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Anche la Cisl in piazza oggi a Caltanissetta al fianco dei sindaci e delle comunità danneggiate dal rallentamento dei cantieri di raddoppio della statale 640 o “degli Scrittori” e dei lavori di manutenzione della Agrigento – Palermo. 

Presente, come unica categoria della Funzione pubblica, la Cisl Fp di Agrigento e Caltanissetta con il segretario Floriana Russo Introito, oltre che la confederazione con il segretario Maurizio Saia e la Filca con il segretario generale Paolo D’Anca.

“Una manifestazione che non ha e non può avere alcun colore politico – è il commento di Saia – ma che ha una finalità chiarissima: sollecitare Anas e Cmc, che pure in questi giorni hanno annunciato, o almeno promesso, una ripresa a breve dei lavori, a fare presto. Questo perché senza una viabilità moderna e sicura non può esserci sviluppo per un territorio come il nostro, che oggi è letteralmente tagliato fuori da ogni collegamento diretto con i grandi aeroporti e con i maggiori centri dell’Isola”. 

“A ciò – aggiunge D’Anca – non può che aggiungersi la nostra preoccupazione rispetto alla situazione occupazionale delle centinaia di ditte creditrici e delle oltre mille persone impegnate nei lavori che oggi rischiano di essere danneggiate dalla crisi finanziaria della Cmc che non sembra si voglia-possa governare. Cisl- conclude – c’è e rimarrà a vigilare sulla vicenda”.

Questa mattina il sindaco di Aragona Giuseppe Pendolino e il Presidente del Consiglio comunale Gioacchino Volpe, hanno partecipato a Caltanissetta alla manifestazione di protesta contro l’isolamento stradale dopo che la Cmc, il colosso delle costruzioni di Ravenna, ha sospeso i lavori sulle strade statali 640 Agrigento-Caltanissetta, 189 Agrigento-Palermo e 121 nel tratto palermitano della Palermo-Agrigento. Alla manifestazione di protesta hanno partecipato, tra gli altri, l’assessore regionale alle Infrastrutture Marco Falcone, i sindaci di Caltanissetta, Giovanni Ruvolo e di Agrigento Lillo Firetto, e il vescovo della Diocesi di Caltanissetta, Mario Russotto. Sono scesi in piazza anche le organizzazioni sindacali, diversi comitati di quartiere, i titolari e i dipendenti di un centinaio di aziende che hanno lavorato nel cantiere per contro della Cmc ma non hanno ancora ricevuto i crediti dall’azienda ravennate e che rischiano ora il fallimento. Il corteo dei manifestanti è partito dalla galleria “Sant’Elia”, nei pressi del comando provinciale dei Carabinieri, ha percorso le vie Leone XIII, Rosso di San Secondo, Conte Testasecca per poi arrivare in corso Umberto. 

La società P.S. con sede in Lampedusa aveva avanzato una richiesta di concessione demaniale per l’istallazione di un impianto di distribuzione carburanti da realizzare presso il molo del Porto Vecchio di Lampedusa; la predetta istanza veniva corredata da tutta la documentazione e gli elaborati tecnici necessari a verificare l’idoneità del sito individuato per l’istallazione dell’impianto, nonchè la natura e la tipologia delle opere da realizzare. Ma l’Amministrazione Regionale non riscontrava la predetta istanza; da qui la determinazione della società lampedusana di proporre un ricorso davanti al TAR Sicilia, con il patrocinio dell’Avvocato Girolamo Rubino, per la declaratoria di illegittimità del silenzio-inadempimento formatosi sull’istanza presentata e non riscontrata nonchè per l’accertamento dell’obbligo di provvedere in ordine alla medesima istanza in capo alla P.A., con previsione della nomina di un commissario ad acta per l’ipotesi di ulteriore inadempienza. In particolare l’Avvocato Rubino ha sostenuto la fondatezza della pretesa della società ricorrente ad ottenere la declaratoria di illegittimità del silenzio serbato dall’Amministrazione Regionale sull’istanza presentata in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, al fine di consentire al giudice adito di constatare l’illegittimità del comportamento omissivo con conseguente dichiarazione dell’obbligo di provvedere, citando giurisprudenza favorevole del Consiglio di Stato; il difensore ha sottolineato altresì  il pregiudizio anche per l’isola di Lampedusa derivante dall’arresto di un’iniziativa economica rilevante afferente l’implementazione del pubblico servizio di distribuzione carburanti per natanti. Si è costituito in giudizio l’Assessorato regionale del territorio e dell’Ambiente, in persona dell’Assessore pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, per chiedere il rigetto del ricorso. Il Tar Sicilia, Palermo, Sezione Prima, Presidente il Dr. Calogero Ferlisi, Relatore il Consigliere  Dr. Roberto Valenti, condividendo la tesi dell’Avvocato Rubino secondo cui ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso, essendovi per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni della parte pubblica, ha accolto il ricorso proposto dalla società lampedusana, ordinando all’Amministrazione Regionale di provvedere sull’istanza avanzata entro trenta giorni a pena di commissariamento, e condannando l’Amministrazione Regionale anche al pagamento delle spese giudiziali nonchè alla refusione del contributo unificato. Pertanto, per effetto  della sentenza resa tra le parti dal Tar Sicilia, l’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente dovrà provvedere in ordine all’istanza avanzata dalla società lampedusana entro trenta giorni, altrimenti interverrà in via sostitutiva un commissario ad acta nominato dallo stesso giudice amministrativo. 

Deve scontare una pena ai domiciliari, divenuta definitiva, di 14 mesi, Salvatore Sciacchitano, l’agrigentino, di 44 anni, arrestato a Enna, in esecuzione di una ordinanza emessa dall’Ufficio esecuzioni penali della Procura di Agrigento, in seguito all’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Palermo.

L’uomo con precedenti penali per armi, resistenza a pubblico ufficiale, lesioni, sequestro di persona, tentato omicidio, evasione, era finito l’ultima volta in manette per violazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale.

Sciacchitano era stato sottoposto al divieto di soggiorno in due Comuni dell’agrigentino ed era finito col vivere a Enna dove svolgeva attività saltuare.

 

 

Una lite, che si è trasformata in una vera e propria rissa. è stata sedata dagli agenti della sezione Volanti della Questura di Agrigento che sono dovuti intervenire al Villaggio Mosè per placare le ire di due commercianti.

Uno dei due, un trentenne è stato denunciato in stato di libertà, alla procura della Repubblica, per possesso di oggetti atti ad offendere.

Il commerciante, infatti, è stato trovato in possesso di un bastone che avrebbe utilizzato per colpire il rivale.

Sembra che tutto abbia avuto come origine motivi di lavarativi.

 

Si è avvalso della facoltà di non rispondere, nell’interrogatorio di garanzia, Francesco Sabella, 21 anni, di Menfi, arrestato e finito a domiciliari con l’accusa di rapina aggravata.

Secondo quanto emerso dalle indagini dei Carabinieri della Stazione di Menfi, Sabella sarebbe stato l’autore della rapina compiuta, nel maggio dello scorso anno, ai danni di una assicurazione della cittadina agrigentina dove furono portati via 800 euro.

Il rapinatore entrò in azione col volto travisato da casco e armato di una pistola.

Dopo alcuni giorni dal colpo, sulla statale 624, i Carabinieri nel corso di un controllo ad un’auto, trovarono una pistola a gas, priva del tappo rosso, e un panetto di hashish. L’arma sarebbe stata uguale a quella descritta dai testimoni della rapina all’assicurazione.

 

“Ho seguito sulla stampa e sui media la querelle “San Sebastiano” con sano distacco.

I problemi di una comunità sono altri e queste argomentazioni, francamente, mi sono sembrate scelte politiche per distogliere le attenzioni su altri temi, come dire, più caldi.

Sono rimasto basito, però, nel leggere su un quotidiano locale che né il Sindaco Firetto, né l’Assessore Muglia avessero dato “specifico atto d’indirizzo” alla locale Polizia per la partecipazione alla cerimonia di San Sebastiano che ha avuto luogo a Raffadali. Cerimonia, sia ben chiaro, che non appartiene alla città di Raffadali ma a tutte le Polizie locali e che lo scorso anno è stata celebrata in Agrigento; ovvia la partecipazione sia della mia Amministrazione sia della Polizia locale.

Ancor di più (basito) quando leggo che l’Ass. Muglia ha dichiarato che “l’uso del gonfalone non è stato autorizzato” e che, quindi, la presenza dello stesso è frutto di un equivoco, di un silenzio-assenso quasi (anzi senza quasi) a voler prendere le distanze dalla città da me amministrata.

Voglio ricordare all’Ass. Muglia che agire come Ponzio Pilato non è rispettoso nei confronti dell’Amministrazione Comunale che ha ospitato la manifestazione, e principalmente non è rispettoso nei confronti della Polizia Locale dei comuni agrigentini.

Nelle nostre realtà il ruolo del Corpo della Polizia Municipale è fondamentale per il controllo e la gestione della vita della nostra città, sono il primo presidio di legalità nel territorio e devono affrontare e gestire quotidianamente, oltre ai problemi della sicurezza nelle strade e nelle piazze anche, in una visione più ampia, i rapporti con i cittadini con il suo complesso, e non meritano dalla Politica tali comportamenti.

Vorrei ricordare, ancora, all’Ass. Muglia che, in occasione del “giro d’Italia 2018”, la Sua Amministrazione non ha lesinato fiato nel chiedere, per il mio tramite, sostegno alla Polizia locale di Raffadali per potenziare i servizi di viabilità. Ben 4 ispettori (ossia il 50% della forza) son venuti “a gratis” a dar man forte ai colleghi agrigentini. Guarda caso nessuno si è chiesto quale costo abbia dovuto sostenere la mia Amministrazione in termini di disservizio locale e di spesa.

In un’ottica di fattiva collaborazione tra Enti locali e di coordinamento tra forze di Polizia ritenevo e ritengo istituzionalmente corretto fornire solidarietà e soccorso reciproco.  Spero tanto che l’Amministrazione di Agrigento esca dal suo splendido isolamento e che possa fare da traino alle esigenze dei comuni viciniori iniziando col dare cittadinanza alle loro iniziative.

Concludo per confermare la piena e totale disponibilità “a gratis” della locale Polizia alle esigenze della Città capoluogo.

La prossima volta abbia la città capoluogo la sensibilità di offrir loro almeno il pranzo”.

Gerlando Russotto torna libero per decorrenza dei termini di custodia cautelare. Il 28enne favarese, tirato in ballo dalle dichiarazioni dell’aspirante collaboratore di giustizia (ed ex cognato) Mario Rizzo, è stato scarcerato. 

Resta ovviamente invariato l’impianto accusatorio nei suoi confronti. Russotto è stato arrestato il 2 agosto scorso dagli agenti della Squadra Mogile di Agrigento, guidata da Giovanni Minardi, in seguito alle dichiarazioni dell’ex cognato Mario Rizzo, 32 anni, che aveva svelato i retroscena in merito al tentato omicidio di un ristoratore empedoclino in Belgio, Saverio Sacco. 

Il Riesame, aveva accolto in parte il ricorso dell’avvocato Salvatore Cusumano, derubricando il reato da tentato omicidio a lesioni. Russotto, però, era rimasto in carcere per un’altra vicenda, nata sempre dalle dichiarazioni di Rizzo. Si tratta del ritrovamento di armi trovate il 29 maggio scorso in un sottotetto del condominio in cui Russotto abita.

 

Ad Agrigento, al palazzo di giustizia, la sezione penale del Tribunale presieduta da Giuseppe Miceli ha emesso la sentenza di primo grado nei confronti di tre imputati nell’ambito dell’inchiesta su presunti illeciti connessi alle attività dell’ente di formazione Ecap di Agrigento. Si tratta dell’ex presidente, l’avvocato Ignazio Valenza, 55 anni, del maresciallo dei Carabinieri, Antonino Arnese, 52 anni, a capo del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Agrigento, che risponde di concorso in corruzione perché Valenza gli avrebbe assunto un familiare in cambio di ispezioni sul lavoro blande, e poi Vincenzo Mangiavillano, 65 anni, maresciallo dei Carabinieri ed ex comandante della Sezione di Polizia giudiziaria alla Procura di Agrigento oggi in pensione, che risponde solo di rivelazione di segreto d’ufficio. Ebbene, i giudici hanno condannato a 2 anni di reclusione ciascuno per corruzione il maresciallo dei Carabinieri Antonio Arnese e l’avvocato Ignazio Valenza. E’ stato assolto Vincenzo Mangiavillano. L’avvocato Valenza è stato assolto dalle altre imputazioni di calunnia, tentata estorsione e peculato attinenti alla gestione dei fondi destinati ai pagamenti degli stipendi del personale.