà e altruismo; una storia sepolta nell’oblio per sessant’anni, riscoperta, documentata e consegnata da A testa alta alla società civile. Ed è stata proprio questa associazione, due anni fa, a tirar fuori dai polverosi archivi documenti su documenti, raccogliendo tutto il voluminoso incartamento processuale che ricostruisce la sequenza dei fatti a partire dal sopralluogo effettuato nei primissimi istanti dai Carabinieri di Licata fino alla condanna definitiva a quattordici anni di carcere per Salvatore Puzzo, giudicato responsabile dell’omicidio del sindacalista licatese.

Con alle spalle diversi precedenti penali, indiziato di mafia e ritenuto affiliato al clan facente capo all’anziano massaro Angelo Lauria, Salvatore Puzzo, dopo il delitto, si diede alla latitanza. Venne arrestato l’8 settembre 1959 a Frosinone, dove viveva sotto falso nome.

Gli interrogatori dei testimoni oculari e i racconti dei compagni di lavoro di Vincenzo Di Salvo disegnano con precisione il quadro in cui quell’omicidio è maturato.

La ditta Jacona di Agrigento stava eseguendo dei lavori a Licata per la costruzione di una strada in contrada “Stretto” e altre opere per la realizzazione delle fognature e per l’arginatura del Salso. Circa ottanta i lavoratori impiegati nei tre cantieri. L’impresa, però, non era puntuale nei pagamenti dei salari, degli assegni familiari e delle differenze paga; inoltre, non corrispondeva ai suoi dipendenti gli emolumenti previsti per i lavori disagiati, costringendoli a lavorare oltre le otto ore previste, con una pausa pranzo di appena mezz’ora. Per questo, in più occasioni, gli operai avevano proclamato lo stato di agitazione e da tre a cinque giorni di sciopero. Di fronte alla compattezza della lotta, all’unità dei lavoratori di tutti i tre cantieri allestiti a Licata, la ditta alla fine era costretta a sedersi a un tavolo di trattative e a corrispondere, se non tutte, gran parte delle spettanze agli operai.

Alla testa di quelle lotte c’era Vincenzo Di Salvo, che dirigeva la Lega Edili, aderente all’organizzazione unitaria, e contemporaneamente lavorava alle dipendenze della ditta Jacona, nel cantiere per le fognature cittadine.

Ad un certo punto, in quel cantiere, si presentò Salvatore Puzzo: «Più volte ci chiedevamo cosa venisse a fare. Dava un’occhiata in giro e se ne andava. Con lui c’erano altri elementi maffiosi di fuori i quali diffidavano noi operai a non insistere nelle richieste dei nostri diritti. Il Puzzo non aveva alcuna incombenza di lavoro. Veniva a controllarci e basta. S’intrometteva subito pure se qualcuno degli operai lamentava degli errori nella busta paga, cercando di convincerlo a desistere. Ne parlammo con il brigadiere Cirota e il segretario della Camera del lavoro Moscato. La sola sua presenza contribuiva a tenere gli operai in stato di soggezione. Nel marzo di quest’anno, siccome la paga ritardava da un mese e mezzo, gli operai di tutti e tre i cantieri decidemmo di scendere di nuovo in sciopero. Il Puzzo si intromise in tutti i modi per fare cessare lo sciopero e ad alcuni operai, per indurli a tornare al lavoro, disse che se la ditta non avesse pagato, avrebbe anticipato lui i soldi».

A parlare è Vincenzo Burgio, compagno di lavoro di Vincenzo Di Salvo, sentito all’indomani dell’omicidio e successivamente durante processo. Questa volta c’è qualcuno parla e che ha avuto il coraggio di denunciare l’accaduto: una svolta insolita e imprevista nel panorama omertoso che fa da sfondo a uno dei periodi più turbolenti e sanguinosi della storia di Licata che, dopo l’uccisione del vecchio massaro Angelo Lauria, vede entrare la discordia nelle varie famiglie mafiose licatesi per assumere la direzione delle attività criminali.

E Vincenzo Burgio non è il solo a parlare; lo fanno anche Salvatore Burgio e Nicolò Gueli, altri due colleghi di Di Salvo testimoni oculari dell’omicidio, e molti altri lavoratori della ditta sentiti dai Carabinieri la stessa notte e all’indomani del delitto: «Venerdì 14 marzo presso il Comune vi fu una riunione, presieduta dal sindaco Santamaria e da aderenti alla C.G.I.L. Comunque ci fu rassicurato, poi, che avremmo avuto il pagamento sabato 15 marzo, ma non si fece vedere nessuno, né il sabato 15 marzo né la domenica giorno 16. Ci fu comunicato che il pagamento sarebbe certamente avvenuto la sera del lunedì 17. Tutti gli operai ci riunimmo in Piazza Progresso per attendere il ragioniere della ditta. Ad un certo momento, venne il rag. Buzzetti, il quale ci disse che aveva soltanto un milione e che voleva darci un acconto. Siccome gli operai eravamo circa ottanta ed eravamo in credito di circa un mese e mezzo di lavoro, data l’esiguità dell’acconto che ci sarebbe toccato, rifiutammo di accertarlo. Quella sera, ad un certo momento, proprio davanti al centralino telefonico, vidi il Puzzo con il Di Vincenzo e mi cugino Burgio Salvatore; quest’ultimo, padre di otto figlie da sfamare e che doveva avere dalla ditta circa 70.000 lire, rivoltosi al Puzzo gli disse: “perché non ci paghi tu dato che ti sei messo in mezzo?” Il Puzzo gli rispose: “tu sei ignorante, un cretino”. La discussione fini lì».

Agghiacciante il racconto di quei momenti: «Quindi, io, Di Salvo Vincenzo, Burgio Salvatore e Gueli Nicolò ci avviammo insieme verso la via Bucceri per andare in una bettola a bere un po’ di vino. Fatto un tratto di strada, fummo raggiunti subito dopo dal Puzzo Salvatore e dal Di Vincenzo Giuseppe. Il Puzzo ci disse “dove andate?”. Rispondemmo che eravamo diretti alla bettola. Il Puzzo, invece, ci disse di proseguire con lui che doveva parlarci. Aggiunse: “vi porto io in un posto dove si beve del vino buono”. Quando eravamo nei pressi della scala che porta alla via Santa Maria, la seconda dove c’è la cabina dell’Enel, il Puzzo ci disse che era molto offeso per il fatto che in pubblica piazza Burgio Salvatore gli aveva detto che si era intromesso e che quindi i salari doveva pagarli lui. Subito dopo disse “Questa offesa non me la dovevi fare. Voi non sapete chi sono io”. A quel punto, Vincenzo Di Salvo rispose: “un cristiano come noi”. A questa risposta, il Puzzo cominciò ad offendere tutti dicendo che eravamo dei “pupi”, all’improvviso tirò fuori dal petto una pistola, la mise a fuoco ed esplose un colpo dalla distanza di circa due metri; attinse il povero Di Salvo, che era più vicino e che cadde a terra. Appena vidi il Di Salvo a terra, rimasi di pietra. Vidi che il Puzzo continuava a maneggiare l’arma tirando fuori l’otturatore all’indietro. Gridai “mamma mia, morto sono” e tutti noi ci demmo alla fuga. Io mi diressi in caserma».

Altre numerose dichiarazioni raccolte all’epoca dai Carabinieri sono valida testimonianza di civiche virtù e di altruismo spinto fino al sacrificio («Vincenzo Di Salvo si era messo in mezzo, alla vista dell’arma, per non farlo sparare») nonché della violenza e prepotenza mafiosa contro la quale il giovane sindacalista licatese mai ebbe momenti di esitazione.

È la Corte di Assise di Appello di Palermo a mettere nero su bianco che «L’azione del Puzzo ben si addice alla sua personalità violenta e prepotente. Egli infatti ha dei precedenti penali ed è ritenuto dagli inquirenti un mafioso. Il suo ruolo indefinito in seno all’impresa Jacona (guardiaspalle dell’impresa, persona di fiducia, sorvegliante, fornitore di materiale) ed il suo atteggiamento spavaldo e intimidatorio lo rendevano inviso a tutti gli operai, tanto che ne avevano fatto oggetto di specifica lamentela sia con il Brigadiere dei Carabinieri Cirota, sia con il Segretario della Camera del Lavoro. Tale individuo che già aveva mal sopportata la frase pronunziata dal Burgio appena sentì vieppiù diminuita ed offesa la sua personalità dallo stesso Burgio il quale gli intimò di non immischiarsi più nelle loro questioni di lavoro, vide cadere tutto il castello di argilla della sua personalità di uomo di rispetto che aveva sempre imposto la sua volontà, non uso a sopportare diminuzioni del suo prestigio ed accecato dall’ira tirò fuori l’arma e fatto qualche passo indietro fece fuoco attingendo il povero Di Salvo, che si era posto in mezzo per scongiurarlo di usare l’arma. Tale è senza dubbio il motivo che indusse il Puzzo al delitto».

Durante la cerimonia di scopertura della lapide, avvenuta due anni fa, A testa alta consegnò l’intero carteggio raccolto, circa 600 pagine, alla famiglia Di Salvo e all’allora assessore del Comune di Licata Annalisa Cianchetti affinché tutti potessero approfondire la conoscenza di Vincenzo Di Salvo, figura significativa di coraggiosa ribellione alla logica mafiosa, come quella dell’altro concittadino Salvatore Bennici, ucciso il 25 giugno 1994 per essersi opposto al racket di Cosa Nostra.

L’anno successivo, la Fillea Sicilia istituì una borsa di studio del valore di mille euro, vinta poi dagli studenti della quarta B del liceo classico “Vincenzo Linares” di Licata con un bellissimo cortometraggio dal titolo “In ricordo di un eroe”.

All’iniziativa di oggi hanno partecipato la Polizia Municipale, l’assessora Laura Termini con delega ai servizi sociali/solidarietà e l’assessore ai lavori pubblici/territorio e ambiente Antonio Pira, rappresentanti di varie associazioni, come la Federconsumatori e il Comitato Civico Cantavenera, e molti cittadini. Diversi gli interventi, tra cui quelli del segretario della Fillea agrigentina Vito Baglio, di Irene Santamaria dell’associazione A testa alta e dello stesso assessore Pira che, a nome dell’amministrazione comunale, si è impegnato a intitolare una strada al sindacalista Di Salvo.

I carabinieri della Compagnia di Canicattì stanno indagando su un furto compiuto la scorsa notte ai danni di un bar posizionato all’interno della stazione di servizio DB in via Giudice Saetta, a Canicattì.
 
Ignoti sono riusciti ad entrare all’interno del bar utilizzando una mazza per scardinare il lucchetto: una volta dentro i malviventi hanno portato via diverse slot machines e il registratore di cassa.

Il bottino si aggira intorno a mille euro.

Tra le proposte esitate ieri dalla Giunta Regionale di Governo in merito alle ultime volontà politiche manca la dichiarazione ufficiale resa dall’assessore Regionale dei Beni Culturali, Sebastiano Tusa, nella seduta dello scorso 6 Marzo all’ ARS a meno di 36 ore dalla sua tragica scomparsa in risposta ad un’interrogazione dei 5 stelle che riguarda l’azzeramento di tutti i vertici del Consiglio del Parco Archeologico della Valle dei Templi di Agrigento.

Ecco il video

“Mala tempora currunt” per l’amministrazione comunale di Porto Empedocle presieduta dalla sindaca Ida Carmina, del Movimento 5 Stelle. Lo scorso 13 marzo hanno presentato una seconda mozione di sfiducia al sindaco i consiglieri Dario Puccio e Salvatore Bartolotta, depositando l’atto nella presidenza del Consiglio comunale affinchè anche altri consiglieri lo firmino. Servono, in particolare, 7 firme per trattare l’argomento all’ordine del giorno del Consiglio comunale. E gli stessi consiglieri Puccio e Bartolotta hanno affermato: “La mozione è frutto di una sofferta ed articolata riflessione politica e amministrativa. E’ stato doveroso da parte nostra dire basta ad una gestione amministrativa fallimentare dell’attuale giunta di governo. La mozione di sfiducia è stata presentata nell’interesse generale della collettività empedoclina e quindi vuole, da un lato, porre fine a questa disastrosa esperienza amministrativa, dall’altro essere da stimolo verso le forze locali che per troppo tempo sono state in silenzio”. Nel frattempo, adesso è in itinere un’altra mozione di sfiducia, la terza. Infatti, i gruppi consiliari che si riconoscono nelle posizioni politiche di Riccardo Gallo, Filippo Caci e Roberto Di Mauro hanno in cantiere una mozione con almeno 7 firme, così da rendere la mozione discutibile in Consiglio comunale concretizzando l’obiettivo di consolidare e rendere compatto il fronte dell’opposizione e porre poi l’intero Consiglio comunale empedoclino nella facoltà di votare assumendosi ciascun consigliere le proprie responsabilità.

 

Avrebbe simulato la dissociazione di una donna dal compagno pentito, il favarese trentaduenne Mario Rizzo.
Risulta così indagato per favoreggiamento l’Avv. Salvatore Cusumano.
Ieri è stata effettuata una perquisizione all’interno del suo studio legale dagli agenti della Squadra Mobile e dalla Procura della Repubblica di Agrigento.
“Non avendo nulla da temere –dichiara l’avv. Salvatore Cusumano- mi sono attivato tramite i legali per essere ascoltato mettendo a disposizione computer, telefonino e versione dei fatti. Nel rinnovare fiducia alle istituzioni –ha concluso la nota- comunico senza imbarazzo la notizia”.

Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Sciacca, Rosario Di Gioia, accogliendo quanto richiesto dalla Procura tramite la sostituto Roberta Griffo, ha convalidato l’arresto ad opera dei Carabinieri di Pietro Leto, 19 anni, di Alessandria della Rocca, indagato dell’omicidio di Vincenzo Busciglio, 23 anni, anche lui di Alessandria, morto la sera di martedì scorso 12 marzo poco prima di giungere al pronto soccorso dell’ospedale “Fratelli Parlapiano” di Ribera e vittima di un accoltellamento in via Sant’Antonio, nel centro storico di Alessandria della Rocca. Pietro Leto, difeso dall’avvocato Antonino Gaziano, si è dichiarato innocente: “Mai avuta alcuna discussione o litigio con Busciglio”.

La Scuola di Musica “Gaspare Lo Nigro” di Bivona presenta il II Concorso Nazionale di Musica “Armonie Sicane” 2019 in convenzione con il Comune di Bivona, con il Conservatorio di Musica “A. Scarlatti” e con l’Istituto Superiore “Luigi Pirandello”. Evento attesissimo al quale potranno partecipare Solisti, Formazioni strumentali e/o vocali di qualsiasi organico dal duo all’orchestra e/o coro, Associazioni musicali, Scuole di Musica, Accademie Musicali e Scuole Primarie e Secondarie di 1° e 2° grado. L’appuntamento è previsto in calendario dal 23 al 26 maggio 2019. 

Le varie iniziative si terranno presso l’Auditorium “Gaspare Lo Nigro” e l’Auditorium Santa Chiara di Bivona, nel cuore dei Monti Sicani. Il Concorso Nazionale “Armonie Sicane” è patrocinato, inoltre, dal Consorzio Provincia di Agrigento, dall’Ente Parco dei Monti Sicani, dall’Assessorato alla Promozione Culturale e dall’Assessorato Regionale al Turismo, alla Sport e allo Spettacolo. L’obiettivo dell’iniziativa è quello di incentivare l’amore per la musica nei giovani, scopo principale del concorso musicale.

Le prove – si legge all’interno del regolamento – sono pubbliche e i concorrenti sono suddivisi in sezioni e categorie in base naturalmente all’età. Il concorso si svolgerà per tutte le sezioni in un’unica prova con un programma a scelta libera da parte del concorrente. All’interno del regolamento, inoltre, è possibile visionare la sezione, la categoria e la durata massima di ogni prova in base all’età nell’ambito dei Solisti, Pianoforte a Quattro Mani, Musica da Camera, Canto Moderno, Musica Corale, Musica Contemporanea e Jazz. Un concorso nazionale sarà riservato alle scuole.

Da evidenziare che il calendario dettagliato delle singole prove sarà pubblicato sul sito internet della Scuola di Musica “Gaspare Lo Nigro” entro e non oltre il 20 maggio prossimo. Sarà presente una commissione giudicatrice e nel regolamento è possibile visionare tutti i criteri di giudizio, le graduatorie e i premi in palio, che verranno consegnati durante la manifestazione conclusiva alla presenza della Giuria e delle Autorità. A tutti gli altri, concorrenti, invece, verrà rilasciato un attestato di partecipazione. I vincitori assoluti, i primi classificati e i vincitori dei primi speciali saranno tenuti ad esibirsi nel concerto finale del 26 maggio 2019 presso l’Auditorium “Gaspare Lo Nigro” di Bivona.

Le domande per l’iscrizione dovranno essere redatte in carta semplice ed inviate alla Scuola di Musica “Gaspare Lo Nigro” entro e non oltre il 30 aprile 2019. Sul sito internet www.acmbivona.it è possibile scaricare il modello e visionare i contatti, gli indirizzi, l’occorrente e tutte le modalità per l’adesione al II  Concorso Nazionale di Musica “Armonie Sicane” 2019.

Ricorre il prossimo 21 marzo la “Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie”.

 Per l’occasione, il Libero Consorzio Comunale di Agrigento celebra la Giornata organizzando alcuni momenti di incontro e di riflessione sui temi della legalità e sul valore del ricordo.   

Alle ore 10,00, infatti, nell’Aula Consiliare dell’ex Provincia, il Commissario Straordinario del Libero Consorzio Comunale, Girolamo Alberto Di Pisa,  Magistrato in quiescenza e già componente del Pool antimafia istituito da Rocco Chinnici, incontrerà alcuni studenti degli Istituti secondari superiori del territorio.

La “Giornata”, promossa dal MIUR in collaborazione con l’associazione ‘Libera’, prevede, infatti, che gli Istituti scolastici di ogni ordine e  grado promuovano, nell’ambito della propria autonomia e competenza, iniziative volte alla sensibilizzazione sui temi della legalità e sulla rilevanza istituzionale e  sociale del valore della memoria nel ricordo delle vittime delle mafie.

Successivamente, alle ore 10.30, un corteo di studenti della scuola primaria di secondo grado dell’Istituto “Agrigento Centro”, diretto dalla Professoressa Anna Gangarossa, partirà da Piazza Aldo Moro per raggiungere il Giardino Botanico di Via Demetra.

Alle ore 11.00, invece, un corteo di studenti dell’Istituto Comprensivo “Esseneto” partirà da Piazzale Ugo La Malfa in direzione del Giardino Botanico, nel quale, alle ore 12.00, alla presenza delle massime autorità cittadine, si svolgerà la cerimonia di scopertura dell’opera del Maestro Domenico Boscia dal titolo: “L’Equilibrio dell’innocenza”. L’opera verrà collocata su un cippo in pietra, in memoria di tutte le vittime delle mafie. Gli studenti, infine, sempre al Giardino Botanico, piantumeranno un albero  di ulivo ed isseranno la bandiera di “Libera”.

Dal 1996, ricordiamo, si celebra “La Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie”,  istituita con la Legge 8 marzo 2017 n. 20.

Fiaccolata silenziosa ad Alessandria della Rocca in ricordo di Vincenzo Busciglio. La piccola comunità, sta gridando forte – con la voce e con il cuore – “Mai più!”. La tragedia di martedì sera, quella che ha drammaticamente interrotto la vita di “Vincenzino”, non dovrà ripetersi “mai più!”. A lanciare un accorato appello è stato il parroco di Alessandria della Rocca: don Salvatore Centinaro: “La speranza non muoia! E perché la speranza non muoia ognuno di noi deve mettersi in discussione, essere disposti al cambiamento, alla novità e alla verità”.

In prima fila alla fiaccolata, dietro il gonfalone del comune di Alessandria della Rocca che è senza sindaco, i sindaci di Bivona, Cianciana e Santo Stefano di Quisquina. “Come presidente dell’Unione dei Comuni Platani Quisquina Magazzolo, insieme ai sindaci Francesco Cacciatore e Franco Martorana, desidero esprimere alla famiglia del giovane Vincenzo Busciglio, tutto il nostro profondo cordoglio e la nostra grande costernazione”, ha detto Milko Cinà, sindaco di Bivona e Presidente dell’Unione dei Comuni Platani Quisquina Magazzolo. “Saremo presenti e vicini alla comunità alessandrina – ha aggiunto – anche in occasione dei funerali di Vincenzo, perché la tragedia che ha sconvolto Alessandria della Rocca, la perdita così tragica e violenta di una giovane vita, non colpisce solo gli alessandrini ma tutto il nostro territorio”.

La prima tappa è stata la chiesa Madre dove l’intero paese – ma non soltanto visto che sono presenti, fiaccole accese alla mano, anche i sindaci dei Comuni vicini – è rimasto in silenzio. “Non saremo noi ad aprire le nostre bocche – si era premurato di raccomandare don Salvatore Centinaro – . Apriremo le nostre orecchie per ascoltare la voce di Dio. Nella seconda tappa – ha spiegato sempre il sacerdote – ci fermeremo innanzi alla casa di Vincenzo per mostrare la nostra solidarietà. Quando c’è solidarietà, fratellanza, c’è anche apertura alla verità”. Un richiamo forte, anche se fatto in maniera dolce, quello di don Salvatore Centinaro. “Verità”. E’ questo quello che, urlando con il cuore, reclama Alessandria. “Quando c’è solidarietà e fratellanza – ha aggiunto il prete – c’è anche apertura alla verità. Non possiamo essere né omertosi, non possiamo essere coloro i quali si girano dall’altra parte. Tutto quello che stiamo facendo non ha senso se ciò accade.  Allora diventa importante che ogni tassello venga messo al posto giusto. Che la verità venga alla luce”.

“So perfettamente che siete vicini al nostro dolore. Siete in tantissimi e vi ringrazio, questo è il risultato perché mio fratello era un’ottima persona”. Così, con la voce rotta dal pianto, la sorella di Vincenzo Busciglio a margine della fiaccolata promossa ad Alessandria della Rocca per stringersi intorno alla giovane vittima dell’accoltellamento.

“Gli ho scaricato la pistola addosso”, ha ripetuto meccanicamente Giovanni Colombo stamattina, nell’interrogatorio reso al pm Ilaria De Somma e ai funzionari della Squadra mobile.

Non avevo altra scelta – ha aggiunto il giovane, adesso fermato con l’accusa di avere ucciso Antonino e Giacomo Lupo, padre e figlio di 53 e 19 anni – erano in troppi, tutti contro di me”.

Secondo la dinamica illustrata dall’indagato reo confesso, i primi colpi della pistola Block usata dall’improvvisato sicario sarebbero stati sparati in aria: “Ho cercato di disperdere quelli che mi stavano aggredendo – ha detto Colombo – e in effetti gli spari hanno allontanato la maggior parte delle persone, ma non Antonino e Giacomo Lupo, che hanno continuato ad insultarmi e ad essere minacciosi contro di me, avvicinandosi per colpirmi. Ho avuto paura, gli ho sparato”.

I colpi andati a segno sono stati nove e non hanno lasciato scampo alle vittime. “Poi sono scappato a casa di un parente, che mi ha aiutato. Ho chiamato il mio avvocato e mi sono costituito”. Il giovane, assistito dall’avvocato Corrado Sinatra, ha anche fatto ritrovare l’arma del delitto, nascosta in una fioriera.

Ha spiegato pure di essersela procurata per motivi di sicurezza, perche’ da qualche tempo avrebbe avuto forti contrasti con un altro dei Lupo, Francesco, fratello di Giacomo e figlio di Antonino. Da un’ennesima discussione con lui e’ nato il litigio di ieri sera, culminato nel duplice delitto. La posizione dell’indagato andra’ ora sottoposta al Gip, che dovra’ decidere se convalidare il fermo.