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A Cammarata e a San Giovanni Gemini non si attenuano le manifestazioni di contrarietà all’annunciato trasferimento dell’Ufficio di collocamento, attualmente sito a San Giovanni Gemini, da via Sacramento a via Omero. Già tanti residenti dei due Comuni, concorrenti nelle spese di gestione dell’ufficio, e il sindaco di Cammarata, Vincenzo Giambrone, hanno opposto che i locali di via Omero non sono adeguati ad essere utilizzati come uffici pubblici. Mancano la porta antipanico, gli impianti di riscaldamento, vi sono molte barriere architettoniche, vi è un solo bagno, non accessibile ai disabili, e l’ufficio è allocato al primo piano rendendo il tutto ancora più fonte di disagio, soprattutto per gli anziani. In via Sacramento invece l’ufficio è al piano terra, e da tempo è utilizzato da tutti gli utenti di Cammarata e San Giovanni Gemini senza alcun disagio e difficoltà”.

Adesso il sindaco di Cammarata, Vincenzo Giambrone, ha scritto un’ampia e dettagliata lettera al direttore dell’Ufficio provinciale del Lavoro di Agrigento, Angelo Di Franco, e, per conoscenza, alla dirigente generale dell’assessorato regionale al Lavoro, Francesca Garoffalo.

Ecco il testo:

Si fa seguito a precorsa corrispondenza ed in modo particolare alla Sua del 16 07.2019 prot. 10770, acquisita al protocollo di questo Ente al N° 14991 del 16.07.19, per evidenziare quanto di seguito:
La nota Prot. N° 7184 del 10.06.2019, qui pervenuta in data 17.07.2010 prot. n. 15075, con la quale la S.V. ritiene di avere riscontrato quanto richiesto dal sottoscritto in data 04.06.2019 prot. N° 11731, nella realtà, non riscontra affatto quanto ivi evidenziato. Detta Sua, infatti, riporta soltanto riferimenti generici, non supportati dagli appositi richiami normativi e, cosa ancora più grave, riferisce fatti non corrispondenti a verità .
Invero l’incontro con il Vice Sindaco di Cammarata, a cui la S.V. fa riferimento, non è avvenuto all’interno dell’immobile presso cui è stato trasferito l’ufficio di recapito, bensì nei locali dove detto ufficio aveva sede prima del trasferimento.
Nessuna verifica dei nuovi locali è avvenuta, quindi, da parte del Comune di Cammarata il quale, per contro, non appena appresa la notizia del trasferimento, nell’esclusivo interesse dei cittadini utenti, e nella qualità di cogestore dei relativi locali, ha fatto valere le fondate osservazioni e giustificate contestazioni di cui alla nota del 04.06.2019 prot. n. 11731 che, per essere a tutt’oggi rimaste inevase, si reiterano qui di seguito: “ lo stesso edificio è sprovvisto di porta antipanico e di impianti di riscaldamento, su di esso insistono molte barriere architettoniche ed è munito di un solo bagno, con assenza, quindi, di quello per disabili. Ed ancora, i locali in argomento, sono ubicati al primo piano, non accessibili ai diversamenti abili ed agli anziani”. A tutto ciò si aggiunge, la mancata indicazione dei motivi che hanno spinto il Sindaco di San Giovanni Gemini a trasferire un ufficio da una sede pienamente funzionale ad un’altra i cui locali non sono rispondenti ai requisiti di legge.
In ordine a quanto suggerito dalla S V per garantire l’incolumità dei cittadini (…..omissis..di recarsi presso gli uffici del centro per l’impiego di Casteltermini…..), senza entrare nel merito del tono sarcastico usato, del tutto fuori luogo, la S V dovrebbe essere a conoscenza del fatto che i recapiti di Cammarata e di San Giovanni Gemini erano stati autorizzati, nonostante l’esistenza del recapito di Casteltermini, proprio per facilitare l’accesso dei relativi utenti, dato che quest’ultimo Comune, non è collegato con i sopradetti Comuni, da mezzi di trasporto pubblici.
Viene richiesto da parte della S.V. l’esplicazione del legittimo interesse agli atti richiesti. Evidentemente è apparso di nessuna importanza il fatto che i locali del recapito de quo, presso cui operano sia i dipendenti dell’ex recapito di Cammarata sia quelli dell’ex recapito di san Giovanni Gemini, in base ad un accordo fra i due Comuni, erano gestiti da entrambi gli Enti; tant’è che l’uno metteva a disposizione i locali, l’altro provvedeva alle spese delle utenze ed alla pulizia. Quindi non solo l’interesse all’accesso agli atti, richiesto dal sottoscritto, è legittimo ma è anche doveroso, dal momento che la mancata indicazione della motivazione sulla necessità posta a base del trasferimento ( mai comunicata a questo Comune nonostante la cogestione dei locali), e l’inesistenza delle misure di sicurezza nei locali dove il recapito è stato spostato, determinano l’illegittimità del provvedimento di trasferimento e quello relativo alla sua autorizzazione.
Sempre in ordine alla richiesta di accesso agli atti, si fa rilevare che:
la nota di cui si chiede di prendere visione, deve essere emessa da personale incaricato da codesto ufficio, quindi è alla S.V. che la richiesta di accesso deve essere rivolta.
nessuna norma sul diritto di accesso obbliga il richiedente ad indicare data e numero di protocollo del documento che si richiede. Più volte la giurisprudenza, ormai consolidata, si è espressa in tal senso sostenendo che “ l’onere di specificazione dei documenti per i quali si esercita il diritto di accesso non implica la formale indicazione di tutti gli estremi identificativi ( organo emanante, numero di protocollo,data di adozione dell’atto), ma può ritenersi assolto anche solo con l’indicazione dell’oggetto e dello scopo proprio dell’atto in questione, ove, nei singoli casi di specie, risulti formulata in modo tale da mettere l’Amministrazione in condizione di comprendere la portata ed il contenuto della domanda)” ( Cfr. Tar Lazio, Sez. I 24 marzo 2016 n. 3694 che richiama Tar Lazio Sez. III quater, 10.03.2011, n.2181; Consiglio di Stato, VI Sez. 27.10.2006 n. 6441; Tar Lazio, Sez.III 16.06.2006 n. 4667).
Alla Dott.ssa Garoffolo, Dirigente del Dipartimento, cui la presente viene inviata, per conoscenza, si chiede di intervenire su questi incresciosi fatti al fine di dirimerli e tutelare i legittimi interessi dei cittadini, che per loro motivate esigenze, debbono servirsi dell’Ufficio collocamento in argomento, non trascurando che non tutti sono nelle condizioni di raggiungere Casteltermini, ove insistono gli uffici di recapito, non essendo, quest’ultimo, servito di collegamenti ( ferrovie, autolinee).
Non appare superfluo evidenziare che, a garanzia della incolumità dei cittadini utenti, sono intervenuti: la stampa, la televisione e un movimento spontaneo di cittadini, oltre al fatto che è stata presentata apposita interrogazione parlamentare a firma di Deputati Regionali.
Si aggiunge che è inusuale, oltre che professionalmente scorretto, che un Dirigente di Uffici pubblici possa rivolgersi a Rappresentanti Istituzionali con toni ironici, quali quelli usati nella nota del 10.06.2019 prot. n. 7184 dal Dirigente Angelo Di Franco, anch’essa qui allegata.
Si rimane in attesa di ricevere, senza ulteriori indugi, quanto già chiesto con la mia precedente del 04.06.2019 prot. n. 11731, invitando, nel frattempo, il Dott. Angelo Di Franco a sospendere il trasferimento de quo, non rispondendo, in caso contrario, mio malgrado, degli ulteriori sviluppi che lo stesso potrà produrre.
Distinti saluti

Il Sindaco
(F.to: Dott. Vincenzo Giambrone)

Ad Agrigento, a Casa Sanfilippo, si insedia il nuovo Consiglio di amministrazione del Parco archeologico e paesaggistico Valle dei Templi di Agrigento, presieduto da Bernardo Agrò, diretto da Roberto Sciarratta, e composto dal sindaco di Agrigento Lillo Firetto, il Soprintendente ai Beni Culturali, Michele Benfari, gli esperti Luigi Troja e Heinz Jurgen Beste, e poi ancora Fabio Amato per i Gruppi Archeologici d’Italia, Salvo Barrano dell’Associazione Nazionale archeologi, e Vincenzo Piazzese dell’Archeoclub d’Italia.

Dopo l’incidente, per cause ancora da accertare, che ha provocato l’affondamento lunedì scorso di un peschereccio a Porto Empedocle, al molo Crispi, adesso un altro incidente è accaduto nel porto di Licata dove il peschereccio “Odissea” ha urtato contro la banchina, l’impatto ha provocato una falla, ed è colato a picco. La causa del sinistro sarebbe stata un guasto tecnico che ha bloccato il cambio.

Il ministro della giustizia Alfonso Bonafede ha firmato il provvedimento disponendo il “carcere duro” nei confronti di Antonio Massimino, 51 anni, considerato il boss di Agrigento. 

Antonio Massimino, già coinvolto e condannato nell’operazione antimafia San Calogero, è stato nuovamente arrestato nel febbraio scorso dopo esser stato sorpreso in casa con armi e munizioni oltre ad essere la figura principale dell’inchiesta della Dia “Kerkent”.

La decisione viene dopo una serie di pareri ed elementi investigativi in cui emergerebbe la capacità di Massimino di continuare a dialogare e impartire ordine dal carcere. Attualmente si trova a Terni.

La sezione giurisdizionale di appello della Corte dei conti ha confermato la sentenza di assoluzione nei confronti dell’ex sindaco di Porto Empedocle (Ag), attuale primo cittadino di Agrigento, Calogero Firetto e dell’ex responsabile dei servizi finanziari Salvatore Alesci, ai quali si contestava un danno erariale di circa 3 milioni di euro per avere utilizzato in maniera indebita alcuni fondi: anticipazioni di liquidità – ottenute dalla Cassa Depositi e Prestiti nell’anno 2014 – per far fronte a spese correnti del Comune di Porto Empedocle contravvenendo all’obbligo legale della destinazione dei fondi ricevuti.
Quei soldi, stando all’accusa, sarebbero stati utilizzati per finalità diverse rispetto a quelle previste. La tesi, già bocciata, nell’ottobre dell’anno scorso nel processo di primo grado, è stata ribadita dalla sezione giurisdizionale di appello che, inoltre, ha pure escluso qualsiasi responsabilità fra le condotte di Firetto e Alesci e la dichiarazione di dissesto finanziario del Comune di Porto Empedocle formalizzata dal Consiglio il 12 ottobre del 2016.
“Due anni di contestazioni paradossali su un ipotetico danno erariale, sforamento del patto di stabilità, con suggestivi titoli di stampa ‘bilanci gonfiati’, ‘drogavano i bilanci’. Ci sarebbe molto da dire. Lascio invece parlare le sentenze che sono chiare, nette!”, ha commentato Firetto. 

Fonte ANSA

Nella giornata di ieri si sono concluse le operazioni a tutela dell’ambiente marino e di messa in sicurezza del motopesca “Maria Lorena” che lunedi’ e’ affondato nel porto di Porto Empedocle.

L’incidente e’ avvenuto accanto al molo Crispi per cause ancora da accertare. In seguito all’affondamento dell’imbarcazione si e’ verificata una fuoriuscita di combustibile. E’ stata creata una cornice di panne assorbenti che ha circoscritto l’intera imbarcazione delimitando l’area oggetto di interesse.

Sono intervenuti i militari appartenenti al 3 Nucleo Sommozzatori della Guardia Costiera di Messina che con l’installazione di alcuni cunei hanno sigillato ermeticamente le fuoriuscite di materiale inquinante.

Carola Rackete, la comandante della nave Sea watch, andava arrestata perché “i titoli di reato consentivano l’arresto, esisteva lo stato di flagranza e venivano rispettati i termini di legge”. Non solo. Nel provvedimento del gip che ha scarcerato la giovane capitana “si rileva il vizio di violazione di legge e la mancanza di motivazione, in quanto l’ordinanza impugnata non ha valutato correttamente i presupposti della misura pre-cautelare adottata nelle forme con le quali è chiamata a farlo, procedendo all’erronea non convalida dell’arresto in questione”.

Parole dure, quelle usate dai magistrati della Procura di Agrigento nel ricorso per Cassazione alla scarcerazione della capitana tedesca, che di recente ha lasciato l’Italia per tornate in Germania. Lo scorso 29 giugno Carola Rackete era stata arrestata per resistenza e violenza contro nave da guerra, che prevede una pena dai 3 ai 10 anni di reclusione, dopo avere disobbedito agli ordini della Guardia di Finanza di attraccare al porto di Lampedusa. Dopo tre giorni il Gip di Agrigento Alessandra Vella aveva deciso la scarcerazione della giovane donna. Una decisione duramente criticata anche dal vicepremier Matteo Salvini che sui social l’aveva attaccata. Il Procuratore capo di Agrigento Luigi Patronaggio nel ricorso per Cassazione, di cui è in possesso l’Adnkronos, non risparmia le critiche sul provvedimento del gip.

I pm parlano di una “conclusione contraddittoria, errata e non adeguatamente motivata”. Secondo i pm, il gip nella sua ordinanza del 2 luglio “avrebbe dovuto verificare se rispetto alla condotta contestata” alla comandante “il dovere di soccorso invocato potesse avere efficacia scriminante”. Il gip, per la Procura, “si è limitato ad affermare tout court che legittimamente Carola Rackete avesse agito poiché spinta dal dovere di soccorrere i migranti. L’impostazione offerta dl gip – scrivono i pm – sembra banalizzare gli interessi giuridici coinvolti nella vicenda e non appare condivisibile la valutazione semplicistica offerta dal giudicante”. Per la Procura la scarcerazione “è errata in ragione della tipologia di controllo che egli è chiamato ad effettuare in sede di valutazione di legittimità dell’arresto in flagranza operato dalla Polizia giudiziaria”.Nel corpo motivazionale dell’ordinanza impugnata – dice la Procura – il Giudice ha ritenuto di non convalidare l’arresto, senza però nulla argomentare né sulla ragionevolezza dello stesso né sulla manifesta configurabilità della causa di giustificazione invocata, giungendo ad emettere un provvedimento di non convalida di arresto del tutto assente di motivazione sul punto”.

La Procura torna anche sul punto della motovedetta della Guardia di Finanza con cui c’è stato un contatto sulla banchina. La questione è se l’imbarcazione si possa considerare ‘nave da guerra’ o no. Secondo il gip Vella non è una nave da guerra. Diversa l’interpretazione della Procura di Agrigento.

“Nel caso di specie – scrive il Procuratore di Agrigento – la motovedetta V808 della Gdf è iscritta nel naviglio militare dello Stato, reca le insegne militari e del Corpo di appartenenza, il comandante è un maresciallo ordinario della Gdf e riveste lo status militare al pari di tutti gli appartenenti al corpo, è armata con dispositivi di armamenti individuali e di reparto di tipo militare”. Ecco perché “si ritiene, contrariamente a quanto affermato dal gip, che la motovedetta si da qualificare come nave da guerra”. 

Al Comune di Agrigento si è riunita la Commissione consiliare d’indagine sui debiti fuori bilancio per l’elezione del Presidente e del Vice. La Commissione ha eletto il Presidente nella persona del consigliere comunale Pasquale Spataro. Lo stesso Spataro afferma: “Ringrazio i componenti della commissione che mi hanno affidato la guida dell’organo consiliare. Si tratta di un onore ma, soprattutto, di un grande onere in ragione delle grandi aspettative che si ripongono sui lavori di questa commissione, malgrado i tempi siano assai stretti, appena due mesi dall’insediamento. Con la mia guida la commissione non punterà il dito nei confronti di nessuno, ma si aprirà un’indagine rigorosa in ordine alle ragioni che alimentano l’istituto dei debiti fuori bilancio. L’obiettivo primario sarà quello di confrontarsi con gli uffici ed individuare delle valide soluzioni che possano produrre la contrazione dei debiti fuori bilancio al fine di evitare pericolosi squilibri di bilancio, ed investire i risparmi di spesa nella manutenzione straordinaria del manto stradale comunale anziché pagare migliaia di euro di spese legali. Si potrebbe ipotizzare un ufficio di conciliazione costituito da diverse unità degli uffici comunali, con il chiaro intento di prevenire contenziosi ed arrivare a possibili transazioni con i cittadini, previa una valutazione oggettiva dei fatti contestati. Le considerazioni diverse da quelle fin qui fatte risultano stucchevoli e frutto dell’incapacità di confrontarsi in un clima sereno per il raggiungimento di un interesse comune e collettivo. Anche queste persone avranno le risposte che la città chiede a gran voce, ma senza strillare, ponendo invece l’attenzione sul merito delle questioni, sullo studio analitico dei problemi e sull’individuazione di soluzioni compatibili con il tessuto normativo, regolamentare e contabile”.