Non è certo un bel momento per il Movimento 5Stelle. Dopo il disastro politico, il cui consenso elettorale è in continuo decadimento, una nuova bufera giudiziaria si abbatte sui discepoli del comico Beppe Grillo.
La Procura della Repubblica di Palermo, infatti, nella persona del pm Claudia Ferrari, nell’ambito del processo “Firme False” ha chiesto la condanna di 14 imputati.
I 14 soggetti sono tutti, ex, appartenenti al Movimento Cinque Stelle che nelle elezioni comunali del 2012, per un errore, a loro dire invalidante, avevano ricopiato nella notte del 03 aprile migliaia di firme. Le stesse firme, apocrife, furono successivamente autenticate da un pubblico ufficiale compiacente.
La richiesta di condanna è stata avanzata per (ex) esponenti ed (ex) attivisti. Le pene richieste sono ricomprese tra un anno e sei mesi e due anni e tre mesi di reclusione. Il reato di cui devono rispondere è falso ideologico commesso da privato in atto pubblico e violazione della Legge regionale in materia di elezioni negli enti locali.
Sotto inchiesta sono finiti: Claudia Mannino (ex deputato nazionale – pena richiesta 2 anni), Giulia Di Vita (ex deputato nazionale – pena richiesta 2 anni), Riccardo Nuti (ex deputato nazionale ed ex candidato sindaco del comune di Palermo – pena richiesta 2 anni), Claudia La Rocca (ex deputato all’ARS – pena richiesta 1 anni e 6 mesi), Giorgio Ciaccio (ex deputato all’ARS – pena richiesta 2 anni), Samanta Busalacchi (ex attivista del M5S – pena richiesta 2 anni), Pietro Salvino (ex attivista del M5S – pena richiesta 2 anni), Riccardo Ricciardi (ex attivista del M5S – pena richiesta 2 anni), Giuseppe Ippolito (ex attivista del M5S – pena richiesta 2 anni), Stefano Paradiso (ex attivista del M5S – pena richiesta 2 anni), Toni Ferrara (ex attivista del M5S – pena richiesta 2 anni), Alice Pantaleone (ex attivista del M5S – pena richiesta 2 anni), Francesco Menallo (ex esponente del M5S – pena richiesta 2 anni e 3 mesi), Giovanni Scarpello (cancelliere del tribunale di Palermo che autentico le firme – pena richiesta 2 anni e 3 mesi).
Secondo una prima ricostruzione Claudia La Rocca e Giorgio Ciaccio, confermarono spontaneamente agli inquirenti, che stavano eseguendo le indagini, di aver falsificato delle firme per la presentazione delle candidature.
Giulia Di Vita, Claudia Mannino e Riccardo Nuti si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, rifiutandosi anche di lasciare un saggio grafico per effettuare una comparazione calligrafica.